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Mario Draghi, l’uomo nero inviato dal “signore”, ed i suoi comandamenti…

Chi ha suggerito a Mattarella il nome di Draghi, perché tutti i media mainstream sembrano tanto entusiasti, come farà un uomo della finanza a trovare maggioranza politica tra pentastellati e sovranisti? Ma soprattutto, chi è Mario Draghi? A questa e molte altre ingenue domande cercheremo di rispondere… ma in maniera tutt’altro che ingenua.

È oramai un ventennio che si fa il nome di Draghi per la presidenza del Consiglio, e alla fine, gira e rigira, eccolo lì. Ma perché? Non è neppure un politico, non si è mai presentato alle elezioni, nessuno l’ha mai votato. Perché dovremmo avere proprio lui a guidare la nostra politica? In democrazia non dovrebbe essere il popolo a doversi scegliere i propri rappresentanti?

Bhè, ma la nostra è una democrazia parlamentare, è l’obiezione. Da noi si scelgono i partiti, non gli uomini, poi sono i partiti che scelgono il Governo. Bene, iniziamo allora dalla prima anomalia e quindi dalla prima vera domanda.

Chi ha fatto il nome di Draghi a Mattarella?
Appunto perché la nostra è una Repubblica parlamentare, il Presidente del Consiglio viene incaricato alla ricerca di una maggioranza sì dal Presidente della Repubblica, ma solo dopo che questi si sia consultato con i rappresentanti dei partiti politici. Perché sono i partiti i veri protagonisti nel nostro sistema. Si presume quindi che i partiti suggeriscano al Presidente dei nomi e che poi questi, nel caso trovi un minimo comune denominatore, dia l’incarico. Ma qui, quale partito ha suggerito Draghi? Dalle convocazioni non risulta. Risulta piuttosto che sia stato Mattarella ad incaricare Draghi di testa sua. Ma perché?

Possibile risposta
Mattarella ha un suo progetto politico. Nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore ha da realizzare il progetto politico di qualcun altro. In ogni caso nel nostro ordinamento il Presidente deve essere solo un garante, la politica la devono fare i partiti. Ma Come Paolo Savona non gli andava bene il 27 maggio 2018 quando venne proposto da Giuseppe Conte a Ministro dell’Economia, pur essendo sostenuto sia da Movimento 5 Stelle che Lega, oggi al contrario gli va bene Draghi. Savona si era macchiato di ‘eresia’ nei confronti del Sacro Euro, Draghi invece è la figura ideale per completare il processo di integrazione e normalizzazione (gli euroscettici e i veri sovranisti potrebbero scegliere il termine ‘fagocitazione’) dell’Italia in Europa.

Perché i media mainstream sembrano tanto contenti?
Ma cosa c’è da essere tanto contenti ed entusiasti di Draghi? Draghi non è quello che svendette l’IRI a bordo del Britannia nel 1992 e che poi la Goldman Sachs compensò lautamente concedendogli la vicepresidenza? Goldman Sachs per altro che poi diede il via alla crisi sui mercati. Non è quello che, un altro Presidente della Repubblica, Cossiga, definì testualmente (video di seguito) “Un vile affarista. Non si può nominare premier chi è stato assunto dalla Goldman Sachs (…) È il liquidatore, dopo la crociera sul Britannia, dell’industria italiana. Ora svenderebbe quel che rimane…”

Non è quello del famoso ‘Gruppo dei Trenta’ che promosse l’uso dei derivati contribuendo a causare la crisi economica mondiale?

Non è quello che come presidente della BCE era stato accusato anche da Savona per la questione Spread con le parole: “Ma Draghi per chi lavora?”.

E non fu lui ad affidare il giudizio di affidabilità delle banche europee al più grande investitore internazionale proprio del settore bancario, il colosso americano Black Rock? Cioè il maggiore acquisitore al mondo di banche, incaricato da un banchiere, a decidere l’affidabilità e quindi il valore delle banche da acquistare. Ma più conflitto di interesse di così? Altro che Berlusconi!

E poi Draghi non è membro del Bilderberg, della Commissione Trilaterale Rockefeller, del G30 e dell’Aspen Institute? Che c’è da essere tanto contenti?

Possibile risposta

Questi descritti secondo il mainstream non sono difetti, sono tutti aspetti positivi. Il motivo è semplice – il nostro mainstream fa parte della stessa genesi e ha gli stessi obiettivi. I mezzi di informazione moderni stanno in piedi grazie ai finanziamenti e alle cooptazioni dell’alta finanza, i giornali cartacei non li compra più nessuno, i media di Stato non esistono più e la pubblicità internet non basta a mantenere tutti i giornalisti. Quindi qualcosa nato e mantenuto dall’alta finanza non potrà che mostrarsi entusiasta della sostituzione della politica con l’alta finanza.

Naturalmente in questa fase delicata il mainstream non starà lì a ricordarvi la storia del Britannia e della svendita dell’IRI. Ma per questo ci siamo noi, che, finché non arrivano anche qui, possiamo ancora scrivere quello che ci pare.

Cos’era l’IRI e cosa accadde sul Britannia
L’IRI, acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale, era un ente pubblico italiano per la politica industriale.

Istituito nel 1933, nel dopoguerra ampliò gradatamente il suo campo di azione fino a divenire il fulcro di tutto l’intervento pubblico nella nostra economia. Nel 1980 l’IRI era un gruppo di circa 1 000 società con più di 500.000 dipendenti. Ancora nel 1993, dopo l’inizio della privatizzazione, era il settimo conglomerato economico al mondo per dimensioni e nel 1992, anno del Britannia, chiudeva l’esercizio con circa 76mila miliardi di lire di fatturato. Certo, aveva anche circa 5miliardi di perdite nonostante il fatturato, ma per diamine – dava da mangiare ad almeno mezzo milione di italiani!

Ursula von der Leyen: Bene Draghi, ora sul Recovery Plan l’Italia lavori senza sosta.
Tra le società dell’IRI che vennero privatizzate si ricordano in particolar modo Telecom Italia e Autostrade S.p.A. Dopo l’inizio delle privatizzazioni, tempo un decennio, l’IRI cessò di esistere definitivamente. Ora quelle società privatizzate esistono ancora certo, ma non appartengono più allo Stato italiano. Non solo, buona parte del capitale non è in mano ad italiani affatto ma alle grandi corporate internazionali e i grandi gruppi finanziari.
La vendita, da alcuni viene chiamata ‘svendita’, ma non solo dai ‘soliti complottisti’, persino la Corte dei Conti in un documento pubblicato il 10 febbraio del 2010 ebbe non poco da ridire sia sul metodo che sui risultati ottenuti da quelle privatizzazioni di energia, acqua, autostrade e banche.

Ebbene secondo la Corte, le aziende finite in mano ai privati avrebbero sì visto un “recupero di redditività”, ma non certo dovuto ad una maggiore efficienza, quanto piuttosto all’incremento delle tariffe contro alcun investimento per migliorare i servizi.

Peggio ancora il giudizio riguardo al metodo di privatizzazione, descritto come caratterizzato da “una serie di importanti criticità, le quali vanno dall’elevato livello dei costi sostenuti e dal loro incerto monitoraggio, alla scarsa trasparenza connaturata ad alcune delle procedure utilizzate in una serie di operazioni, dalla scarsa chiarezza del quadro della ripartizione delle responsabilità fra amministrazione, contractors ed organismi di consulenza, al non sempre immediato impiego dei proventi nella riduzione del debito”.
Ebbene questa privatizzazione sulla quale la stessa Corte dei Conti sembra formulare una ‘teoria del complotto’, iniziò appunto quel 2 giugno del 1992, quando Draghi si recò sul panfilo della regina d’Inghilterra Elisabetta II HMY Britannia per incontrare alti rappresentanti della comunità finanziaria internazionale.

Bankitalia, c’è legge per vendere panini ma per i lingotti norme non ci sono – Borghi
Dopo la conclusione del suo incarico come direttore esecutivo della Banca Mondiale, nel 1991, Draghi era divenuto Direttore generale del ministero del Tesoro, chiamato a quell’incarico dall’allora ministro del Tesoro del settimo governo Andreotti, Guido Carli. A suggerire il suo nome fu Carlo Azeglio Ciampi, allora governatore di Bankitalia. Nel 1992, le finanze italiane versano in condizioni drammatiche (ma non è che poi sia migliorato tanto), a febbraio era stato firmato il Trattato di Maastricht, era in piena corsa ‘Mani Pulite’, il 23 maggio, poco prima del Britannia quindi, vi fu la Strage di Capaci, e il 16 settembre, quindi poco dopo, il mercoledì nero in cui Soros massacrò Lira e Sterlina.
La X.ma legislatura (Goria – De Mita – Andreotti VI e Andreotti VII) si concluse il 22 aprile, lasciando il posto alla XI.ma, quella di Amato e poi Ciampi.

In questo contesto si decise di dare il via per fare cassa a un piano di privatizzazioni delle società partecipate dallo Stato e da qui il ruolo di Draghi sul Britannia – trovare investitori.

Vu cumprà?
La settimana dopo la Stage di Capaci i giornali erano troppo impegnati a seguire altro e l’attenzione pubblica troppo presa da altri problemi. Per cui nessuno fece caso a quell’evento e, forse, nessuno neppure aveva tanto interesse a volgervi i riflettori:

“Signore e signori, cari amici, desidero anzitutto congratularmi con l’Ambasciata Britannica e gli Invisibili Britannici (British Invisibles = gruppo di interessi finanziari britannici) per la loro superba ospitalità. Tenere questo incontro su questa nave è di per sé un esempio di privatizzazione di un fantastico bene pubblico”, esordì Draghi in un discorso che portò fin troppi ben motivati investitori stranieri sulle mani dei nostri beni di famiglia. Qualche tempo dopo, per l’esattezza il 31 maggio del 2011, lo stesso Draghi, bello, bello, durante una conferenza alla quale partecipava anche Ciampi, ricordava quei tempi con il massimo orgoglio e presentandosi a ‘salvatore della Patria’:
“La strada del risanamento è percorribile, ho ricordato spesso, negli ultimi mesi, l’esperienza italiana all’inizio degli anni ’90, quando il nostro Paese si trovò ad affrontare una gravissima crisi di fiducia nella sostenibilità del suo debito pubblico, e qui abbiamo uno dei protagonisti della usciata da quella crisi, direi il protagonista, il Presidente Ciampi. In quel periodo dovevamo collocare sul mercato ogni anno titoli per un ammontare pari in termini reali, a 10 volte il fabbisogno del finanziamento annuo della Grecia oggi a due volte come incidenza sul PIL. L’Italia seppe uscire dalla crisi senza bisogno di aiuti esterni, senza fondo monetario, ma grazie ad un ambizioso piano di consolidamento fiscale, a riforme strutturali importanti e all’attuazione di un programma di privatizzazioni pari a circa 10 punti percentuali di prodotto”.

Quindi, in buona sostanza, SuperMario il genio, quello che ci ha già salvati una volta svendendo il meglio che avevamo per 10 punti percentuali di prodotto, che però una volta svenduti gli anni dopo il prodotto non lo hanno più generato, oggi è tornato a salvarci una seconda volta. Magari con lo stesso splendido metodo. Che c’è di più bello? Non siete contenti?

Perché Renzi si è immolato per Draghi?
Altro punto interessante da analizzare ma che richiederebbe un altro intero articolo. Chi glielo ha fatto fare a Renzi? Con questa mossa è sceso sotto il 3% di consensi, fuori persino dagli sbarramenti elettorali. Perché ha insistito tanto? Ok, suonano nella stessa band al Bilderberg, ma può essere solo ‘spirito di squadra’?

Lettera di Renzi a Monti – Caro amico bilderberghiano ti scrivo, così li distraiamo un po’
Una possibile risposta ce la dà l’economista e blogger Arnaldo Vitangeli, de la Finanza sul Web, che di recente, e presto capirete perché, ha visto da YouTube demonetizzarsi il proprio canale rimanendo impossibilitato a proseguire i suoi progetti di libera informazione web in maniera professionalmente remunerativa.
Vitangeli spiega (dal minuto 21:40 del video) che Renzi avrebbe compiuto un suicidio programmato per portare a termine una missione. Nato come ‘rottamatore’ del PD, arrivato al Governo, provò a realizzare il piano della Banca d’affari america JPMorgan che nel 2012 chiedeva di modificare le costituzioni dei paesi del sud Europa perché troppo poco permeabili al concetto di ‘libero mercato’. Renzi ci provò a svolgere questo compito ma gli italiani lo fermarono. Ora però l’occasione è tornata. Non da protagonista, ma da assistman per il nuovo centro avanti. Cosa ci guadagnerà dal riuscire a mettere Draghi a curatore fallimentare del Paese?

Bhé, dice Vitangeli, (minuto 23:44) “Considera che pochi giorni fa è andato a parlare in Arabia Saudita ed è stato pagato 80mila euro per un discorso, nel suo inglese maccheronico, non si sa bene su cosa. Ma per quale motivo i sauditi dovrebbero pagare 80mila euro per sentire parlare Renzi? La fine di questi soggetti, una volta che hanno portato a temine il loro mandato, è quello di fare i conferenzieri strapagati. Che cosa vuol dire? Tangenti posticipate”.

Perché il Movimento 5 Stelle e La Lega potrebbero votare per Draghi?
Questo è un altro dei misteri tattici della politica italiana.

“Non do la fiducia a una persona come te, ma non perché sei tu. Per quello che rappresenti. Tu rappresenti le banche, i poteri forti…” diceva testuale Grillo durante alla famosa diretta streaming del 19 febbraio 2014 alle consultazioni con Renzi.
Solo oggi si capisce che forse non aveva tutti i torti, dato quanto sta facendo Renzi per far entrare appunto il miglior rappresentante di banche e poteri forti al Governo. Ma allora, che senso ha, proprio adesso che finalmente a Grillo gli si potrebbe dare ragione, lasciare che il suo stesso movimento gli dia invece implicitamente torto? Come fa un M5S in 6 anni a passare dall’umiliare Renzi a votare Draghi? Sembra quel film di Ettore Scola in cui Gassman alla fine ammette “Volevamo cambiare il mondo, e invece il mondo ha cambiato noi”.

Salvini apre a Mario Draghi: “Se le nostre idee coincidono noi ci siamo”
Per quanto riguarda La Lega e Salvini il mistero non è meno fitto. Hai la possibilità di andare al voto e monetizzare tutti i vantaggi che ti hanno regalato, che fai?
No, ma perché c’è il coronavirus e anche Mattarella ha detto che adesso non è il caso. Bene, analizziamo anche questa allora.

Paesi europei in cui nel 2021 si terranno elezioni
A parte tutte le elezioni che ci sono state nel 2020, non stiamo neppure a contarle, parliamo solo di quelle programmate quest’anno e solo di quelle nel nostro continente, altrimenti non finiamo più:

Portogallo – 24 gennaio – elezioni del Presidente della Repubblica, già tenute.
Kosovo – Probabilmente si ricorrerà ai seggi questo mese dopo la sentenza della Corte costituzionale sull’illegittimità del Governo Hoti. In primavera ci sarà anche l’elezione del presidente.
Catalogna – 12 febbraio, rinnovo del Parlamento.
Bulgaria – doppi elezioni, il 28 marzo per il Parlamento, in autunno le presidenziali.
Olanda – elezioni legislative il 17 marzo.
Germania – In primavera 6 elezioni regionali nei laender e il 26 settembre la grande elezione per il Parlamento federale per decidere il successore di Angela Merkel
Albania – 25 aprile, elezioni legislative.
Regno Unito – Scozia, Galles e Londra votano il 6 maggio
Cipro – 23 maggio legislative.
Norvegia – 13 settembre, legislative
Russia – 19 settembre, legislative
Islanda – 25 settembre, legislative
Repubblica Ceca – 15 ottobre, legislative
Si può quindi sapere di che si sta parlando? Tutti fanno le elezioni se serve, noi no perché da noi c’è la pandemia. Ma non gli suona a nessuno come una scusa, no?

Cosa accadrà?
Mio parere personale e personale preoccupazione è che il problema non sia tanto Draghi o non Draghi. Il problema è che se ci sono potenze finanziarie sovranazionali, che hanno deciso che per essere più ‘adatti ai mercati’ quel che resta del nostro Stato deve essere annientato, allora in un modo o nell’altro lo annienteranno. Perché non abbiamo un sistema di difesa. Non abbiamo politici sufficientemente motivati da sincero amore per il Paese, quindi facilmente adescabili con la pecunia, non abbiamo un sistema di informazione studiato per metterci in guardia e informarci sul serio, non abbiamo una base di consapevolezza popolare.

Quindi se vogliono smantellare quel che resta della nazione lo faranno. E neppure ce ne accorgeremo più di tanto o ci lamenteremo. Faremo la fine di quelle famiglie in cui ad un certo punto si vende tutto per passare gli ultimi anni di vita in rendita. Tutti contenti, solo che in una generazione si brucia tutto il lavoro di tre generazioni prima e non si lascia nulla alla generazione dopo. Però la nuova generazione neppure ci farà caso, semplicemente nascerà senza nulla, senza un domani, senza possibilità di sviluppo e, soprattutto, senza un sistema educativo e di informazione che gli spiegherà come sia successo e cosa fare per riprendersi ciò che gli spetta.

In pratica finiremo come quelle splendide nazioni tropicali nelle quali si va in vacanza e tutta la popolazione locale lavora nei ristoranti e negli hotel. Solo che i ristoranti e gli hotel non sono i loro.

Alessio Trovato

https://it.sputniknews.com/opinioni/2021020510093245-ma-chissa-perche-proprio-mario-draghi/

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Commento poetico di Luigi Caroli: “Chi volle Conte buttar fuori? Famiglia x vertita e x cettrice, nonché i capi dell’associazione che vanta un assassin (*) di professione. (* di 9 lettere)…”

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USA, Canada, Inghilterra, Australia e Nuova Zelanda. I cinque spioni anglofoni che fomentano l’instabilità in Cina e non vedono l’instabilità a casa loro

Nei giorni della seconda guerra mondiale, i capi delle spie di Regno Unito e Stati Uniti accettarono segretamente di scambiarsi informazioni sui nemici. Al tempo, era principalmente la Germania nazista e la fonte di informazioni i segnali radio. Dopo la guerra, tale accordo sulla condivisione dell’intelligence continuò. Negli anni ’50, il Regno Unito arruolò altri Paesi del Commonwealth nella rete di spionaggio. In particolare, solo Paesi coloniali anglofoni bianchi, Australia, Canada e Nuova Zelanda furono membri di tale associazione di raccolta di informazioni. Insieme agli Stati Uniti divennero noti come i Five Eyes, con l’acronimo FVEY. Dato che fu formato in base a un trattato segreto, il pubblico e persino i funzionari governativi non seppero della sua esistenza fino al 2005 e il testo dell’accordo fu pubblicato solo nel 2010.

Nel 2013, Edward Snowden rivelò che le nazioni dei Cinque Occhi (USA, Canada, Inghilterra, Nuova Zelanda ed Australia) ascoltano i nuovi membri per aggirare le leggi che proibiscono la sorveglianza dei propri cittadini. (Sia le leggi canadesi che quelle statunitensi non permettono lo spionaggio dei propri cittadini senza mandato). Le informazioni furono quindi condivise tra le agenzie di intelligence dei cinque. Snowden rivelò che il principale metodo di sorveglianza ora è digitale, utilizzando Internet e dati delle telecomunicazione. Nei loro incontri annuali, il capo spia dei cinque Paesi che compongono Five Eyes discute le strategie di intelligence e le realtà della geopolitica mondiale. per come le vedono. Il Canada ha tre agenzie che partecipano alla condivisione dell’intelligence Five Eyes: Communications Security Establishment, intelligence dei segnali, Canadian Forces Intelligence Command, intelligence della difesa, e Canadian Security Intelligence Service (CSIS) per la sicurezza e l’intelligence umana. Consentire alle agenzie di spionaggio di altri Paesi la raccolta informazioni sui canadesi fu oggetto di un pungente rapporto del giudice Richard Mosley che scrisse che il CSIS tiene la Corte Federale del Canada “all’oscuro” sull’esternalizzazione dello spionaggio di canadesi ad altri Paesi.

I Five Eyes fermentano l’instabilità in Cina

I Five Eyes come entità di spionaggio formale compiono 75 anni quest’anno. I nuovi guerrieri della Guerra Fredda passavano l’attenzione dalla vecchia Unione Sovietica al terrorismo islamico e al “soggetto della sovversione” di oggi, la Cina. I Paesi dei Cinque Occhi hanno dichiarato la Cina e il Partito Comunista come maggiore minaccia alla sicurezza delle democrazie occidentali. In apparizioni pubbliche inedite nel 2018, i capi delle agenzie di spionaggio uscivano uno dopo l’altro dall’ombra per denunciare la Cina come minaccia strategica e alla sicurezza. Ciò fu seguito all’incontro annuale dei Five Eyes in Canada nel luglio 2018, dove fu elaborata una strategia di contenimento della Cina e l’obiettivo immediato divenne Huawei, poiché era di gran lunga il leader nello sviluppo della 5G. La pressione contro Huawei diede i suoi frutti poiché quattro dei cinque membri bandirono Huawei poco dopo l’incontro dei Five Eyes. Il Regno Unito persino stracciò un accordo di 15 anni con Huawei, che sviluppava la rete di British Telecom, incluso il 5G, e ordinò lo smantellamento e la rimozione delle apparecchiature principali di Huawei entro il 2023. Il Canada rimane un ostacolo al divieto di Huawei, ma il ritardo nell’approvazione portava le tre grandi telecomunicazioni canadesi a non coinvolgere Hauwei nei loro piani 5G. Nel dicembre 2018, guadagnò punti cogli alleati arrestando Meng Wanzhou, CFO di Huawei, per estradarla negli Stati Uniti per presunte violazioni delle sanzioni statunitensi all’Iran.

Huawei era l’obiettivo dei Five Eyes ma non bastava ad isolare la Cina a livello internazionale. I Paesi dei Cinque Occhi cercarono di fomentare l’instabilità nelle regioni periferiche cinesi Xinjiang e Tibet, nonché Hong Kong, strategicamente vitale . Il Tibet per ora è in secondo piano, poiché il Dalai Lama non ha alcun interesse a separare il Tibet dalla Cina. Una volta che se ne andrà, l’occidente farà sforzi per causare instabilità nella regione. Oggi l’attenzione è su Xinjiang e Hong Kong. The Canada Files scrisse ampiamente su queste due regioni della Cina per contrastare la propaganda occidentale per creare incertezza.

Instabilità nei Paesi dei Five Eyes

Sebbene i Cinque Occhi concentrino il fuoco sulla Cina, non vedono l’instabilità nei propri Paesi. L’entità Five Eyes non è più solo legata alla sicurezza, negli ultimi anni è diventata un veicolo dei cinque Paesi per pronunciarsi su questioni geopolitiche. Ora concentrano il fuoco sulla Cina, con la scusa della sicurezza nazionale e internazionale. Tuttavia, vagare nella geo-politica ha accecato i Cinque Occhi sul terrorismo interno.

Nuova Zelanda:
Concentrandosi sulla Cina come minaccia, la Nuova Zelanda e gli altri quattro Paesi non vedono la minaccia imminente alla loro sicurezza: il terrorismo nazionalista bianco. Il 15 marzo 2019, un suprematista bianco australiano entrò in una moschea di Christchurch mentre si pregava, uccidendo 51 persone e ferendone 40. Il tiratore aveva la propria intelligence nelle reti della supremazia bianca. Disse che la sua ispirazione veniva dai suprematisti bianchi nordamericani e fu incoraggiato dal tiratore del Centro Islamico di Quebec City che uccise 6 persone e ferito 19, il 29 gennaio 2017. Anche con la tanto decantata rete Five Eyes, il governo della Nuova Zelanda non aveva la minima idea che il massacro sarebbe accaduto. Questo perché i politici avevano gli occhi puntati sulla Cina ed erano ciechi sui problemi che avevano di fronte. Tuttavia, il nuovo governo di Jacinda Ardern sembra adottare un approccio più indipendente e conciliante nei confronti della Cina. La nuovo ministra degli Esteri neozelandese è Nanaia Mahuta, la prima Maori nominata alla carica. La Nuova Zelanda comincia a vedere la luce del giorno tra sé e gli altri Four Eyes, poiché Mahuta resiste nel partecipare a qualsiasi esercizio contro la Cina. Il ministro del Commercio, Damien O’Connor, suggeriva che l’ Australia trattasse con la Cina in modo più diplomatico, “maturo” e rispettoso.

Australia:
Il governo australiano è probabilmente il più rumoroso nel criticare la Cina, oltre ai nordamericani. Tuttavia, perde nella guerra commerciale con la Cina. Le esportazioni australiane in Cina rappresentano il 40% delle esportazioni totali. Da quando ha alzato la voce nella guerra di propaganda contro la Cina, le esportazioni verso la Cina sono diminuite del 6,1% nel 2020. Con la perdita del mercato cinese, l’economia australiana potrebbe contrarsi del 2,8%. Chi vorrebbe comprare da persone che ti calunniano?

Regno Unito:
Dalla Brexit, il Regno Unito si trova ad affrontare instabilità. A parte la contrazione economica dovuta a Brexit e pandemia, il Regno Unito deve affrontare una rottura interna. La Scozia votava 62% a 38% per rimanere nell’UE, e l’Irlanda del Nord 55,8% a 44,2% per rimanere. Lo Scottish National Party lavora a un altro referendum per lasciare il Regno Unito e rientrare nell’UE. Il 49% sostiene l’indipendenza mentre il 44% si oppone. In Irlanda del Nord, il 51 per cento sostiene il referendum per unirsi al resto dell’Irlanda. Boris Johnson ha già abbastanza problemi interni per cercare di litigare con la Cina.

Canada:
La stabilità canadese è minacciata da un movimento separatista. Questa volta viene dal Canada occidentale e non dal Quebec. Il 25 per cento degli albertani è favorevole a una “Wexit”, soprattutto ora che i nordamericani hanno cancellato l’oleodotto Keystone XL. Il Quebec mantiene un nucleo nazionalista al 30% che vuole rompere col Canada, ma la separazione del Quebec è improbabile al momento. Il Canada ha una miriade di altri problemi da affrontare, come il genocidio degli indigeni, dove molti sono ancora senza acqua potabile e alloggi decenti. Tuttavia, la Sottocommissione della Camera per i diritti umani prende di mira la Cina con storie inventate sullo Xinjiang. Il governo canadese dovrebbe guardare a casa dove può apportare modifiche.

USA:
Cosa si può dire del tentato golpe insurrezionale del 6 gennaio 2021 che ha ucciso 5 persone e ne ha ferite innumerevoli altre? Ancora una volta, l’intelligence dei Five Eyes era cieca di fronte al terrorismo interno dei suprematisti bianchi e non vedeva cosa succedeva. Gli estremisti nazionalisti bianchi di destra vogliono destabilizzare gli Stati Uniti e provocare una guerra civile. I Five Eyes lo vedono?
Il nazionalismo bianco che porta al terrorismo è il pericolo esistenziale che minaccia la sicurezza e la stabilità dei Paesi dei Cinque Occhi. Se sono accecati dal loro odio ideologico per la Cina e non vedranno il pericolo estremista interno, allora la loro intelligence li deluderà come in Nuova Zelanda e Stati Uniti.

William Ging Wee Dere – https://libya360.wordpress.com/2021/02/01/the-five-eyes-nations-stoke-instability-in-china-while-blind-to-instabilities-at-home/

William Ging Wee Dere è l’autore del pluripremiato “Being Chinese in Canada, The Struggle for Identity, Redress and Belonging”. (Douglas e McIntyre, 2019). Era organizzatore politico ed attivista di spicco nel movimento ventennale per il risarcimento del Chinese Head Tax and Exclusion Act.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – http://aurorasito.altervista.org/?p=15192

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Verso un mondo di “censura avanzata”, a partire dagli USA…

Ogni volta che sento parlare di un caso di censura imperialista online, o di un piano a breve termine di un tecnocrate della classe dominante per promuovere l’erosione della libertà di parola, mi chiedo: qual è lo scopo di tutto questo? Fino a che punto tali oligarchi intendono portare la loro campagna per controllare le informazioni e sopprimere il dissenso? Perché gli eventi destabilizzanti che l’impero statunitense ha subito nell’ultimo anno sono piccoli rispetto a quello che il crollo del clima alla fine farà al mondo capitalista; come concluse il professor Jem Bendel nell’articolo del 2018 Deep Adaptation: A Map for Navigating Climate Tragedy, a questo punto del deterioramento del clima dobbiamo vedere “il collasso come inevitabile, la catastrofe più probabile e l’estinzione possibile”.

Secondo il Pentagono, che l’anno scorso pubblicava un rapporto in cui valutava il potenziale riscaldamento globale nel destabilizzare gli Stati Uniti, questo crollo significherà per prima cosa guasto della rete elettrica del Paese, che probabilmente avverrà nei “prossimi 20 anni”. Questo si aggiunge alle sempre crescenti tempeste, inondazioni, incendi e siccità, che nei prossimi decenni trasformeranno milioni di persone negli Stati Uniti in rifugiati. Abrahm Lustgarten del New York Times scrisse su quanto questi fattori influenzeranno il tenore di vita delle masse: “Ho mappato le zone di pericolo che si avvicineranno ai nordamericani nei prossimi 30 anni… Quello che ho scoperto era una nazione all’apice di un grande mutamento. Negli Stati Uniti, circa 162 milioni di persone, quasi una su due, sperimenteranno molto probabilmente un calo della qualità dell’ ambiente, vale a dire più calore e meno acqua. Per 93 milioni i cambiamenti potrebbero essere particolarmente gravi … Il costo nel resistere alla nuova realtà climatica aumenta. I funzionari della Florida hanno già riconosciuto che la difesa di alcune strade contro il mare non sarà accessibile. E il programma federale di assicurazione contro le inondazioni richiede per la prima volta che i pagamenti siano utilizzati per ritirarsi dalle minacce climatiche nel Paese. Presto si rivelerà troppo costoso mantenere lo status quo”.

Questo è ciò che la classe dirigente statunitense, che presto sarà guidata da un’amministrazione Biden piena di élite aziendali e politici desiderosi di censura, dovrà confrontarsi nel compito di mantenere stabile il Paese nei prossimi decenni. La scomparsa delle zone abitabili in gran parte del Paese e il conseguente crollo dei sistemi di supporto sociale ridotti all’esiguo da decenni di austerità neoliberista, spingeranno decine di milioni nella povertà più assoluta. La classe dirigente capitalista ha modi per trarre profitto dal disastro e quindi potrebbe sopravvivere a tale collasso. Ma il grande pericolo è che le masse disamorate si organizzino in gruppi rivoluzionari coll’istruzione politica di abbattere lo Stato capitalista.

Ed è qui che entra in gioco la censura. La rapida intensificazione della censura online negli ultimi anni, per lo più portata avanti da aziende online come Facebook e Google per volere delle agenzie d’intelligence statunitensi, è solo una preparazione per gli sforzi diretti di controllo delle informazioni. Nel 2016, particolare anno in cui tale censura davvero prese il sopravvento, l’US Army War College pubblicò un rapporto che raccomandava censura estrema, apparentemente perpetrata dai militari, come modo per pacificare le masse disperate e disamorate nel prossimo futuro.

Il rapporto dice che al di fuori delle ricche “città intelligenti” di questo futuro ci saranno quelle “selvagge” in cui lo Stato perde giurisdizione se non contrasta adeguatamente gli ipotetici insorti. E questi ribelli, afferma, saranno motivati dal desiderio di intraprendere una guerra di classe. Avverte sui futuri disastri naturali “che faranno precipitare il collasso di una città fragile in città selvaggia. Basta guardare all’esperienza di New Orleans coll’impatto di Katrina per vedere come una città può degenerare rapidamente in anomia e anarchia, con le normali regole e norme di vita urbana improvvisamente abbandonate”. Citando un accademico che affermava che questa perdita di controllo sarà il risultato del “conflitto di classe” che “potrebbe complicare notevolmente i periodi post-combattimento, pacificazione e occupazione”.

Negli sforzi dei militari per mantenere il controllo sulle popolazioni delle zone destabilizzate, afferma il rapporto, emergeranno due problemi principali:
– Il ripristino dell’ordine e della stabilità dovrebbe accompagnare, se non precedere, importanti operazioni di soccorso in caso di catastrofi. Questo sforzo potrebbe anche creare opposizione.
– L’altro problema quando si ha a che fare col cyberspazio sulle contingenze delle megalopoli è che gli avversari possono sfruttare la trasparenza quasi automatica che crea, sia per mostrare le forze statunitensi sotto cattiva luce che le proprie azioni in modo positivo.

Nasce così la necessità di una censura pesante in queste zone. Dice che i piani di invasione devono comportare la chiusura di Internet, l’interruzione del servizio di telefonia cellulare e la garanzia che i media locali diffondano solo propaganda militare statunitense. Il punto in cui questo piano d’azione inizia a somigliare stranamente alle attuali operazioni delle società online per scacciare i giornalisti antimperialisti è quando menziona gli “opinionisti online”: Parte dell’IPB [preparazione dell’intelligence al campo di battaglia urbano] prima di qualsiasi azione in una megalopoli o sub-megalopoli sarà l’identificazione dei fornitori di servizi per le telecomunicazioni ed Internet. È anche importante identificare gli opinionisti online che potrebbero avere un impatto importante in qualsiasi controversia sull’intervento militare degli Stati Uniti.

Si noti che mentre il rapporto cerca generalmente di descrivere queste operazioni come pianificate per future invasioni straniere, ammette apertamente più volte che le città statunitensi saranno tra gli obiettivi di tutto ciò che raccomanda per i futuri interventi all’estero; dicendo che “Il dilemma urbano”, dove c’è “un rischio di insicurezza tra i poveri urbani”, è qualcosa a cui “anche città come Amsterdam, Londra, New York, Parigi e Tokyo non sono immuni”. In particolare, sul piano per fermare brutalmente ogni opposizione alla narrazione ca favore degli Stati Uniti. nelle zone occupate, dicendo anche che gli Stati Uniti potrebbero essere uno dei posti in cui accadono queste cose: “Presentare narrazioni avvincenti può aumentare la legittimità e l’autorità agli occhi di molti interessati (come la popolazione urbana). Comprendere l’utilità e la potenza dei media digitali, quindi, consente portata e ampiezza enormi che possono alterare indirettamente il campo di battaglia. La facilità d’uso dei mass media e della tecnologia mobile consente agli avversari di manipolare e raccogliere un’opinione pubblica favorevole e reclutare sostegno. Per queste e altre ragioni, i capi civili e militari non possono permettersi di ignorare il requisito delle narrazioni avvincenti… In ultima analisi, è probabile che la battaglia delle narrazioni e le contraddizioni della sicurezza siano in prima linea, soprattutto perché le contingenze probabili saranno operazioni umanitarie o di stabilizzazione. Inoltre, tali operazioni potrebbero aver luogo anche negli Stati Uniti continentali, come dimostrato dai disordini di Los Angeles e dalle risposte all’uragano Katrina e alla super tempesta Sandy. Presentare un’immagine positiva dell’esercito al pubblico nordamericano è indispensabile per un supporto continuo”. Qui dico: ha senso.

Ovviamente in una situazione in cui l’impero statunitense è alla disperata ricerca del controllo sulla popolazione interna, ricorrerà alle azioni più dittatoriali in cui accusa gli avversari dedicarsi. L’immagine da incubo che i propagandisti imperialisti dipingono della Corea democratica, dove una popolazione profondamente impoverita è privata delle informazioni che vadano contro le narrazioni del governo, è ciò che gli imperialisti progettano ironicamente di creare negli stessi Stati Uniti. O almeno questo sarà il destino dei poveri del Paese.

Mentre la crisi climatica e di sistema continua a crescere, i ricchi saranno ancora in grado di accedere a Internet dalle loro enclavi urbane high-tech, sebbene anche questo Internet (come l’Internet occidentale in generale) a quel punto sarà censurato in misura estrema. I giornalisti che cercano di esporre i crimini di guerra statunitensi che si verificano nelle aree povere saranno occultati al pubblico e potenzialmente fatti prigionieri politici come Julian Assange. E l’unica cosa che potrebbe cambiare la situazione è la fastidiosa guerriglia nelle zone “selvagge” che conquista finalmente il controllo del continente.

Rainer Shea – 1 dicembre 2020

Fonte primaria: https://rainershea.com/f/total-shutdown-of-dissent-is-us-censorship%E2%80%99s-endgame

Fonte secondaria: http://aurorasito.altervista.org/?p=14495

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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“Come hanno distrutto la sinistra” – Lettera di Fulvio Grimaldi

“Il modo più sicuro per corrompere un giovane è istruirlo a stimare di più coloro che la pensano alla stessa maniera, piuttosto che quelli che la pensano diversamente” (Friedrich Nietzsche)

“Un gran numero di coloro che si adoperano per cause di sinistra sono non soltanto vili, ma al limite della collusione. Vorrebbero che i cambiamenti fossero gentili, ma non lo sono. Vorrebbero che la decenza si avverasse senza che nessuno debba soffrire, o subire guai, ma non succede. E, soprattutto, vorrebbero dare ai nemici del buon governo il beneficio del dubbio, ma io non glielo do. Non è solo una differenza di approccio, è una totale spaccatura tra le relative filosofie. Non puoi rivelare verità, nella speranza che questa non turbi la cena di qualcuno” (Julian Assange)

Chiedo subito scusa al grandissimo Celine per aver assegnato a una modesta didascalia il titolo di uno dei suoi capolavori.

In questa intervista fattami dagli amici del validissimo sito “comedonchisciotte”, ripercorro, a volo d’uccello cattivo, oltre mezzo secolo di itinerario della Sinistra. Di quella PCI, del ‘68, riformista, rientrata, OGM e finta che fosse. Credo che la fenomenologia antropologica, morale, teorica e pratica di una Sinistra, sempre più tra virgolette, possa contribuire a spiegarci cosa sia successo man mano che la Storia procedeva e la Sinistra ci riprovava, o arretrava, dalla svolta di Salerno di Togliatti, con il piombo di Yalta sulle spalle, passando per la lotta partigiana, la “lunga marcia attraverso le istituzioni”, l’antagonismo del decennio ’68-’77, le sue intuizioni e innovazioni teorico-pratiche del marxismo, alla feroce repressione dello Stato delle stragi e successivi ripiegamenti e tradimenti, fino a una cosa che si chiama sinistra, o centrosinistra, ed è di estrema destra.

Il “manifesto”, che si intitola “quotidiano comunista” e che nasce per sostenere il rivoluzionario Mao contro l’ossificato despota Stalin, ed è in effetti l’house-organ del più retrivo e feroce apparato di potere globale e delle sue strategie di mistificazione, è per me l’epitome di questo processo degenerativo.

Le forze che ontologicamente dovrebbero rappresentare gli interessi e la volontà delle maggioranze deprivate, nello scontro con le élites predatrici e sociopatiche, oggi impegnate in una definitiva vittoria sull’umanità in quanto tale, registra una sconfitta storica. Nel momento della massima e, forse, ultimativa offensiva dei padroni, oggi riqualificati signori del Nuovo Ordine Mondiale, una resistenza o, meglio, la controffensiva della forze che si sottraggono al pensiero unico, sarebbe di un’urgenza vitale. Ma da quella che si definisce ancora con il termine “sinistra” non ci vengono segnali, né di azione, né di coscienza, tanto da far diventare quel termine sinonimo di subalternità, consociativismo, complicità.

Tra quelli che si prenderanno la briga e il tempo di guardare questa chiacchierata vi saranno sicuramente parecchi la cui ostinata incomprensione dei mutamenti occorsi, dei tempi e loro contenuti travisati, degli opportunismi praticati, li riempirà di indignazione e risentimento per le valutazioni fatte. Da altri spero venga una reazione positiva, di confronto, di riesame delle convinzioni, magari di condivisione.

Qui non si tratta di un saggio storico e teorico sui perché e sui protagonisti dell’inversione a U di coloro che pretendevano di guidare nella marcia di emancipazione delle masse. Potendo dire “io c’ero”, data una lunga vita e una varia, ma continua, partecipazione professionale e politica, questa intervista non offre che ricordi, spunti e conclusioni personali, impressionistici.

Per riappropriarci di una visione chiara di quanto è e di quanto occorre nella congiuntura, credo che bisogna rifarsi alle nostre radici, a quelle lontane. A quelle cha scindono nettamente il nostro pensiero, i nostri sentimenti, i nostri propositi e obiettivi, da quelli del dominatore. E, prima ancora, da quelli dei mistificatori travestiti, i pifferai del millenario inganno che vuole trascinarci alla sconfitta e alla morte sotto i vessilli dell’umanitarismo, della compassione, della promessa della salute, una volta spirituale, un’altra fisica, e della vita, a condizione che ci adeguiamo.

Invio questo video dell’intervista fattami dal sito comedonchisciotte, dopo il pandemonio successo con il precedente invio di un mio post sul blog che ha causato un malfunzionamento e il conseguente fastidio di una caterva di risposte a molti che siete nella mia lista di posta. Con l’aiuto del mio webmaster e di alcuni amici, sembra che l’intoppo sia stato superato. Sempre che non si sia trattato di un malevolo intervento esterno.
Se la cosa dovesse ripetersi, con di nuovo risposte che intasino la vostra posta, per favore informatemi. Intanto, di quanto è successo mio malgrado, vi chiedo scusa.

Fulvio Grimaldi

Link all’intervista: https://www.youtube.com/watch?v=0w2NjpxxQAU

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E questo è il testo di Giuseppe Russo, “comedonchisciotte”, di accompagnamento all’intervista.

“C’è bisogno di parole nuove per definire ciò che siamo”. Intervista a Fulvio Grimaldi

Dopo l’ultima intervista a Fulvio Grimaldi che tanto interesse aveva suscitato nel nostro pubblico, abbiamo avuto il piacere di ospitarlo nuovamente sugli schermi del dissenso: questa volta, approfondendo uno spunto emerso nell’incontro precedente, abbiamo parlato della storia della sinistra italiana attraverso una lunga cavalcata a briglia sciolta nel Novecento, nelle sue suggestioni e nei suoi fantasmi.
A proposito di quel “Sessantotto lungo una vita” (dal titolo di una delle sue opere), Fulvio Grimaldi non ci sta a buttare il bambino con l’acqua sporca; da protagonista di quell’esperienza come militante di Lotta Continua, parla di “fratture” che sono riuscite “a sporcare una grande esperienza di popolo” e del ruolo giocato da tanti ambigui personaggi che hanno agito da opportunisti o da cavalli di Troia. Interessante la rievocazione di un episodio in particolare: la scoperta che la tipografia che dava alle stampe il quotidiano Lotta Continua (di cui Fulvio è stato direttore) era di proprietà di tale Robert Cunningham Junior, figlio di un agente Cia di stanza a Roma e legato, a sua volta, al servizio segreto a stelle e strisce.
Passando in rassegna la storia del PCI, Fulvio risale quindi alle origini di quel “tradimento” che si manifesterà attraverso gli “strappi” di Enrico Berlinguer e poi, più compiutamente, con la Bolognina di Occhetto: “la svolta di Salerno” con la quale Togliatti, nell’aprile del ’44, recependo le direttive di Stalin abbandona i propositi rivoluzionari e la pregiudiziale antimonarchica ed entra nel secondo governo Badoglio in qualità di vicepresidente del consiglio. Impietoso è dunque il giudizio sulla strategia della “lunga marcia nelle istituzioni” : “le lunghe marce finiscono nel deserto”. Dopo aver quindi demolito il mito di Enrico Berlinguer, ce n’è anche per Fausto Bertinotti, inchiodato alle sue responsabilità di curatore fallimentare di ciò che restava del movimento e della sensibilità comunista in Italia. Tutte queste vicende hanno rappresentato un trauma, una lacerazione profonda nella coscienza di quello che è stato “il popolo della sinistra”, e da tali esperienze ci si risolleva solo dopo aver accumulato nuove energie e nuova rabbia. Nel XXI secolo il sol dell’avvenire non è dunque tramontato, ma ha cambiato traiettoria: è in America Latina che bisogna guardare per esserne ancora abbagliati. Lo faremo. A risentirci sugli schermi del dissenso.

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Covid fase attuale. Lettere aperte di medici, scuole usa&getta, allarmi, ricorsi, speranze africane

La confusione continua a essere grande sotto il cielo e lo sarà anche nella nebbia d’autunno. I politici italiani amano ripetere che con le loro misure di contrasto al Covid-19 si stanno scrivendo pagine di storia. Del resto, fin dall’inizio della pandemia, governi, media, addetti ai lavori hanno parlato di guerra, linee del fronte, armi, nemico unico, eroi. Dopo molti mesi la narrazione rimane invariata. Tuttavia c’è chi si fa domande. Non solo nelle manifestazioni di piazza.

L’educazione usa e getta. Rigorosamente monouso dovranno essere le montagne di mascherine che si useranno in classe. Il 1 settembre così ha deciso il Comitato tecnico scientifico (Cts) di nomina governativa che detta le linee anti-Covid agli italiani. Niente mascherine cosiddette di comunità di stoffa, lavabili e riutilizzabili (e meno che mai autoprodotte), pur ammesse dai Dpcm dei mesi scorsi. Ogni mattina, senza creare assembramenti per carità, le monouso saranno distribuite a tutti. Undici milioni al giorno, ha annunciato il commissario al Covid Domenico Arcuri. E insieme, 170.000 litri di gel igienizzante x le mani a settimana (https://www.orizzontescuola.it/ritorno-in-classe-arcuri-saranno-distribuiti-11-milioni-di-mascherine-al-giorno-e-170-mila-litri-di-gel-igienizzante-a-settimana/).
Anche a non voler contestare l’utilità sanitaria e l’accettabilità psico-pedagogica dei dispositivi in ambiente scolastico, rimane il loro onere ambientale. Non solo mascherine, non solo gel, non solo «sanificazione» a gogò. Dalle scuole usciranno verso la rottamazione tre milioni di banchi, sostituiti dai nuovi arrivi: quelli a rotelle per il tablet, e gli altri monoposto. Usciranno anche un numero difficilmente quantificabile di piatti e stoviglie di plastica, visto che (https://www.peopleforplanet.it/scuola-post-covid-e-pasti-monoporzioni-in-mensa-ce-chi-dice-no/), come denuncia la petizione di Foodinsider.it con Food Watcher e MenoPerPiù, il ministero dell’istruzione indica il lunch box e le monoporzioni come una soluzione per consumare il pasto in classe uno dei possibili scenari della mensa scolastica antiCovid che si prefigura è questo: pasti in monoporzioni di plastica sigillate e menù semplificati stile fast food. Un disastro i contenitori, un disastro il contenuto. Il medico ed epidemiologo Franco Berrino ha spiegato che la monoporzione è un «brutto scherzo» perché non c’è nessuna ragione scientifica che la renda necessaria anzi è più rischiosa per la diffusione del virus: https://www.youtube.com/watch?v=OuiXKTrh5Mk&t=4s

Domande alle istituzioni, zero risposte. Su tutti questi temi, nei loro risvolti ambientali ed economici, sono state mandate una serie di domande agli uffici stampa delle istituzioni incaricate: Invitalia e ministero dell’istruzione. A partire dal 4 agosto, con successivi solleciti. Il 25 agosto l’ufficio stampa Invitalia scrive letteralmente: «Gentile (spazio e a capo) Al momento non è possibile rispondere alla sue domande. (spazio e a capo Saluti». Il ministero dell’istruzione non ha mai risposto.

Articolo che aumenta le perplessità! Un’intervista fatta per rassicurare sembra suscitare più domande. Qui https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/09/02/coronavirus-ecco-perche-le-mascherine-chirurgiche-sono-piu-sicure-di-quelle-di-stoffa-richeldi-cts-non-causano-danni/5917121/ un membro del Comitato medico scientifico (Cts) sostiene che per via della certificazione le mascherine usa e getta (dette chirurgiche) a scuola sono più efficaci di quelle di stoffa (durevoli) cosiddette di comunità; ma subito dopo aggiunge che anche queste ultime «assicurano una buona protezione delle vie aeree, a patto che vengano correttamente utilizzate». Ma il problema delle modalità non si pone anche per le usa e getta? Sì! Infatti. Toccarne la superficie esterna è tabù. Ecco l’esperto: «Non ci sono rischi di contaminazione o di sovrainfezioni, a patto ovviamente che vengano seguite le semplici regole per il loro corretto utilizzo, come il ricambio periodico o l’attenzione al contatto con la parte esterna. Il rischio è quello di toccare con le dita una superficie potenzialmente infetta e poi di portare quelle stesse dita alla bocca o agli occhi. L’uso delle mascherine (…) non funziona in isolamento: deve essere associato a corretta e frequente igiene delle mani (più spesso con gel idroalcolici) e, ovviamente, distanziamento fisico. Ultimo, ma non meno importante, l’utilizzo dell’app Immuni, utile soprattutto tra gli adolescenti. » Ma se tutto è così, la presunta superiorità delle mascherine usa e getta va a farsi benedire. Dunque perché preferire l’inquinamento diseducativo del monouso? Altra domanda alla quale di fatto l’esperto non ha risposto: il Sars-CoV-2 è grande 120 nm, le mascherine chirurgiche bloccano virus da 2000 nm in su, ma allora esiste comunque il rischio contagio? Non-risposta: «Non è possibile fare un calcolo così diretto: ricordiamoci comunque che i virus non viaggiano “in isolamento”, ma utilizzano le goccioline di droplet emesse principalmente con la tosse e con gli starnuti, e queste goccioline sono più grandi dei virus stessi». Ma allora, non basta che chi ha sintomi stia a casa o faccia attenzione? E gli studi che rilevano disagi di vario tipo per i bambini con le mascherine? Niente paura: basta «un utilizzo razionale quando necessario e un’attenta spiegazione a bambini e genitori sul perché questa misura sia al momento di cruciale importanza. Un sacrificio necessario, non enorme e speriamo temporaneo».

Cronache da una scuola surreale. Una mamma va a incontrare con appuntamento il dirigente scolastico della scuola dei figli, per capire le linee guida. «Sono entrata con la mascherina, tutti la indossavano, ha lasciato nome cognome, indirizzo, numero di telefono, numero del documento. Mi hanno misurato la ebbre e ho dovuto firmare un’autocertificazione nella quale dichiaravo di non avere il Covid. Solo dopo tutta questa trafila dalla bidella sono stata accolta. La prima impressione è che si tratti non più di una scuola ma di un ospedale psichiatrico. Ho convinto il preside a pubblicare le linee guida sul sito della scuola. Mascherine: non obbligatorie al banco ma per entrare, uscire e andare in bagno. Qualora il bambino dovesse avere sintomi simil Covid, raffreddore, tosse, febbre verrà prelevato e condotto in stanza Covid da 3 o 4 referenti Covid, alcuni della scuola e altri dell’Asl, dovrà indossare un camice bianco e la mascherina, e saranno chiamati i genitori e l’Asl. Il punto è: sarà necessario un tampone per scagionarlo? A questa domanda il preside non ha saputo rispondere ma mi farà sapere. Il punto è: se per ogni raffreddore o starnuto o colpo di tosse un bambino dovrà ricevere un tampone, si tratterebbe di una situazione allucinante, traumatizzante e invasiva. Qualora invece il bambino dovesse ammalarsi a casa, per essere riammesso a scuola il pediatra di famiglia si prenderà la responsabilità del certificato? Perché pare che lo far solo previo esito del tampone. E’ chiaro che nessuno vuole assumersi responsabilità. Chiediamo, riflettiamo. Il bambino dopo il tampone dovrà aspettare l’esito e non potrà uscire insieme alla mamma nel caso risultasse positivo, dovrà fare la quarantena con la madre, sempre; e il padre e i fratelli? Dovranno andare in un’altra abitazione? Quarantena anche a loro? Tampone? E il lavoro?». Una insegnante elementare: «Qui a scuola è un delirio. Anche solo distribuire fogli ai bambini… La mascherina è l’ultimo problema. Tutto il contesto…spostamenti, banchi, armadi, materiale…non so. Non credo che durerà, anche perché qualunque altro posto pubblico, bar, ristoranti non è così. Perché a scuola ci si deve complicare così la vita?».

Lettera aperta dei medici Ampas su «contagi», diritti e vera prevenzione. In una fase in cui si parla continuamente di aumento dei contagi (perché i morti e malati gravissimi non ci sono più), ecco alcuni brani della lettera aperta (https://www.medicinadisegnale.it/?p=1183) dei 935 medici dell’Ampas e di diversi psicologi, sui rischi della situazione. Fa seguito a un’analoga presa di posizione nel mese di aprile, nel pieno della crisi. «È estremamente fuorviante confondere le persone sane asintomatiche, positive al tampone, con i “contagiati” (che per definizione devono essere malati). Se l’asintomatico viene considerato fonte di contagio, questo significa che scuole, aziende e altri centri di aggregazione verranno tutti chiusi e messi in quarantena, poiché i tamponi a tappeto effettuati sulle persone sane danno spesso falsi positivi, fornendo una falsa immagine di diffusione della patologia, quando invece l’unica cosa che si sta diffondendo è la resistenza anticorpale alla malattia stessa. (…) È di grande importanza sovvertire subito questa menzogna, che rischia di portarci a nuovi lockdown (magari inizialmente parziali) per una patologia di cui ora si conosce meglio un approccio terapeutico efficace, i cui decessi quotidiani sono da 100 a 500 volte inferiori rispetto a quelli dovuti a problemi cardiovascolari (circa 600 decessi/giorno) e a quelli dovuti a tumori (circa 500 decessi/giorno). Patologie cardiovascolari e tumorali che potrebbero essere facilmente prevenute con interventi sistematici sullo stile di vita (movimento fisico, eliminazione zuccheri, controllo del peso, cibi senza pesticidi, riduzione inquinamento, stop al fumo). (…) Noi, con questa lettera, vogliamo solo che ci sia restituita la verità dei fatti: che gli asintomatici non vengano assoggettati a inutili tamponi e che i diritti costituzionali da noi duramente conquistati (diritto al lavoro, all’istruzione, alla libera circolazione, alla libera scelta di cura, alla privacy) non ci siano più sottratti, ora e per sempre. Alleghiamo documenti e relazioni che chiariscono in modo inequivocabile la nostra posizione». Nella documentazione allegata, e nelle fonti indicate, risulta che: lo stesso Centro europeo per il controllo delle malattie imporrebbe il tampone solo per i sintomatici; che l’asintomatico non è un problema (prendendo come modello l’infezione da Sars e Mers-Cov il rischio di trasmissione in fase asintomatica-prodromica sembra essere basso o molto basso); vale anche per i comuni modelli di infezione virale respiratoria. Il contributo apportato da potenziali casi asintomatici nella diffusione epidemica appare limitato. Il documento Ampas illustra anche altri aspetti: l’illegittimità degli obblighi imposti con norme amministrative; l’inaffidabilità dei tamponi che possono dare vari falsi positivi; il fatto che i tamponi sono un test non quantitativo (quindi non c’è correlazione fra positività e infettività): c’è la possibilità di fare danni con il tampone faringeo eseguito ormai in massa. La percentuale dei positivi sui tamponi è stabile e non in aumento, ma questo non viene detto.

Non dimentichiamo l’allarme di 700 psicologi e psichiatri… E’ della scorsa primavera il Comunicato – L’allarme di Psicologi e Psichiatri https://comunicatopsi.files.wordpress.com/2020/05/comunicatopsi.pdf che metteva «in guardia sui danni psicologici derivanti ai bambini, agli adulti, alle categorie a rischio derivanti da questa situazione di panico e coercizione sia scolastica che lavorativa. Tale allarme, leggiamo nella lettera aperta di Ampas, è stato ormai validato nelle sue premesse e previsioni da centinaia di studi scientifici nazionali e internazionali. Nella storia è la prima volta che intere nazioni confinano in casa sia cittadini malati che milioni di persone perfettamente sane, pertanto in occasione di scelte così draconiane ancora mancava una letteratura scientifica sulle conseguenze psicologiche». Al fine di analizzare la situazione e proporre interventi volti a restituire serenità e fiducia alla popolazione, un gruppo di professionisti della salute mentale si è unito sotto il nome di Sinergetica, Movimento di Libera Psicologia. Si richiama il sostanziale aumento delle violenze domestiche durante il lockdown e nel periodo successivo, sia nei paesi latini che anglosassoni, l’aumento delle nuove dipendenze e dell’uso di sostanze, con conseguente crescita della criminalità connessa, e maggiore vulnerabilità dei soggetti coinvolti nei confronti di ogni tipo di infezione; il visibile fallimento nella capacità di regolazione dell’ansia in bambini e adolescenti, obbligati a modalità di didattica a distanza e così privati del contatto con amici e docenti, che sappiamo essere fondamentale. Disagio che si rivela particolarmente grave nei minori con problematiche mentali, nei figli di immigrati o in bambini con bisogni educativi speciali; l’aumento nella popolazione generale di stati affettivi negativi, ansia generalizzata, incertezza per il futuro, perdita della stabilità progettuale e di opportunità lavorative, a fronte di interventi pubblici di sostegno psicosociale spesso poco efficaci, nonché difficilmente accessibili. Fattori che contribuiscono ad un preoccupante aumento del rischio di suicidio. Ma il 21 agosto con una sua dichiarazione, l’Oms ha dimostrato di non temere effetti negativi. Qui https://www.who.int/news-room/q-a-detail/q-a-children-and-masks-related-to-covid-19 si suggerisce che i dodicenni e oltre usino la maschera alle stesse condizioni degli adulti, soprattutto se il metro di distanza non è garantito e se c’è molta trasmissione nell’area.

Ricorsi legali in Francia. Un giudice amministrativo di Strasburgo ha sostenuto (https://www.youtube.com/watch?v=oSrRVZ304cI) che non è legale imporre la mascherina dappertutto e in qualunque orario (si pensi per strada e in ore deserte): il prefetto (che ha accettato la decisione) avrebbe dovuto precisare zone e fasce a rischio. Potrebbe fare giurisprudenza. I ricorrenti sono un medico e uno psicologo. E un medico, Jean-Michel Crabbé, il 27 agosto ha chiesto con lettera raccomandata (https://covidinfos.net/covid19/lordre-des-medecins-doit-e%cc%82tre-juge-pour-manquements-graves-a-lethique-medicale-selon-le-dr-crabbe/1893/) che l’Ordine dei medici sia giudicato per gravi inadempienze rispetto alla sua missione e all’etica medica, a causa dell’inazione rispetto ai discorsi apocalittici di media e politici. L’Ordine avrebbe dovuto «ristabilire la verità e fornire a medici e pubblico le cifre vere provenienti dai registri di Stato e dai servizi mortuari». Anche l’inquinamento ambientale è stato ampiamente negletto e l’Ordine dei medici ne porta la responsabilità.

Il professor Toussaint a Radio France Internationale sulla fase attuale. Il docente ribadisce (https://www.youtube.com/watch?v=b6Yh1EQlYQw): «Non c’è ragione di allarmarsi: da tempo gli indicatori più importanti – il numero di decessi, il numero di pazienti in rianimazione e di ospedalizzati – non smettono di decrescere, sono i più bassi dalla scorsa primavera. Sull’aumento dei casi positivi, che non vuol dire ammalati, si insiste in maniera ingiustificata. Aumentano i casi rilevati perché si fanno moltissimi test e inoltre in proporzione ci sono molti falsi positivi, anche 4500 al giorno». In Francia è diventato obbligatorio portare la mascherina anche all’aperto in molte città (periferie comprese). Toussaint spiega: «Secondo l’ultimo rapporto dell’Oms non ci sono studi di qualità che permettano di raccomandare la mascherina dappertutto, cioè per esempio all’esterno. Si tratta soprattutto di una misura di precauzione politica, un mimetismo che si impone progressivamente nelle abitudini di vita ma che non è fondato su un argomento scientifico». E precisa: «Quelle maschere erano molto importanti nella fase più letale, esplosiva della malattia, in primavera in Europa, insieme al distanziamento. Ma adesso siamo alla fine della prima fase dell’epidemia in Europa, perché ci sono 100 volte meno morti adesso rispetto alla scorsa primavera». In ogni caso, «il termine incoerenza è probabilmente quello che meglio qualifica l’insieme delle decisioni prese. Si vede che si tratta di una trattativa fra conoscenze e paure, fra la nostra inquietudine come società e la realtà e occorre trovare condotta che permetta di rispondere». Il fisiologo avverte inoltre: «Deve anche riprendere l’attività medica, che al di fuori della rianimazione è diminuita del 50%. E gli effetti di un confinamento cieco sarebbero 100 volte superiori agli effetti della malattia.» Il virus è meno virulento? «Bisogna capire perché abbiamo 130 morti al giorno su 500 milioni di abitanti. Possono esserci elementi legati alle mutazioni virali non si sa quali più importanti, ma soprattutto è sull’immunità cellulare, collettiva che abbiamo molte cose da capire, ma bisogna interpretare la fase benigna in Europa» Perché allora sovrastimano la gravità? «Non sono nelle teste dei decisori per capire come interpretano le cifre. Di certo c’è stata una fase molto virulenta. Ce ne sarà forse un’altra, si vede che la malattia continua in India e in alcuni paesi del Sud America ma non tutti. La questione degli obiettivi politici deve essere pista, anche a livello di decisori all’Oms che hanno raccomandato misure che forse non erano le più appropriate».

La Svezia sostiene la lotta contro la crisi alimentare da pandemia. La Svezia sta destinando somme rilevanti all’Ifad per affrontare, nelle aree rurali più vulnerabili, la crisi alimentare dovuta alle restrizioni ai movimenti e al commercio. Piccoli agricoltori e produttori devono continuare ad avere accesso agli input, alla liquidità e ai mercati.

Documento firmato da 75 professionisti della salute da oltre 10 paesi. Qui il testo in francese (https://covidinfos.net/wp-content/uploads/2020/08/FR-international-alert-message.pdf) del documento firmato da medici, infermieri, ricercatori di Francia, Austria, Belgio, Lussemburgo, Perù, Stati uniti, Germania, Sudafrica, Camerun, Repubblica Ceca, Iraq, Sudafrica, Canada, Svizzera. Articola una critica sanitaria, politica e sociale alle misure anti-Covid. «Non è la prima volta che l’umanità si trova di fronte a un nuovo virus, si pensi all’H2N2 nel 1957, all’H3N2 nel 1968, al SarsCoV nel 2003, all’H5N1 nel 2004, all’H1N1 nel 2009, al Mers CoV nel 2012, ma mai sono state prese misure come quelle attuali». All’obiezione per la quale il virus causa una malattia grave, rispondono: «Il Sars-CoV-2 è un virus che all’85% dà forme benigne e il 99% delle persone colpite guarisce. A differenza dell’influenza non è un pericolo per bambini e donne incinte, si propaga meno rapidamente dell’influenza e il 90% dei decessi avviene fra persone avanti con gli anni. Queste dovrebbero essere protette, come le altre popolazioni a rischio.» E «nel caso dell’influenza non si adottano misure di distanziamento e maschere benché colpisca un miliardo di persone all’anno e ne uccida 650.000». E l’allarme degli ospedali saturi? Il problema riguarda o ha riguardato qualche ospedale (si pensi alla Lombardia o a New York). E «comunque anche nel corso delle epidemie di influenza si parlava di tsunami negli ospedali, di zone di guerra, di stato di emergenza, ma senza confinare nessuno né bloccare l’economia mondiale». I firmatari attirano l’attenzione sugli effetti collaterali negativi delle misure anti-virus, sul piano economico, educativo, psicologico, ma sanitario: si trascurano le altre malattie, soprattutto croniche. Per non dire delle gravi conseguenze sull’agricoltura. I firmatari condividono il parere di chi ha messo in guardia contro l’intubazione quasi sistematica di certi pazienti. I protocolli vanno modificati. Alla popolazione ripetono: non abbiate paura, il virus è benigno, se non fate parte delle categorie a rischio: «Se si usasse altrettanta attenzione per l’influenza, si troverebbero cifre ancora più alte.: ogni giorno la televisione vi direbbe: 3 milioni di casi e 2.000 morti. E per la tubercolosi, ogni giorno: 30.000 casi e 5.000 morti – la tubercolosi infetta ogni anno oltre 10 milioni di persone e uccide 1,8 milioni)».

Evviva l’Africa. Dopo aver suonato tante volte la campana a morto con comunicati tipo «sarà un’apocalisse nel continente», l’Organizzazione mondiale della sanità dichiara (https://www.bbc.com/news/world-africa-53181555) che in Africa l’epidemia potrebbe aver passato il picco, anche se poi avverte i governi: mai essere troppo fiduciosi mentre si cerca di tornare alla (difficile) vita normale. Focalizziamoci su quello che davvero importa: i morti e gli ammalati gravi. In Africa «la mortalità pro capite è bassa rispetto al resto del mondo, malgrado le carenze nelle infrastrutture sanitarie di molti paesi africani». E come mai? Si spiega tutto con la giovane età? Certo il 60% degli africani ha meno di 25 anni. Ma c’è altro, e dovrebbe fare riflettere: «Sono meno comuni in Africa problemi come obesità e il diabete 2» (fattori che rendono più grave l’azione del virus). Anche il numero di persone che hanno semplicemente incontrato il virus è in discesa, soprattutto nei paesi più popolosi come Sudafrica, Nigeria ed Egitto. Naturalmente poi l’Oms, come l’Ong International Rescue Committeee, si affretta ad affermare che «questi dati sono da valutare con cautela per via delle capacità e delle modalità di fare test e dei ritardi nel riferire i casi». Ad esempio il Kenya da tre settimane ha deciso di focalizzarsi sui test ai gruppi a rischio più elevato. Anche il Sudafrica ha scelto di testare solo i sintomatici. A proposito: quanto costano in Africa test e tamponi?

Come mai la bassa mortalità in Africa? Ipotesi dal Sudafrica. Come spiega Shabir Mahdi, virologo sudafricano, i timori di un’apocalisse (di morti e ospedali nel caos), avanzati anche negli scenari più ottimistici, non si sono avverati, gli ospedali sono quasi vuoti, sono stati evitati i picchi registrati altrove. Perché – malgrado i quartieri sovraffollati, i punti d’acqua solo nelle strade, l’impossibilità di mantenere il distanziamento sociale quando una famiglia numerosa condivide una sola stanza? Salim Karim, capo del team di consiglieri del governo, sostiene (https://www.bbc.com/news/world-africa-53998374) che «l’età non è un fattore così importante». Allora ha funzionato bene il lockdown? Ma dappertutto in Africa, le condizioni logistiche hanno reso impossibili il distanziamento assoluto e chiusure totali, benché stabilite per tempo. E dunque? Mahdi avanza un’idea: la densità di popolazione e le tradizionali condizioni di povertà, considerate un fattore di rischio (per il diffondersi del virus), potrebbero giocare a favore: offrire una protezione extra. Altri coronavirus, per esempio quelli delle comuni influenze, potrebbero aver infettato in modo massiccio le popolazioni, creando un’immunità protettiva che ha fatto barriera contro la nuova epidemia.

Dalla Spagna: senza mascherina fra amici e congiunti, che rischio! Sembra una barzelletta, ma qualcuno https://www.elconfidencial.com/tecnologia/2020-08-29/mascarillas-covid19-coronavirus-kn95-fpp2_2727015/ risponde alla domanda sul perché la Spagna, pur essendo il paese forse più fedele alle mascherine, è anche in testa alle statistiche sui nuovi focolai di «contaminazione». Spiegazione? Eccola: l’obbligo di portare la mascherina non si applica a riunioni in famiglia e con amici. E quando si svolgono per esempio in un bar o ristorante, ecco che la necessità di mangiare e bere offre «la scusa perfetta per aggirare la regola».

E dunque che fare?

Alba Tecla Bosco

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