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“Montalto di Castro: …a volte ritornano…” – In Italia si apre la stagione dei conflitti, dove mettere le centrali nucleari e le scorie radioattive…?
Già ho espresso il mio parere in merito al ritorno del nucleare a Montalto di Castro…
Ma credo che stavolta Silvio Berlusconi troverà tante difficoltà ad utilizzare quel sito, a cominciare dai segreti diktat del Vaticano che non vuole alle porte di Roma una bomba ad orologeria, sino alle indicazioni dei Servizi che vedono una centrale nucleare vicina alla capitale come un possibile target del terrorismo internazionale. Quindi il sito che sarebbe il più “logico”, essendoci già una struttura pronta che sta lì in attesa da tempo per “tornare in uso”, in realtà diventa il posto meno indicato per installarvi uno dei nuovi impianti ad uranio. Perciò le scelte governative si restringono –giocoforza- alle regioni meridionali o più periferiche: Termini Imerese, Puglia, Caorso…?
Intanto vediamo che in prossimità delle prossime amministrative di marzo, tutti i candidati governatori sia di destra che di sinistra, affermano di essere contrari all’installazione di impianti nucleari… e lo fanno con varie motivazioni…
Ad esempio la Polverini (Renata), aspirante presidente del Lazio per il PDL, afferma di essere d’accordo con le scelte governative sul nucleare ma di ritenere che il Lazio non abbisogni di nuove centrali, essendoci già Montalto di Castro e Civitavecchia (funzionanti a poli-combustibile e carbone e che tra l’altro assieme sono il polo energetico più potente d’Europa). Certo questa affermazione sembra un po’ strumentale… si capisce che il nucleare farebbe perdere voti… ed allora perché il governo insiste su tale scelta scellerata? Semplice… questo governo ha bisogno di creare movimento economico e la costruzione di nuovi impianti metterebbe in moto tutta una serie di industrie…(diciamo anche mafie) e poco importa che il risultato finale, dal punto di vista della produzione energetica, sarebbe “nihil” in quanto già si sa che l’uranio sta per finire (come il petrolio) e che inoltre non sapremmo dove sistemare le scorie radioattive (avendo anche gli USA posto un diniego..). Quel movimento economico attivato dal governo sarebbe sterile e di breve durata e lascerebbe una scia di macerie e distruzioni tale da sancire la definitiva bancarotta dell’Italia.
Le stesse risorse economiche investite inutilmente sul nucleare potrebbero creare una rete infrastrutturale efficiente per la produzione energetica pulita e per il riciclaggio delle materie prime di scarto (i famosi RSU che ora finiscono negli inceneritori o nelle discariche, invece di creare ricchezza e lavoro per una vera ripresa sociale, economica ed ecologica..). Ma questo governo è cieco e sordo, questo governo non è un governo ma una lobby affaristica privata.
Ma: “La verità prima o poi viene a galla…” (Saul Arpino)
Paolo D’Arpini
Altri articoli sullo stesso tema:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=uranio
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Passo ora ad un intervento “tecnico” ricevuto da Giorgio Nebbia sullo stesso tema:
Il decreto governativo che avvia (vorrebbe avviare) la costruzione delle quattro centrali nucleari che tanto stanno a cuore al potere economico e finanziario, è destinato ad innescare una lunga stagione di conflitti, simili a quelli che negli anni settanta e ottanta hanno affossato l’altro programma nucleare del governo di allora.
Tanto per cominciare il governo dovrebbe trovare qualche posto, forse un paio di posti, in cui mettere le centrali e in Italia non c’è nessun luogo adatto, sulla base dei parametri che il decreto dice che dovranno essere presi in considerazione.
Un luogo che abbia a disposizione grandi quantità di acqua di raffreddamento delle turbine, in cui non venga alterata la biodiversità, in condizioni geologiche e geofisiche in grado di sostenere l’impatto di grandi strutture come quelle delle centrali nucleari con reattori del tipo EPR3, di progetto e costruzione francese; un luogo in cui non esistano rilevanti presenze paesaggistiche e storico-architettoni che, di facile accessibilità, distante da aree abitate e da infrastrutture di trasporti, in cui sia accessibile il collegamento alla rete elettrica nazionale e lontano da rischi potenziali di attività umane.
Un insediamento nel sito di cui si parla maggiormente, quello di Montalto di Castro, accanto alla centrale termoelettrica a carbone da 2400 megawatt, potrebbe usare per il raffreddamento l’acqua del mare in cui peraltro già arrivano le acque calde rigettate dalla centrale a carbone, ma il sito è a ridosso della linea ferroviaria e della statale Aurelia, le due grandi vie di comunicazione che collegano il Sud d’Italia con il Nord e la Francia; l’aria di Montalto è già inquinata dai fumi del carbone e tutto intorno sono sorti insediamenti turistici. Nei mesi scorsi il governo, come cortina fumogena, ha fatto mettere in circolazione vari nomi di altre località in cui potrebbero essere insediate le centrali, da Termini Imerese, al delta del Po, dalla Puglia al Molise a Caorso, dove, nella golena del Po, giace la vecchia centrale nucleare abbandonata. Un attento esame mostra che nessun luogo in Italia è adatto come sito per una centrale nucleare secondo le norme di sicurezza internazionali. Il governo, che con un’altra legge ha deciso di insediare le centrali nucleari scavalcando gli enti locali, cercherà forse di utilizzare terre demaniali o militarizzate, ma anche così, per far passare il milione di tonnellate di cemento, acciaio, macchinari, cariche di combustibile nucleare e cantieri, finirebbe per scontarsi con vincoli territoriali e diritti umani. E i diritti umani non saranno facilmente soffocati neanche con l’intervento delle forze armate.
Ancora peggiore è la situazione per quanto riguarda la sistemazione dei residui delle attività nucleari, dei materiali altamente radioattivi già accumulati durante la prima sciagurata avventura nucleare italiana e di quelli che nuove centrali produrrebbero in continuazione e per decenni in futuro. Da decenni in tutto il mondo i vari paesi cercano una sepoltura sicura per le scorie radioattive che debbono essere tenute lontano dalle acque e da qualsiasi forma di vita, in cimiteri che dovrebbero essere sicuri e inaccessibili per migliaia e diecine di migliaia di anni. Proprio di recente le due più “favorite” proposte di depositi sotterranei di scorie nucleari, quella nella montagna di Yucca Mountain nel Nevada, negli Stati Uniti, e quella nei giacimenti sotterranei di sale di Gorleben in Germania, sono state abbandonate dai rispettivi governi perché considerate inaffidabili. E così i milioni di tonnellate di scorie radioattive restano sparse nel mondo, in Inghilterra, e negli Stati Uniti, in Francia e Giappone, in Russia e Cina — e in Italia, una condanna per le generazioni future che dovranno fare la guardia a questi depositi per tempi lunghissimi; quando saranno passati tanti secoli quanti quelli che ci separano dai tempi dei Faraoni, molte scorie radioattive, prodotte dalle attività militari e dalle centrali commerciali nel mondo, avranno ancora il 70 percento della radioattività odierna. E in queste condizioni volete continuare a moltiplicare le centrali nucleari e proprio in Italia e proprio quando altri paesi nucleari si stanno disimpegnando dall’avventura in cui si sono impantanati anni fa ?
Le società industriali e quelle che si stanno avviando sulla via della modernità avranno bisogno di energia, ma per fare che cosa ? di elettricità per far funzionare quali macchine e dispositivi ? per produrre quali merci ? Per motivi ecologici e geopolitica è certo necessario utilizzare di meno le fonti combustibili fossili: carbone, petrolio, gas naturale; la soluzione però deve essere cercata non certo nell’energia nucleare, ma nella revisione dei cicli produttivi e dei consumi, nell’uso delle fonti di energia rinnovabili tutte derivate, direttamente e indirettamente, dal Sole: l’unico reattore nucleare accettabile, alla distanza di sicurezza di 150 milioni di chilometri, che trattiene al suo interno le sue scorie radioattive e che funziona senza incidenti inviandoci tutta l’energia ci cui abbiamo bisogno per sempre. L’enorme quantità di soldi che dovrebbero essere investiti in un programma di centrali nucleari consentirebbe, in alternativa, reali progressi nell’utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili che assicurano, loro sì, lavoro, ed energia pulita disponibili ogni anno, indipendenti dalle importazioni di materie o di tecnologie. Le centrali nucleari appaiono così il volto più vistoso della megamacchina di cui parlava Lewis Mumford nel 1970, la struttura tecnologica con cui il potere economico manifesta la sua violenza contro le popolazioni e l’ambiente.
Giorgio Nebbia