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Bioregionalismo ed agricoltura contadina… dal passato il futuro!

CULTURA DEI CAMPI COLTIVATI TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

Sono agricoltore di scuola e tradizione organica, agronomo e storico autodidatta che, oltre alla pratica empirica, ricerco e studio da decenni la mia materia, l’Agricoltura.

Che non intendo solo come semplice coltivazione biologica o biodinamica dei campi, o un settore economico del vigente sistema di mercato capitalista globale, ma nella sua piena accezione originaria latina del termine il quale significa: cultura dei campi coltivati, ossia arte/mestiere, scienza, società, economia e spiritualità; cultura del rapporto diretto tra uomo e madre terra, tra humanus e humus, rapporto di humilitas, virtù opposta alla superbia: l’uomo è terra e tornerà inumato alla terra come ceneri di azoto, fosforo, potassio …

La mia conoscenza agronomica ed ecologica segue la linea storica che va dai cacciatori-raccoglitori agli allevatori e coltivatori, in cui i primi si evolsero, tutti anche artigiani, migliaia di anni fa, creando quella cultura dei campi coltivati, arrivata sino a noi pochi decenni orsono, come Civiltà Contadina. Non la civiltà urbana, perché gli agricoltori non vivono nelle città e quella rurale le fu sempre parallela e complementare.

I primi scrittori di agricoltura dei quali sono rimaste le opere sono latini e riportano, a loro dire, un sapere che già fu loro tramandato da tempi remoti. Ad uno di questi letterati agronomi si deve la definizione originale dell’Agricoltura: “Non solo è un’arte, ma anche necessaria e di assoluta importanza; ed è anche scienza, di quello che sia da coltivare e produrre in ciascun campo, affinché la terra renda in perpetuo il massimo dei frutti”.
La sostenibilità agro ambientale che oggi andiamo cercando era già caratteristica degli antichi fondi agricoli, complessi organismi viventi, unità di ecosistema coltivato, che riproducevano i cicli perenni e rinnovabili di quelli naturali e selvatici.

Nel medioevo solo i monaci cistercensi mantennero memoria e pratica dell’Agricoltura classica, sino a che, nel Rinascimento, il corpus di testi noti nell’insieme come De Re Rustica furono riscoperti e rivalutati e divennero il fondamento della nuova scienza agronomica europea, la quale fu diffusa, nei secoli successivi, da diversi autori e scuole che ne ripresero e rielaborarono principi e contenuti, sul modello della villa rustica autosufficiente romana, diversa dal latifondo schiavista.

Quindi, intorno alla metà dell’Ottocento, l’Agricoltura organica, giudicata arretrata, superstiziosa e legata all’ancien regime, di cui era il fondamento dell’economia, fu sconfitta a livello accademico e politico dal materialismo scientifico, il quale vi oppose il “progresso” dell’agrochimica inorganica ed industriale moderna che oggi predomina.

Nonostante i profondi cambiamenti politici, culturali, sociali ed economici portati dalla rivoluzione liberale borghese nell’800, l’agricoltura organica tradizionale è però sopravvissuta resistendo nelle campagne non solo sino a pochi decenni fa, ma è continuata, in forme e metodi aggiornati come contemporanea agricoltura biologica e biodinamica.

Dalla fine anni ‘70 si parla inoltre di agricoltura permanente, o Permacultura e di Agro-ecologia, che non sono affatto nuove scienze, ma hanno radici profonde sino a quei cacciatori raccoglitori da cui tutto ebbe origine e si inseriscono quindi in un filo conduttore storico e millenario di tempo ciclico, e non lineare di sviluppo illimitato e del sempre più nuovo che avanza.

Questo per il semplice motivo che le cosiddette leggi naturali , le quali sono dedotte e misurate dall’osservazione dei cicli rinnovabili e perenni di energia solare e materia vivente, sono immutabili nel tempo e il rapporto uomo-terra madre non se ne discosta, né può farlo, senza uscirne dai suoi parametri biologici, fisici e chimici, andando contro natura.

La catena alimentare è per noi umani di latitudini temperate la catena del pascolo e del detrito, formata da anelli che sono agganciati l’un l’altro in interrelazione e che non possono essere infranti dall’uomo.
In particolare, l’anello tra vegetali ed erbivori ruminanti, che trasformano la materia vegetale in humus fertile, è il fondamento dell’agricoltura organica. Oggi abbiamo sostituito l’humus fertile con i concimi chimici, tolto agli erbivori ruminanti la loro funzione primaria, li abbiamo rinchiusi in allevamenti intensivi come macchine da carne e da latte e il loro letame è considerato rifiuto industriale, carico com’è di residui di antibiotici.
Altre considerazioni per completare il quadro del mio discorso.

L’agricoltura organica tradizionale ed i suoi modelli sono finiti in secondo piano e progressivamente il loro impianto si è disgregato, colpiti al cuore da leggi, burocrazie e tasse del sistema di mercato capitalista “liberale”ed industriale, basato sul profitto e lo sfruttamento e non più sulla rendita. Sono mutati paesaggi, società ed economia, in modo definitivo dalla seconda metà del secolo scorso, ma questo processo era iniziato, lento ed inesorabile almeno cent’anni prima, qui in Italia, alla sostituzione del sistema monetario aureo, sovrano e stabile, legato al valore del grano e del pane, delle merci artigiane, dell’economia produttiva reale, con quello cartaceo a inflazione e debito illimitato, utile solo alla speculazione finanziaria e usuraia.

Culture rurali millenarie non si abbattono così facilmente con una rivoluzione da parte di una minoranza di ricchi borghesi e neoaristocratici che conquista il potere: per cambiare il paradigma mentale dell’uomo, strappandolo dalle sue radici native in natura, dalle sue conoscenze pratiche e modo di vita, è occorso un condizionamento applicato a più di una generazione, sino a cancellare ogni memoria storica e recidere il filo che unisce uomo a Natura. Molto più difficile è riallacciare ora questo filo.

Il nonno contadino è distante anni luce dai nipoti cittadini, come lui lo era già, pur molto meno, da suo padre e suo nonno, già “corrotto” dai tempi nuovi e dall’avanzare ed imporsi di quello che per me, e non solo, per vari suoi aspetti ed effetti è un falso progresso perché deriva da un modello di sviluppo illimitato in un sistema come quello terrestre che è invece limitato e a ciclo chiuso.

La memoria storica è comunque nei cromosomi, siamo parte inscindibile della natura terrestre, alla quale il modo di vita urbano moderno è sostanzialmente artificiale e alieno, memoria che rimane brace sotto la cenere di archetipi lontani di vita naturale, cui questo odierno sistema economico preclude però di fatto ogni via di realizzazione.

Mi riferisco a quell’istinto “primordiale” che indirizza vari individui, oggi, ad un ritorno onirico alla terra e in seno alla vita naturale, ma che si traduce nei fatti, spesso, in avventurismi inconcludenti e parziali nei risultati, che causano anche delusioni, nel tentativo di creare ex novo un modo di vita rustica , ma sulla base di paradigmi propri della cultura progressista urbana: chi va in campagna si porta dietro il proprio modello cittadino cui è stato educato, le proprie abitudini cittadine, proprie interpretazioni delle leggi naturali, creando ibridi con compromessi e contraddizioni, i quali risultano poi di fatto o in situazioni estreme o nello rientrare negli schemi da cui si era cercato di uscire.

Ci si aggrappa anche ad altre culture lontane, spuntandone alcuni suggestivi elementi ed adattandoli, innestati a nuovi impianti, si formulano nuove teorie ideologiche, per colmare un vuoto che indubbiamente si è formato nello sviluppo di una visione materialista della realtà. Stiamo cercando nuove identità.

Oggi, l’agricoltura biologica è settore del mercato di cui sta alle regole, essendo pressoché totalmente incapace, quanto impossibilitata, di esprimere una propria autentica cultura ed economia rurale. Si producono monocolture industriali con “metodo” biologico, sacrificando il creare unità organiche di ecosistema coltivato, come si dovrebbe in teoria, perché sarebbe solo una spesa che non produce profitto e neppure reddito, ed oggi, il fine del lavoro agricolo, anche bio, non è il lavoro in sé a produrre auto sostentamento e surplus per il mercato, a produrre un modo di vita più autentico e felice in cui prendersi cura dell’ambiente e dei nostri simili, ma il denaro, i cui valori non coincidono con quelli naturali, etica compresa.

Certo è che, nonostante il paradigma classico portante della villa rustica, non si tratta affatto, da parte mia ,di sostegno nostalgico del modello economico e sociale antiquato, dei contadini mezzadri del podere tosco-emiliano. Ma la medesima agronomia ed economia era comune anche a contadini liberi, senza padroni, con possesso quindi diretto di propri mezzi di produzione, associati per convenienza reciproca in rete solidale e locale di villaggio, con baratti e scambi d’opera, con la disposizione di terre ad uso civico.

Così fu, ed è un bene che la struttura dell’antico classismo feudale sia decaduta, ma si è buttata via l’acqua sporca con il bambino,anzi il contadino, all’imporsi di quel binomio neoclassista di borghesia capitalista e proletariato, nuovi padroni e nuovi servi, alienati, questi ultimi, di ogni mezzo proprio di produzione per auto sostentamento, consumatori passivi, risorsa umana lavorativa inurbata da sfruttare in economie industriali.

È andata così, come contadini, paisan, campesinos, nativi cacciatori, pescatori e raccoglitori del pianeta, siamo dalla parte dei vinti, avrebbe potuto andar meglio, se il modello di sviluppo avesse con lungimiranza e arte di buon governo tenuto conto che chi lavora la terra, chi vive in natura, ha un’importanza fondamentale nella custodia e gestione degli ecosistemi coltivati e naturali, e questo a vantaggio anche e non ultimo di chi vive in città. Non stiamo parlando dei moderni imprenditori agricoli con mega trattori e diserbanti, dei bovini chiusi nei lager, munti e macellati come oggetti senz’anima.

Nei tempi che ci attendono, in cui l’agrochimica basata sul petrolio avrà una fine, e si dovrà per forza rivolgere lo sguardo indietro alla terra che ci nutre, ci accorgeremo che tanta è andata sprecata sotto cemento ed asfalto, molta altra resa sterile. Questa crisi economica che è di sistema e non di mercato, non solo sta creando povertà e disoccupazione ma rivela tutta l’insostenibilità ambientale ed umana del sistema stesso e richiama la necessità di soluzioni possibili che non sono certo l’emigrazione su altri pianeti o le modificazioni genetiche di piante ed animali. Piuttosto potrebbe essere il riprendere in considerazione economie locali a sovranità alimentare e monetaria, in cui l’uomo sia ricollocato al centro di modi di vita più naturali, consapevoli che è la terra fertile la base della nostra sopravvivenza e prodursi alimenti e materie prime organiche in modo sostenibile e rinnovabile è, da sempre, ricchezza della civiltà umana.

Alberto Grosoli

Relazione all’incontro su Bioregionalismo, ecologia profonda e spiritualità laica tenuto al Ribalta di Vignola il 9 febbraio 2013

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“Bisogni energetici nella società dei consumi ed agonia del pianeta…” di Giuseppe Quartieri

Come ben sanno gli esperti in energia (fisici, ingegneri e tecnici), le energie naturalmente rinnovabili, ossia energia solare, eolica hanno carattere aleatorio (leggermente variabile) e discontinuo durante il giorno e la notte. Questo tipo di produzione di energia elettrica è assoggettato ai crucci dei fattori ambientali variabili e incontrollabili. Quindi la resa e l’efficienza energetica solare ed eolica sono influenzate dalla disponibilità della radiazione solare e del vento. Quando la variabilità dei fattori ambientali produce calo di produzione di energia elettrica solare ed eolico, diventa necessario sopperire con la produzione alternativa di energia elettrica da sorgenti convenzionali fossili (petrolio, carbone, gas) e/o energia nucleare in modo da potere garantire la fornitura di energia elettrica continua agli utenti finali.
La famosa smart grid dovrebbe essere in grado di gestire queste necessità, anche se in Italia si è lontani molti decenni o, al limite, qualche secolo dalla realizzazione concreta. Frattanto si spera molto nel miglioramento della Efficienza Energetica, che sembra sia stata scoperta come se fosse un concetto nuovo, mentre è stato inventato nel 1734 da un giovane ricercatore (o ricercatrice) in Francia al fine di descrivere il funzionamento delle macchine a vapore. L’efficienza energetica è diventata la chiave di volta per risolvere i problemi energetici. Molti ambientalisti del tipo catastrofisti si sono convinti che migliorare la efficienza energetica equivale a risolvere tutti i problemi. Questa sorta di panacea dovrebbe dare pace a tutti gli spiriti appannati dal timore per la crisi energetica. Invece, secondo vari analisti petrolieri, la crisi energetica non esiste poiché si è ancora molto lontani dal raggiungimento del picco di Hubbert, a causa degli enormi ritrovamenti di giacimenti di petrolio in Alaska ed in genere al nord del Mondo e del rinvenimento di «shale gas» negli Usa.

Il bisogno di energia

In questo momento storico, in Italia si punta all’ottimizzazione della Efficienza Energetica soprattutto in campo civile edile. L’offerta di case supera certamente la richiesta. In Italia, c’è surplus di case invendute e libere. Quasi l’ottanta per cento (80%) degli italiani è padrone di casa. La richiesta di costruzione di nuovi appartamenti è caduta esponenzialmente.
L’approccio alla Efficienza Energetica in Italia ha quindi assunto carattere edile. In altre parole gli ingegneri edili e «palazzinari» vari hanno trovato una scusa per farsi finanziare nuove opere edili in piena crisi economica. D’altra parte, da meno di un secolo, le costruzioni edili nel mondo occidentale ed in particolare in Italia hanno scoperto ed impiegato il riscaldamento tramite termosifoni e termoconvettori. Queste predisposizioni ingegneristiche hanno influenzato i calcoli strutturali di palazzi corredando il progetto con dispositivi termo-isolanti (termosifoni e convettori d’aria calda) in modo da potere risparmiare sui materiali, sugli spessori dei muri e dei materiali termo-isolanti. Questo approccio progettuale, alla buona, ha permesso ai costruttori di ridurre al massimo lo spessore delle mura esterne al fine di garantire solo un minimo di isolamento termoacustico. Questa grande furbizia della ingegneria civile è arrivata finalmente ai nodi del pettine e, adesso, è diventato essenziale il problema del risparmio energetico, della riduzione degli sprechi e quindi del miglioramento dell’isolamento termico ed acustico degli stabili costruiti nell’ultimo secolo. Dimentica del malfatto pregresso, la furbizia progettuale ingegneristica propone, ora, di costruire il cosiddetto «cappotto» alle case, per ridurre gli sprechi energetici. Senza volere scomodare il film il «Cappotto» di Lattuada, interpretato da Renato Rascel e preso dalla bellissima novella di Nicolai Gogol, sarebbe il caso di ricordare i film western dell’ottocento e, se proprio non si vuole parlare dei nostri nonni che indossavano, sulla pelle nuda, maglie e mutande di lana, allora è il caso di suggerire a questi intelligentoni di ingegneri di impiegare la maglia di lana a pelle nuda piuttosto che costruire un cappotto esterno al corpo che poco riscalda d’inverno e poco raffredda d’estate. Con questo augurio di buona interpretazione ingegneristica della necessità di efficienza energetica, si può riprendere il discorso energetico nelle sue linee più generali.
La situazione energetica attuale spinge il popolo ad avere paure e necessità psicologiche e reali imposte dalle nuove esigenze e nuove istanze energetiche. Tutto ciò induce i Governi e il Top Management a cercare decisioni energetiche diverse nei vari Paesi europei e americani. Ad esempio, la Germania ha fatto un passo indietro rispetto al programma di qualche mese fa, poiché sembra abbia optato per la fonte energetica di supporto alle rinnovabili, nella energia convenzionale. Fino ad un paio di mesi fa, i comunicati ufficiali sostenevano che l’aleatorietà delle fonti rinnovabili avrebbe potuto essere sostituita, almeno in parte, da energia nucleare.
In effetti, al Congresso annuale della «German Association for Energyand Water Industries (BDEW)», svoltosi a Berlino alla fine di giugno, il ritornello pronunciato da tutti è stato: In Germania abbiamo bisogno di energia convenzionale!
Altri Paesi europei (Francia, Svizzera, Slovenia, Repubblica Ceca, Finlandia e fra poco Polonia ecc.) impiegano energia elettrica prodotta da centrali nucleari, ossia sorgenti rinnovabili industrialmente, per sopperire alle falle di produzione di energia elettrica da radiazione solare e/o vento. La Gran Bretagna sta puntando seriamente e fortemente ad ulteriore sviluppo del Nucleare con il nuovo «Energy Bill» e i contratti per differenza [Contract for Difference (CfD)] con i quali i produttori privati sono garantiti da uno «strike price» ossia dal pagamento della loro produzione da parte dello Stato con un prezzo speciale (anche se esistono alcuni commenti e affinamenti che devono essere negoziati).
I quattro pilastri della politica energetica europea: decarbonizzazione, miglioramento della efficienza energetica, Emission Treading System e promozione sorgenti alternative ne soffriranno, ma poco male.
Così, come già detto, in Germania è andato o sta per andare in fumo il sogno tedesco della realizzazione di una politica dell’energia di transizione (Energiewende) per il soddisfacimento dei requisiti 20/20/20 (estesi al 2050) con la riduzione dell’inquinamento da gas serra.
Invece, sembra che gli Usa, con i grandi ritrovamenti di shale gas, abbiano trovato la chiave di volta per attuare la agognata transizione energetica con la introduzione di nuove forme avanzate di tecnologia.

Gli stress test

In Italia invece le dichiarazioni ministeriali hanno proclamato il raggiungimento degli obiettivi 20/20/20 imposti dall’Europa con anticipo a causa della installazione del 26% di energia naturalmente rinnovabile sul suolo italiano. Continua ugualmente a sussistere il dubbio atroce che ciò non sia vero poiché non si trovano facilmente comunicati e tabelle ufficiali e formali da parte degli Organismi Responsabili, Autorità per l’Energia ecc. L’allontanamento della paura di accadimenti catastrofici seri (vedi quadro sulla Agonia della Natura) è garantito.

Le dichiarazioni di auto esaltazione ministeriale sui livelli percentuali di energia rinnovabile raggiunta hanno prodotto una serie di convegni e hanno fatto fiorire dibattiti, dispute, congressi vari su questioni cruciali di politica e realizzazioni energetiche fra le varie parti fondamentali: ecologisti, verdi, ambientalisti, conservatori, nuclearisti ecc.

Ad esempio, uno degli argomenti principali discussi al Convegno organizzato da Ispra all’Istituto Geografico Italiano (Villa Celimontana, Roma) il 16 luglio 2012, è costituito dagli argomenti residui di energia nucleare rimasti in Italia ma anche dei risultati degli stress test per le centrali nucleari in Europa.
In primo luogo, è stato ribadito il concetto che, a tutti gli effetti, l’Italia è Paese nucleare poiché continua a fare parte dell’Europa in cui il nucleare esiste; poiché ha sottoscritto trattati nucleari (Euratom ecc.) negli anni 50 e 60, dello scorso secolo, che non ha mai cancellato e dai quali non si è mai ritirata; poiché nel suo territorio sono ancora esistenti 4 centrali nucleari che non sono mai state smantellate e dismesse, poiché tutti gli ospedali e le cliniche di alto livello sono dotate di apparati di radioimmunologia e di medicina nucleare che producono, di conseguenza, rifiuti radioattivi ospedalieri; poiché si fa continuamente ricerca in campo nucleare in Italia all’Infn, all’Enea, ed in altri Istituti di ricerca. L’Italia è il Paese in cui è nato Enrico Fermi e in cui è sorta la ricerca sui neutroni. L’Italia degli anni 50 del secolo scorso è stata tra le prime grandi Nazioni tecnologicamente avanzate a sviluppare, installare e fare funzionare operativamente centrali nucleari. L’Italia ha quindi bisogno di un deposito nucleare di secondo tipo. Prima o poi qualcuno deciderà sul da farsi.
Recentemente, in campo nucleare sono accaduti due fenomeni rilevanti. In primo luogo la richiesta di stress test e in secondo luogo le analisi e simulazione degli effetti mondiali degli eventi accaduti alle Centrali nucleari di Fukushima. Questi due punti vanno chiariti.

A seguito degli eventi di Fukushima, sia in Giappone sia in Europa i vari Governi hanno deciso di fare eseguire i cosiddetti stress test alle centrali nucleari soprattutto quelle datate. Bisognerebbe chiarire e precisare bene il significato della dizione inglese stress test. A stretto rigore, uno stress test è una prova concreta eseguita su di un apparato e/o sistema sperimentale al quale si applica una sollecitazione (stress) ambientale di intensità normalmente superiore alle intensità operative. Ad esempio, uno stress testdi tipo speciale è il crash test a cui vengono assoggettati le automobili per verificarne le resistenze meccaniche e la sicurezza dei fantocci del pilota e dei passeggeri. Un altro stress test tipico che è stato effettivamente eseguito su una vecchia centrale nucleare in dismissione è stato il crash test di un vecchio bombardiere da dismettere con risultato positivo: le mura della costruzione hanno retto all’impatto. In altre parole, nello specifico degli stress test alle centrali nucleari, viene spontaneo pensare che si tratti di una prova di soprasollecitazione applicata a centrali nucleari vecchie per misurare e provare i margini di sicurezza. In realtà, non sempre gli stress test reali possono essere applicati in pratica. Allora si sfruttano gli stress test eseguiti dalla Natura con i vari incidenti provocati naturalmente e/o artificialmente. Gli eventi di Fukushima possono essere considerati dei veri e propri stress testeseguiti dalla Natura sulle Centrali nucleari. A seguito della sequenza della propagazione dei vari guasti dal basso livello a livello elevato (down/top) di assemblaggio, gli analisti di affidabilità e/o di sicurezza, hanno elaborato (alcuni stanno ancora lavorando) i vari processi deterministici di propagazione dei vari effetti negativi ai vari livelli. In altre parole, questi tipi di analisi hanno lo scopo di dedurre gli effetti degli stress test naturali avvenuti sulle varie unità delle centrali nucleari di Fukushima.
Queste analisi sono quindi delle vere e proprie «analisi a tavolino, al calcolatore, al simulatore o metodi similari» che servono ad interpretare gli effetti sui vari componenti delle centrali nucleari prodotti dal terremoto e dallo tsumani a Fukushima.
In altre parole, lo scopo di queste analisi è di simulare l’applicazione delle soprasollecitazioni (temperatura, intensità del fascio di neutroni ecc.) che si sono verificate durante i veri eventi catastrofici naturali ad es. a Fukushima. Quindi dalla conoscenza degli effetti negativi reali prodotti dall’evento catastrofe naturale, gli analisti devono simulare analiticamente le stesse cause e gli stessi effetti per farli verificare durante la simulazione.
Da questo tipo di analisi, data la conoscenza degli effetti e delle cause simulate, si possono aggiornare le simulazioni e determinare, con calcoli più accurati e precisi, le condizioni e i margini di sicurezza. Dai risultati delle analisi di simulazione si possono dedurre le proposte dei vari metodi di correzione di progetto e i margini di sicurezza da applicare con la riprogettazione e il miglioramento realizzativo. Nulla da eccepire sulla metodologia descritta, eppure non appare rigoroso parlare di stress test ma sembra più giusto parlare di Stress Analysis on Stess Tests, ossia di Analisi delle sollecitazinoi in base agli Prove di Sollecitazione eseguite. In altre parole, si elabora la analisi degli effetti delle sollecitazioni ambientali per ottenere dal paragone con gli effetti delle sollecitazioni reali, naturali i giusti miglioramenti dei margini di sicurezza al sistema globale. Non è questione di lana caprina.
Inoltre, questa metodologia di interpretare i risultati di prove reali e concrete per comprendere la dinamica degli effetti e quindi, simularli, al fine di comprendere ancora meglio i valori estremi d’analisi, è il nucleo e parte integrale del cosiddetto «ciclo di azione correttiva». Nella pratica della affidabilità e della sicurezza dei sistemi complessi il ciclo di azioni correttiva che includa sia le prove di sovrasollecitazione sia le relative analisi assume carattere essenziale di metodologia d’analisi.
Storicamente va aggiunto che un vero (quasi unico) stress test artificiale eseguito su Centrali nucleari è stata la realizzazione della procedura di prova di cambiamento di funzioni e sopra sollecitazioni applicate dalla squadra di stravaganti operatori all’impianto delle Centrali nucleari di Chernobyl nel lontano 1989. Come tutti sanno questo strano stess test è finito molto male, e, tra l’altro, i responsabili sono stati mandati in galera per molti anni. Si è trattato di una prova di sovrasollecitazione eseguita per caso e senza volontà né vero progetto, tuttavia, come dicono gli inglesi, in the end of the day, si è trattato di un vero stress test.
Si spera che questo tentativo di chiarificazione consenta di evitare ulteriori ed eventuali disinformazioni e/o cattive interpretazioni che vengono, abitualmente, elargite soprattutto da parte di ambientalisti in mala fede e da presentatori televisivi scientificamente analfabeti. Così, al suddetto convegno (EU Stress Test: experiences, outcomes, and perspectives) di Ispra, vari ambientalisti autorizzati a partecipare alla tavola rotonda e alla discussione hanno espresso opinioni e sentenze molto discutibili. In particolare, i responsabili di organismi ambientali [Wwf (Stefano Leoni), Legambiente (Stefano Ciafani), Amici della Terra (Rosa Filippini)] ad eccezione di Vincenzo Pepe (Fare Ambiente) hanno sostenuto che la fonte energetica nucleare sia superata e antica e, al contempo, hanno indicato la tecnologia dei pannelli solari come la più avanzata. Invece, come si sa, la fisica dei pannelli solari è fisica elementare (oltre all’effetto fotoelettrico, 1920) dei semiconduttori che si insegna, da molti decenni, anche in qualsiasi Istituto Tecnico industriale. La fisica delle centrali solari termodinamiche del prof. Rubbia & Co., è la fisica delle concentrazioni ottiche di raggi solari inventate già da Archimede oltre 2200 anni or sono, ad eccezione dei servomeccanismi e della eventuale reazione chimica per il mantenimento e immagazzinamento, mai ottenuto, del calore. La fisica delle turbine delle torri solari è fisica classica dei turboreattori degli aerei, quindi vecchia di almeno un secolo (a parte la difficoltà tecnologia della incontrollabile tribologia che conduce ad incendi vari).
Le tecnologie proposte dagli ambientalisti-catastrofisti sono tutto di antico e nulla di nuovo nemmeno la capacità di immagazzinare l’energia in surplus e utilizzarla, invece, quando manca.
Invece la ricerca in campo nucleare nei suoi vari aspetti da quello a fissione avanzata (terza generazione avanzata e quarta generazione), alla fusione calda e fredda rimane sempre sulla cresta dell’onda, indipendentemente anche dai vari slanci particellari (per ultimo, il bosone di Higgs) per la conferma del Modello Standard.
Potrebbe essere il caso di concludere con un augurio: che a Higgs sia dato un bel Premio Nobel, così si può finalmente mettere la parola fine a tutta la questione del bosone e si può ripartire con la ricerca applicata che serve veramente allo sviluppo della Umanità!

Giuseppe Quartieri, Presidente del Comitato Scientifico dei Circoli dell’Ambiente e della Cultura Rurale

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Il nostro “NO” convinto agli incentivi per le cosiddette energie rinnovabili….. – Comunicato Stampa del Circolo Vegetariano VV.TT.

Diciamo “no” senza se e senza ma alla manifestazione odierna che si tiene a Roma per chiedere la continuazione degli incentivi per le cosiddette energie rinnovabili. Le ragioni sono state da noi espresse più volte: non siamo d’accordo sull’uso del territorio per impiantarvi piloni eolici e spargere a terra pannelli fotovoltaici. Il risparmio energetico, la piccola produzione da fonti alternative nei luoghi e nei modi giusti, sono l’unica soluzione per affrontare la crisi energetica. La distruzione dell’habitat non aiuta in alcun modo.

Fornire incentivi economici a chi installa pannelli solari a terra agevola “la finta produzione energetica pulita”. In questo momento d’attesa sclerotica del picco del petrolio il sistema industriale e tecnologico spinge verso processi industriali “alternativi” definiti ecologici che soddisfano invece la speculazione ed il consumo inutile di risorse e di ambiti naturali…

Bisogna smetterla – come afferma il prof. Benito Castorina- di identificare le rinnovabili col fotovoltaico che sta invadendo le campagne con milioni di mc. di cemento armato, acciaio, silicio, per la produzione dei quali bisogna bruciare quantità enormi di petrolio, scavare gli inerti dalle montagne, inquinare l’aria e surriscaldarla per un beneficio illusorio se consideriamo che su un metro quadro di superficie il sole scarica più di un kw di energia che viene totalmente utilizzata dalle piante, cosa che i pannelli solari si sognano…”

Il meccanismo perverso della produzione energetica fatta con pannelli solari a terra e con l’eolico industriale non potrà mai essere una soluzione. Sarà solo un modo per portare avanti la distruzione del pianeta avvantaggiando unicamente le ditte costruttrice di quelle tecnologie. La fretta e la globalizzazione sono i catalizzatori dell’operazione, l’una perché, guarda caso sul mercato ci sono pronti i pannelli solari, che non richiedono fatica e producono vantaggi economici a chi li istalla, a chi li commercia ma molto di più a chi li produce (la potente industria fotovoltaica tedesca formata da giganti come Ferrostaal, Stadtwerke Trier (SWT), Jung & Willenbacher (JUWI) , Siemens, ecc. Occorre un piano strategico integrato a lungo termine, una presa di coscienza dello stato del pianeta e sulle condizioni dei suoi abitanti, comunque a tempo da determinare come si è fatto per la bonifica dell’ambiente e per il recupero della biodiversità, per superare l’attuale ipocrisia, per superare tutte le disuguaglianze, per inserire nel piano ogni essere ed ogni organismo vivente, nessuno escluso, trovando nell’unità, l’uscita, il successo.

È quindi opportuno proseguire incisivamente sulla strada virtuosa del TAGLIO TOTALE degli incentivi pubblici agli impianti di energie rinnovabile ubicati al di fuori dei tetti degli edifici recenti e delle aree industriali. Impianti che ledono l’integrità delle aree naturali, rurali o eufemisticamente dette “abbandonate – marginali – in attesa” ma sempre recuperabili (o già recuperate) alla natura e all’agricoltura.

Paolo D’Arpini
Circolo vegetariano VV.TT.

………………

Elenco delle organizzazioni “sedicenti ambientaliste” partecipanti alla manifestazione del 18 Aprile 2012 per salvare gli incentivi (i soldi) alle rinnovabili:
AES (Azione Energia Solare), ANEST (Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica), ANEV (Associazione Nazionale Energia dal Vento), APER (Associazioni Produttori Energia da Fonti Rinnovabili), Artenergy, ASCOMAC – COGENA, ASSIEME (Associazione Italiana Energia M…ini Eolico), ASSO ENERGIE FUTURE, ASSOLTERM (Associazione Italiana Solare Termico), ASSOSOLARE ( Associazione Nazionale dell’industria Solare Fotovoltaica), ATER (Associazione Tecnici Energie Rinnovabili), CIB (Consorzio Italiano Biogas), COMITATO IFI (Industrie Fotovoltaiche Italiane), CPEM (Consorzio dei Produttori di Energia da Minieolico), FEDERPERN ( Federazione Produttori Idroelettrici), FIPER ( Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili), GIGA (Gruppo Informale per la Geotermia e l’Ambiente), Greenpeace, Ises Italia, ITABIA (Associazione Italiana Biomasse), Kyoto Club, Legambiente, SOS rinnovabili, Wwf.

Ha dato l’adesione ufficiale anche l’IDV di Di Pietro.. (sic)

…………

Lettera in sintonia con noi (e in disaccordo con Di Pietro):

Quale responsabile del dipartimento ambiente dell’IDV Puglia, prendo atto della decisione del presidente Antonio Di Pietro di aderire alla manifestazione a favore degli incentivi alle rinnovabili e democraticamente esprimo pubblicamente il mio dissenso.

Il perché è estremamente semplice: Ieri ho ricevuto la bolletta dell’energia elettrica, fatti due conti un’utenza normale ha mediamente un aumento del 30% lordo, La mia bolletta elettrica netta è passata da circa 140 euro ogni due mesi a 225.
L’aumento è dovuto in massima parte agli incentivi per le rinnovabili.

Sto ragionando sui rimedi da porre in essere, non ne trovo. Impossibile ridurre i consumi, impossibile aumentare il mio reddito. Qualcuno mi dice che per mille euro dipendenti di società elettriche “sistemano” i contatori ….penso sia vero ma penso anche che sia un vergognoso furto.

La domande che mi pongo sono:

• Quanti milioni di bilanci familiari saranno sconvolti da queste bollette aumentate a dismisura per le rinnovabili?
• Tutti i politici, le associazioni ambientaliste e gli imprenditori che sponsorizzano gli incentivi si rendono conto del disastro sociale che stanno procurando al Paese? Hanno una pallida idea di cosa significa per la gente sostenere gli aumenti della bolletta che si sommano a quelli della crisi economica.
• Secondo quali criteri si farà il bilancio finale dell’intera operazione “ piani energia” a quello dell’aumento smisurato dei profitti delle multinazionali o a quello dei suicidi della povera gente?
• Come si potrà mai rimediare alla devastazione dei territori, (del paesaggio e della cultura) causata del fotovoltaico e dell’eolico industriale.

Probabilmente si pensa che in Italia non cambierà mai niente e che il livello della politica e dell’impresa sarà sempre basato sulle chiacchiere e sulla furbizia di chi opera.
Personalmente credo che la pacchia sia finita e che tra poco il sistema salterà per aria, verranno così fuori tutte le follie di questa politica energetica.

Elio Lanzillotti

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Benito Castorina ed il piano strategico bioregionale, per la bonifica dell’ambiente e per il recupero della biodiversità..

Care, cari,

ecco qui un bell’intervento di Benito Castorina, socio del Circolo vegetariano VV.TT e responsabile per l’agricoltura naturale della Rete Bioregionale Italiana. Egli ci ospiterà, nel suo podere del vetiver di Aprilia, all’Incontro Collettivo Ecologista del solstizio estivo 2012.

Questo sarà un appuntamento estremamente importante per riportare in luce quegli aspetti dell’ecologia profonda, del bioregionalismo del riabitare la terra in modo gentile e solidale, che in questo momento storico sono di assoluta necessità per riportare ordine nella civiltà umana, in condizione di degrado profondo…

Ma intanto leggete il piano strategico elaborato da Benito (P.D’A):

Caro Paolo D’Arpini,
sul Giornaletto di Saul mi fa piacere di trovare persone meravigliose che infondono serenità e simpatia, ma incontro anche coloro che non si rendono conto che tirando il fango sugli altri perlomeno si infangano la mano, altri che amano farsi del male come chi si lamenta dei cattivi italiani che nel 2008 hanno boicottato il “20 20 20”, cosa che non è. Così non sentendomi un cattivo italiano ed essendo uno che apprezza persone come te che da perfetto cronista riporti quanto giunge sul tuo desk citando le fonti, consiglio al simpatico anonimo di eco-news di fare altrettanto per evitare che quanto scrive sia inteso come una sua idea, qualcosa di cui si fa responsabile, che in assenza di riferimenti si basa sul nulla.

Tanto scrivo non per spirito polemico ma per l’amore ed il rispetto che ho per il mio Paese, che già martoriato da situazioni esterne ed interne non abbisogna di critiche che non merita, in quanto in quell’anno (2008), se ricordo bene, il nostro Governo nella persona del Ministro Frattini e forse anche di Scajola, chiedeva di alleggerire quelle richieste per quelle strutture che avrebbero comportato la chiusura di settori industriali strategici o il licenziamento di lavoratori in assenza di una graduale applicazione degli accordi programmati.

Io sono abituato quando non sono d’accordo con una Legge a rispettarla, ma allo stesso tempo mi attivo per modificarla e ce la metto tutta!.

Ringrazio comunque l’anonimo (forse solo per me) perché mi ha spinto a fare due salti sulla rete, così comincio col leggere il file greehouse-gas[1].pdf , che ti allego, caro Paolo, dal titolo: Greenhouse gas reductions in Germany and the UK – Coincidence or policy induced?
Poi mi collego tramite il link: http://unfccc.int/meetings/bangkok_mar_2008/meeting/6318.php che come altri della serie, consente di portarsi sul sito delle Nazioni Unite, poi con le frecce avanti e indietro di accedere ai reports di tutte le conferenze sui cambiamenti climatici tenute negli anni.
Scorro in su e in giù, ripasso anno dopo anno le principali notizie e decisioni, poi torno a leggere il file greehouse-gas[1].pdf dal titolo: Greenhouse gas reductions in Germany and the UK – Coincidence or policy induced?

A questo punto vado sul sito WWW.Pv-magazine.com e trovo un’articolo del 9 agosto 2011, di John Stevens, Presidente della Luvata Appleton LLC, (http://www.pv-magazine.com/opinion-analysis/blogdetails/beitrag/why-wont-the-us-live-up-to-its-pv-potential_100003843/), il quale scrive, che l’industria del fotovoltaico negli anni 90 era dominata dai giapponesi e che poi si era spostata in Europa, in particolare in Germania, ed ammira quanto abbiano saputo giocare bene i mercati in Europa col discorso degli incentivi e il fotovoltaico sui tetti e gli piacerebbe se gli americani che poi sono quelli che hanno ceduto i brevetti sfornati dal MIT alle grosse industrie americale quali la First Solar, Inc. (FSLR), la Opel Solar, Inc. (Opel), ecc.e in Europa inizialmente ai tedeschi, seguissero la stessa strada…. A questo punto mi sovviene che il Governo Tedesco con l’emanazione della legge sulla energia rinnovabile, [( Erneuerbare-Energien-Gesets, (EEG)], entrata in vigore nel 2000 determinò per i tedeschi un risveglio delle forze, la scintilla iniziale di quel colossale sviluppo dell’industria per l’energia rinnovabile, che portò in seguito gli italiani a diventare i venditori dei prodotti tedeschi, sull’eco monotona di queste parole… mi addormento.

Mi addormento e sogno di essere a colloquio con Stevens il quale è convinto e nutre la speranza che gli americani capiscano che adottando sistemi come gli incentivi a favore di chi installa i pannelli fotovoltaici sui tetti e/o altri mezzi di persuasione, potrebbe verificarsi un’esplosione dell’industria del fotovoltaico e un recupero di immagine degli USA, colpevole di alimentare col carbone il 50% delle centrali elettriche, si potrebbe replicare il lancio incredibile verificatosi in Germania.
A questo punto gli dico che non capisco e lui si mette a ridere e si meraviglia perché non ho ancora capito che gli inglesi d’accordo con gli americani ed i tedeschi avevano fatto un piano strategico per risollevare le loro economie in crisi. Il piano consiste nello sfruttare il “perbenismo” di paesi come il Portogallo, l’Irlanda, la Grecia e la Spagna e la smania di protagonismo dell’Italia, come strumenti di persuasione per condurre una campagna di risanamento ambientale che partendo dall’Europa grazie all’effetto domino contamini tutto il mondo per la realizzazione degli obiettivi del protocollo di Kyoto: nasce così il piano industriale che poi diventerà l’obiettivo europeo espresso con la terna numerica 20 20 20.

La fretta e la globalizzazione sono i catalizzatori dell’operazione, l’una perché, guarda caso sul mercato ci sono pronti i pannelli solari, che non richiedono fatica e producono vantaggi economici a chi li commercia ma molto di più a chi li produce (la potente industria fotovoltaica tedesca formata da giganti come Ferrostaal, Stadtwerke Trier (SWT), Jung & Willenbacher (JUWI) , Siemens, ecc. l’altra spinge le piccole e medie imprese dei Paesi, che poi verranno unificati sotto l’acronimo PIGS, ad internazionalizzarsi e quindi indebitarsi e per poi fallire per aver seguito gli indirizzi dell’UE e dare così spazio alle multinazionali, alle multiproprietà, alle multi…portando danari ai mercati inglesi, americani e tedeschi alla corte dei quali si accodano da perfetti cortigiani i francesi per raccattare qualche briciola e fanno il gioco della Germania ridendo insieme e chiamando porci (pigs) i paesi di cui compreranno con pochi spiccioli siti archeologici, opere d’arte, ecc. tranne la democrazia perché gli è stata tolta da tempo.

A questo punto mi sveglio e sono felice di trovarmi in mezzo al mio vetiver e dal momento che non sono complottista mi faccio una risata per coprire la brutta sensazione provata. Appunto provata.

Non si può parlare di pace sin quando non ci saranno pari opportunità per i Popoli e non si potrà parlare di democrazia sin quando non ci saranno pari opportunità per le persone.

Più o meno in buona fede si manifesta per la pace e per la democrazia e ci si lava la coscienza mandando qualche spicciolo ai bimbi che muoiono di fame… uno … due… tre… le ONG, con la loro missione di raccolta di fondi, nel migliore dei casi, fanno la stessa funzione del prete che confessa e toglie i peccati.

Occorre un piano strategico a lungo termine, una presa di coscienza dello stato del pianeta e sulle condizioni dei suoi abitanti, comunque a tempo da determinare come si è fatto per la bonifica dell’ambiente e per il recupero della biodiversità, per superare l’attuale ipocrisia, per superare tutte le disuguaglianze, per inserire nel piano ogni essere ed ogni organismo vivente, nessuno escluso, trovando nell’unità, l’uscita, il successo.

Vogliamoci bene, un abbraccio, Benito Castorina

…………….

Di questo argomento se ne parlerà durante l’Incontro Collettivo Ecologista, previsto ad Aprilia (Latina) dal 22 al 24 giugno 2012
Info: circolo.vegetariano@libero.it

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Risultato della ricerca:

Ciro Aurigemma, l’ecologia profonda ed il vegetarismo…

L’ecologia profonda è una visione dell’ecologia che va al di là della sola salvaguardia dell’ambiente naturale a cui mi sento vicino (www.ecologiaprofonda.com)

Alcuni dei principi basilari dell’ecologia profonda possono essere così riassunti
( tratto da Devall & Sessions, 1989) :
1. Il benessere e la prosperità della vita umana e non umana sulla Terra hanno valore per se stesse e questi valori sono indipendenti dall’utilità che il mondo naturale può avere per l’uomo.
2. La ricchezza e la diversità delle forme di vita contribuiscono alla realizzazione di questi valori e sono valori in sé.3. Gli uomini non hanno alcun diritto di impoverire questa ricchezza e diversità, a meno che non debbano soddisfare esigenze vitali.

5. L’attuale interferenza dell’uomo nel mondo non umano è eccessiva e la situazione sta peggiorando progressivamente.6. Di conseguenza le scelte collettive devono essere cambiate. Queste scelte influenzano le strutture ideologiche, tecnologiche ed economiche fondamentali. Lo stato delle cose che ne risulterà sarà profondamente diverso da quello attuale.
7. Il mutamento consiste principalmente nell’apprezzamento della qualità della vita come valore intrinseco, piuttosto che nell’adesione a un tenore di vita sempre più alto…

Credo quindi che sia come vegetariani che come ecologisti non possiamo restare indifferenti all’ ulteriore danno irreversibile per l’ambiente che sarebbe stato costituito in Italia dalla riapertura delle centrali nucleari, solo perché nel frattempo la gente credeva che siano più sicure di quelle precedenti. In realtà influenzati da campagne stampa con ricercatori pagati per dire cose non sempre vere, senza ovviamente conoscere scientificamente la realtà dei fatti, che se osservata da scienziati veri e non di parte, non può che dimostrare che i rischi restano alti comunque.
Secondo Areva – l’impresa francese che sta costruendo i reattori EPR cosiddetti di nuova generazione – queste centrali saranno più potenti di quelle attuali, useranno il 15% in meno di uranio, e produrranno il 30% in meno di scorie.
Peccato che nessuno precisi che il funzionamento dell’EPR prevede che il combustibile nucleare resti molto più tempo nel reattore e questo implica un’usura e dunque una tossicità radioattiva molto più importante che nei reattori attuali….Anche una portavoce di Areva, però, Patricia Marie, ha ammesso che le scorie saranno più radioattive, ma “solo” del 15%….
Il premio Nobel per la fisica italiano Rubbia, che e’ dovuto emigrare in Germania dove si sta sviluppando l’energia rinnovabile, dice invece che le centrali di nuova generazione sono solo una ‘cosmesi’, per cui il rischio resta elevato lo stesso…
Chi vuole approfondire seriamente trova sulla rete varie indicazioni…, mentre il forum nucleare di parte è stato poi bloccato…e il referendum boicottato e’ stato per fortuna e grazie a molti vinto!
Abbiamo infatti assistito alla manovra del governo di fermare il programma nucleare, in attesa che passasse la bufera del Giappone, dove ancora non si risolve il problema… e che l’Europa approvase linee guida sul nucleare a cui poi adeguarsi…essendo europee…e quindi più accettabili dalla popolazione, ma quasi nessuna regione le voleva e una sentenza recente stabilisce che sia comunque chiesto il parere delle regioni prima di procedere…La regione Abruzzo, zona sismica vicino Roma, avrebbe accettato la possibilità di centrali sul suo territorio…:
allora l’Aquila e il Giappone non insegnano nulla?…per ora la gente ha capito!

Ognuno è libero, ma quando si toccano i geni e l’atomo il processo è purtroppo irreversibile, anche per chi non lo voleva…

Ciro Aurigemma,
psicologo, delegato lazio AVI
e per l’Ecologia
www.draurigemma.it
www.vegetariani.it
www.europeanconsumers.it

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