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THAAD – Corea o Korea? I veri dittatori, guerrafondai e corrotti stanno al sud…

Mentre il materiale del Terminal High Altitude Area Defense, comunemente chiamato THAAD, arriva nella regione meridionale della penisola coreana, le tensioni nella regione sembrano acuirsi. Numerose crisi in corso in Corea del Sud iniziano a pesare, con possibili implicazioni regionali e globali. La principale fonte di tensione è il nuovo sistema missilistico eretto in cooperazione con gli Stati Uniti. La narrazione dei media sul THAAD è che la Repubblica popolare democratica di Corea, denigrata come “follia nordcoreana”, minaccia di distruggere la Repubblica di Corea del sud. Il nuovo sistema missilistico sarebbe semplicemente un mezzo per proteggere un vulnerabile alleato democratico degli Stati Uniti, che rischia di essere spazzato via. Mark Toner del dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha descritto la costruzione del THAAD come “franca risposta a una minaccia”.

Chi impazzisce per il THAAD? E perché?
Le obiezioni al THAAD non provengono solo da Pyongyang. Mosca e Pechino si dichiarano contro il nuovo sistema missilistico per ragioni regolarmente ignorate dai media degli Stati Uniti. La Corea del Sud non è vulnerabile e sola. Gli Stati Uniti vi hanno 28500 soldati, oltre ad aerei da combattimento F-16 e A-10. I militari della Corea del Sud sono assai ben armati, con caccia F-35, cacciatorpediniere Aegis e armamenti di ogni tipo acquistati negli Stati Uniti. Il sistema missilistico THAAD viene costruito su contratto con Lockheed-Martin, secondo termini da guerra fredda, è un “sistema che consente l’attacco”. Una volta completato, le forze di Stati Uniti e Corea del Sud sono libere di lanciare un attacco a Corea democratica, Cina e Russia. Il sistema THAAD, sul modello dell’Iron Dome israeliano, impedirebbe attacchi di ritorsione volti a fermare gli aggressori. Il THAAD consente a Stati Uniti e Corea del Sud di attaccare i Paesi della regione, mentre sono protetti dalla risposta. Inoltre, THAAD include un sistema radar che osserverà l’attività regionale non solo in Corea democratica ma anche nel nord della Cina. Non è difficile capire il motivo per cui Russia e Cina siano fortemente contrarie a questo miliardario progetto militare. I sistemi che permettono gli attacchi con radar in profondità non riducono le tensioni nella regione. Il THAAD è l’ultimo sviluppo del “pivot asiatico” del Pentagono, il passaggio di forze nel Pacifico. Mosse simili hanno già intensificato le tensioni nel Mar Cinese Meridionale. La giustificazione sui media degli Stati Uniti del piano si basano su una caricatura falsa e razzista della Corea democratica. I film di Hollywood, notizie smentite sulle esecuzioni con cani selvatici, e voci continue dipingono l’immagine della leadership della Corea democratica come un gruppo di demoni dediti alla guerra nucleare. In realtà, il governo nordcoreano ha più volte dichiarato che il suo obiettivo è pacifico, la democratica riunificazione della penisola, non la guerra, la morte e la distruzione.

Dissenso, repressione e democrazia
Mentre tale sistema missilistico controverso e provocatorio veniva eretto, la presidentessa della Repubblica di Corea affrontava l’impeachment. Park Geun-hye è stata sospesa mentre il Paese si prepara al processo d’impeachment. Park fu colta prendere tangenti e dare favori ai membri dell’elite aziendale. Li Jae-yong, descritto come il de-facto capo del conglomerato multinazionale dell’elettronica Samsung, viene processato per rapporti illeciti con la presidentessa Park. Li Jae-Myung, populista di sinistra, cresce in popolarità. La carriera politica di Li è strettamente legata all’espansione delle rete di sicurezza sui posti di lavoro e sociali. Li è anche un netto avversario del THAAD. La voce di Li aderisce al coro di attivisti coreani che affollano le strade per protestare contro la presenza delle truppe degli Stati Uniti e l’installazione del nuovo sistema missilistico. L’ampio movimento anti-statunitense di sinistra tra i coreani, che faceva notizia a livello mondiale nei decenni precedenti, non è scomparso. Persiste tra giovani e meno giovani, nonostante le pesanti restrizioni sull’attività e la costante repressione. I media globali hanno definito Li Jae-Myung come il “Bernie Sanders” sudcoreano. Tuttavia, vi è una differenza fondamentale tra Li e Sanders. Sanders si presenta da “socialista democratico”. Li non usa tali termini per descriversi, in quanto sarebbe illegale secondo le leggi di sicurezza nazionale. Mentre milioni di coreani che vivono nel sud s’identificano con il sindacalismo, l’anticapitalismo, il socialismo e altre idee della sinistra radicale, la capacità di esprimersi è strettamente limitata. La minima critica al capitalismo, le discussioni sulla storia della guerra di Corea o dichiarazioni in qualche modo percepite come sostegno al Paese del nord, possono precipitarli in carcere. Le leggi di sicurezza nazionale della Corea del Sud sono condannate da Human Rights Watch, Amnesty International e molti enti internazionali. Il fotografo e attivista 24enne Park Jung-Geun è stato condannato ed ha avuto una pena sospesa di 10 mesi solo per aver twittato con sarcasmo la frase “Viva Kim Jong-Il” nel 2012. Il Partito Progressista Unificato, voce dissidente nella politica coreana, è stato messo fuori legge. I dirigenti del partito imprigionati dopo la comparsa di una registrazione audio. Il reato per cui i leader del partito sono stati condannati a decenni di carcere era una conversazione ipotetica su cosa fare nel caso di guerra tra Nord e Sud. Mentre la narrazione dei media degli Stati Uniti l’ignora, negli anni successivi alla divisione del Paese nel 1945, la metà meridionale della penisola coreana non fu democratica. Dittatori militari come Sygman Ri governarono con pugno di ferro. La presidentessa inquisita e che affronta un processo per impeachment, è lei stessa figlia di Park Chung-Hi, il dittatore che governò il Paese fino all’assassinio nel 1979. Il padre dell’attuale presidentessa non solo represse brutalmente sindacati e studenti dissidenti, ma massacrò migliaia di coreani semplicemente perché senza fissa dimora. Nel 1975, Hi emise un ordine alla polizia per rimuovere tutti i senzatetto dalla capitale Seoul. I coreani arrestati dalla polizia per vagabondaggio finirono in una rete di 36 diversi campi di prigionia nel Paese, e costretti a lavorare per lunghe ore. La tortura era regolare in questi campi, e un numero imprecisato ne morì.

Mentre i media degli USA spacciano all’infinito affermazioni prive di fondamento sui “campi di lavoro” nel Nord, spesso provenienti da disertori chiaramente incentivati ad esagerare, la realtà dei campi di lavoro dei regimi nel sud, appoggiati dagli Stati Uniti, e le migliaia di morti per avervi lavorato, viene ampiamente ignorata.
Quale ruolo avrà la Corea del Sud?

La Cina non ha semplicemente solo obiettato al THAAD. Le aziende cinesi sono strettamente controllate dal Partito comunista e le loro attività sono in sintonia con il piano di sviluppo quinquennale del Paese. Gli osservatori internazionali hanno spesso commentato la capacità dei governi cinesi di collaborare con l’industria privata per perseguire obiettivi geopolitici. Un boicottaggio non dichiarato della Corea del Sud è ormai in corso da parte delle imprese cinesi. I siti web del turismo della Cina hanno smesso le prenotazioni per la Corea del Sud, meta popolare per i turisti cinesi negli ultimi anni. Anche il conglomerato giapponese-coreano noto come Lotte affronta un improvviso calo degli affari in Cina. 23 negozi della Lotte sono stati appena chiusi. Programmi musicali e televisivi sudcoreani sono stati bloccati dai servizi web-streaming in Cina. Mentre la Cina riduce notevolmente i rapporti commerciali con la Corea del Sud, i critici di Pechino definiscono queste misure “sanzioni non ufficiali” in rappresaglia al THAAD. Durante la campagna presidenziale, Donald Trump mise in discussione il rapporto degli Stati Uniti con la Corea del Sud, dicendo: “Staremo meglio francamente se la Corea del Sud iniziasse a proteggersi da sola… devono proteggersi da soli o devono pagarci”. Anche se Li Jae-Myung è di sinistra e Trump s’identifica con la destra estrema degli Stati Uniti, su questo tema sembrano essere d’accordo. Li avrebbe detto “gli statunitensi hanno messo sotto accusa la loro dirigenza eleggendo Trump… Le nostre elezioni faranno lo stesso“. Li Jae-Myung, che vuole ridurre la presenza militare degli Stati Uniti, è uno dei “tre grandi” che parteciperanno alle elezioni presidenziali imminenti. Sempre più coreani sono d’accordo con la sua argomentazione che allearsi con gli Stati Uniti contro nord, Cina e Russia non è nell’interesse del popolo.

Inoltre, meno del 4% della popolazione sostiene la presidentessa in disgrazia. La Corea del Sud potrebbe presto seguire le Filippine, dove il vecchio status quo neoliberista e filo-statunitense è stato scosso dall’elezione di Rodrigo Duterte.

Con la bollente polemica sul THAAD, tra scandali di corruzione e impeachment, malcontento verso lo status quo e le rinnovate tensioni con il Nord, la parte meridionale della penisola coreana diventa gradualmente un focolaio globale. Il punto di disaccordo sembra essere il ruolo che il sud coreano giocherà nel mondo. La metà meridionale della penisola coreana rimarrà un’estensione dell’influenza degli Stati Uniti in Asia, o seguirà le orme dei suoi potenti vicini cinesi e del Nord? I sudcoreani dichiareranno l’indipendenza economica, politica e militare da Stati Uniti e Giappone? Queste domande, che hanno spinto tante rivolte proteste, colpi di Stato e scioperi dal 1945, non spariranno presto.

Caleb Maupin *

* Analista politico e attivista di New York. Ha studiato scienze politiche presso il Baldwin-Wallace College e fu ispirato e coinvolto dal movimento Occupy Wall Street, in esclusiva per la rivista on-line New Eastern Outlook.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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La verità non è fantasia, un antico futuro, vento ed archetipi, dopo l’uomo il deserto, libertà per Leonard Peltier, buonuscita di sicurezza per deputati renziani…

Il Giornaletto di Saul del 28 dicembre 2016 – La verità non è fantasia, un antico futuro, vento ed archetipi, dopo l’uomo il deserto, libertà per Leonard Peltier, buonuscita di sicurezza per deputati renziani…

Care, cari, alcune persone sbandierano la loro verità ai quattro venti, pretendono di averla trovata in fantastiche proiezioni della psiche, nelle curiosità di varie religioni, negli inferni e paradisi, nella reincarnazione e nel  materialismo ateo, perché essi amano il mistero e non la verità…. Ed in verità a che servono queste “verità” fasulle, ignorando la vita del giorno per giorno, del qui ed ora, se non per speculare sull’immaginario del credere? Per sperimentare la verità di vita basta stare nella spontaneità del respiro… senza decidere in anticipo quando inspirare e quando espirare…. Nel credere invece ci tratteniamo in perenne apnea… – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2016/05/15/credere-e-come-restare-in-apnea-si-puo-fare-solo-per-un-tempo-limitato/

San Severino Marche. Terremotati cercano aiuto – Scrivono Felice e Letizia: “Stiamo costruendo una casetta di legno per dormirci dopo danni subiti dal terremoto. Ora dovrei terminare la parte interna da solo ma non so usare l’avvitatore. Tu lo sai fare? Puoi venire in nostro aiuto? Anche solo per un giorno. Ho a disposizioni gli attrezzi fino ai primi giorni di Gennaio. Info. 3388685427 – 3331632599″

Un antico futuro – Scrive Stefano Panzarasa: “In un tempo lontano, attraverso un significativo processo di auto-organizzazione, nacquero le galassie, le stelle, la nostra Via Lattea e il sistema solare, la luna, la terra con le sue montagne, i mari e fiumi… Poi i primi organismi unicellulari, la vita! E infine le piante, gli animali e, quando il pianeta rifulgeva ormai di una infinita bellezza e tantissime varietà di esseri viventi, arrivarono anche gli umani, i primi a prendere coscienza di loro stessi e anche, in seguito, di tutto ciò che significava la loro esistenza sulla terra e il far parte dell’intera comunità terrestre. Poi qualcosa cambiò e circa 6000 anni fa gli umani decisero di uscire dalla comunità, distaccarsi dalla natura, passare dalla visione della Terra come madre a quella patriarcale di dominio sulla stessa terra….” – Continua: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2014/12/bioregionalismo-il-sogno-della-terra-un.html

Commento aggiunto dell’autore: ” AAM apre al matriarcato con una interessante intervista ad Heide Goettner Abendroth, ricercatrice e filosofa tedesca che parla delle antiche e moderne società matriarcali come quella dell’Antica Europa che ci fece tanto discutere…”

Codice Vegan – L’alimentazione vegana, in grado di condizionare, anche a livello biochimico, la coscienza, il pensiero ed il comportamento dell’uomo proietta l’essere umano verso il rifiuto della violenza sull’uomo, sull’animale, sulla natura, superando la logica della supremazia del forte sul debole che lo condanna al permanere nella legge di causa effetto e gli preclude la realizzazione morale, civile e spirituale… – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2015/12/26/codice-vegan-recensione/

La pensione è un diritto umano – Scrive V.Z.: “La pensione, nel mondo civile, è il doveroso mantenimento sociale dell’anziano. Non un premio per i versamenti. Ho detto “nel mondo civile”. E ne ho pieni gli zebedei di quello barbarico dei ragionieri”

Vento ed archetipi: “…per abbozzare un modello semplificato si può supporre che in ciascun emisfero della Terra si stabiliscano tre grandi cellule di convezione. (…) In esse si verifica lo stesso fenomeno (…) [delle] correnti oceaniche: le forze di Coriolis (…) attorno alle alte pressioni fanno deviare le correnti d’aria in senso orario nell’emisfero boreale e in senso antiorario nell’emisfero australe. L’opposto avviene per i venti che circolano intorno alle depressioni. (Joe Fallisi)..” – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2015/07/venti-ed-archetipi-nellemisfero-nord-ed.html

Il vento caldo del nord – Scrive Teodoro Margarita: “Foehn. Ti sorprende, in pieno dicembre, essere investito da una folata d’aria calda. Fa paura, attorno a mezzanotte, mentre esci dall’auto imbaccucato secondo stagione, arrivare alla curva di Cranno e doverti tenere forte per il vento… caldo. Qui, alle falde delle Prealpi, ti devi convincere. E ti viene paura. Il favonio è elemento naturale delle vallate alpine, fenomeno spiegato con cambi di pressione tra aree diverse, ma se hai letto che al Polo Nord vi sono aree che stanno toccando i più venti gradi… provi solamente paura. E un vento caldo nella notte non è più solo una strofa di una canzone di molti anni fa…”

Dove passa l’uomo resta il deserto – Scrive Filippo Mariani: “Sembrerebbe l’inizio di un film di fantascienza dove un gruppo di astronauti scesi su un pianeta abitabile scoprono che invece la vita non c’è più. Le cause sempre le stesse: L’uomo. Disastri causati in gran parte per l’eccessiva e incontrollata captazione delle acque d’immissione ai laghi per un’agricoltura dispersiva, nonché per esigenze di industrie inquinanti e in parte inutili e infine per esigenze di approvvigionamento idrico delle città. A questo poi si deve aggiungere che le attività antropiche hanno di fatto modificato il clima planetario…” – Continua: http://paolodarpini.blogspot.it/2015/12/fantascienza-realistica-resoconto-della.html

Parma. C’era una volta – Scrive Paolo Sensini: “Parma, antica città ducale dal passato glorioso e di una bellezza che ti riempie gli occhi. Ora è una città semi-africanizzata, destino che l’accomuna a tutti gli altri agglomerati storici della Val Padana e non solo. È questo il modello voluto e imposto dagli accoglioni di professione: quantità spropositate di “migranti” senz’arte né parte che deambulano ovunque, chi a chiedere l’elemosina con il cappello in mano davanti a ogni esercizio commerciale, chi a spacciare droga, chi a rubare biciclette, chi a girare senza meta per tirare a sera… Persone inimpiegabili tutte a carico dei contribuenti e delle municipalità – dalla casa popolare (ora anche quelle private requisite dallo Stato per darle ai “profughi”) alla sanità passando per la scuola pubblica, forze dell’ordine e sistema carcerario – i quali non producono altro che degrado per se stessi e per coloro che sono costretti a vivergli intorno. Prima ancora che con loro bisogna prendersela con tutta quella schiera di negrieri che hanno incentivato il fenomeno in ogni modo: burocrati di partito, sindacati, coop, massoneria, pretaglia a partire dal vertice della piramide. È con questi signori che occorre fare i conti. E farli alla svelta…”

La storia può essere riscritta, a convenienza… – Scrive Manlio Dinucci: “Si è così cancellata la storia documentata degli ultimi anni. Quella della guerra Usa/Nato contro la Libia, decisa – provano le mail della Clinton – per bloccare il piano di Gheddafi di creare una moneta africana in alternativa al dollaro e al franco Cfa. Guerra iniziata con una operazione coperta autorizzata dal presidente Obama, finanziando e armando gruppi islamici prima classificati come terroristi, tra cui i nuclei del futuro Isis. Poi riforniti di armi attraverso una rete Cia (documentata dal New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati nel 2011 in Siria per rovesciare Assad e…” – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2016/12/27/la-storia-puo-essere-riscritta-a-convenienza/

La colpa di chi è? – Scrive Enrico Galoppini: “In Italia, per ora ci siamo salvati dal “terrorismo islamico”. Ma se dovesse succedere qualcosa di grave, mi raccomando, prima di prendervela col tunisino o il marocchino di turno (il solito coglione fanatizzatosi o magari un semplice “candidato” selezionato dai servizi segreti, anche solo per ammazzarlo dopo averlo indicato come l’assassino), chiedetevi se non sia il caso di uscire dalla Nato e guardarsi bene dal consegnare le chiavi della nostra sicurezza ad “esperti” israeliani (con la scusa che loro sono “avanti” nel settore)….”

Libertà per Leonard Peltier – Scrive Amalia: “Credeteci, amici, è stata una decisione difficile scrivere questa lettera aperta per chiedervi il sostegno alla nostra lotta per liberare il Nativo Americano, Leonard Peltier, da molti anni in carcere. Leonard Peltier, prigioniero politico nativo americano ha adesso 72 anni, chiuso da 41 anni in carcere, da molti anni gravemente malato (cecità da un occhio, diabete, aneurisma alla aorta)..” – Continua: http://retedellereti.blogspot.it/2016/12/musicisti-per-leonard-peltier.html

Mosca. Incontro sulla Siria – Scrive Marco Palombo: “Ieri a Mosca si è tenuto un nuovo incontro tra Iran, Turchia e Russia sulla guerra siriana. Intanto ad Aleppo est sono state trovate fosse comuni di vittime dei “ribelli” anti Assad. L’ incontro a tre dovrebbe lanciare un incontro ad Astana, in Kazakistan, attorno a metà gennaio tra governo siriano ed opposizione, quella in contatto con la Turchia. Speriamo che sia reso pubblico il testo integrale della Dichiarazione di Mosca, la piattaforma tra i tre paesi sui negoziati avviati per una soluzione politica alla guerra in Siria…”

Siena. Tutti sul Monte – Scrive Il Foglio: “A Siena si sono arresi all’evidenza, sono stracotti, e hanno chiamato il governo. A Roma il premier Gentiloni e il ministro
dell’Economia Padoan hanno riunito il Consiglio dei ministri dopo un po’ i due sono usciti con un decreto da venti miliardi e soprattutto con il “rimborso integrale” degli obbligazionisti subordinati retail. Così il governo assicura la continuità aziendale del Monte..” – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2016/12/27/avanti-miei-gentiloni-tutti-sul-monte-dei-paschi-di-siena/

Brugine. Fattoria solidale – Scrive Simone: “La Fattoria Solidale di Brugine cerca volontari per i giorni 3 e 4 gennaio 2017 per fare un isolamento in balle di paglia su tetto a due falde; si tratta di fare la copertura della nuova foresteria. Possibilità di pernottare con sacco a pelo. Si prega di dare conferma entro il 30 dicembre. Info. sistema.simone70@gmail.com – 3935789049″

Buonuscita di sicurezza per la casta che resta – Scrive Beppe Grillo: “Al ritorno dalle vacanze natalizie verrà approvata in Parlamento la prima norma porcata del 2017, un vero e proprio colpo di coda della Casta Renziana. Il tema è quello scottante dei vitalizi: con la scusa della sua definitiva abolizione dal 2018 la maggioranza a guida Pd garantirà agli attuali deputati e senatori una buonuscita intorno ai 50 mila euro a testa… Il movente di questa ennesima manovra di palazzo è politico: Renzi vuole andare ad elezioni il prima possibile con una legge anti-M5S nel vano tentativo di evitare i referendum contro il Jobs Act proposto dalla CGIL…” – Continua: http://altracalcata-altromondo.blogspot.it/2016/12/buonuscita-di-sicurezza-per-la-casta.html

Ciao, ciao, Paolo/Saul
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Pensieri poetici del dopo Giornaletto:

“Ci si può convertire da una fede all’altra, si può passare da un dogma all’altro, ma non ci si può convertire alla comprensione della realtà: credere non è realtà.” (Jiddu Krishnamurti)

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“La dittatura perfetta avrà sembianze di democrazia, una prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno mai di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù.” (A.Huxley)

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Nizza, l’attentato studiato – Il tunisino Bouhlel come l’anarchico Valpreda

Come si organizza un attentato falsa bandiera come quello di Nizza? La risposta più plausibile è il ricorso alla tecnica adottata a Piazza Fontana nel dicembre del 1969: ad un primo livello, quello delle pedine inconsapevoli dell’attentato in preparazione, è sovrapposto un secondo livello, quello dei servizi segreti che scelgono l’obiettivo e organizzano l’operazione, nascosti dietro le quinte. Mohamed Lahouaiej Bouhlel, il tunisino “violento”, “instabile”, “donnaiolo”, “bisessuale”, svolge nella strage della Promenade des Anglais lo stesso ruolo dell’anarchico e ballerino d’avanspettacolo, Pietro Valpreda, nell’attentato di Piazza Fontana: un semplice capro espiatorio. Anzi, addirittura migliore di Valpreda perché, qualsiasi sia stata la vera dinamica della carneficina, il tunisino è irrimediabilmente morto.

Il tunisino Bouhlel come l’anarchico Valpreda

Di scarsa utilità è lo studio della storia repubblicana dell’Italia che, uscita sconfitta dall’ultima guerra, fu vittima di una ventennale strategia della tensione (trenta anni, aggiungendo le stragi di mafia degli anni ’90), per frenare l’esuberanza elettorale del PCI e (oppure soprattutto?) per mantenere il Paese in una perpetua condizione di subalternità economica e politica, col ricorso ad attentati destabilizzanti, omicidi eccellenti e rapimenti di spicco.

Tra i pochi vantaggi si annovera l’acquisizione di una certa dimestichezza con una materia oscura come il terrorismo di Stato ed una certa malizia nell’affrontare le dinamiche della strategia della tensione che si ripropongono quasi uguali oggi, modificate qua e là solo per adattarle al mutato contesto politico e sociale: non più “brigatisti” ma “islamisti”, non più stelle rosse ma drappi neri, non più la retorica marxista-leninista ma quella della jihad mussulmana.

Per il resto è sempre il vecchio copione, trito e ritrito, che l’Italia sperimentò nel lontano 12 dicembre del 1969 con la bomba alla sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura: 17 morti che sancirono l’inizio di una lunga stagione terroristica, eterodiretta dai servizi angloamericani, israeliani e francesi (con l’aggiunta del BND tedesco, semplice filiazione, però, della CIA e del MI6). La strage di Piazza Fontana è, tutt’ora, un modello insuperato per sviscerare il terrorismo di Stato, comprenderne le logiche ed i meccanismi: è il prototipo dell‘attentato falsa bandiera, di cui la bomba che ha sventrato l’aeroporto Zaventem di Bruxelles o la carneficina di Nizza del 14 luglio sono semplici ripetizioni.

Come funziona quindi un attentato eterodiretto dai servizi? Bé, la triste vicenda di Piazza Fontana insegna che lo stragismo di Stato si compone normalmente di due livelli, due strati applicati l’uno sopra l’altro.

Al primo livello troviamo le pedine, la bassa manovalanza che partecipa all’azione senza essere neppure consapevole della natura dell’attentato in preparazione: come semplici operai avvitano bulloni, ignari che la linea di montaggio cui lavorano produce fucili e non frullatori. Le pedine, cui le autorità ed i media attribuiscono la paternità dell’attentato al termine dell’operazione, sono necessariamente tenute all’oscuro della macchinazione: pochi, infatti, sono gli uomini disposti ad uccidere a sangue freddo decine di persone e, ancora meno, quelli pronti ad immolarsi da kamikaze od a marcire in carcere per tutta la vita.

Al secondo livello troviamo i “pupari”, gli uomini dei servizi segreti che si spacciano come forze dell’ordine sotto copertura o criminali coinvolti in qualche attività illecita ordinaria: chiedono alle pedine di trasportare una borsa nel luogo X all’ora Y o di partecipare, ben remunerati, ad un’esercitazione d’antiterrorismo che degenera presto in una vera e propria carneficina. I “pupari” raramente finiscono sul banco degli imputati e, se incappano accidentalmente in qualche zelante magistrato, trovano provvidenzialmente riparo all’estero.

Nella strage di Piazza Fontana, la funzione della pedina è svolta da Pietro Valpreda (1933-2002): ballerino d’avanspettacolo, anarchico-individualista, dipinto come uomo fragile e manipolabile, finisce sul banco degli imputati per aver collocato la bomba nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura grazie alla controversa testimonianza di un tassista. Nelle settimane successive alla strage è oggetto di una violenta campagna mediatica che lo dipinge come un pazzo sanguinario. Si discute tuttora se Valpreda abbia effettivamente collocato un ordigno a scopo dimostrativo, cui fu affiancata una seconda bomba letale, o se a piazzare l’esplosivo sia stato un sosia: nessuno dei sette processi sulla strage di Piazza Fontana ne proverà mai comunque la colpevolezza e Valpreda uscirà definitivamente dall’iter giudiziario già negli anni ’80.

Al secondo livello, dove non arrivano le condanne, ma solo le inchieste giornalistiche e le indiscrezioni di fonti molto bene informate, troviamo gli esponenti di estrema destra che hanno infiltrato gli ambienti anarchici frequentati da Valpreda (Mario Merlino, Giovanni Ventura, Delfo Zorzi, etc.), in contatto con agenti del servizio segreto italiano (Guido Giannettini), a loro volta coordinati dall’ufficio Affari Riservati del Viminale. È proprio qui, secondo la ricostruzione fornita dal saggista americano ed ex-agente segreto Peter Tompkins che va cercata la regia della “strategy of terror” ed individua nel funzionario del Viminale, Federico Umberto D’Amato, intimo dei servizi americani sin dalla guerra, la mente dell’operazione di Piazza Fontana1.

Studiata la struttura di Piazza Fontana, prototipo della strategia della tensione, abbiamo strumenti idonei per sviscerare qualsiasi altra strage di Stato, compresa la carneficina di Nizza del 14 luglio.

Al primo livello, quello delle pedine, troviamo il 31enne tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel, che nella vicenda ricopre lo stesso ruolo dell’anarchico Pietro Valpreda, con l’ulteriore vantaggio che, essendo morto, gli sarà impossibile imbastire qualsiasi difesa davanti alla stampa ed alla giustizia.

Bouhlel, affetto da problemi psichici tra il 2002 ed il 2004, installatosi in Francia nel 2008 con la moglie originaria di Nizza da cui ha tre figli, in corso di divorzio, impiegato come autotrasportatore da un anno e mezzo dopo un periodo di disoccupazione, è conosciuto alle forze dell’ordine solo per alcune violenze commesse tra il 2010 ed il 20162: la moglie, infatti, si premura di incontrarlo solo in luoghi pubblici, per evitare che Bouhlel alzi le mani.

Descritto come taciturno ed introverso dai vicini di casa, Bouhlel sembrerebbe sfogare il suo esuberante carattere nel tempo libero: pratica arti marziali, frequenta una palestra ed una scuola di salsa (dove è noto come “Momo”), alza il gomito con la bottiglia, abborda donne giovani e mature ad ogni occasione. Fisicamente prestante, Bouhlel arrotonda forse lo stipendio prostituendosi con uomini, tanto che, secondo le ricostruzione dei media3, la sua più assidua frequentazione sarebbe stato un 73enne, ascoltato dalla polizia dopo i fatti del 14 luglio. Come nel caso di Valpreda, il quadro che ne emerge è quindi quello di personalità fragile e manipolabile, che oscilla tra la violenza famigliare e la costante ricerca di nuove donne, tra l’alcool ed i rapporti omosessuali, una figura, insomma, che un po’ di denaro e qualche menzogna si può facilmente circuire.

Bouhlel è “scelto” per l’operazione del 14 luglio per tre principali ragioni: i suoi natali arabi, la patente di autotrasportatore, conseguita circa 18 mesi fa, la sua saltuaria comparsa nei radar della polizia. Del tutto carente è il profilo di Bouhlel sotto l’aspetto del fanatismo religioso: data la sua vita piuttosto dissoluta e la sua estraneità a qualsiasi pratica mussulmana, il ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve, parlerà, per avvalorare la pista del terrorismo islamico, di un nuovo tipo di terrorista, “radicalisé très rapidement”, ossia convertitosi ai precetti dell’islamismo più radicale in sole due settimane.

La tesi fa chiaramente fa acqua da tutte le parti ed è questo il motivo per cui, lo stesso giorno della conferenza stampa di Cazeneuve, il SITE Intelligent Group “scova” la rivendicazione ufficiale dell’ISIS sino a qual momento mancante (Bouhlel sarebbe un “un soldat de l’Etat islamique qui a répondu aux appels lancés pour prendre pour cible les ressortissants des pays de la coalition qui combattent l’EI”4).

Al secondo livello si collocano invece le menti della strage del 14 luglio 2016, di cui disponiamo al momento, e forse per sempre, di pochissime informazioni. Dato il profilo “laico” di Bouhlel e le caratteristiche delle persone finora fermate (una coppia di albanesi, criminali comuni che avrebbe venduto una pistola automatica al tunisino5) è difficile ipotizzare il coinvolgimento di imam o fanatici sunniti, riconducibili alla solita Fratellanza Mussulmana, che avrebbero orchestrato la strage con il placet dei servizi segreti francesi. Più facile, invece, è che al secondo livelli si trovino direttamente gli agenti dei servizi transalpini ed israeliani, che hanno probabilmente adescato l’autotrasportatore tunisino, personalità manipolabile ed a corto di soldi, promettendogli una bella somma per partecipare ad un’esercitazione antiterroristica, velocemente degenerata nella strage del 14 luglio.

Analizziamo ora la dinamica dei fatti per dimostrare la validità della nostra tesi.

I soldi ai famigliari, il vetro blindato, le armi finte: l’esercitazione diventa strage

L’esercitazione antiterrorismo che si tramuta in attentato è una tattica non nuova: sicuramente in molti ricorderanno come in concomitanza agli attentanti islamisti a Londra del 7 luglio 2005, costati la vita ad una cinquantina di persone, una società di sicurezza privata, la Visor Consulting, stesse conducendo un’esercitazione che “simulava” gli attacchi poi effettivamente perpetrati da “Al Qaida”6. Più di un elemento lascia supporre che la stessa tattica sia stata impiegata anche a Nizza.

Bouhlel, a lungo disoccupato ed obbligato a pagare gli alimenti alla moglie per il mantenimento dei tre figli, inizia improvvisamente ad inviare denaro e qualche bene di lusso alla famiglia, dicendo al fratello di volere presto tornare a vivere in Tunisia, come fanno spesso gli immigrati dopo aver accumulato una piccola fortuna all’estero (“Negli ultimi tempi non faceva che chiedermi dei nostri genitori. Mi aveva detto che sarebbe tornato presto a vivere a Msaken. E aveva anche cominciato a spedire telefoni cellulari e del denaro. Piccole somme. Trecento, quattrocento euro alla volta”7).

Purtroppo non è possibile precisare l’entità di questi “ultimi tempi”, ma, quasi certamente, corrisponde al lasso temporale in cui l’autotrasportare tunisino (che ha la patente per guidare i mezzi pesanti da 18 mesi circa) è impiegato in un lavoretto “extra”: un’occupazione che genera un improvviso benessere, tanto da consentirgli di inviare soldi ai famigliari e di progettare di ristabilirsi in Tunisia, come un rimpatriato di successo. È un’occupazione che non crea nessun turbamento in Bouhlel, perché nessuno nota cambiamenti nel suo umore ed il fratello, poche ore prima della strage, riceve un foto che lo ritrae rilassato e felice (“Ha detto che era a Nizza con i suoi amici europei per celebrare la festa nazionale”8).

Perché Bouhlel è così sereno a distanza di poche ore dall’attentato?

La risposta è semplice: per l’autotrasportatore, il 14 luglio si delineava come un giorno identico ai precedenti, un giorno in cui avrebbe svolto un lavoro ben remunerato per non meglio precisate forze dell’ordine, con cui ha una certa dimestichezza dati i suoi trascorsi giudiziari.

Bouhlel noleggia il camion frigo l’11 luglio ed effettua “sopralluoghi” sulla Promenade des Anglais il 12 e 13 luglio, dove è ripreso dalle telecamere di sicurezza9. Perché Bouhlel che vive da anni in città, si reca per due giorni consecutivi sul luogo dell’imminente strage? Non conosce il lungomare nizzardo? No, Bouhlel bazzica la Promenade des Anglais con l’autocarro perché è quello il lavoro per cui è pagato: testare la sicurezza del centro-città guidando un camion su cui viaggiano granate e fucili d’assalto finti, gli stessi che saranno rinvenuti sull’abitacolo dopo l’attentato (“una pistola automatica finta, due repliche di fucili d’assalto, kalashnikov e M16 finti”10).

Bouhlel, la notte del 14 luglio, era certo che avrebbe partecipato alla stessa operazione antiterrorismo già svolta nei due giorni precedenti.

L’unica differenza, quella sera, sarebbe stata testare l’efficienza (o meglio dire, l’inefficienza) delle forze di sicurezza durante una grande manifestazione come lo spettacolo pirotecnico sul lungomare.

Il camion, su cui sono già a bordo le armi finte, è lasciato parcheggiato in prossimità della Promenade des Anglais, dove non avrebbe dovuto nemmeno sostare data la chiusura della zona ai veicoli per la festa serale: gli agenti fermano Bouhlel già nel pomeriggio del 14 ed il tunisino se la cava con poco, dicendo che deve consegnare gelati. Si noti che qualcuno, tra l’11 luglio ed il giorno della strage, ha sostituito il parabrezza del camion frigo con un vetro blindato (che non andrà in frantumi nonostante la pioggia di proiettili)11, così da proteggere il conducente, complice dei servizi, nell’inevitabile scontro a fuoco.

Manca ora poco all’attentato.

Bouhlel raggiunge il lungomare in bicicletta (il suo abituale mezzo di locomozione che, nel condominio in cui abita, conserva diligentemente nel suo appartamento per evitare furti) e, arrivato al camion, colloca la bici nel carico del camion, sicuro, evidentemente, di spostarsi da quella zona nel corso della serata12. Adesso è a bordo dell’autocarro e siede a fianco, probabilmente, dell’uomo dei servizi che compirà la strage. Bouhlel invia ad uno degli uomini attualmente in custodia l’sms su cui scrive “Amène plus d’armes, amènes en 5 à C.”,13 “Porta più armi, portane 5 a C.”, evidenziando come le armi, tutte finte tranne un pistola calibro 7.65con cui il conducente farà fuoco dall’abitacolo, siano il vero oggetto dell’esercitazione cui il tunisino pensa di partecipare.

Il camion, cinque minuti dopo l’invio dell’sms, si mette in moto, da principio adagio.

A questo punto Bouhlel è, probabilmente, ucciso nell’abitacolo da un secondo uomo, l’agente dei servizi, che ha sinora collaborato con lui “all’operazione antiterrorismo”. L’agente prende il volante, un motociclista si affianca al mezzo e nel tentativo di salire a bordo perde le vita finendo sotto le ruote, due agenti aprono il fuoco, il conducente ora accelera ed inizia la macabra corsa di due chilometri zigzagando tra la folla.

La polizia crivella di colpi la cabina, ma il vetro blindato protegge l’agente a bordo: raggiunto il punto di raccolta concordato preventivamente, il famoso hotel Negresco14, l’autocarro si ferma. Entra in azione il resto della squadra che, in abiti da Police Nationale, “uccide” Bouhlel e mette in salvo l’agente dei servizi, sfruttando il caos generalizzato. Un video manipolato, apparso il 15 luglio sul sito israeliano Ynet e confutato l’indomani da Le Monde nell’articolo “Attentat de Nice : une vidéo manipulée fait croire que le terroriste a été capturé vivant” filma il prelevamento di un uomo da parte della polizia, che lo trascina correndo via dal camion: diffondendo materiale falso, i servizi segreti israeliani hanno voluto probabilmenteinficiare la vera dinamica dei fatti. Il ballerino di salsa Bouhlel, a differenza del ballerino d’avanspettacolo Valpreda, non potrà nemmeno tentare una difesa.

Ciò che più stupisce, ed è sintomo della gravità del contesto economico-sociale percepita dall’establishment euro-atlantico, è la concitazione della strategia della tensione francese rispetto a quella attuata decenni fa in Italia, dove intercorrono cinque anni tra la strage di Piazza Fontana ed il pesantissimo 1974 (l’attentato di Piazza Fontana e la bomba sul treno Italicus).

Nell’Esagono si contano attentanti spettacolari con cadenza quasi semestrale ed attentati minori, anch’essi letali, con cadenza mensile: puntualmente il primo ministro Manuel Valls ripete che la Francia è in guerra (“Nous faisons face à une guerre que le terrorisme nous livre” ha detto il 15 luglio) e preventiva nuovi morti e nuovi attentati che si materializzano puntualmente a distanza di poche settimane.

Si noti, infine, come allo base dello stragismo di Stato dimori sempre il connubio tra massoneria e servizi segreti: logge americane, inglesi e francesi supervisionarono gli anni di piombo italiani, come il Grande Oriente di Francia (cui appartengono François Hollande e Manuel Valls15) riveste oggi un ruolo di primo piano negli attentati che stanno insanguinando la Francia.

Lentamente anche la società francese sembrerebbe prendere coscienza di quanto sta avvenendo (si veda l’accoglienza riservata a Valls in occasione della visita a Nizza, salutato al grido di “bastardo” e “assassino”), ma la triste impressione è che l’Europa di oggi abbia, almeno a livello di classi dirigenti (politici, intellettuali, giornalisti, etc.) ancora meno anticorpi che nell’Italia degli anni ’70.

Sulla strage di Piazza Fontana, costata la vita a 17 persone, sono stati imbastiti sette processi e versati fiumi d’inchiostro in libri, inchieste giornalistiche e libelli. La strage di Nizza, costata la vita a 84 persone, è sostanzialmente già archiviata dopo una settimana: si attende solo il prossimo attentato per parlare d’altro.Pauvre France!

Il video falso che dimostra il prelevamento del terrorista da parte della polizia (minuto 1:50), diffuso dai servizi israeliani il 15 luglio per inficiare la vera dinamica dei fatti.

Federico Dezzani
Twitter: @FedericoDezzani

1Il Segreto di Piazza Fontana, Paolo Cucchiarelli, Ponte delle Grazie, 2009, pagina 441

2http://www.lemonde.fr/societe/article/2016/07/16/attaque-de-nice-les-motivations-troubles-de-mohamed-lahouaiej-bouhlel_4970489_3224.html

3http://www.huffingtonpost.fr/2016/07/18/mohamed-lahouaiej-bouhlel-terroriste-nice-attaque-terrorisme_n_11052290.html

4http://www.liberation.fr/france/2016/07/18/mohamed-lahouaiej-bouhlel-terroriste-d-un-genre-nouveau_1467026

5http://www.sudinfo.be/1625181/article/2016-07-17/attentat-de-nice-sept-personnes-en-garde-a-vue-apres-une-nouvelle-interpellation

6https://www.youtube.com/watch?v=JKvkhe3rqtc

7http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/18/news/la_strage_di_nizza_diventa_un_mistero_la_bici_le_finte_armi_e_l_ultimo_sms-144334808/

8https://www.lastampa.it/2016/07/17/esteri/strage-a-nizza-venti-gli-italiani-ancora-da-rintracciare-kioqkNZ8r958RvjlBYlqqI/pagina.html

9http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/strage_nizza_bouhlel_non_sono_io-1861002.html

10http://www.corriere.it/esteri/16_luglio_15/nizza-strage-chi-assalitore-franco-tunisino-7ca69fcc-4a4d-11e6-8c21-6254c90f07ee.shtml

11http://www.debka.com/article/25551/Nice-terror-truck-had-bullet-resistant-windshield

12http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/18/news/la_strage_di_nizza_diventa_un_mistero_la_bici_le_finte_armi_e_l_ultimo_sms-144334808/

13http://www.parismatch.com/Actu/Societe/Le-tueur-de-Nice-Mohamed-Lahouaiej-Bouhlel-avait-il-des-complices-et-combien-1020964

14http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/14/news/nizza-144100478/

15http://www.lexpress.fr/actualite/politique/un-franc-macon-nomme-valls_1681324.html

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Russia – Finché c’è Putin c’è speranza!

«Correvate intorno come scarafaggi quando avete saputo che stavo arrivando. Avete preso in ostaggio gli operai di questa fabbrica, con la vostra ambizione, incompetenza e pura avidità. Ci sono in ballo migliaia di vite, è assolutamente inaccettabile. Se voi proprietari non potete raggiungere un accordo, allora questa fabbrica sarà fatta ripartire, in un modo o nell’altro».

Giugno 2009, Pikalёvo, cittadina industriale a circa duecentocinquanta chilometri da San Pietroburgo. Migliaia di operai, che non ricevono lo stipendio da mesi, stanno per essere licenziati e la loro fabbrica sta per essere chiusa da quegli stessi dirigenti che ne avevano tratto profitti milionari.

Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, decide allora di intervenire. E lo fa alla sua maniera. Si reca personalmente nella fabbrica, convoca tutti i proprietari ed indice una conferenza stampa.

Alla fine gli imprenditori, compreso Oleg Deripaska, uno degli oligarchi più ricchi e famosi di tutta la Russia, sono costretti ad accettare l’accordo proposto da Putin. Sul documento manca solo una firma, proprio quella di Deripaska.

«Lei ha firmato?», gli chiede Putin. «Sì, ho firmato». «Non vedo la sua firma, firmi qui». Deripaska allora si alza dalla sedia, si avvicina alla scrivania dove lo aspetta Putin con il documento e la penna e firma l’accordo.

I flash delle fotocamere immortalano quanto sta accadendo e mentre l’oligarca sta per tornare al suo posto con la coda tra le gambe, Putin lo gela dicendogli: «mi ridia la penna».

Certo, è una scena volutamente teatrale, ma dietro l’esibizione in favore di telecamere e giornalisti si cela un alto significato simbolico: a nessuno, neanche all’uomo più ricco di tutta la Russia, è consentito di compiere azioni in contrasto con gli interessi dello Stato e della comunità nazionale.

Nessun oligarca era mai stato umiliato in pubblico in tale maniera. I tempi di Eltsin sono ormai un ricordo sbiadito.

Le liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge accompagnate dallo smantellamento dello Stato sociale, l’adozione immediata di un’economia di mercato senza contrappesi efficaci nella sfera pubblica, la perdita dell’integrità territoriale e lo smantellamento di settori consistenti dell’apparato militare conseguenti al crollo dell’Unione Sovietica, insomma il percorso autodistruttivo iniziato da Gorbacёv e portato a compimento da Eltsin, aveva consegnato la neonata Federazione Russa nelle grinfie di un pugno di oligarchi, i quali, rilevando per un piatto di lenticchie la proprietà dei settori economico-finanziari strategici dell’ormai ex URSS, erano diventati di fatto i veri padroni del Paese.

La classe media si assottigliò fin quasi a sparire, mentre masse sempre più grandi di popolazione scivolavano verso la povertà.

Industria e servizi erano allo sfascio, i capitali fuggivano all’estero, mentre il prezzo di petrolio e gas, materie prime abbondanti in Russia e notevoli fonti di introiti, stava scendendo drasticamente.

I vincitori della guerra fredda, gli Stati Uniti, non potevano chiedere di meglio: una Russia fragile, umiliata, impoverita, da sfruttare unicamente come rivenditore all’ingrosso di materie prime a basso costo è sempre stato il sogno di Washington e del complesso militare-industriale americano.

Mancava solo il colpo di grazia: lo smembramento territoriale di quel Paese così vasto e così ricco di petrolio, gas, derrate alimentari e risorse idriche.

La Russia avrebbe dovuto fare la stessa fine della Jugoslavia: trascinata in una guerra civile alimentata da vecchi contrasti etnici e nazionalistici fomentati dall’esterno, bombardata e poi occupata dalla NATO, infine balcanizzata.

La ribellione cecena del ’94 avrebbe dovuto avviare questo piano di annientamento. Come se ciò non bastasse nel 1998 si abbatté sul Paese una gravissima crisi finanziaria: il governo non fu in grado di pagare diversi miliardi di dollari di debito pubblico dovuti sul mercato interno; i risparmi dei russi andarono in fumo, l’inflazione si impennò, la maggior parte degli stipendi non vennero più pagati, un terzo della popolazione fu trascinata nella povertà.

Molti governatorati locali iniziarono a ribellarsi al Cremlino, decisero di non pagare più le tasse al governo federale e di agire unicamente in base ai propri interessi. Alla fine del 1998 il governo federale non aveva più il minimo controllo sui governi locali: di questi, due su tre avevano approvato misure, procedure o leggi anticostituzionali.

La Russia era un Paese fallito. La sua stessa esistenza come Stato unitario, dopo mille anni di storia, era in pericolo.

È in questo clima di anarchia e disperazione che fa il suo ingresso Vladimir Putin.

Nel luglio del ’98 Eltsin lo nomina capo dei Servizi di Sicurezza Federali, il FSB erede del KGB, poi gli affida l’incarico di riportare l’ordine tra i territori ribelli. Il piano di Putin è semplice: epurare chi aveva violato la legge, usando anche il pugno di ferro, nella fattispecie l’esercito.

In breve tempo i governatori locali firmano i nuovi accordi di centralizzazione con Mosca, chi non lo fa è invitato a dimettersi, mentre i più recalcitranti vengono arrestati.

Un anno dopo Boris Eltsin lo nomina capo del governo. La prima emergenza da affrontare è la guerra in Cecenia, entrata in una fase più grave e sanguinosa, con tanto di attentati a Mosca.

«Scoveremo i terroristi ovunque, se saranno negli aeroporti li prenderemo negli aeroporti, se saranno al cesso li affogheremo lì, ecco come moriranno, scusate l’espressione». Alle parole seguono presto i fatti: Putin assume personalmente il comando delle operazioni, nel settembre 1999 le Forze Armate entrano in Cecenia, cinque mesi dopo fanno il loro ingresso nella capitale, Groznij.

La ribellione è stata domata, la guerra è vinta. L’enorme popolarità derivante da questo trionfo gli spiana la strada per l’elezione a presidente della Federazione Russa, il mese successivo.

Con Putin al Cremlino i rapporti di forza tra politica ed economia, tra Stato ed oligarchi, mutano radicalmente: «avete accumulato enormi ricchezze in questi anni, a volte anche con metodi poco chiari, ma non importa, potete tenervi quello che avete conquistato ma pagate le tasse e smettete di interferire con la politica».

È questo il senso del messaggio che Putin lancia agli oligarchi, tutti legati a doppio filo a Wall Street ed alla City di Londra. Chi non accetta di ridimensionarsi e vuole continuare a nominare ministri e ad esercitare attività di lobbying sulla Duma, viene colpito duramente, anche con il carcere. Una soluzione autoritaria ma necessaria per salvare il Paese.

I comparti strategici vengono nazionalizzati, gas e petrolio adesso vengono venduti all’estero a prezzi equi, non più a condizioni umilianti, da Paese del terzo mondo.

Al terzo mandato presidenziale e dopo uno da primo ministro, Putin ha riportato la Russia alla ribalta sullo scenario mondiale: ha ereditato un Paese distrutto e lo ha trasformato in una grande potenza, secondo il posto che gli spetta nello scacchiere internazionale.

Negli ultimi quindici anni il Pil russo si è più che decuplicato, il Pil procapite oggi è quasi venti volte il livello del 1999, le finanze dello Stato, complice anche l’aumento del prezzo delle materie prime degli anni 2000, sono finalmente in ordine.

Va da sé che una Russia di nuovo forte ed autorevole, guidata da un presidente che gode di un ampio consenso da parte del suo popolo, costituisce un problema per l’Occidente. È naturale che i network occidentali abbiano demonizzato, e continuino a farlo con esiti sempre più controproducenti, la figura di Putin, dipingendolo talora come un dittatore, talaltra come un omofobo o ancora come un pazzo guerrafondaio, una sorta di nuovo Hitler.

E questo proprio mentre la NATO si espandeva sempre più ad est, dopo aver promesso, negli anni di Eltsin, che non si sarebbe avvicinata di un centimetro ai confini russi: al ritiro unilaterale delle basi militari russe dai Paesi ex sovietici, la NATO ha risposto con il dispiegamento delle sue basi proprio in quegli Stati fino a pochi anni prima sotto l’influenza sovietica.

Eppure i media occidentali continuano a ripetere ossessivamente che l’aggressore è la Russia. «Gli Stati Uniti non desiderano avere alleati, ma solo vassalli. Con la Russia questo non può funzionare», ebbe a dire una volta Putin.

La verità è che è la Russia ad essere minacciata: è oramai interamente circondata dalle basi militari del Patto Atlantico, ha subito i colpi di Stato filo-occidentali in Georgia ed Ucraina, oltre ai terribili attentati al teatro Dubrovka di Mosca e nella scuola di Beslan, entrambi opera di terroristi ceceni.

Quel terrorismo internazionale, domato sul piano interno, che la Russia continua a combattere strenuamente in Siria contro l’Isis, responsabile dell’esplosione di un suo aereo di linea l’anno scorso sul Sinai.

Eppure il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha recentemente affermato che la Russia rappresenta una minaccia alla sicurezza mondiale maggiore dell’Isis, combattuto dall’Occidente più con le parole che con i fatti, allo stesso livello del virus ebola.

Tralasciando i rapporti quantomeno ambigui degli Stati Uniti e dei suoi alleati, monarchie del Golfo Persico e Turchia su tutti, con le organizzazioni terroristiche islamiste, è grottesco che lo Stato che più di ogni altro stia combattendo il terrorismo internazionale nel mondo, e stia pagando per questo un prezzo altissimo, venga al contrario considerato una minaccia per la pace e la sicurezza globale.

La verità è che la Russia, cuore del cristianesimo ortodosso, ha saputo costruire un modello vincente di integrazione, fatto di amore per la Patria, rispetto delle leggi, difesa dei confini, vera laicità e senso di appartenenza ad un destino comune, grazie al quale le numerose minoranze etniche e religiose presenti sul suo vasto territorio si sentono parte integrante di un unico popolo.

Un esempio su tutti: qualche mese fa Putin in persona ha presenziato all’inaugurazione, a Mosca, della più grande moschea d’Europa, poiché in Russia tutti, compresi i venti milioni di musulmani, sono liberi di esercitare la propria fede, a patto di rispettare le leggi dello Stato.

«Senza i valori presenti nel Cristianesimo e nelle altre religioni del mondo, senza gli standard morali che si sono formati nei millenni i popoli perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Se tutto è messo sullo stesso piano anche la fede in Dio viene a equivalere alla fede in Satana».

Gli applausi ricevuti in quel contesto da Putin, probabilmente non sarebbero arrivati qui, in Occidente, dove di tutto conosciamo il prezzo e di nulla il valore, dove ogni forma di tradizione e di etica ha lasciato il posto alla logica del profitto ad ogni costo, dove l’unico orizzonte possibile è quello del produci-consuma-crepa, dove l’essere umano è degradato al rango di mero consumatore atomizzato senza identità, dove tutto è concesso, basta avere i soldi per poterselo permettere.

I valori dell’Occidente sono rimasti quelli bollati, mentre la spiritualità della Russia è ancora viva. Un episodio è emblematico in tal senso.

Novembre 2013, Putin si reca in visita ufficiale in Vaticano da Papa Francesco. Gli porta in dono una copia dell’Icona della Tenerezza, raffigurante la Madonna con il Bambino, protettrice della Russia.

I russi attribuiscono a quest’icona la salvezza dalle orde mongole di Tamerlano tra XIV e XV secolo e dalla Germania nazista nell’ultima guerra mondiale. Per tutto il popolo russo è un simbolo sacro.

Putin la porge al Pontefice, il quale la degna appena di uno sguardo e la appoggia sul tavolo come se fosse una scatola di cioccolatini. Ed è divertente osservare quel colonnello sovietico, addestrato a rimanere sempre freddo e a dissimulare le proprie emozioni, vacillare per un attimo, consapevole dell’affronto che si sta consumando sotto i suoi occhi.

«Santità, le piace l’icona?» chiede Putin avvicinandosi ad essa, «Sì, mi piace» risponde Papa Bergoglio. Allora il presidente russo si inchina, si fa il segno della croce e la bacia, costringendo il Papa, a quel punto, a fare altrettanto.

La bellezza salverà il mondo, scriveva Dostoevskij. E mentre l’Occidente, come preconizzato da Spengler, sta tramontando inesorabilmente, da Mosca, la Terza Roma, e da tutta Santa Madre Russia una nuova luce si leva ad indicare al mondo intero la via da seguire.

E, ironia della sorte, è molto più probabile che a salvare il mondo da se stesso non sarà un presidente Premio Nobel per la Pace, ma nientemeno che un ex funzionario del KGB.

di Daniele De Quarto

(Fonte: http://www.azioneculturale.eu/2016/05/perche-la-russia-salvera-il-mondo/)

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Matelica al lavoro, identità ecologica, il Centro perduto, Trapani eroica, canone e tv, muoversi con cautela, i mille volti della Mente

Il Giornaletto di Saul del 24 ottobre 2015 – Matelica al lavoro, identità ecologica, il Centro perduto, Trapani eroica, canone e tv, muoversi con cautela, i mille volti della Mente

Care, cari, il 23 ottobre 2015, dalla mattina al tardo meriggio, sono stato a Matelica, con Lorenzo Luccioni e Alberto Meriggi, dove la CGIL-SPI aveva organizzato una giornata dedicata alla “memoria e storia del lavoro nel tempo”. Al mattino si è tenuta una tavola rotonda nel bel teatro ottocentesco comunale durante la quale si sono succeduti vari relatori che hanno affrontato le diverse tematiche del lavoro. Stefano Tordini di Macerata ha iniziato con un excursus generale sulla dignità e sulla conquista dei diritti dei lavoratori, illustrando anche i momenti difficili che stiamo attraversando ed i rischi che il lavoro venga ridotto a mero mezzo di sopravvivenza. Un assessore del comune di Matelica, di cui non ricordo il nome, ha parlato con grande calore umano del come la comunità matelicese abbia saputo coraggiosamente sostenere i lavoratori durante le varie battaglie per la difesa dell’occupazione. Il senso della solidarietà sociale è stato così mantenuto sino ad oggi nella comunità superando gerarchie e differenze di genere. Infatti subito dopo di lui una sartina..” – Continua: https://circolovegetarianotreia.wordpress.com/2015/10/23/matelica-memoria-e-storia-del-lavoro-nel-tempo-resoconto-del-convegno-organizzato-dallo-spi-cgil-il-23-ottobre-2015/

Post Scriptum: “Ah, ho approfittato dell’occasione per invitare i delegati sindacali alle Festa per “Treia Comunità Ideale”, che si terrà l’8 dicembre 2015. In quell’occasione si aspetta una importante dichiarazione da parte della CGIL per una manifestazione primaverile per promuovere il lavoro alternativo e creativo a Treia.”

Identità ecologica e trasformazione organica – Scrive Fulvio Di Dio: “Gli uomini hanno cominciato a estrarre materie prime dalla crosta terrestre, le hanno concentrate e alterate, e hanno sintetizzato materiali che non possono essere restituiti al terreno senza provocare danni. Gli esseri umani sono l’unica specie terrestre che prende dal suolo grandi quantità di nutrienti necessarie ai processi biologici, e raramente le restituisce in forma utilizzabile. I nostri sistemi non sono più studiati a questo scopo…” – Continua: http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2015/10/bioregionalismo-trasformazione-organica.html

Bergamo Alta. Mostra all’aperto – Scrive Franco Farina: “Buongiorno circolo vegetariano, l’autunno arriva con i colori caldi degli alberi e le sue giornate fresche. Se ci mettiamo a guardare la natura i suoi colori la sua bellezza le nostre giornate saranno piacevoli da vivere indipendentemente dal tempo che fa. Domenica 25 Ottobre espongo con altri pittori in Piazza Pontida. Dalle ore 9.00 alle ore 18,30. Giornata artistica organizzata dall pro loco di Bergamo. Se hai modo di venire sarò lì con i miei quadri acquerelli e fiabe e poesie pubblicate nei miei libretti”

Il Centro perduto. “Ramon al cuore” – Scrive Michele Rallo: “Quando nell’anno di grazia 1789, infatti, due contrapposti gruppi di rappresentanti del “terzo stato” andarono ad occupare due opposti settori dell’emiciclo, si schierarono di qua o di là, a destra o a sinistra. Nessuno scelse di stare né di là né di qua, né a destra né a sinistra, ovverossia in quella sorta di “isola che non c’è” che avrebbe potuto chiamarsi (e non si chiamò, giacché non esisteva) “Centro”. Ecco perché, se le odierne e pur decadute Destra e Sinistra possono vantare antiche origini blasonate, il Centro non ha una sua storia…” – Continua: http://altracalcata-altromondo.blogspot.it/2015/10/michele-rallo-alla-ricerca-del-cuore.html

Spagna. Longa manu NATO – Scrive BBUS: “La Spagna si è trasformata fino al prossimo 6 novembre nel più grande teatro di operazioni militari della NATO dalla fine della Guerra Fredda, per ospitare gigantesche manovre che mobilitano più di 30.000 soldati, 20.000 dei quali spagnoli, con armamenti di ultima generazione.”

Trapani. Eroismo al femminile – Scrive Marinella Correggia: “Un modello di riferimento inarrivabile, per un’azione diretta durante un conferenza stampa? Munthazar al Zaidi, il giornalista iracheno che a Baghdad lanciò le sue scarpe a George W. Bush urlando «in nome delle vedove, degli orfani e del milione di uccisi in Iraq». Finì in carcere, e torturato, per quasi un anno: vilipendio di capo di Stato estero. Ma qui, all’aeroporto militare di Trapani, il 19 ottobre 2015, sotto il tendone della conferenza stampa che presenta le esercitazioni Trident Juncture dell’Alleanza atlantica, quali conseguenze avrebbe avuto il lancio di una scarpa – senza mirare bene, per carità – contro l’ignaro vicesegretario generale della Nato Alexander Vershbow?..” – Continua: http://paolodarpini.blogspot.it/2015/10/trapani-la-nato-va-disciolta-resoconto.html

Commento di Marco Palombo: “Bene la pubblicazione di questa testimonianza ma le parole di Marinella meritano ben altra diffusione, io sto facendo circolare la versione inglese che Marinella ha inviato ad una lista internazionale No Nato alla quale sono iscritto anche io. Ne riparleremo, ma l’ azione diretta di Trapani non è conclusa, la seconda fase e la sua divulgazione e magari anche una discussione su questo tipo di azioni che possono avere altre varianti, come situazioni e attivisti impegnati…”

Canone e qualità tv. Lettera aperta al presidente – Scrive Adriano Colafrancesco: “Gentile Presidente, a che titolo gli italiani devono pagare il Canone televisivo se non per fruire del diritto sacrosanto ad un servizio pubblico realmente tale nell’informazione? Consapevoli che sia certamente anche vostra questa elementare convinzione, vogliamo augurarci che spunti come quelli offerti dalle…” – Continua: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2015/10/23/lettera-aperta-al-presidente-richiesta-di-autentico-servizio-pubblico-televisivo/

Ficulle. Valle Libera. Progetto con il CIR – Scrive Riabitante: “Stiamo cercando fratelli e sorelle che vogliano portare la loro energia a Valle Libera. Ci sono 20 ettari di terreno con mezzo ettaro di vigna (malvasia), un grande orto, 50 alberi da frutto, 5 galline, un ettaro di nocciole e noci, 8 ettari di bosco di quercia (per il sistema di riscaldamento a legna in inverno) e circa 6 ettari di terreni incolti. Al momento stiamo lavorando sul modo di vivere e coltivare in maniera ecologicamente sostenibile. Per le nuove idee siamo sempre aperti. Info. Tel. 0763 86130 – valle.libera@libero.it”

Muoversi con cautela – Scrive Franca Oberti: “Spesso intavolo discussioni su argomenti che si dibattono per la maggiore: politica, religione, famiglia. Sulla famiglia non mi pongo particolari domande, non ho da sbandierare situazioni anomale, unioni più o meno composte o conflittuali, figli disadattati, tutto fila piuttosto liscio, con principi sui quali non devo per nulla dibattere; coltivo da sempre dei valori morali che sento parte della mia esistenza e talvolta mi riscopro – Continua: http://retedellereti.blogspot.it/2015/10/comunicazione-muoversi-con-cautela-non.html

Roma. Parco dell’Appia Antica – Scrive Zappata Romana: “7 novembre 2015 nell’Hortus Urbis dell’Appia Antica. Si propone un percorso didattico che consentirà ai partecipanti di imparare non solo a riconoscere le piante spontanee, ma anche a raccoglierle nel periodo giusto e ad usarle in cucina, a cura di Giovanni Salerno, botanico. Info. info.zappataromana@gmail.com”

I mille volti della Mente – Scrive Sarvamangalam: Sappiamo che la nostra mente esamina ed elabora classi di fenomeni sui quali, per moltissimi svariati motivi, nel corso della nostra vita, abbiamo proiettato la nostra attenzione, costruendo un insieme di paradigmi abituali che selezionano tra mille altri possibile i fatti che vogliamo notare ed ai quali vogliamo pensare. Tutto ciò avviene in gran parte anche in modo inconscio, essendoci abituati ciascuno a percepire preferenzialmente alcune impressioni ed emozioni piuttosto che altre. L’intera nostra ricettività dipende …” – Continua: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2015/10/i-mille-volti-della-mente-nel-parco.html

Povera cicala. Tutta colpa di Esopo – Scrive Spiritual: “La cattiva fama della cicala è tutta da rivedere. Nella tradizione popolare la pigra cicala canterina viene paragonata alla formica, virtuosa e lavoratrice, a vantaggio di quest’ultima. Ma non è sempre stato così. Nelle culture antiche la cicala indicava resurrezione, realizzazione spirituale, addirittura immortalità. Il suo misterioso emergere dalla terra ne faceva oggetto di meraviglia. Sacra ad Apollo, ne impersonava il lato musicale, la lira e il canto. La sua capacità di trasformazione…”

Ed anche noi ci “rivaluteremo”, tranquilli! Ciao, Paolo/Saul

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Pensiero poetico del dopo Giornaletto:

“La mente è uno splendido meccanismo, usalo, ma non farti usare. È al servizio dei sentimenti: se il pensiero serve i sentimenti, tutto è in equilibrio; nel tuo essere sorgono profonda quiete e gioia…” (Osho)

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