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Reincarnazione o metempsicosi? Ricerca di Giovanna Lombardi sui bambini che ricordano le vite passate

Dal qualche decennio si sente parlare sempre più spesso di reincarnazione e, soprattutto, di ipnosi regressiva, cioè di un tipo particolare di psicoterapia che ci permetterebbe di andare a “vedere” le nostre vite passate.

Nonostante ci siano numerosi libri che raccolgono i casi di pazienti che ricordano le vite passate, non esiste tuttavia un metodo scientifico per poter valutare l’attendibilità dei loro racconti.  

Ma è forse ancora più difficile trovare una spiegazione quando sono bambini di pochi anni a ricordare spontaneamente la loro vita precedente. 
 

La storia di Cameron Macaulay

Nel 2007 suscitò  scalpore l’incredibile storia di Cameron, il bambino scozzese che a pochi anni ricordava sorprendenti dettagli di una vita precedente.

Cameron Macaulay vive con la madre Norma, separata, e un fratello maggiore a Clydebank, una città industriale vicino a Glasgow, in Scozia. A tre anni ha cominciato ad avere un comportamento strano: parlava sempre di persone che non aveva mai conosciuto e descriveva nei dettagli luoghi nei quali non era mai stato. A volte si spingeva oltre: diceva di essere cresciuto a Barra, un’isola sperduta a nord della Cornovaglia, a 300 chilometri dalla sua città, dove, naturalmente, non era mai stato prima. Ma soprattutto  nominava di continuo la sua «vecchia» famiglia, la «mamma e i fratelli di prima» e il vecchio padre di nome Shane Robertson, morto, secondo lui, in un incidente d’auto. Riusciva a descrivere la sua vecchia casa nei dettagli dicendo che era grande, bianca e affacciata su una baia di Barra, dalla quale diceva di sentire il rumore degli aerei che atterravano sulla spiaggia.

Spesso il bimbo si lamentava della sua casa di «adesso», dotata di un solo bagno mentre quella «di allora» ne aveva tre. Anche la sua famiglia attuale non gli andava tanto bene, perché viaggiava troppo poco rispetto a quella «di prima».  Per tre anni la mamma di Cameron e le maestre hanno ritenuto che i suoi racconti fossero frutto di fantasia.  Ma quando Cameron ha compiuto sei anni la situazione è precipitata: piangeva tutti i giorni perché voleva tornare dalla famiglia e dagli amici «di prima». Per risolvere la questione una volta per tutte, Norma pensò di  accompagnare suo figlio a Barra, certa che il bambino, una volta giunto sull’isola, avrebbe ammesso di essersi inventato tutto. Intanto la donna aveva saputo che una casa di produzione tv era alla ricerca di storie legate alla reincarnazione e così ha contattato la troupe, ha proposto il caso di suo figlio e insieme con loro ha deciso di girare un filmato sul viaggio a Barra. Al gruppo si è aggiunto anche un medico incuriosito dalla vicenda, Jim Tucker, direttore della clinica di Psichiatria infantile della Virginia University.

Una volta arrivato sull’isola, dopo aver visitato quasi tutte le case del posto, Cameron ha ritrovato la casa bianca, isolata e affacciata su una splendida baia di cui aveva tante volte parlato alla madre. Nei pressi della casa, inoltre, si è diretto a colpo sicuro verso un pertugio nascosto da cespugli: un’entrata segreta che non si sa come potesse conoscere, poiché dall’esterno era totalmente invisibile. Nel frattempo si era anche scoperto che in effetti una famiglia Robertson era esistita veramente su quell’isola e aveva abitato in quella casa, affacciata sulla baia di Cockleshell, proprio come descritto da Cameron. Tuttavia gli ultimi discendenti se n’erano andati da tempo. Ma di fronte d alcune foto della famiglia rintracciate sull’isola, il bambino ha riconosciuto il cane maculato e l’auto nera di cui parlava spesso!

Dunque Cameron Macaulay si è davvero reincarnato? 

Gli studi di Ian Stevenson

Il dottor Ian Stevenson, professore di psichiatria all’Università di Charlottesville, è il più famoso studioso della reincarnazione, e, soprattutto, è colui che ne ha ricercato le prove scientifiche. 

In più di trenta anni di ricerche ha analizzato circa 2000 casi di bambini che raccontavano spontaneamente la loro vita precedente.

Nel libro Bambini che ricordano altre vite Stevenson raccoglie alcuni interessanti casi, scegliendoli tra le culture di tutto il mondo. C’è ad esempio la storia dell’indiano Gobal Gupta, che a due anni cominciò a sostenere di essere appartenuto in passato ad una famiglia di una casta più alta dell’attuale, che viveva in una città a 160 chilometri di distanza da quella dei suoi genitori e che uno dei suoi fratelli gli aveva sparato uccidendolo: questi elementi sono stati puntualmente verificati. Oppure c’è il caso della srilankese Shamlinie Prema, che fin da prima che potesse parlare mostrava un totale rifiuto per l’acqua quando le volevano fare il bagno e che piangeva ogni volta che vedeva passare un autobus. Quando cominciò a parlare, la bambina raccontò che una mattina, all’età di undici anni, mentre andava a scuola, la strada era allagata e un autobus passando l’aveva schizzata facendola cadere in una risaia piena di acqua dove sarebbe morta affogata. I suoi genitori trovarono sui giornali locali questa storia esattamente come l’aveva riportata la figlia. 

In molti casi di reincarnazione si verificano addirittura predizioni fatte prima di morire dall’individuo che intende reincarnarsi o sogni premonitori  fatti da qualcuno che gli sta vicino.

In Birmania, ad esempio, una donna incinta sognò per ben tre volte un soldato giapponese a torso nudo e con i pantaloncini corti che le diceva che sarebbe andato a stare da lei e da suo marito. Suo figlio Ma Ting Aung Myo fin da piccolissimo aveva il terrore degli aeroplani.  Quando cominciò a parlare, raccontò di una vita precedente durante la Seconda Guerra Mondiale come soldato giapponese e ricordò di essere morto durante un’ incursione aerea. Descrisse anche come era vestito quando l’aereo bombardò il villaggio: era esattamente come il soldato che era comparso prima della sua nascita nei sogni della madre.

Ma la prova più forte della reincarnazione Stevenson l’ha rintracciata nel fatto che i bambini presentano voglie, malformazioni o segni di nascita che dopo un’accurata ricerca si rivelano perfettamente corrispondenti ai segni di morte, di solito violenta, di coloro che sostengono essere stati nella vita precedente. ( Il suo libro Le prove della reincarnazione, è addirittura corredato di foto a riguardo).

Un anziano pescatore dell’Alaska, ad esempio, disse a sua nipote che sarebbe rinato come suo figlio e le mostrò due cicatrici grazie alle quali lo avrebbe riconosciuto. Qualche tempo dopo la morte del nonno, la ragazza mise al mondo un bambino che riportava esattamente quelle cicatrici e che le cominciò a raccontare fin da molto piccolo la sua precedente vita come suo nonno.   
 

Alcune considerazioni

Ian Stevenson ha potuto rilevare come le testimonianze spontanee dei bambini che ricordano altre vite comincino non appena iniziano a parlare e arrivino fino a massimo gli 8 anni di vita,  quando i bambini finiscono per dimenticare i loro ricordi o almeno smettono di parlarne. 

L’intervallo medio tra la morte e la reincarnazione, invece, è di circa 15 mesi.

Molti  si chiederanno come sia possibile che si reincarnino sempre le stesse anime se la popolazione negli ultimi due secoli è cresciuta a dismisura.

Stevenson ipotizza che una stessa mente si possa reincarnare in più corpi e che molte menti che oggi abitano gli esseri umani in passato siano appartenute ad animali… In alcune epoche, inoltre, il tempo di attesa prima di incarnarsi potrebbe essere stato superore a quello della nostra.. 

Al di là  di questi delicati interrogativi ai quali è difficile dare una risposta, ci sembra tuttavia importante il tema della responsabilità legato alla reincarnazione, sul quale non pone l’accento solo Stevenson ma anche tutte le filosofie orientali che ci parlano della reincarnazione. Questa dottrina  presuppone che una persona possa godere in una vita futura degli sforzi che compie in questa o che possa subire le conseguenze delle cattive azioni commesse nel presente. Credere nella reincarnazione dovrebbe quindi spingerci a vivere in modo più consapevole e responsabile ogni singolo momento della nostra vita.  

Riguardo ai sorprendenti casi dei bambini che ricordano le altre vite, ci viene da pensare che, prima di chiedere ai nostri figli “cosa farai da grande?”, dovremmo forse chiedere loro “cosa facevi prima di nascere”? 
 
Giovanna Lombardi

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“Esistono le vite precedenti?” – Una ricerca laico-scientifica sul fenomeno della reincarnazione o metempsicosi – A cura di Giovanna Lombardi

A chiunque di noi sarà capitato qualche volta di vedere una persona sconosciuta o entrare in un posto mai visto e avere la sensazione di conoscerli già. Si tratta del così detto déjà vu. Chi crede nelle vite passate non può fare a meno di chiedersi se quella persona o quel luogo appartengano a una vita precedente.

Questa idea appare bizzarra a noi occidentali, che siamo tanto razionali e tanto legati a questa nostra vita terrena dopo la quale, al massimo, ci potrà essere ad aspettarci solo il Regno dei cieli.. Nelle filosofie orientali, invece, la reincarnazione è comunemente accettata.  Ci si reincarna migliaia di volte, a seconda del karma, – cioè delle azioni compiute nelle vite precedenti, che determinano le vite successive-  fino all’illuminazione, stadio in cui non ci si reincarna più e ci si unisce al Tutto o ci si incarna per aiutare gli altri. 

L’ipnosi regressiva

L’ipnosi regressiva è uno strumento usato comunemente dalla psicoterapia per far riaffiorare dallinconscio ricordi, eventi o traumi dell’infanzia o del passato che influenzano la vita presente di un paziente e gli provocano dei problemi psicologici.

Tuttavia la normale ipnosi regressiva ha cominciato ad assumere connotati inquietanti quando sotto ipnosi alcuni pazienti hanno cominciato a descrivere situazioni collocabili in epoche e luoghi del tutto slegati dalla loro vita presente. Il caso più frequente è quello di pazienti che cominciano inaspettatamente a parlare lingue che in realtà non conoscono o che descrivono nei dettagli luoghi in cui non sono mai stati. A volte i pazienti rivivono sotto ipnosi la propria morte e spesso è a causa di una morte particolarmente violenta (soffocamento, annegamento, sepoltura da vivi, etc) che le persone si portano dietro fobie o dolori fisici altrimenti inspiegabili e fino al momento dell’ipnosi inguaribili.  

Brian Weiss, il più famoso sostenitore dell’ ipnosi regressiva a livello mondiale, nel suo libro Molte vite molti maestri racconta ad esempio la storia di Cathrine, una sua paziente affetta da depressione e attacchi di panico, che durante le sue regressioni ha raccontato i particolari di incredibili vite come quella nei panni di una sacerdotessa nell’antico Egitto, quella nell’identità di Aronda, morta durante un’immane inondazione circa 2000 anni prima di Cristo o quella nelle spoglie di un giovane guerriero trafitto alla gola da un nemico nel 1400.

Il dottor Weiss ha assistito alla completa guarigione di Cathrine proprio grazie al riaffiorare di questi ricordi. Le sue fobie, ad esempio, derivavano dai traumi legati alle morti violente.

Da allora, cioè dal lontano 1980, di ipnosi regressive nelle vite passate il dottor Weiss ne ha condotte molte e ha scritto tanti libri sull’argomento. Uno di questi, dal titolo Lo specchio del tempo ha allegato un cd che guida verso l’autoipnosi. Weiss sostiene infatti che ciascuno di noi dovrebbe imparare ad esplorare le vite passate per andare a cercare le cause dei conflitti attuali  e risolvere molti dei propri disturbi fisici ed emozionali (chi scrive questo articolo, invece, sconsiglia vivamente l’ipnosi regressiva “fai da te”).

In Italia la regressione nelle vite passate si pratica da pochi anni. E’ nata solo nel 2005 l’AIIRE, cioè l’Associazione Italiana Ipnosi Regressiva, il cui presidente è il dottor Angelo Bona, una sorta di Brian Weiss italiano.    

I messaggi

Nel corso delle sedute di ipnosi regressiva spesso gli psicoterapeuti si imbattono nei cosiddetti “messaggi dei maestri”, cioè in anime altamente evolute che attraverso i pazienti si mettono in contatto con loro per dare delle piccole lezioni sulla vita. I maestri ci dicono ad esempio che la Terra è un pianeta-scuola in cui si reincarnano le anime che si devono purificare. E’ proprio la legge del karma di cui da millenni ci parlano le filosofie orientali a regolare le reincarnazioni: in ogni vita noi mettiamo delle cause di cui raccoglieremo inevitabilmente gli effetti, in parte nella vita stessa e in parte nelle vite successive. La responsabilità dei nostri problemi è dunque solamente nostra e in noi risiede anche la possibilità di capire dove sbagliamo e cambiare il nostro comportamento. Acquisendo coscienza di questo ordinamento causale, dice Brian Weiss, si smette di sentirci vittime degli altri o incapaci di cambiare le cose e “si comprende che la vita non ha un senso punitivo ma educativo”.

I maestri ci dicono anche che vita dopo vita possiamo incontrare nuovamente sia le persone a cui siamo più legati che quelle con le quali abbiamo delle difficoltà di relazione: ciascuno di noi farebbe parte infatti di una famiglia di anime, e incontrerebbe le stesse anime (anche se cambierebbero continuamente i sessi e i rispettivi ruoli) finché non riuscirà a sciogliere i relativi nodi karmici.    

Le teorie

Ma cosa ne pensa la comunità  scientifica? Esistono veramente le vite passate o no?

Le teorie finora elaborate per spiegare ciò che può accadere durante una seduta di ipnosi regressiva sono sette e meritano di essere ricordate tutte (fonte: dottor Chisotti Marco):  

1) Teoria della fabulazione cosciente: ritiene che il racconto del soggetto ipnotizzato corrisponda a un sogno guidato. Quando costui racconta all’ipnotista una storia di vita, non serve indagare se è vera o falsa, ma usarla con buona fede per aiutarlo; essa deve solo essere coerente.

2) Teoria delle personalità multiple: spiega che le visioni in regressiva non sono altro che prodotti di atteggiamenti schizofrenici o quasi, cioè appartenenti a parti scisse dell’Io.

3) Teoria della giustificazione e motivazione, valore simbolico o soluzione di un problema di vita attuale: ritiene che gli episodi emersi in regressiva servono per soddisfare il bisogno del soggetto di trovare una giustificazione per il suo problema, che se non è già stata individuata nel presente viene pertanto estrapolata dal passato.. Questa teoria spiegherebbe perché certe persone che conducono una vita amena e spiacevole, in regressione si vedono come persone ricche e importanti; semplicemente per compensazione psicologica.

4) Teoria della gelificazione dei ricordi di chi si è stati: si basa sulla teoria dei memi e spiega che durante la regressione si otterrebbero elementi ereditari di natura mnemonica riguardo esperienze passate. Quest’ottica serve per creare connessioni logiche tra la storia del cliente e quella di altri suoi familiari (se non coi genitori magari con nonni o bisnonni, coi quali riconoscersi), che venga supportata scientificamente.

5) Teoria degli universi paralleli: ritiene che in regressiva possano emergere ricordi che appartengano al proprio doppio esistente in un universo parallelo (che non è un altro universo esterno a questo). Questa teoria può essere utile per disidentificare il soggetto con ciò che ha “ricordato”, però per fargliela accettare ci vuole un po’ di tempo.

6) Teoria della reincarnazione: ritiene che in regressiva possano emergere ricordi di una propria vita passata, e che quindi tramite essi si possano sbloccare traumi “karmici” che hanno riversato il loro influsso negativo sulla vita attuale.

7) Teoria del ricordo collettivo: spiega che in regressiva possono emergere memorie provenienti dall’inconscio collettivo. Se provengono da una collettività diversa dalla propria, la spiegazione può rimanere plausibile in base alla teoria dei campi morfogenetici.  

L’ipnosi progressiva

La più  moderna tecnica di ipnosi non si sposta più indietro sulla linea del tempo, ma va in avanti. Si chiama, appunto ipnosi progressiva. Non si tratta tuttavia di andare a vedere veramente ciò che sarà, quanto piuttosto di un viaggio che la nostra parte creativa fa per fissare degli obiettivi o per provare a risolvere problemi che nel presente risultano ingestibili. Di questo viaggio creativo e “costruttivista” al risveglio rimane nella mente del paziente un ricordo che lo arricchisce e lo rende più forte: se infatti è riuscito a cambiare il presente sotto ipnosi, grazie alla guida dello psicoterapeuta, ha fiducia di avere le risorse per cambiarlo anche nella realtà..  

Così  si esprime a riguardo il dottor Marco Chisotti, uno dei migliori ipnologi a livello europeo, e pioniere dell’ipnosi progressiva:il principio su cui si basa l’ipnosi è la costruzione nell’individuo di una stato mentale funzionale all’obbiettivo che si desidera raggiungere. La vera portata del lavoro con la trance ipnotica è proprio questo, utilizzare lo stato mentale permettendo alla persona di cambiare le proprie abitudini, credenze, convinzioni, apprendendo con facilità un nuovo modo di comportarsi, pensare, vivere le proprie emozioni, e questo è reso accessibile con  
l’uso dell’ipnosi e degli stati mentali connessi.”

Con le parole del dottor Chisotti ci tornano i dubbi: i pazienti ricordano veramente le vite passate o se le inventano?

E’ difficile dare una risposta definitiva a questo quesito.  E’ plausibile che sia il nostro emisfero destro del cervello, la nostra parte creativa, a inventare e creare connessioni tra una presunta vita passata e la nostra vita presente.

Tuttavia cosa dobbiamo pensare quando a raccontare le proprie vite passate sono dei bambini di due o tre anni? Che dire ad esempio del piccolo Cameron Macaulay che fin da quando ha cominciato a parlare diceva di aver già vissuto una vita nella lontana isola di Barra e che quando ci è stato portato ha ritrovato tutti i particolari che aveva descritto?  

Approfondiremo nel prossimo articolo i bambini che ricordano le vite passate.  

Giovanna Lombardi

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Anime fragili, memoria di Alda Merini rievocata dolcemente da Angela Braghin: “Alda era nata il 21 marzo…”

Ruba a qualcuno la tua forsennata stanchezza
o gemma che trapassi il suono
col tuo respiro l’ombra che sta ferma
di fronte ad un porto di paura
quel trascendere il mito
come se fosse forzatamente azzurro
o chi senza abbandono
che non sanno che il pianto dei poeti
è solo canto.
Canto rubato al vecchio del portone
rubato al remo del rematore
alla ruota dell’ultimo carro
o pianto di ginestra
dove fioriva l’amatore immoto  dalle turbe angosciose di declino
io sono l’acqua che si genuflette
davanti alla montagna del tuo amore. 

Alda Merini

…………….

Alda era nata il 21 marzo.

Era arrivata con la primavera, accompagnata dal risveglio della Natura e dei sensi.

Aveva deciso di incarnarsi proprio il giorno in cui il Sole esce dal misticismo del segno dei Pesci per risvegliarsi anche lui, battagliero e fiero, nel segno dell’Ariete.

“A me piacciono molto l’isolamento e la meditazione, prerogative che mi sembrano del segno dei Pesci; dell’Ariete ho, credo, una certa aggressività però mai fine a se stessa, sempre indirizzata a uno scopo, come quando in passato mi sono trovata a dover difendere con le unghie e con i denti le mie figlie dalle assistenti sociali che me le portavano via mentre io facevo dentro e fuori dal manicomio…”

Queste sue parole, tratte da una recente intervista, sono la fotografia che la sua “Anima fragile” le aveva scattato. In un “momento” intimo ed intenso, durante l’eterno dialogo interiore, Alda, parlando al ”proprio Sé” parlava a noi tutti, “Anime fragili”….

Il senso intimo dell’accoglienza materna si ritrova nei suoi pensieri: ” ….Ci tengo a dire che adoro i peccatori e adoro i santi che sono stati peccatori….”

Alda aveva una carezza da dare, un’emozione da regalare, un’indulgente preghiera da recitare… per noi tutti, “Anime fragili”….

Viveva nel passato, viveva nel futuro, viveva “un presente incerto”, Alda, in compagnia del marito che aveva abbandonato il corpo prima di lei, che continuava però a stare al suo fianco.

“Prima di staccarsi dal mondo le Anime ci impiegano un po’, si vede che mio marito non ce l’ha fatta del tutto ad andarsene….. Io credo alla reincarnazione, per esempio a me è capitato più volte di visitare dei luoghi come le ex prigioni del Castello Sforzesco di Milano e di vedere alcuni avvenimenti del passato che si sono svolti lì.  E anch’io ero dentro a quelle immagini, come fosse un passato appartenuto anche a me…”

Alda si affidava ad altre “vie” ; quelle meno battute, nascoste ai più ma note a tutte le altre “Anime fragili” che non si accontentano di “esistere in Terra” ma avvertono la “spontanea nostalgia del Cielo” cui guardano fiduciosi ed eternamente innamorati.

Credeva sinceramente nel mistico simbolismo dei Tarocchi: “Ah! Come sono belli i Tarocchi! Io sono affascinata dai loro disegni, spesso me li faccio leggere, mi sono sempre piaciuti. Una volta ne avevo un mazzo anch’io….”

E così, la poetessa considerata una delle più importanti autrici del 900, si lasciava trascinare dalla corrente magica dell’intuito e dell’irrazionale, senza timore di esplorare un “mondo invisibile e parallelo” del quale non aveva bisogno di averne una chiara visione, le bastava ancora una volta l’intuito, quell’intuito che conoscono bene tutte le “Anime Fragili”

” …. Credo che sia inimmaginabile, la stasi non piace a nessuno… La stasi, l’inerzia, è nulla. E solo il moto è tutto.”

E hai deciso di andartene, Alda!

L’unico vero ringraziamento che noi “Anime Fragili” rimaste qui possiamo fare a te, è quello di riconoscerci nel tuo misticismo, nel tuo coraggio, nella tua libertà di donna e di poetessa.

Non ci hai lasciati soli, non ci hai abbandonato alle nostre fragilità!

Ci continui ad accompagnare sempre, in questo incessante e spontaneo movimento, in questa “realtà fatta da santi e peccatori” che continuano a fotografarsi ma che grazie ai tuoi “regali poetici” possono farlo senza maschere né trucchi. Grazie Alda, grazie “poetessa di tutte le Anime Fragili”.

Angela Braghin

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In che modo conobbi Shirdi Sai Baba !? – Avvenne nell’atmosfera assolutamente non-duale di Jillellamudi alla presenza di Anasuya Devi

Nel 1918   Shirdi Sai Baba, il santo che univa tutte le fedi e compiva mille prodigi, lasciava il corpo mortale, cinque anni dopo nel 1923 nasceva Amma Anasuya Devi. Padre (baba) e madre (amma). La peculiarità di questi due grandi esseri fu che sin dalla nascita manifestarono la perfezione. Sai Baba era un Nitya Siddha (eternamente perfetto) ed Amma l’incarnazione della Madre Universale. Il primo non lo incontrai mai fisicamente (per ovvi motivi) mentre la seconda ebbi la grande fortuna non solo di incontrarla ma di trascorrere assieme a lei vari anni, diluiti nel tempo, di beata ed amorosa convivenza. Accadde durante quelle permanenze a Jillellamudi che, avvolto nello spirito della Madre, potei comprendere appieno il significato del messaggio del Baba di Shirdi e di altri santi e maestri realmente e fisicamente visti, come ad esempio Nisargadatta Maharaj o Uppaluri Gopala Krishnamurti.

Le lunghe giornate trascorse nella vicinanza ispiratrice di Amma mi permisero di far conoscenza, indirettamente, alcuni grandi santi del passato, come Ramakrishna Paramahansa (quante lacrime versai sul Gospel of Sri Ramakrishna by M.), e come il santo di Shirdi, di cui bevvi gli insegnamenti nel libro Sai Satcharita (in esso si raccontano aneddoti e dialoghi tenuti durante la sua vita). Purtroppo sia il Gospel di Ramakrishna sia il Satcharita di Sai Baba non sono stati tradotti integralmente (e nemmeno parzialmente). Del primo esiste una rassegna accorpata per argomenti della Ubaldini Editore (che ha perso molto dello spirito narrativo dell’originale) e del secondo abbiamo solo fuggevoli referenze su un breve testo biografico scritto da Arthur Osborne (tradotto anche in italiano da Il Punto d’Incontro). Peccato! Ma almeno posso dire che la lettura di quei volumi fu per me illuminante e fonte di riflessione, allora e successivamente di ritorno a Roma od a Calcata.

Dovete sapere che sia Amma che Sai Baba piacevano ai membri di tutte le religioni, anche ai cristiani ed ai maomettani, questo perché –a parte l’innegabile potere da essi emanato, non insegnavano in termini contradditori a quelle religioni, soprattutto in merito alla cosiddetta teoria della reincarnazione. Amma era particolarmente indifferente a tale teoria, diceva che è l’energia divina (Shakti) che da ad ognuno il proprio destino e che noi non siamo responsabili e non dobbiamo perciò sentirci in colpa. Lei affermava che il senso di “libero arbitrio” è solo una componente che consente il compimento di quanto ci è affidato dal destino, similmente fece Shirdi Sai Baba, che era “musulmano” (non nel senso “classico” ovviamente) e visse in una moschea per tutta la vita. Per entrambi anche gli insegnamenti più sublimi contenuti nei testi sacri, erano solo una “forma di ignoranza per cancellare un’altra ignoranza”, così si espresse Sai Baba commentando un verso della Bhagavadgita. Tra l’altro ora ricordo un’altra cosa detta da Sai Baba al proposito di come si produce l’accumulo di “vasanas” le tendenze mentali che proiettate causano nuove “incarnazioni”, ovvero attraverso lo “stato d’animo” nel quale l’azione viene compiuta .

Qui voglio fare un inciso anche sulla visione buddista della “reincarnazione” che è intesa non in senso egoico –appartenente cioè allo stesso agente, il quale è in verità considerato irreale- ma come maturazione di processi mentali inespressi che cercano un compimento e procurano una forma “di continuità” manifestativa nella materia.

Ma è nella Bhagavadgita che stasera ho trovato alcune frasi molto esplicative sull’argomento, ovvero sul significato dell’agire nel mondo e della formazione del karma. Ovviamente le ho lette, come dicevano Amma e Sai Baba, nella comprensione che è un’ignoranza (mascherata da conoscenza) per cancellare altra ignoranza (che chiamiamo conoscenza empirica) “, eppure me le sono tradotte (gli originali sono in sanscrito ed in inglese) e rielaborate anche alla luce degli eventi vissuti e della mia comprensione odierna.

Sì, perché oggi, come ogni altra domenica, mi sono recato alla Stanzetta del Pastore, a compiere il mio “dovere”, ovvero ad aspettare qualche visitatore che desiderasse conoscere gli archetipi e gli elementi del sistema cinese ed indiano (da me integrato in un “unicum”) attraverso la lettura della mano (con retribuzione ad offerta volontaria). Svolgo questo mestiere in quanto è una cosa che so far bene e con perizia e per sentire che “ho fatto il possibile per guadagnarmi da vivere” (avendo espletato un compito nel mondo), ed anche perché ritengo (direi con arroganza “altruisticamente”) che questa forma di “conoscenza” possa essere utile alle persone che desiderano approfondire la visione interiore, del loro mondo psichico.

Non è entrato nessuno, solo alcuni curiosi si sono fermati davanti alla porta a leggere e commentare i foglietti attaccati ed a scattare fotografie dell’ambiente esterno della stanzetta, alquanto caratteristico e “magico” (così ha detto qualcuno). Non fa nulla, anzi meglio, così ho potuto lavorare sulla traduzione del testo che segue.

Paolo D’Arpini

Dalla Bhagavadgita:

Strofa 27.

Ogni azione viene compiuta dalla natura, per mezzo dei suoi modi (guna – stimoli, qualità). L’uomo illuso confuso dal suo egoismo afferma: “Sono io che agisco”.

Strofa 28.

Colui che vede nei rispettivi modi della natura (e nelle conseguenze) comprende che tali pulsioni (causate da memoria e da tendenze ataviche) agiscono attraverso gli organi interni (i sensi e la mente) verso quelli esterni (i nomi e le forme). Egli però non si identifica con quell’agire, oh Arjuna!

Strofa 29.

Ma colui che è illuso dalle pulsioni naturali rimane nell’errore di essere egli stesso a compiere l’azione (di propria libera scelta) e non serve a nulla confondergli la mente (trasmettendogli questa conoscenza).

Strofa 30.

Perciò, dedicando ogni azione al Sé (Atman – l’Io presente in tutti gli esseri) libero da intenzioni e speranze e dal senso di possesso, curata la febbre mentale, combatti oh Arjuna!

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……..quell’incontro a Roma con Karmapa, il discendente di Milarepa.

category Poems and Reflections ilaria 14 ottobre 2008

Oggi sembra normale  parlare di buddismo tibetano, le  frequenti visite del Dalai Lama, i numerosi libri scritti sulla spiritualità del Tetto del Mondo e la recente rivolta in Tibet, hanno contribuito enormemente a pubblicizzare un sistema di pensiero che sino a trent’anni fa era riservato a pochi studiosi, e di cui  le vestigia “ammuffivano” nelle sale dell’Ismeo (Istituto per il medio ed estremo oriente) di via Merulana o nella libreria esoterica di Rotondi (sempre in Via Merulana). Ci fu però un’occasione, che voglio qui ricordare, in cui improvvisamente quella antica conoscenza venne alla luce… Lo spiraglio sul mistero, l’aurora della trasmissione eclissata risorse durante la visita in Italia di un  gran santo, l’erede spirituale nella linea di Milarepa (ricordate il film della Cavani?). Questo santo si chiama Karmapa ed è una “manifestazione” come lo è il Dalai Lama, solo che Karmapa è il simbolo di  un grande potere spirituale  e non politico.

Sentii parlare di Karmapa (incarnazione riconosciuta  del mistico  Milarepa)  in India, allorché visitò l’ashram di Muktananda. Il suo carisma spirituale era molto forte ed affascinò -sembra- non pochi ashramiti occidentali lì residenti. Personalmente invece lo conobbi  un anno più tardi a Roma (credo nel 1974)  accadde quasi per caso,  egli era in visita ed ospite dell’ambasciatore indiano in Italia, che  risiedeva in una villa all’Olgiata, sulla via Cassia. Qualche amico (od amica) del giro sincretico mi invitò a partecipare ad un incontro ufficiale a cui sarebbe seguito  un rinfresco vegetariano.

Avevo  letto  la vita di Milarepa, che viveva di sola ortica in mezzo ai monti, e l’avevo trovata avventurosa, piena di alti e bassi, affascinante e protesa  inflessibilmente  verso l’affrancamento, verso la totale libertà dall’io.

Certo, mi interessava conoscere il suo diretto successore ed accettai prontamente l’invito. Il satsang (dialogo con un saggio) era alquanto informale, Karmapa sedeva su una poltroncina leggermente elevata, vicino a lui c’erano l’ambasciatore ed altre persone di riguardo. Vestito d’indaco, con l’aria sorniona ed un po’ ironica, il santo dei “Berretti Rossi” dominava la sala con la sua energia. 

Circolava una storia su di lui, pare che durante la permanenza a Roma avesse visitato un negozio di uccelli acquistando alcuni volatili lì prigionieri ma non per restituirli al cielo bensì per liberarli definitivamente dalla gabbia della vita. Non so se questa storia fosse vera ma spesso avevo sentito parlare degli strani comportamenti di certi lama tibetani,  fra cui alcuni non sono vegetariani e seguono misteriose pratiche  tantriche.  Insomma, pare che gli uccelli “prigionieri di un brutto karma (destino)” fossero stati liberati dal Karmapa nello stesso modo in cui l’avatar Krishna “liberò” i demoni ed i Kaurava (opponenti dei Pandava nel Mahabarata) cioè uccidendoli.  Comunque sia il discorso durante il satsang andò spontaneamente  sull’argomento del destino e sulla reincarnazione. In particolare vi fu un dialogo con un anziano diplomatico italiano, che evidentemente conosceva la cultura tibetana,  egli sembrava sinceramente interessato all’argomento. Poneva insistentemente domande riguardanti qualche sua esperienza,  e voleva  che gli fossero svelati i segreti della rinascita,  ma Karmapa nicchiava e scherniva dicendo che certe  cose non si possono capire razionalmente. Il diplomatico sembrava  a disagio mentre il Karmapa allegramente ed affettuosamente gli batteva una mano sulla spalla, come volesse tener calmo un bambino irrequieto.  L’anziano signore  era evidentemente imbarazzato, forse offeso,  rosso in viso ed  emozionalmente a disagio, stava per scoppiare in una crisi isterica ed in effetti pianse, ma quando alzò lo sguardo incontrando quello di Karmapa che rideva, anch’egli si illuminò in volto, come se veramente tutto ciò non avesse importanza. L’atmosfera attorno era molto carica, piena di energia spirituale.

Io ero rimasto per tutto il tempo in piedi, appoggiato ad una parete,  e non perdevo nulla di quel che accadeva, intuitivamente percepivo che c’era un messaggio.

Terminato l’incontro Karmapa si alzò e si diresse verso il lato della sala, dov’ero stazionato,  lì c’era un passaggio fra le sedie che conduce al salone ove si sarebbe tenuto il rinfresco.  In quel momento egli stava transitando proprio davanti a me,  quasi ci toccavamo,  allorché senza alcuna ragione apparente egli si voltò verso di me e mi guardò fisso negli occhi. Sentii il mio io esplodere,  la mia mente rovesciata come una saccoccia, quel che c’era venne fuori, ero nudo, totalmente nudo. Provai un’espansione di coscienza incredibile, non vi erano dubbi o segreti,  solo lucida consapevolezza, vuoto pieno.

Quel “gesto” dirompente ed inaspettato che Karmapa aveva compiuto (ma perché proprio a me?)  mi aveva spogliato di ogni maschera, l’io solo un fantasma. Uno shock forse troppo forte per un “apprendista” come me e dopo i primi attimi di totale apertura, mentre lui si gira e continua a camminare con indifferenza,  cominciai a sentire le maglie dell’ego che tesseva ancora la sua tela.  Mi scoprii a  sospettare  che Karmapa avesse  “violato la mia privacy” e sentii  l’io   ricostruire la gabbia della  schiavitù. Provavo rabbia verso Karmapa ed anche verso la mia stupidità, l’impotenza l’incapacità di essere libero, senza  bisogni aggiunti, senza orpelli…. (e l’analogia con gli uccelli mi viene spontanea).

Chiaramente in quel subbuglio mentale non ebbi la forza di  fermarmi al rinfresco -gentilmente offerto- e me ne andai sconvolto, eccitato,  ridanciano.

Sapete una cosa,  mentre scrivevo la bozza di questo racconto, un pomeriggio festivo a Calcata, mi è passato davanti  un satanasso disperato, aveva negli occhi  quella stessa rabbia e quello stesso ghigno infame…. L’ego è un gran farabutto!

Paolo D’Arpini