Di questi tempi, in cui tutti hanno cominciato a parlare e a fare “recupero sociale”, mi sembrava importante dire qualcosa in merito. I furbetti che stanno iniziando ad ammassare le tante persone esasperate per riportarle nell’ovile di un Sistema sempre più insopportabile, sono sempre al lavoro. Non facciamoci ridurre ancora a “carne da consenso”.
La follia di questa surreale “Fase 2” non è scritta solo nei dati statistici sul coronavirus che nessuno esamina in prima persona, ma è soprattutto negli atteggiamenti comandati a distanza, nella mentalità contorta che siamo chiamati a fare nostra, nella convergenza unanime di opinioni verso ciò che solo tre mesi fa nemmeno passava per l’anticamera del cervello a nessuno. Il 1° marzo scorso le 566 persone in più positive al COVID-19 destavano allarme sociale, indirizzando il governo verso la reclusione di tutti per evitare un pericolo insormontabile alla salute pubblica; oggi le 500 persone circa che tutti i giorni si continuano a sommare alle 230.000 già dichiarate positive al tampone, non sono invece più un pericolo incombente per nessuno… Fino a tre mesi fa era un reato girare per strada travisati; oggi si rischia di essere ripresi da qualcuno se solo si cammina senza mascherina ospedaliera in faccia (pur non essendo nemmeno obbligatorio fuori dai locali aperti al pubblico…
All’inizio di queste Prove Tecniche di soggezione della popolazione chi si fosse presentato in banca con una bandana alla bocca avrebbe terrorizzato il personale facendo pensare a una rapina; oggi è invece possibile scorrazzare all’interno di un Istituto di Credito a volto coperto senza che nessun operatore nemmeno si accorga di quella presenza… Regole per andare al ristorante: si entra rigorosamente con la mascherina, e poi la si toglie al tavolo. Forse perché il coronavirus attacca esclusivamente nei corridoi di accesso?… Regole per accedere ai locali pubblici: si entra uno alla volta, e ci si ammassa fuori in fila. Forse perché il coronavirus sferra meglio i suoi colpi mortali nei luoghi chiusi? Allora perché ci avete tenuto tappati in casa per più di due mesi?… Regole per la Scuola Guida: lezioni di guida con nessun altro in macchina oltre all’istruttore, e trasbordi in auto liberi senza museruola obbligatoria. Forse perché il coronavirus ce l’ha con chi sta prendendo la patente?
Com’è possibile accettare queste assurdità come fossero normali? Davvero è così difficile comprendere che la Grande Messinscena del coronavirus non ha nulla a che fare con la salute della gente ma è solo un esercizio di sopportazione a oltranza, una verifica delle nostre capacità di adattamento a tutto, compreso l’assurdo? Scommettiamo che se domani ci dicessero che dobbiamo saltare su un gamba sola per non prendere un’infezione, la maggior parte di noi comincerebbe a farlo senza batter ciglio?
Ormai sembriamo pupazzi di carne nelle mani di burattinai invisibili che giocano coi nostri corpi inermi, privi di alcuna reazione umana: nemmeno di fastidio. Chi ricorda la canzone di Claudio Cecchetto Gioca jouer?… “Dormire…” ♪♫ Tatta-taratatatta-taratatatta-tarata-Ta-Ta ♪♫ (e tutti a fare finta di dormire); “salutare…” ♪♫ Tatta-taratatatta-taratatatta-tarata-Ta-Ta ♪♫ (e tutti a fare ciao con la manina); “autostop…” (e tutti con il pollice fuori a fermare immaginari automobilisti sulla strada). Qui è uguale: “mascherina solo agli ingressi di pub e tavole calde…” ♪♫ Tatta-taratatatta-taratatatta-tarata-Ta-Ta ♪♫ (e tutti con la mascherina indosso all’entrata e in tasca al tavolo); “temperatura del corpo per chi entra a comprar vestiti…” (e tutti in fila a farsi prendere quello che un tempo era un dato sensibilissimo che era vietatissimo maneggiare); “guanti se si accede al mercato…” ♪♫ Tatta-taratatatta-taratatatta-tarata-Ta-Ta… ♪♫…
Il guaio è che non c’è proprio niente da ridere: solo da piangere! E attenzione: ad essere deprimente non è tanto il fatto che si sia tutti costretti a rispettare queste umilianti prescrizioni da presa-in-giro, quanto il fatto che lo si faccia dandovi credito e autorevolezza, come se fossero davvero indicazioni serie. La nostra Dignità, sacrificata sull’altare della presunta Sicurezza, giace come la Libertà non più nel nostro cuore, ma nei dedali tortuosi della nostra induzione all’obbedienza cieca, recuperabile soltanto nei tempi (sempre più) morti del nostro “rompete-le-righe”.
In soli tre mesi di terrorizzazione sanitaria hanno sbaragliato tutto: Libertà, Dignità, ma anche sensibilità, privacy, cultura del rispetto (di se stessi e degli altri), opinioni avverse, movimenti politici rivoluzionari. Tutti sulla pedana, in riga, a mimare la voce di DJ… “subire…” ♪♫ Tatta-taratatatta-taratatatta-tarata-Ta-Ta… ♪♫…
Settant’anni di democrazia, di boom economici, di opulenza hanno svuotato tutto quel che siamo, tutto quel che dovremmo essere: la nostra umanità. Questo è il vero dramma da affrontare. E non riguarda solo la servile attitudine di capitalisti e “interventisti” al servizio del Sistema, ma anche quella dei tanti anti-capitalisti (a parole) che oggi si mettono la mascherina non per costrizione ma per scelta personale, o che ritengono opportune le misure restrittive adottate dal governo o che fanno gli scioperi bianchi per poi donare il ricavato alla Santa Protezione Civile.
La divisione del lavoro (regola principe su cui si basa la civiltà), e la domesticazione (motore del nostro asservimento), hanno portato a smarrire quella che millenni di ordini imperiali, bolle pontificie, guerre, schiavitù dichiarata, fruste, staffili e scudisci, non erano riuscite a stroncare del tutto: la nostra indocilità, la nostra irriducibilità a ogni forma di disciplina, la nostra indisponibilità a subire il giogo. A forza di delegare ogni aspetto della nostra vita agli specialisti, e a farci “gestire” da qualcuno più capace di noi, siamo diventati incapaci di qualsiasi minima forma di autonomia.
È la civilizzazione che presiede a questa continua espropriazione di competenze. La civilizzazione coi suoi fondamenti, le sue Istituzioni inossidabili, i suoi valori dichiarati universali, il peso opprimente delle sue categorie e dei suoi processi pervasivi che invadono la vita di tutti.
l’Economia, ad esempio, ci ha tolto la capacità di saperci sostentare da soli e ci ha reso tutti dipendenti dall’Economia (e cioè dal sistema produttivo): dipendenti dai Soldi, che ci servono per comprare quello che non riusciamo più a fare o cercare in natura; dipendenti dal Lavoro, che ci serve per racimolare i soldi; dipendenti dalle cose prodotte e dai servizi forniti.
La Scienza ci ha ridotto a macchine genetiche capaci solo di funzionare; totalmente avulse da qualsiasi ambiente ecologico e – unica specie al mondo – incapaci di riconoscere nel proprio ambiente naturale un punto di riferimento indispensabile e protettivo. Mere entità meccaniche difettose per natura, e costituite da pezzi di ricambio che possono solo essere adattati, riparati o sostituiti quando non funzionino più.
La Tecnologia ci ha reso incapaci di compiere qualsiasi attività, anche la più fisiologica, senza la mediazione dei suoi strumenti: ormai non riusciamo nemmeno più ad andare al cesso senza un navigatore satellitare!
Le Istituzioni statali democratiche ci hanno insegnato a delegare ogni aspetto della nostra esistenza a qualcun altro: delegare, votare, demandare a terzi, incaricare qualcuno, nominare altri al nostro posto. Non sappiamo più fare altro.
Dentro a questo spazio di sempre maggiore dipendenza dal Sistema, dilagano i poteri che ci tengono alla catena. Siano essi poteri forti o meno forti; pubblici o privati; ufficiali o alternativi. Perché la dipendenza dal Sistema rende innanzitutto inconcepibile una vita senza il Sistema; dunque, se una vita fuori dal Sistema non è pensabile, anche la lotta politica si trasforma: non più lotta al Sistema, ma lotta per il miglioramento del Sistema, per la cura del Sistema, per il risorgimento/rinascimento del Sistema. Insomma, per la riabilitazione del mondo così com’è invece che per la riabilitazione di quella nostra umanità ferita e spenta dalla dipendenza dal Sistema.
È così che nel mondo esausto e tossico in cui (soprav)viviamo, spopolano da sempre i paradossi e gli ossimori (e cioè le contraddizioni in termini): è così cioè che lo Sfruttamento (ritenuto inevitabile) diventa “sostenibile”; che l’Economia (considerata come connaturata all’esistenza umana) diventa “virtuosa”; che la Tecnologia (creduta indispensabile) diventa “ipo-”; che la Scienza (reputata imprescindibile) diventa “olistica”, che la Medicina diventa “alternativa”, che il Turismo si fa “responsabile”, che la Pornografia si trasforma in “etica”, che la Giustizia si fa chiamare “giusta” e che persino il Potere diventa “buono”.
Eppure, Fabrizio de André ci aveva avvertito: “bisogna farne di strada”, cantava nel 1973, “per essere così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”. La chiamava “ginnastica di obbedienza”. Ma gli alternativi, i risentiti che fanno politica con la tastiera, gli ammutoliti della protesta e i non-violenti che ringraziano le restrizioni governative per aver fatto scoprire loro l’importanza della quotidianità, non si curano delle avvertenze di questo artista defunto e superato. Loro, in perfetta sintonia coi tempi postmoderni, non si chiedono cosa siano lo Sfruttamento, l’Economia, la Tecnologia, la Scienza, la Medicina, il Turismo, la Pornografia, la Giustizia, il Potere. Li vogliono tutti e senza eccezioni, ma solo un po’ più verdi, un po’ più slow, un po’ più eco, soft, partecipati, responsabili, democratici, “a misura d’uomo”.
In un mondo di umani che stanno perdendo il senso della loro identità (la parola indoeuropea per terra, dhghem, costituisce la radice del latino humanus, da cui anche il termine humus[1]), e che la ricostruiscono per imbeccata istituzionale nei simboli della loro soggezione (lo Stato, la Bandiera, il Partito, l’associazione new age, il progetto per una nuova ripartenza, eccetera), resta solo lo spazio per quella “ginnastica”.
Unito ai sermoni degli evangelisti della disgrazia che, sull’esempio di Etty Hillesum (la mistica morta nel campo di sterminio di Auschwitz col cuore pieno di gioia) ci spiegano “Come essere felici in un mondo ingiusto” (e cioè lasciando intatto il mondo ingiusto e inducendo tutti all’auto-manipolazione in accondiscendenza), l’uso di parole dall’effetto ammaliante compie il miracolo, spegnendo quel poco che ancora anima lo spirito di reazione umana all’ingiustizia, e addomesticando anche ogni possibile riflessione, ogni possibile presa d’atto critica dello stato delle cose, ogni sensibilità rivolta alle cause del problema. Solo così è possibile far rientrare tutti, compresi i più riottosi, nei ranghi del Sistema. Il concetto di “bene comune” è forse il più gettonato tra tutte queste “parole magiche”, assieme all’idea sempre in voga di “democrazia” e – di questi tempi – a termini temerari come “ribellione”, “resistenza”, “resilienza”, “unione”, “partecipazione”.
“Bene comune” è una locuzione filosofica che non ha alcun senso reale. È una locuzione ingannevole perché suppone che esista un “bene” che appartenga a una collettività di persone, quando invece la collettività di persone non è un’entità che abbia sua vita propria: è solo una summa di individualità. Non esistono le collettività, né i corpi sociali, né le personalità giuridiche. Esistono solo gli individui che possono unirsi altri individui per formare gruppi, bande, comunità, associazioni, consorterie; le quali, però, non esistono senza la presenza delle individualità che le compongono. La collettività, dunque, non esiste in quanto tale, ma solo come sommatoria delle singole individualità; e il “bene” di queste individualità riunite resta imprescindibile dal “bene individuale” di ciascuna di esse.
Vale lo stesso per il concetto di “salute pubblica” o di “libertà nazionale”: tutte parole vuote, capaci solo di evocare immagini ammalianti e suscitare suggestioni, ma prive di alcuna concretezza o riferimento reale. Serve infatti un profondo allenamento alla simbologia per comprendere il senso di simili locuzioni prive di senso. Occorre un training continuo alla separazione dalle nostre esperienze dirette e alla fede nell’astrazione per riuscire a capire ciò che non esiste in Natura ma solo in Cultura. E, infatti, solo noi civilizzati, che siamo intrisi di simbologia e addestrati sin da piccolissimi alla rappresentazione in luogo della vita vissuta, possiamo subire l’influsso di queste parole vuote: noi che concepiamo come reale l’idea del “bene comune” solo perché abbiamo perduto la capacità di considerarci individui singoli, unici e irripetibili, e crediamo al contrario all’esistenza delle nazioni, delle genti, dei paesi, della società. Noi che siamo i primi a concepirci come massa, ammasso, gregge, mandria da governare. E che pertanto crediamo all’esistenza di un bene generale della massa che prescinda dal bene di ogni singolo individuo.
Ma è un trucco: così come non esiste una salute pubblica, una libertà nazionale o una felicità collettiva, ma solo una salute personale (che può unirsi alla salute personale di altri), una libertà individuale (che può espandersi in quella di altri) o una felicità individuale (che può incontrarsi con quella altrui), anche il “bene” (o “benessere” che dir si voglia) può essere solo individuale e, semmai, capace di legarsi a quello di altri individui che godano della stessa condizione. “Bene comune”, dunque, è solo un espediente concettuale che serve a convincere. E convince!
Non è stato forse facendo appello proprio a questo artificio retorico che in queste settimane ci siamo fatti chiudere in casa? Tutti a soffocare nei nostri loculi abitativi per proteggere il “bene comune”. Non è stato forse in nome del “bene comune” che nel 2017 è stato imposto per legge, in Italia, l’obbligo di vaccinazione ai minorenni? Tutti gli under 17 inoculati per creare l’immunità di gregge. E non è forse in nome del “bene comune” che i Governi degli Stati hanno sempre promulgato le loro dottrine, le loro normative d’emergenza, le loro guerre? Quando nel 1945 gli Stati Uniti d’America sganciarono le loro bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, non era forse per difendere la loro libertà nazionale, il loro “bene comune”? Del resto, quando Tommaso d’Aquino, nella Summa Theologiae (1265-1274), espresse per la prima volta in maniera filosofico-religiosa questo concetto, stabilendo che la Legge si riferisca sempre al “bene comune”, non fu lui stesso a sostenere la legittimità della pena di morte per la conservazione proprio del “bene comune” stesso?
Smettiamo allora di farci prendere in giro dagli ordini e dalle parole!
Il “bene comune” non esiste! E come dice persino l’articolo 2 della Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina (cosiddetta Convenzione Internazionale di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina): “Primato dell’essere umano. L’interesse e il bene dell’essere umano debbono prevalere sul solo interesse della società o della scienza”. L’anarchico E. Armand, già cent’anni fa, in piena controtendenza all’idea monarchica dominante della persona (la quel riduceva l’individuo a suddito di Dio, della Legge, del Partito, dello Stato o della Società), lo aveva scritto: occorre proclamare lo «stato di legittima difesa» del singolo «contro tutto ciò che […] insegna, persegue, realizza la subordinazione dell’individuale al sociale, l’oppressione dell’individuo da parte della Società»[2].
L’uso di ossimori o locuzioni filosofiche vuote serve a convincere, e ogni volta che le nostre orecchie vengono pervase dal quel suono, il nostro spirito vivo dovrebbe ribellarsi. Così come non esiste un “bene comune”, infatti, non esiste neanche un’Economia virtuosa, circolare, solidale, della felicità o non basata su speculazioni e frodi. L’Economia, dal greco Oikos (casa, la casa di tutti: il Pianeta) e Nomos (norma, gestione, amministrazione), e che dunque etimologicamente parlando significa “Amministrazione della Terra in funzione del suo dominio umano”, non è mai virtuosa ma predatrice per natura. Riduce la Terra a “risorsa” (e cioè a un capitale da sfruttare) trasformandola in una landa reificata presente solo per servire i capricci del suo autoproclamato dominatore umano. E l’Economia non è predatrice solo verso il Pianeta, ma anche verso le persone che vi confidino, visto che insegna loro a concepire gli interessi come fossero “interessi personalistici”, e cioè in opposizione a quelli degli altri; dunque calando ognuno di noi in una guerra di tutti contro tutti intesa ad affermare questi interessi esclusivi su quelli altrui. Basta pensare al commercio per rendersene conto. Proudhon ce ne ha dato la nozione già 150 anni fa: il commercio è «l’Arte d’acquistare a 3 franchi ciò che ne vale 6 e di vendere a 6 franchi ciò che ne vale 3»[3]. È l’arte cioè di fregare il prossimo.
Può allora mai esistere una scienza fondata sull’arte di fregare il prossimo che sia virtuosa, circolare, della felicità o che non sia basata su speculazioni e frodi? Come ha considerato l’antropologo americano Marshall Sahlins, nello scambio «i partecipanti si fronteggiano come interessi antagonisti, ognuno teso a massimizzare il proprio tornaconto a spese altrui»[4]. L’etnologo francese Claude Lévi-Strauss è stato ancora più esplicito: «Gli scambi», ha più volte scritto, «sono guerre pacificamente risolte, [così come] le guerre sono il risultato di transazioni sfortunate»[5].
Non esiste una Economia virtuosa, non esiste un bene comune e non esiste nemmeno una Scienza senza dogmi, perché la Scienza si considera sempre espressione di Verità, e ogni forma culturale di Verità presuppone dogmi, assiomi indiscutibili e articoli di fede.
Anche il concetto di “Tecnologia verde” o “a basso impatto ambientale” o “ipo-tecnologia” sono esempi di contraddizioni in termini, usati per convincere. Neanche la tecnologia infatti è neutrale: essa ha sempre una sua propensione incontrollabile, e tutti sanno che per costruire oggetti tecnologici occorre «sventrare montagne, depredare fiumi, stuprare terre, disboscare foreste, inquinare l’ambiente in generale. E bisogna farlo non solo per costruire armi e slot machine, ma anche per realizzare serbatoi necessari a distribuire acqua potabile in una città, per edificare abitazioni in cemento armato o in legno, per realizzare impianti medici, [ambulanze,] strutture sportive, piste ciclabili, opere pubbliche. Naturalmente, tutta questa devastazione non si realizza da sola. Se per produrre oggetti tecnologici serve bauxite, ferro, rame, nichel, manganese, silicio, coltan, terre rare, caolino, cobalto, cassiterite, oro, eccetera, vuol dire che per produrre oggetti tecnologici servono miniere dalle quali predare questi elementi e persone che vi lavorino»[6]. Per poter godere delle delizie di un mondo tecnologico occorre allora «seppellire ogni giorno centinaia di migliaia di individui che, ricattati dai meccanismi impietosi dell’economia, sono costretti a scendere in giacimenti bui, insani, soffocanti, ricavandone spesso, insieme ai pochi spiccioli coi quali vengono miseramente pagati, anche tutto un complesso di malattie inguaribili che, nel tempo, procureranno loro la morte dopo atroci sofferenze. E tutto questo senza alcuna minima compassione. Per estrarre coltan, ad esempio, vengono utilizzati bambini, perché possono infilarsi molto meglio degli adulti negli stretti crepacci della terra in cui quella sabbia nera viene portata alla luce. Quanti ne muoiono ogni giorno? Quante persone vengono uccise perché possa essere garantito a noi “liberi” cittadini del Mondo Giusto di comunicare con WhatsApp?»[7].
Non è il Sistema che dobbiamo riabilitare, ma noi stessi. L’insopportabilità di un universo che sfrutta, domina, distrugge, deporta, uccide e rade al suolo tutto quel che vive, prescinde dalle restrizioni governative motivate con la balla del coronavirus, le quali invece ne rappresentano la sintesi più immediata e vicina a noi. Per chi ancora pensa che possa essere “recuperabile” un mondo così ritorto su se stesso che, oltre a imprigionare a comando i suoi sudditi riconoscenti, giunge fino a prostituire bambini, venderli, usarli come deposito d’organi umani per il traffico di trapianti, o che semplicemente li infila insieme agli altri adulti impoveriti nei crepacci tossici di miniere e giacimenti per il “bene comune” di una tanto agognata Società hi-tech, resta solo lo spazio per la riprovazione e il disgusto. Non è il “bene comune” che merita di essere difeso, ma il nostro bene di individui assediati dalla Società e dalle tecniche che la retorica di potere usa per tenerci in scacco. Fin tanto che continueremo a dirigere le nostre energie per consolidare ciò che ci sta togliendo la Libertà di dosso, la Dignità di dosso e la Gioia di vivere, ci ritroveremo sempre più con il guinzaglio al collo, sottomessi ai vari furbetti di turno, ai vari trafficoni con un po’ più di pelo sullo stomaco e ai tanti manipolatori di professione che aspirano a tenerci tutti nella condizione di “coglioni” che confidano ancora nell’esistenza di poteri buoni.
Per contro, chiunque creda ancora che la propria libertà passi attraverso la “comodità” di una delega di poteri a qualcuno che se ne intenda, o che sappia farne un buon uso, o che semplicemente sia in grado di far appello alla retorica, resta un illuso che si ritroverà ben presto a dover fare i conti con gli effetti più dirompenti del proprio essere credulone e sprovveduto. «Tutti i partiti politici, ogni volta che a parole hanno promesso Libertà, nei fatti l’hanno sempre e soltanto portata via, e quando sono diventati partito di governo non hanno avuto remore nell’opprimere gli oppositori politici e sociali usando tutta la violenza della burocrazia, della polizia, dei tribunali e di ogni altro strumento del controllo sociale che l’Apparato garantiva loro»[8]. Una tale constatazione storica vale ancor di più oggi che i partiti politici sono solo i portaborse di poteri molto più forti di quelli conseguibili col consenso elettorale. Se il Presidente Donald Trump, l’uomo politicamente più potente della Terra, non è riuscito a scacciare Anthony Fauci dal suo ruolo nella task force americana sull’emergenza coronavirus, è chiaro che esiste qualcuno che comanda più di lui. Dopo aver ritwittato il post dell’ex candidata repubblicana alla Camera Deanna Lorraine “Time to fire Fauci!” (È tempo di licenziare Fauci!), Trump ha risposto imbarazzato e menando il can per l’aia alle domande incalzanti dei giornalisti che gliene chiedevano conto: lo ha fatto ritrattando tutto e affermando che “Anthony è una persona fantastica” e “ho sentito dire che lo licenzierò. Non ho intenzione di licenziarlo[9]. “Bravo Donaldone”, deve averlo rassicurato qualcuno d’importante con una bella pacca sulla spalla: “Quando uno è bravo, è bravo! E non merita la fine di J.F. Kennedy”.
Solo per la cronaca, Anthony Fauci (nomen omen) è l’immunologo che dirige da più di trent’anni l’NIAID e che, nel febbraio del 2017, vale a dire soltanto un mese dopo la cerimonia di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, ebbe a dichiarare pubblicamente: “Dato che io lavoro da molto tempo e ho avuto il piacere di servire in cinque amministrazioni [di governo americano: Regan, Bush padre, Clinton, Bush figlio, Obama, N.d.R], oggi vi parlerò della prospettiva della preparazione per la pandemia. E il mio messaggio per voi, oggi, in base alla mia esperienza, è: è sicuro che l’amministrazione Trump affronterà malattie infettive croniche che sono già in corso. Ma ci saranno anche delle sorprendenti epidemie”[10].
Se perfino il capo dell’Impero più importante del mondo risulta impossibilitato a liquidare questo medico così sicuro delle proprie profezie (profezie che, guarda un po’, si sono poi puntualmente avverate), ed è costretto addirittura ad accampare scuse ai giornalisti, è del tutto evidente che il regime nel quale siamo calati oggi non è una Demos-crazia (potere del Popolo), ma una Sciento-crazia (potere della Scienza).
Pertanto, a chi parla oggi di democrazia associazionista, di diritto alla vita, di spirito di comunità, e promette uno Stato che guardi al Ben-Essere delle persone e del Pianeta, o è un ingenuo o è un mentitore. Nell’uno come nell’altro caso utilizza soltanto slogan elettorali come tutti gli altri, ammassando adepti come tutti gli altri e preoccupandosi di tenere tutti nella delega di poteri e nella inazione politica. Il fatto che tante persone (anche in prefetta buonafede) aderiranno agli appelli di questi vecchi e nuovi difensori della Patria, non sorprende. La storia è sempre la stessa: invece di lottare per riprenderci in mano la nostra vita, pensiamo sia più conveniente e comodo credere nei Messia Liberatori che, ovviamente, pensano sempre a tutto loro: modalità di protesta, temi di protesta, luogo di protesta, viaggio e autorizzazioni burocratiche. Basta solo aderire. Basta solo farsi trovare sul posto in massa e garantire a questi tribuni la presenza di una folla che legittimi le loro rivendicazioni. In modo che si possa essere contati come si contano le pecore del gregge, e che si possa essere usati come moneta di scambio per chissà quale contropartita in potere, denaro, privilegi personali.
Che qualcuno di questi arruffapopoli abbia persino il coraggio di evocare clamorose marce sulla capitale senza suscitare alcuna indignazione o sospetto, la dice lunga. Non c’è bastata la “marcia su Roma” del 1922, quando un altro furbetto che parlava di “rivoluzione” e di moralizzazione del potere, usò 25.000 persone per prenderlo il potere, inaugurando i vent’anni più tristi della storia d’Italia? Mai possibile che abbiamo la memoria così corta? Mai possibile che non ci ricordiamo nemmeno più della battaglia moralizzatrice del Movimento 5 Stelle, quello che solo pochi anni fa contestava l’uso illegittimo della decretazione d’urgenza da parte del Partito Democratico di Renzi, e che oggi, insediato nelle stanze del potere, ha usato proprio quella decretazione d’urgenza per prendere la Costituzione, la Dichiarazione dei diritti umani, la Convenzione internazionale di Oviedo e ogni altra norma che tutela l’inviolabilità dell’individuo per usarla come carta igienica su richiesta del Potere Sanitario Mondiale? Mai nessun regime totalitario, prima di quello scientocratico attuale, aveva impedito ai propri sudditi di spostarsi liberamente sul territorio nazionale. Nemmeno Hitler, nemmeno Stalin. La domiciliazione coatta è una pena inflitta a chi commette reati, non una forma di precauzione sanitaria. Credere il contrario dà solo il senso del nostro stordimento generale.
I leader della ribellione di oggi, esattamente come quelli di ieri e dell’altro ieri, ricorrono a ossimori e locuzioni filosofiche per farci credere che sia prossimo un cambiamento radicale delle cose. Intanto, la sostanza di ciò che vogliono è quello che c’è già: un mondo in cui contino ancora la Politica, la Scienza, la Tecnologia, l’Economia, lo Sviluppo, il Progresso, il Bene Comune; non gli Individui, non la Natura, non le Relazioni e i Sentimenti.
«Come i sindacalisti non si occupano di espellere dalla vita umana il servaggio del lavoro, ma operano solo per regolarlo, […] anche i boss della» “rinascita” «non ce l’hanno affatto con l’Economia, non ce l’hanno affatto con il Potere, con la robotizzazione della vita; non ce l’hanno affatto nemmeno con il tecno-capitalismo, col mercato, col commercio, col produttivismo, né tanto meno con il sacrosanto fine di lucro: si preoccupano soltanto che tutto questo rimanga a piegare le vite incivilite dei nuovi eco-sudditi, e che tutto appaia giusto»[11].
«Il sistema è abile – sosteneva Vaneigem –, imprigiona la libertà in nome della libertà»[12]. Attraverso le Istituzioni bastona, con la propaganda censura e si autolegittima, con le parole blandisce e seduce, e poi, per evitare che qualcuno resti fuori dalle porte della caserma ritroso a rientrar nei ranghi, mobilita i suoi tanti “recuperatori sociali” per riportare appunto nell’ovile chiunque si trovi ancora fuori dal recinto a tentare di sovvertire davvero le cose. I Partiti-protesta servono proprio a questo. Si è già detto dei grillini, ma si potrebbe parlare dei Partiti pirata, dei Verdi, dello stesso Partito Comunista Italiano o del Partito Socialista, fino a ricordare ancora il lavoro indefesso di sindacati, associazioni di categoria e corporazioni. Il Potere sa benissimo che il sistema migliore per soffocare una protesta è organizzare una finta protesta che raccolga tutti gli spiriti esasperati per dare loro una nuova religiosa Speranza: la Speranza di un Mondo Migliore. Non un mondo diverso, badate bene; non un mondo naturale com’è stato per milioni di anni prima dell’avvento della civiltà. Ma un mondo migliore: ossia un Mondo-macchina come quello che c’è già, col suo sistema mangia-vita che opprime e addomestica, ma un po’ migliore. Riformare, rinnovare, perpetuare: queste sono le parole d’ordine. Termini (ab)usati come Resistenza e Ribellione, o frasi d’effetto come “far esplodere la nostra biodiversità” servono appunto soltanto a far sfogare l’irritazione, a mettere tutti – anche i più bizzosi – dalla parte del Sistema pur sembrando di volerlo far saltar in aria. Quello che in questo modo scenico salterà in aria, invece, sarà soltanto la possibilità di riprenderci in mano la nostra vita. Che infatti delegheremo ai nuovi demagoghi di turno, rinnovando la favola infinita del potere che si svecchia, si modernizza, si adegua ai tempi che corrono e che, grazie anche a quest’imprescindibile opera di rinnovamento dei ribelli dalla petizione facile, si mantiene in auge.
La dittatura della Scienza è adesso. Le Prove Tecniche di soggezione della popolazione, con le loro prescrizioni assurde e il loro Gioca jouer ridicolo e umiliante, non finiranno perché un capopopolo da giunta militare al governo o un romantico visionario dello Stato Idilliaco riuscirà a radunare un sacco di povera gente esasperata. La Libertà non è un servizio, e tanto meno in vendita; la Libertà non la si delega a nessuno. Chiunque consegni la propria autodeterminazione a Liberatori di professione o a caporioni organizzati, la sta soltanto perdendo. Dobbiamo riprenderci in mano la nostra vita, non continuare a delegarla.
Francesco Benozzo, lo ha spiegato di recente con semplicità: il sistema democratico è il punto finale della delega della nostra libertà: si regge sul sistema del voto, il quale «si basa sullo sfinimento. La delega prevede [infatti] la speranza di voci fuori dal coro in Parlamento, alle quali guardiamo con riconoscenza, come cagnolini che scodinzolano perché riconoscono, tra i cattivi, alcuni padroni buoni»[13]. Se non sapremo scrollarci di dosso l’opinione umiliante che abbiamo di noi stessi, e cioè quella di considerarci come dei poveri mentecatti incapaci di intendere e di volere, e che hanno bisogno della Barbara d’Urso per imparare a lavarsi le mani o di Giuseppe Conte per farsi dire se uscire di casa e come agghindarsi, correre appresso ai “padroni buoni” affinché instaurino il loro “potere buono” in nome del “bene comune” sarà la nostra prossima ginnastica d’obbedienza.
Enrico Manicardi – https://www.enricomanicardi.it/
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[1] Cfr. K. SALE, Le regioni della natura, la proposta bioregionalista (1985), Elèuthera, Milano 1991, pag. 25.
[2] Cfr. E. ARMAND, Cos’è un anarchico? L’abc delle nostre rivendicazioni individualiste anarchiche (1924-1925), Les Milieux Libres, Soazza – GR (CH) 2017, pag. 28.
[3] Cfr. P.-J. PROUDHON, Che cos’è la proprietà (1840), Laterza, Roma-Bari 1978, pag. 274.
[4] Cfr. M. SAHLINS, L’economia dell’età della pietra (1972), Bompiani, Milano 1980, pag. 193.
[5] Cfr. C. LÉVI-STRAUSS, Le strutture elementari della parentela (1949), Feltrinelli, Milano 1969, pag. 119.
[6] Cfr. E. MANICARDI, Rete, oppio dei popoli. Internet, social media, tecno-cultura: la morsa digitale della civiltà, Mimesis, Milano – Udine 2020, pag. 28.
[7] Ibidem, pagg. 28-29.
[8] Cfr. E. MANICARDI, Io voto, tu voti, egli comanda! La Politica non è neutrale, in: J. ZERZAN – E. MANICARDI, Nostra nemica civiltà. Frammenti di resistenza anarchica alla civilizzazione, Mimesis, Milano – Udine 2018, pag. 284.
[9] Cfr. IL MESSAGGERO, Trump fa passo indietro su Fauci: «Non lo licenzierò, persona fantastica», in: «ilmessaggero.it» del 13 aprile 2020. Riportato in: https://www.ilmessaggero.it/video/mondo/trump_fa_passo_indietro_su_fauci_non_licenziero_persona_fantastica-5170040.html
[10] Si veda: https://www.youtube.com/watch?v=goLdpWfUPJY
[11] Cfr. E. MANICARDI, L’ultima era. Comparsa, decorso, effetti di quella patologia sociale ed ecologica chiamata civiltà, Mimesis, Milano – Udine 2012, pag. 194.
[12] Cfr. R. VANEIGEM, Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni (1967), Vallecchi, Firenze 1973, pag. 157.
[13] Cfr. F. BENOZZO, Vergognatevi! Vigliacchi!, riportato in: https://comedonchisciotte.org/vergognatevi-vigliacchi/
Fonte: https://www.enricomanicardi.it/ai-spiriti-vivi/