Risultato della ricerca:

“Identità ecologica” – PER UNA RICONCILIAZIONE BIOREGIONALE CON LA TERRA E CON NOI STESSI –

Messaggio augurale di Fulvio Di Dio per “Il Ciclo della Vita” Calcata: dal 31 ottobre al 9 novembre 2008  

La natura opera secondo un sistema di nutrienti e metabolismi in cui non esistono rifiuti. Un ciliegio fa germogliare fiori e (forse) produce frutti. È per questo che gli alberi fioriscono. Ma i fiori che danno frutti sono tutt’altro che inutili. Cadono al suolo, si decompongono, nutrono vari organismi e microrganismi, e arricchiscono il terreno. Gli animali e gli uomini emettono biossido di carbonio che le piante assorbono e usano per crescere. L’azoto contenuto nei rifiuti viene trasformato in proteine da microrganismi, animali e piante. I cavalli mangiano l’erba e producono sterco che diventa nido e nutrimento per le larve delle mosche. I più importanti nutrienti della Terra – carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto – sono riciclati di continuo. Rifiuti uguale cibo.

  Questo sistema biologico ciclico, “dalla culla alla culla”, ha tenuto in vita e nutrito per milioni di anni un Pianeta ricco e diversificato. Fino a poco tempo fa era l’unico sistema esistente e ogni essere vivente del Pianeta ne faceva parte. Poi è arrivata l’industrializzazione e ha alterato l’equilibrio naturale dei materiali sulla Terra. Gli uomini hanno cominciato a estrarre materie prime dalla crosta terrestre, le hanno concentrate e alterate, e hanno sintetizzato materiali che non possono essere restituiti al terreno senza provocare danni.   Gli esseri umani sono l’unica specie terrestre che prende dal suolo grandi quantità di nutrienti necessarie ai processi biologici, e raramente le restituisce in forma utilizzabile. I nostri sistemi – eccetto alcune piccole realtà locali – non sono più studiati a questo scopo.   Industriali, progettisti, ambientalisti e in genere gli addetti ai lavori parlano spesso di un “ciclo vitale” del prodotto. Naturalmente solo pochissimi prodotti sono “vivi” in senso stretto, ma in molti casi siamo noi che, per così dire, proiettiamo su di loro la nostra vitalità, e la nostra mortalità. Sono quasi parte della famiglia. Vogliamo che vivano con noi, che ci appartengano. Nella società occidentale gli esseri umani vengono seppelliti nelle tombe e così i prodotti. Ci piace l’idea di essere potenti, unici; e ci piace compare cose nuove di zecca, fatte di materiali “vergini”. Quando io (che sono una persona speciale e unica) avrò finito di usare un prodotto vergine, nessun altro lo userà. Le industrie progettano e pianificano in accordo con questa mentalità.   Nel caso dei materiali, ci sembra invece decisamente più sensato insistere su quei caratteri di somiglianza e ordinarietà che ci permettono di godere più di una volta anche di prodotti speciali e unici. Cosa sarebbe accaduto se la Rivoluzione industriale avesse avuto luogo in società che mettono al primo posto la comunità e non l’individuo, e in cui si crede non in un ciclo vitale “dalla culla alla tomba” ma nella reincarnazione?   I sistemi e le industrie umani diventeranno rispettosi della diversità solo quando riconosceranno che la sostenibilità, come tutte le politiche, è un fatto locale. Quando si connetteranno ai flussi locali di materiali e di energia, ai costumi e ai gusti locali, dal livello molecolare fino a quello dell’intera bioregione.  Le realtà locali non sono tanto da intendere come isole di civiltà, astratte dal contesto naturale, ma proprio come forme di “sapere ecologico”, un sapere che deve la sua esistenza al legame che le comunità umane hanno, nel corso della loro storia, intrecciato con il territorio cui appartengono. Tutto ciò implica che si costruisca, intorno ai territori naturali, una vera e propria “identità ecologica“, in cui si esprima e si rafforzi la relazione biunivoca tra le bioregioni e i loro abitanti. Per questi motivi, il bioregionalismo implica innanzitutto un coinvolgimento attivo da parte dei membri delle comunità. Ciò significa che esso non è solo un progetto meramente politico-gestionale, ma anche un progetto culturale. Insieme a un forte senso di appartenenza al territorio, nell’ “identità ecologica” confluiscono infatti il recupero di tradizioni legate ai luoghi, la riscoperta di lingue, arti, riti e conoscenze indigene, ecc., come la mostra collettiva su Morte e Rinascita degli artisti di Calcata e le cerimonie-pettacolo  all’interno de Il  Ciclo della Vita   portano felicemente alla luce.

Fulvio Di Dio

Legato dell’Assessorato all’Ambiente

e Cooperazione tra i Popoli

Regione Lazio   Vedi locandina  con programma: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/10/07/locandina-della-mostra-il-ciclo-della-vita-2008/

Risultato della ricerca:

L’apnea del credere

L’apnea del credere

Da un po’ di giorni mi sto occupando di politica ed economia, sempre in chiave di ecologia profonda ovviamente, e sebbene  queste cose  corrispondono ad una mia personale esigenza di concretezza, ovvero di esprimere qualche “verità”  oggettiva,  sento ora la necessità di  approfondire  questo concetto, ovviamente lo faccio in modo discriminativo e qui di seguito esprimo  alcune sensazioni  sul significato che do alla parola “verità”. Tempo addietro scrissi una lettera sulla spiritualità laica in cui segnalavo la condizione  degli atei e dei credenti ponendoli in  una sola categoria di pensiero, quella del “credere”.  Ora vorrei specificare meglio il perché colloco questi due apparenti “opposti” sullo stesso livello. Lo faccio  evidenziando come entrambi, credenti e non credenti, abbiano bisogno di una ragione  giustificativa per la loro convinzione…. Innanzitutto una domanda. Qual’è la differenza sostanziale fra il restare assorbiti nella quiete della coscienza indifferenziata, rispondendo agli stimoli della vita con spontaneità e leggerezza,  e la reazione spasmodica basata sull’assunzione  di  concetti ideologici  che ci fanno da gabbia comportamentale?  Un uomo studia libri su libri, ascolta e tiene grandi discorsi, cerca seguaci e diventa egli stesso seguace, inizia insomma a “credere” in un sistema, in un vantaggio, egli imposta ogni sua azione nel rispetto di uno schema sul quale erige una struttura  “idealistica”,  con essa ritiene di poter “istruire” gli altri e di poter esprimere “la verità”.   Ma come è possibile che la verità sia statica, una cosa prestampata ed immobile, un rigido ideale? Essa può esser “vera” solo se è vera nel  fluire continuo della vita, assestandosi ed adeguandosi alle circostanze correnti,  essa non  sclerotizza gli eventi, non  impone  restrizioni, essa respira con tutto ciò che esiste. Basarsi su un credo (in positivo od in negativo) per raccontare la verità è  voler dare alle  parole un valore che non hanno… ed in buona sostanza come nasce la parola?Il linguaggio attraverso il quale osiamo affermare “questa è la verità” è molto lontano dalla pura coscienza. Infatti all’inizio esiste una consapevolezza astratta, una coscienza intelligente e non qualificata, da questa sorge il senso dell’io, l’ego,  il quale a sua volta da origine ai pensieri, ai concetti,  ed infine questi diventano parole e scrittura. Quindi il linguaggio è di molto successivo alla conoscenza innata. Come è possibile che attraverso la parola  si possa esprimere la verità, cos’è questo  se non cieca arroganza?  Quando noi dichiariamo  “questa è la verità” è come se dicessimo “io so’ della Roma perché è la mejio squadra” e siamo pure convinti, certo, siamo convinti  anche  quando diciamo “il cristianesimo è mejio, l’islam è mejio, l’ateismo è mejio,  il fascismo è mejio, anzi no, è mejio il comunismo..” e contrario per contrario tutto ciò in cui crediamo “è sempre mejio!”. Se usiamo adesso un po’ di discernimento, non possiamo far a meno di osservare che ognuna di queste verità appartiene  all’io, è solo ciò in cui crediamo, ma può esser definita verità una verità che è solo individuale? Una verità che può essere descritta? C’è un antico detto taoista che dice: ”il tao che può esser detto non è il Tao”.E Ramana Maharshi, un saggio dell’India, disse: “..la verità è nel  profondo silenzio  del nostro cuore…”. Purtroppo  alcune persone sbandierano la loro verità ai quattro venti,  pretendono di averla trovata in fantastiche proiezioni della psiche, nelle curiosità di varie religioni, negli inferni e paradisi, nella reincarnazione e nel materialismo ateo, perché essi amano il mistero e non la verità…. Ed in verità a che servono queste “verità” fasulle, ignorando  la vita del giorno per giorno, del qui ed ora,  se non per speculare sull’immaginario del credere?   Per sperimentare la verità di vita basta stare nella spontaneità del  respiro… senza decidere in anticipo quando inspirare e quando espirare….  Nel credere  invece ci tratteniamo  in perenne apnea….

Paolo D’Arpini

Risultato della ricerca:

18 luglio 2008 – Metempsicosi e liberazione sotto la luna

category Eventi ilaria 10 luglio 2008

“Avanti e indrè, avanti e indrè, che bel divertimento… ”

Il 18 luglio  2008, venerdì, è luna piena. Questa occasione viene commemorata da migliaia di anni in India, sotto il nome di “Gurupurnima”.  Questo momento di luna piena di luglio  rappresenta la pienezza della coscienza, il Sé, anche definito guru cioè la luce interiore che disperde le tenebre dell’ignoranza. Il guru quindi non è una persona ma la pienezza dello stato indifferenziato della coscienza, in cui cessa ogni dualismo ed in cui essa risiede pienamente nella propria natura. Ed è sempre presente in ognuno di noi.

Ciononostante finché la mente umana è preda dell’ignoranza e si identifica in uno specifico nome e forma  (la persona che  crediamo di essere) è necessario per noi compiere un processo di ricomposizione (che viene definito “yoga”).  L’energia -o consapevolezza- che consente il risvegliarci alla nostra vera natura viene parimenti definito “guru” e può manifestarsi davanti a noi  in una forma  per compiere l’alchimia del risveglio, ma  questa forma non è propriamente separata o altra da noi è come un personaggio del nostro sogno che provvede a risvegliarci a noi stessi.

Questo vero guru -o sadguru- viene onorato oggi. 

Facciamo l’esempio del sogno poiché è il più vicino alla similitudine della dimenticanza di noi stessi, in quanto pura coscienza.  Infatti quando noi sogniamo vediamo innumerevoli personaggi alcuni in antitesi con altri ma realmente essi sono tutti lo stesso sognatore. In questo  sogno -chiamato il divenire- compiamo un percorso, un processo trasmutativo della coscienza individualizzata, che potremmo anche definire trasmigrazione o metempsicosi. Durante questa notte di luna piena rifletteremo su questo processo, su questo continuo trasformarci in nuove forme e nomi,  il samsara.

Il motore del samsara è il karma -o azione- ma  forse sarebbe meglio dire che è la propensione a compiere l’azione… Secondo la teoria della reincarnazione  il destino di questa vita (prarabdha) è la maturazione del karma più forte delle vite precedenti, con ciò non esaurendo la possibilità di future nascite con altri karma che abbisognano di una diversa condizione per potersi manifestare. Il modo per creare ulteriore karma viene individuato nell’atteggiamento con il quale viviamo la vita presente, ad esempio se  emettiamo pensieri di scontento od eccessivo attaccamento verso gli eventi vissuti. 

In se stesso il prarabdha di questa vita non cambia sulla base degli sforzi da noi compiuti mentre lo stiamo vivendo, è come un film che sta tutto nella pellicola,  quindi pensare di modificarne il  contenuto (una volta iniziata la proiezione) è irreale. Possiamo essere consapevoli ed accettare il film -come attenti spettatori- oppure arrabbiarci e commuoverci al suo scorrimento desiderando di modificarne gli eventi con la mente….  si forma  nuovo karma…

Paolo D’Arpini

Appuntamento 18 luglio 2008 – Circolo vegetariano di Calcata – Via Fontanile snc.

h.17.00 – Partenza per l’abluzione purificatoria al fiume Treja e visita propiziatoria al tempio di Giunone.

h. 19.00 – Accensione del fuoco sacrale attorno al quale meditare sul nostro destino.

Condivisione del cibo vegetariano da ognuno portato.

Prenotazione: 0761-587200

circolovegetariano at gmail.com

Risultato della ricerca:

Alberto Mengoni racconta e testimonia….

Aforismi sulla Memoria di Calcata, ma da quale parte?

Un mio caro amico dei bei tempi andati  mi ha chiesto di metter giù una lettera testimonianza dei miei ricordi su Calcata e Circolo Vegetariano. Lo  faccio con un po’ di difficoltà, non tanto perché di ricordi non ne abbia – che anzi, ne ho molti e molto importanti – quanto perché, oggi come oggi, sono assai restio a tirar fuori dalla memoria ricordi e cose che riguardano ciò che è stato il mio passato. Però, un ricordo su tutti è stampato bene nella mia memoria, e cioè quello della prima volta che capitai a Calcata. Fu verso la fine degli anni settanta, credo nel 77 o 78. A quel tempo, vivevo la mia vita con Mara, una deliziosa ragazza bionda di 20 anni (io ne avevo circa 36 o 37), con cuiavevo una relazione alquanto passionale, ma anche ‘burrascosa’, dato che lei aveva lasciato la sua famiglia e gli studi, per venire a stare con me.Ovviamente, questa relazione non durò a lungo, a causa di ripensamenti e varie problematiche che occorsero tra noi; infatti passati quattro anni, dopo che i suoi genitori la convinsero che non era il caso di convivere con un divorziato (che tale io ero) lei tornò dai suoi, ed io proseguii nella mia ricerca esistenziale, incontrando così altre compagne con cui, anche con loro, ebbi modo di venire ancora a Calcata. 

Allora, quella prima volta… Mi sembra di ricordare che fosse un sabato mattina di una splendida giornata primaverile. Dopo esser stati in un luogo chiamato ‘monte gelato’, in cui vi sono delle magnifiche cascatelle formate dal fiume Treja, decidemmo di andare a visitare Calcata, che a quei tempi era nota per esser il rifugio di artisti anticonformisti e pittori, scrittori e scultori un po’ beat ed esistenzialisti, tipici di quegli anni. Giunti nella piazzetta iniziale, vedemmo l’insegna del Circolo VV.TT. che mi incuriosì, perché su AAM – Terra Nuova avevo letto della sua filosofia  laico-spirituale d’avanguardia. E così, mi infilai nella porticina che dava su alcuni scalini con ai lati delle bacheche sotto vetro, contenenti strane boccettine e alcuni libri e riviste di macrobiotica, di spiritualità orientale e di cultura vegetariana. Sempre più incuriosito, mi lasciai tentare e comperai una piccola bottiglietta di ‘propoli’ liquido e, siccome dall’interno di questa casa (che ora non è più la sede del Circolo, essendosi esso spostato più a valle, in via della fontana) proveniva un buonissimo odore di sana cucina macrobiotica e vegetariana, decidemmo di rimanere a pranzo. 

Da quella volta, la mia amicizia con Paolo si rafforzò, e negli anni successivi, grazie agli interessi e visioni comuni, si fecero diverse cose insieme. Mi ricordo di parecchie serate passate, insieme a tanti altri amici, a progettare azioni e attività socio-culturali, sempre con una visione rivolta al benessere ed alla emancipazione spirituale delle persone,con il punto centrale rivolto verso la salute psico-fisica e la sana alimentazione. In una di quelle serate, mi ricordo che si dette vita al “progetto”  della Spiritualità laica, con l’intervento di altre personalità, come noi interessate a quegli importanti argomenti. Mi ricordo alcune notti di   fine-d’anno passate nella sala da pranzo e poi, fuori, giù nellegrotte, con la partecipazione di numerose persone con cui facemmo delle sante meditazioni di buon auspicio per il nuovo anno che doveva venire…

Mi ricordo anche di bellissime passeggiate lungo i sentieri del Parco Valle del Treja, in mezzo alla lussureggiante vegetazione, immersi nell’autentica spiritualità della natura, felici di esistere, e di essere tutti insieme in quello splendido e meraviglioso ambiente, non ancora contaminato, come invece già erano le città da cui provenivamo… 

In seguito, però, le cose andarono in un modo un po’ diverso. Per quanto mi riguarda, con l’avanzare dell’età e con l’imbarbarimento di questa nostra società che, da qualche decina d’anni, si sta terribilmente trasformando in una civiltà desolata e decadente, non ho più sentito lo stimolo a ‘relazionarmi’ con gli altri esseri umani…  La mia visione del mondo, grazie alla ininterrotta e profonda pratica spirituale del Chan, è cambiata, e quello che una volta mi sembrava essere un premio al nostro esistere in questo mondo (ovvero, situazioni e ambienti piacevoli che sempre andavamo cercando con ostinata volontà) all’improvviso mi è apparso in tutta la sua brutale e sconcertante verità, cioè la constatazione che le cose sono in continuo mutamento, e tutto quello che si insegue diventa, alla fine, solo un doloroso ricordo. Le persone invecchiano, e poi muoiono (e quindi, anche noi stessi), i panorami cambiano a seconda della velocità di distruzione dell’ambiente, e la pace tra gli esseri viventi sembra sempre più difficile da mantenere. 

Perciò, alla luce di questa disillusa comprensione di come la vita è veramente per tutti noi (ciò che nel gergo buddista è chiamato legge del karma), ho deciso di ritirarmi a vita privata e di dedicarmi esclusivamente alla preparazione del mio processo finale, cioè quel momento in cui la nostra mente dovrà passare, dal suo stato di esistenza all’interno di un corpo materiale, allo stato vuoto del nulla metafisico, volgarmente chiamato ‘estinzione’.  Ecco perché non sento più il desiderio di relazionarmi con gli altri morti viventi  i quali forse sono completamente inconsapevoli di questa loro condizione,  né mi sento più di voler rinvangare ricordi ed episodi passati di una vita che non può più ritornare ad essere quella che è stata. Non si pensi che questa sia solo una visione pessimistica dell’esistenza. Basterebbe soltanto fare una profonda analisi interiore di ciò che siamo ora, di quanta acqua è passata sotto ai ponti della vita, e di come le cose alla fine portano solo una terribile delusione, dopo che ci hanno ingannevolmente illusi sulle loro irreali qualità di ‘permanenza’, per poter capire quanto è ‘vera’ la Via che ci invita ad abbandonare  le illusioni ed a meditare in profondità sulla ‘vacuità’ di questo mondo materiale.  Eppure  permangono nel mio ricordo quei bei momenti che ci sono stati, le amicizie che abbiamo sviluppato e le buone azioni… Quest’ultime, in fondo, saranno la nostra speranza futura di una buona e favorevole ‘reincarnazione’, così da poter ancora sperimentare una esistenza in questo mondo ma, stavolta, forse, con quella più evoluta capacità di coscienza che ci permetterà di capire fin dall’inizio la vera realtà dell’essere, e quindi di non venir più ingannati dalla ruota del tempo, testimone di un passato che non può più ritornare. Concludo con un sincero augurio a tutti voi di entrare nella comprensione che il mondo non è ‘realmente’ come ci appare, ma ha un misterioso segreto che deve essere ’svelato’. L’approccio ad una via spirituale autentica, che ci tolga le bende dagli occhi e ci mostri la vera faccia della realtà, è per tutti il miglior modo di arrivare a questa comprensione.  Ma ora ho ancora un ringraziamento da fare. Vada il mio *grazie*  al Circolo VV.TT. di Calcata, per aver  fatto parte del mio sentiero spirituale, che alla fine mi ha permesso in seguito di raggiungere questa comprensione.
SHANTI! 

Alberto Mengoni
http://www.centronirvana.it 

Risposta: 

Leggendo questa lettera di Alberto mi sono ricordato anch’io di tanti eventi trascorsi.
Il tempo passa per tutti… ma vedo che le nuove leve non mancano e sono fiducioso sul futuro dell’Umanità. Possiamo forse operare nel Dharma senza aspettarci risultati e godere allo stesso tempo delle opportunità che la vita ci offre… Ma questa è una mia visione, ed è risaputo che mi definisco un mezzo confuciano e mezzo taoista con inflessioni buddiste…. Rispetto le “scelte” di Alberto e lo ringrazio molto di aver, con questo suo intervento, arricchito il dialogo sulla Spiritualità Laica e su Calcata.

Paolo D’Arpini