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Calcata: come produrre energia da fonti rinnovabili senza distruggere l’habitat? – Cappello introduttivo per il convegno del 13 marzo 2010 su “Energia pulita in chiave sostenibile”

Voglio iniziare questa breve analisi ricordando l’avvio, il 30 luglio 2008  a Torre Valdaliga nord (Civitavecchia), della riconversione della centrale ad olio combustibile sostituito dal cosiddetto “carbone pulito” (scusate l’eufemismo). Da notare che quest’impianto, ora crudamente contestato,  fu voluto dal governo Prodi e votato dalle stesse forze (verdi, comunisti, etc) che ora montano la protesta.

Ma qui debbo dire che capisco perfettamente i cittadini dell’alto Lazio che si vedono inquinare (senza vantaggi di ritorno) per scelte non loro, come capisco le proteste degli abitanti dell’arco alpino che  vivono a ridosso delle centrali nucleari Francesi. Noi compriamo energia elettrica dalla Francia ma le loro centrali sono  ai confini con l’Italia (che al presente è ancora un paese denuclearizzato). Queste incongruenze della povera Italia hanno una storia lunga   dietro….  La storia inizia con il “boom” economico del dopoguerra, con la creazione dell’Eni e con la scomparsa  (uccisione?) di Mattei il suo presidente battagliero che si era messo in testa di rendere il nostro paese “autonomo” dal punto di vista energetico. L’autonomia dello Stivale non è mai piaciuta  alle Grandi Potenze, l’Italia poteva anche sviluppare una sua economia industriale purché restasse succube e ricattabile. Vedi ad esempio, una cosa che può sembrare banale, la sostituzione della canapa (che per legge fu proibita dal trattato di pace con gli USA) per poter introdurre il nylon e le fibre sintetiche.  Ma andiamo per ordine. 

Il nostro Paese sino alla fine degli agli anni ’50 ed in parte ‘60 del secolo scorso ricavava la massima parte di energia elettrica  attraverso centraline idroelettriche poste lungo i fiumi che scorrono nel mezzo di  tutte le città italiane (infatti le città una volta nascevano proprio lungo i fiumi per  ovvia ragione  approvigionativa).

Sino ad un certo punto questa produzione energetica localizzata funzionò,  il problema di ampliarne la quantità  venne solo con l’avvento del modello consumista, per  produrre utensileria perlopiù di plastica, quali: suppellettili, mobili, giocattoli, stoviglie, etc. Da quel momento l’Italia si dovette piegare al sistema della produzione elettrica concentrandola in grossi impianti che  funzionavano (e funzionano) ad olio combustibile.  Sappiamo quali erano gli interessi delle case produttrici del petrolio e così andò a finire che diventammo sempre più schiavi di scelte economico-politiche “atlantiche” che non erano per nulla negli interessi nazionali.   Poi ci provammo con il nucleare, anche questo non per nostro interesse, ma fu abbandonato in seguito ad un referendum nazionale. Ci  abbiamo infine riprovato con il metano ma anche questo (lungi dalla ricerca di fonti nostrane) arriva da paesi  che possono chiuderci i rubinetti -Russia ed Algeria- anche perché le condotte italiane sono “terminali”  ovvero non “transitano” sul nostro territorio nazionale ma finiscono qui…

Ma torniamo a parlare di come si potrebbe risolvere il problema energetico nella penisola. Certo il “carbone pulito” non è la soluzione, come non lo è il nucleare… il petrolio è in fase di esaurimento ed anch’esso  viene importato come il metano e  come lo sarebbe l’uranio (se si vorrà tornare al nucleare). Di cosa è ricca l’Italia? Per antonomasia canora si dice “chisto è ‘o paese do sole..” quindi si potrebbe ricorrere al solare, ma attualmente i pannelli solari anch’essi inquinano, soprattutto nella fase produttiva del silicio necessario al loro funzionamento,  ma si potrebbe (sviluppando la sperimentazione in tal senso) allungarne la capacità di raccolta e la  durata (che oggi arriva a circa vent’anni).

Ciò non sarebbe però sufficiente per soddisfare le esigenze della grande industria del futile. Si potrebbero allora  realizzare impianti ad idrogeno, in effetti i motori ad idrogeno  esistono da anni (basti pensare ai razzi che vanno a questo propellente) e tra l’altro la scissione dell’acqua in idrogeno ed ossigeno sarebbe facilmente ottenuta con pannelli solari, ma l’idrogeno non piace ai potentati economici che campano sul petrolio. Si potrebbe ricorrere  alla geotermia e persino ai famigerati  “termovalorizzatori”  ma anche questi inquinano (la cosa da ridere è  che inviamo la plastica  differenziata delle nostre immondizie in Germania, pagando per lo smaltimento, e poi la Germania con essa ci produce corrente elettrica che rivende all’Italia…. e noi  paghiamo 2 volte….). 

Una soluzione intelligente potrebbe derivare dalla riconversione dei rifiuti organici e dei liquami in biogas, un ciclo concluso come si dice in gergo, ad esempio in certi paesi dell’Asia nei villaggi si produce elettricità dal gas ottenuto con la cacca degli umani e degli animali.   Insomma tutte queste opzioni potrebbero andar bene… l’importante -per ora- sarebbe diversificare al massimo e cercare di rendere la produzione energetica il più possibile “autonoma” e non soggetta a ricatti esterni.  Ma per far questo serve una chiara volontà e coraggio politico e soprattutto un reale decentramento  produttivo. Teoricamente anche forze come la Lega, attualmente al governo,  dovrebbero essere interessate a tale decentramento ma questa scelta non piace alla grande industria ed alle multinazionali e (come abbiamo visto in altri casi)…. i conflitti di interessi  sono troppo forti.

Da non trascurare nel contesto generale di una riorganizzazione nella produzione energetica  l’aspetto del risparmio energetico derivato dalla coibentazione degli edifici.  E poi perché non considerare il riciclaggio totale dei rifiuti solidi urbani? Carta che ritorna carta, metallo che ritorna metallo, vetro che ritorna vetro, etc. Ma soprattutto occorre tornare alla produzione energetica locale.  Ogni comune od al massimo provincia può tranquillamente produrre energia senza ricorrere né al poli-combustibile, né al carbon fossile, né al nucleare. Basta utilizzare in modo intelligente le fonti naturali presenti sul luogo: sole, vento,  geotermia,  biogas, corsi d’acqua,  etc.

E  faccio degli esempi concreti. Se invece di essere concentrata in grossi impianti industriali la produzione energetica fosse diffusa sull’intero territorio nazionale  è vero che a Civitavecchia e Montalto scomparirebbe qualche inutile e dannoso  posto lavoro ma ne sorgerebbero a migliaia in altri contesti. Nella produzione e montaggio di pannelli solari ad esempio nel ripristino di chiuse idriche e ventole, nel recupero di materie organiche di scarto per il biogas, nell’utilizzo di fonti termali…. d’impianti per biomasse, etc.   Ed in tutti quei  modi in cui si può produrre energia elettrica pulita…. E così  si può anche incentivare l’occupazione.  Il sovrappiù energetico che non servisse al comune od alla provincia potrà essere “venduto” all’Enel e ritrasmesso a città come Roma che forse non ce la fanno ad auto-sostenersi. Dico “forse” ma son convinto che con un po’ d’inventiva ed intelligenza persino Roma potrebbe diventare autosufficiente, basterebbe cominciare ad utilizzare in toto l’organico che ora finisce al macero in discarica. Ed inoltre vediamo quanta dell’energia assorbita da Roma è veramente necessaria al suo funzionamento sociale, magari si scopre che tantissima energia va sprecata inutilmente

Il metodo “eolico” merita un capitolo a parte nell’analisi. In effetti l’eolico potrebbe funzionare benissimo, purché non sia una scusa per aggredire territori vergini che, in seguito all’installazione di mega impianti pesantissimi, vedono trasformare la denominazione d’uso da “agricola, boschiva e pastorale” a “industriale”…. Tra l’altro la maggior parte degli impianti così realizzati sono rimasti cadaveri inusati,  poiché non sono nemmeno collegati all’Enel. In effetti il sistema eolico pesante è spinto da poteri mafiosi che aggrediscono le ultime zone verdi d’Italia. C’è poi la concentrazione di emissioni elettromagnetiche ed il rumore che diversi studi scientifici americani dimostrano causa di malattie per gli umani e gli animali che vi sono soggetti. Senza contare la distruzione ambientale e la deturpazione sul  paesaggio, altrimenti usabile anche come risorsa turistica e culturale. Forse gli unici punti in cui si potrebbe prevedere l’installazione di piloni pesanti sono alcune aree già fortemente degradate, come lungo le autostrade o le zone industriali, dove tra l’altro l’energia prodotta potrebbe essere direttamente usata in loco. Diverso il discorso sul mini eolico e sul piccolo solare, per consumo immediato e diretto, che sarebbe indicato soprattutto per portare all’autonomia energetica tutte le abitazioni periferiche.

In verità per rendere  l’Italia libera da ricatti energetici occorrerebbe che il modello consumista venisse rivisto, la produzione industriale oggi è tutta tesa al superfluo (imballi, ciarpami ed  involucri usa e getta) ed andrebbe riordinato tutto il sistema  di produzione e riciclo rispettando la  “sostenibilità ecologica ” e le reali necessità  sociali.

Paolo D’Arpini – Coordinatore della  Rete Bioregionale Italiana,  Bioregione Tuscia. 

Programma del Convegno: Sabato 13 marzo 2010 – Presso Il Granarone – Calcata Vecchia – “Energia pulita in chiave sostenibile” -  Introduzioni di Enrico Bianchi e Paolo D’Arpini – Moderatrice alla   tavola rotonda,  Dott.ssa Giovanna Canzano.

Interventi di: Prof. Benito Castorina, Avv. Vittorio Marinelli, Avv. Giancarlo Castiglia, Dr. Giorgio Vitali, Dott.ssa Simonetta Badini, Dr.  Franco Proietti.  Gli interventi saranno intercalati da poesie e canzoni curate da Patrizia Pellegrini.

Info ed adesioni:

Enrico Bianchi -  Tel. 389.1955880  – bianchistudio@gmail.com

Paolo D’Arpini, Tel. 0761/587200 – circolo.vegetariano@libero.it

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“Vegetarismo, una speranza per la pace e per l’ecologia nel mondo….” di Ciro Aurigemma

Il Comitato per il Nobel ha deciso di assegnare il Premio per la Pace a Barack Obama per i suoi “sforzi straordinari nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”, si legge nella motivazione.

Il Comitato ha dato grande importanza  ai suoi sforzi per un mondo senza armi nucleari, Obama da presidente ha creato un nuovo clima nelle relazioni internazionali, la diplomazia ha riguadagnato centralità: infatti il dialogo ed i negoziati sono preferiti come strumenti per risolvere i conflitti. “L’immagine di un mondo libero dalle armi nucleari ha fortemente stimolato il disarmo ed i negoziati sul controllo degli armamenti”. “Grazie all’iniziativa di Obama – prosegue il testo della motivazione – gli Usa hanno un ruolo più costruttivo nella sfida ai cambiamenti climatici con cui il mondo si sta confrontando.

Il Comitato condivide l’appello di Obama: «È giunto il momento per tutti noi di assumerci la nostra parte di responsabilità per una risposta globale alle sfide globali». Delude invece la scelta di riprendere il nucleare civile… Invece Lord Nicholas Stern, economista e autorità indiscussa del mondo accademico e scientifico, afferma intanto, come riportato dal Corriere della sera del 28 ott. ’09,  che è proprio nella dieta vegetariana che l’ umanità può cercare il suo ultimo rifugio prima di ritrovarsi soffocata dai gas serra: ridurre i consumi di carne  dice è  un requisito fondamentale per contenere l’ inquinamento e salvaguardare gli equilibri ambientali.

Stern parte dall’osservazione di alcuni numeri: un miliardo e 400 milioni di bovini allevati nei cinque continenti, 500 litri di metano prodotti da ciascun capo. Nel  2006 lo studioso scrisse per avvertire la Comunità internazionale che i costi del surriscaldamento globale avrebbero raggiunto la vetta dei 5,5 trilioni di euro… e che per invertire la rotta verso l’ autodistruzione si sarebbero dovute impostare politiche capaci di abbattere, entro il 2050 il 25 per cento degli agenti inquinanti immessi nell’ atmosfera. Sir Nicholas Stern, intervistato dal ‘Times’, colui che ha avuto la responsabilità degli economisti della Banca Mondiale ed ha collaborato con il governo britannico, come voce autorevole afferma: “È importante che si ragioni di quello che stiamo facendo e questo include anche una riflessione sulla nostra alimentazione”. Secondo i dati delle Nazioni Unite la produzione di carne è una delle fonti principali dei gas serra  ed è responsabile del 18 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica. Di conseguenza: per abbattere quella percentuale bisogna modificare la dieta quotidiana, dice Lord Stern  e bisogna che i governi si accordino per alzare i costi dei cibi «inquinanti»…Intanto secondo una stima recente pubblicata dal World Watch Institute (WWI), l’allevamento degli animali produce addirittura la metà di tutti i gas serra che l’umanità immette ogni anno nell’atmosfera…La notizia è  clamorosa, perché  triplica le precedenti stime della FAO che davano l’impronta carbonica dell’allevamento intorno al 18%. Come è giunto il World Watch a questa conclusione? Secondo gli autori del rapporto, la FAO ha omesso cinque contributi significativi per le emissioni.

1.      Occorre considerare le emissioni di CO2 legate alla filiera alimentare dell’allevamento (refrigrazione con perdite di CFC, trattamento, cottura)

2.      La FAO ha lavorato con dati del 2002 e ha sottostimato il numero di animali di allevamento. Correggendo questi dati  le emissioni aumentano.

3.      La FAO ha considerato solo la deforestazione annua per fare posto ai pascoli e alle colture da mangime, ma non ha considerato la deforestazione complessiva.

4.      Secondo la FAO, il Global Warming Potential è associato a un periodo di un secolo. In realtà il Metano decade molto prima, in circa 12 anni, ma durante la sua permanenza in atmosfera ha un enorme effetto serra. Il WWI sostiene che ci interessa valutare l’impatto che il metano ha adesso e non tra cento anni.

5.      Il WWI include inoltre tra le emissioni di CO2 anche la respirazione degli animali. Quest’ultimo punto è il meno convincente, poiché normalmente si considera che la respirazione degli animali non è un’emissione netta, dal momento che è poi equilibrata dalla fotosintesi dei vegetali di cui si sono nutriti e la spiegazione data dal WWI non mi sembra che riesca a rispondere in modo adeguato a questa obiezione.

Saremmo comunque al 43% … Ne consegue che la lotta ai cambiamenti climatici  passa per le nostre cucine, oltre che  per le centrali di produzione di energia elettrica…

Ciro Aurigemma, Psicologo e Responsabile Ecologia dell’AVI

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“Montalto di Castro: …a volte ritornano…” – In Italia si apre la stagione dei conflitti, dove mettere le centrali nucleari e le scorie radioattive…?

Già ho espresso il mio parere in merito al ritorno del nucleare a Montalto di Castro…

http://www.circolovegetarianocalcata.it/2010/02/10/italia-nucleare-in-arrivo-lazio-con-montalto-di-castro-in-pole-position-ma-qualcuno-a-roma-in-segreto-rema-contro%e2%80%a6-e-sapete-chi-e/

Ma credo che stavolta Silvio Berlusconi troverà  tante difficoltà ad utilizzare quel sito, a cominciare dai segreti diktat del Vaticano che non vuole alle porte di Roma una bomba ad orologeria, sino alle indicazioni dei Servizi che vedono una centrale nucleare  vicina alla capitale come un possibile target del terrorismo internazionale.  Quindi il sito che sarebbe il più “logico”, essendoci già una struttura pronta che sta lì in attesa da tempo per “tornare in uso”, in realtà diventa il  posto meno indicato per installarvi uno dei nuovi impianti ad uranio.  Perciò le scelte governative si restringono –giocoforza- alle regioni meridionali o più periferiche:  Termini Imerese, Puglia, Caorso…?

Intanto vediamo che in prossimità delle prossime amministrative di marzo, tutti i candidati governatori sia di destra che di sinistra, affermano di essere contrari all’installazione di impianti nucleari… e  lo fanno con varie motivazioni…

Ad esempio la Polverini (Renata), aspirante presidente del Lazio per il PDL, afferma di essere d’accordo con le scelte governative sul nucleare ma di  ritenere che il Lazio non abbisogni di nuove centrali, essendoci già Montalto di Castro e Civitavecchia (funzionanti a poli-combustibile e carbone e che tra l’altro assieme sono il polo energetico più potente d’Europa). Certo questa affermazione sembra un po’ strumentale… si capisce che il nucleare farebbe perdere voti… ed allora perché il governo insiste su tale scelta scellerata? Semplice…  questo governo ha bisogno di creare movimento economico e la costruzione di nuovi impianti metterebbe in moto tutta una serie di industrie…(diciamo anche mafie) e poco importa che il risultato finale, dal punto di vista della produzione energetica,  sarebbe “nihil” in quanto già si sa che l’uranio sta per finire (come il petrolio) e che inoltre  non sapremmo dove sistemare le scorie radioattive (avendo anche gli USA posto un diniego..).  Quel movimento economico  attivato dal governo sarebbe sterile e  di breve durata e lascerebbe una scia di macerie e distruzioni tale da sancire la definitiva bancarotta dell’Italia.

Le stesse risorse economiche  investite inutilmente sul nucleare potrebbero creare una rete infrastrutturale efficiente per la produzione energetica pulita e per il riciclaggio delle materie prime di scarto (i famosi RSU che ora finiscono negli inceneritori o nelle discariche, invece di creare ricchezza e lavoro per una vera ripresa  sociale, economica ed ecologica..).  Ma questo governo è cieco e sordo,  questo governo non è un governo ma una lobby affaristica privata.  

Ma:  “La verità prima o poi viene a galla…” (Saul Arpino)

Paolo D’Arpini

Altri articoli sullo stesso tema:

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=uranio

……

Passo ora ad un intervento “tecnico” ricevuto da Giorgio Nebbia sullo stesso tema:

Il decreto governativo che avvia (vorrebbe avviare) la costruzione delle quattro centrali nucleari che tanto stanno a cuore al potere economico e finanziario, è destinato ad innescare una lunga stagione di conflitti, simili a quelli che negli anni settanta e ottanta hanno affossato l’altro programma nucleare del governo di allora.

Tanto per cominciare il governo dovrebbe trovare qualche posto, forse un paio di posti, in cui mettere le centrali e in Italia non c’è nessun luogo adatto, sulla base dei parametri che il decreto dice che dovranno essere presi in considerazione.

Un luogo che abbia a disposizione grandi quantità di acqua di raffreddamento delle turbine, in cui non venga alterata la biodiversità, in condizioni geologiche e geofisiche in grado di sostenere l’impatto di grandi strutture come quelle delle centrali nucleari con reattori del tipo EPR3, di progetto e costruzione francese; un luogo in cui non esistano rilevanti presenze paesaggistiche e storico-architettoni che, di facile accessibilità, distante da aree abitate e da infrastrutture di trasporti, in cui sia accessibile il collegamento alla rete elettrica nazionale e lontano da rischi potenziali di attività umane.

Un insediamento nel sito di cui si parla maggiormente, quello di Montalto di Castro, accanto alla centrale termoelettrica a carbone da 2400 megawatt, potrebbe usare per il raffreddamento l’acqua del mare in cui peraltro già arrivano le acque calde rigettate dalla centrale a carbone, ma il sito è a ridosso della linea ferroviaria e della statale Aurelia, le due grandi vie di comunicazione che collegano il Sud d’Italia con il Nord e la Francia; l’aria di Montalto è già inquinata dai fumi del carbone e tutto intorno sono sorti insediamenti turistici. Nei mesi scorsi il governo, come cortina fumogena, ha fatto mettere in circolazione vari nomi di altre località in cui potrebbero essere insediate le centrali, da Termini Imerese, al delta del Po, dalla Puglia al Molise a Caorso, dove, nella golena del Po, giace la vecchia centrale nucleare abbandonata. Un attento esame mostra che nessun luogo in Italia è adatto come sito per una centrale nucleare secondo le norme di sicurezza internazionali. Il governo, che con un’altra legge ha deciso di insediare le centrali nucleari scavalcando gli enti locali, cercherà forse di utilizzare terre demaniali o militarizzate, ma anche così, per far passare il milione di tonnellate di cemento, acciaio, macchinari, cariche di combustibile nucleare e cantieri, finirebbe per scontarsi con vincoli territoriali e diritti umani. E i diritti umani non saranno facilmente soffocati neanche con l’intervento delle forze armate.

Ancora peggiore è la situazione per quanto riguarda la sistemazione dei residui delle attività nucleari, dei materiali altamente radioattivi già accumulati durante la prima sciagurata avventura nucleare italiana e di quelli che nuove centrali produrrebbero in continuazione e per decenni in futuro. Da decenni in tutto il mondo i vari paesi cercano una sepoltura sicura per le scorie radioattive che debbono essere tenute lontano dalle acque e da qualsiasi forma di vita, in cimiteri che dovrebbero essere sicuri e inaccessibili per migliaia e diecine di migliaia di anni. Proprio di recente le due più “favorite” proposte di depositi sotterranei di scorie nucleari, quella nella montagna di Yucca Mountain nel Nevada, negli Stati Uniti, e quella nei giacimenti sotterranei di sale di Gorleben in Germania, sono state abbandonate dai rispettivi governi perché considerate inaffidabili. E così i milioni di tonnellate di scorie radioattive restano sparse nel mondo, in Inghilterra, e negli Stati Uniti, in Francia e Giappone, in Russia e Cina — e in Italia, una condanna per le generazioni future che dovranno fare la guardia a questi depositi per tempi lunghissimi; quando saranno passati tanti secoli quanti quelli che ci separano dai tempi dei Faraoni, molte scorie radioattive, prodotte dalle attività militari e dalle centrali commerciali nel mondo, avranno ancora il 70 percento della radioattività odierna. E in queste condizioni volete continuare a moltiplicare le centrali nucleari e proprio in Italia e proprio quando altri paesi nucleari si stanno disimpegnando dall’avventura in cui si sono impantanati anni fa ?

Le società industriali e quelle che si stanno avviando sulla via della modernità avranno bisogno di energia, ma per fare che cosa ? di elettricità per far funzionare quali macchine e dispositivi ? per produrre quali merci ? Per motivi ecologici e geopolitica è certo necessario utilizzare di meno le fonti combustibili fossili: carbone, petrolio, gas naturale; la soluzione però deve essere cercata non certo nell’energia nucleare, ma nella revisione dei cicli produttivi e dei consumi, nell’uso delle fonti di energia rinnovabili tutte derivate, direttamente e indirettamente, dal Sole: l’unico reattore nucleare accettabile, alla distanza di sicurezza di 150 milioni di chilometri, che trattiene al suo interno le sue scorie radioattive e che funziona senza incidenti inviandoci tutta l’energia ci cui abbiamo bisogno per sempre. L’enorme quantità di soldi che dovrebbero essere investiti in un programma di centrali nucleari consentirebbe, in alternativa, reali progressi nell’utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili che assicurano, loro sì, lavoro, ed energia pulita disponibili ogni anno, indipendenti dalle importazioni di materie o di tecnologie. Le centrali nucleari appaiono così il volto più vistoso della megamacchina di cui parlava Lewis Mumford nel 1970, la struttura tecnologica con cui il potere economico manifesta la sua violenza contro le popolazioni e l’ambiente.

Giorgio Nebbia

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Silvio Berlusconi, la Libia, la Russia e l’autonomia energetica d’Italia – Una visione altra della politica economica nostrana…

Esiste una possibilità d’indipendenza energetica  per l’Italia?

Avevo già esaminato questo tema in vari articoli in cui analizzavo le possibili soluzioni per liberare la nostra economia  dal sistema petrolifero (o di genere inquinante):

http://www.circolovegetarianocalcata.it/page/3/?s=produzione+elettrica

Nello stesso filone, ed inaspettatamente,  ho qui un pezzo di Alberto Mariantoni in cui si parla di questo tema con una angolazione diversa… filo-berlusconica. Beh, dopo aver parlato assai male del cavaliere mi pare corretto, per una par condicio, pubblicare anche qualcosa a suo favore…  Con questo ovviamente non ho cambiato opinione su di lui, semplicemente mi pare che non sia corretto porsi sempre e comunque  ”contro”!

Possibile che Silvio Berlusconi sia un santo od un nuovo Enrico Mattei? Non so… a voi la decisione!   

Paolo D’Arpini

…….

Inutile nascondercelo. Berlusconi è ormai un leader inviso agli Stati Uniti ed ai responsabili dell’apparato militare-industriale che li governano realmente. E’ naturale, dunque, che venga ugualmente odiato e pesantemente avversato e combattuto dai soliti maggiordomi italiani (di destra, di sinistra e di centro) del tradizionale (dal 1945 ad oggi) “partito americano”.

Tutti assieme, infatti, padroni e servi dell’Impero, farebbero senz’altro “carte false” per poterlo rapidamente estromettere dalle redini del potere (per conto terzi) della colonia Italia o, quanto meno, mandarlo in galera (Di Pietro) o in pensione (Casini, Bindi, ecc.). Oppure, manifestando un falso ed ipocrita umanitarismo, spalancargli le porte di un semplice e dorato esilio, in qualche sperduta ed accogliente isola del Pacifico o dell’Oceano indiano (proposta De Magistris). L’importante, insomma, è che si tolga celermente dai piedi. Situazione che aprirebbe inevitabilmente le porte del Governo della Nazione, alla ledership di “Italia futura” (Montezemolo, Draghi, Monti, Fini, D’Alema, ecc.), direttamente sponsorizzata e sostenuta dalla Goldman-Sachs statunitense, soprattutto per motivi legati alla privatizzazione degli ultimi residui “gioielli di famiglia” dell’industria nazionale, tuttora scampati alle catastrofiche lottizzazioni e svendite organizzate a suo tempo dai successivi Governi Prodi.

Ma come – potrebbe obiettare l’uomo della strada male informato – “Berlusconi inviso agli Stati Uniti” ed ai principali responsabili del partito americano de noantri? Proprio lui che sin da bambino, amorevolmente accompagnato dal padre, andava molto spesso a fare le sue sentite ed affettuose giaculatorie di gratitudine e riconoscenza ai piedi delle tombe dei nostri “liberatori” del 1943-45?

E sì, miei cari lettori. Dura lex sed lex… Chi sbaglia paga. Le “leggi” dell’Impero non possono essere impunemente scalfite o contravvenute. In modo particolare, quando si tenta, in qualche modo, di assicurare una qualsiasi autonomia energetica ad uno qualunque dei Paesi del loro “protettorato” Europa!

D’altronde, inutile meravigliarsene. Non dimentichiamo, infatti, che per molto meno, altri personaggi della storia d’Italia del dopoguerra – come Enrico Mattei, Aldo Moro, Bettino Craxi – hanno improvvisamente fatto la fine che hanno fatto!

Per rendersene conto, è sufficiente dare uno sguardo ai dati statistici ufficiali. Da quei dati, risulta che l’Italia, dal 1996 al 2006, ha praticamente raddoppiato le sue importazioni di gas e di petrolio, indispensabili al funzionamento della nostra industria, delle nostre infrastrutture e dei nostri trasporti pubblici e privati. Oggi, ad esempio – per potere disporre di parametri di riferimento – il nostro Paese importa all’incirca 75,60 miliardi di metri cubi di gas e circa 2,137 milioni di barili al giorno di petrolio. E di queste quantità – grazie alla lungimiranza politica ed all’intuizione commerciale del personaggio Berlusconi – l’Italia è riuscita praticamente a sganciarsi dall’annosa e segregante tutela delle compagnie anglo-americane ed a ridurre la sua dipendenza da queste ultime di all’incirca i due terzi.

La privilegiata relazione del nostro Presidente del Consiglio con la Federazione Russa di Dmitri Medvedev e Vladimir Putin ha permesso all’Italia, dal 2008, di importare, a dei prezzi competitivi, all’incirca 23 miliardi di metri cubi di gas e circa 16,5 milioni di tonnellate di petrolio. Questo, senza contare che – tra Aprile e Dicembre 2009 – sono stati aggiuntivamente firmati con Mosca ben 19 Accordi di cooperazione, tra cui l’intesa per il lancio del gasodotto denominato South Stream; l’accordo tra Alitalia e la sua controparte Aeroflot; il protocollo con Finmeccanica, per la produzione di veicoli ferroviari e per la realizzazione in Russia di sistemi di sicurezza, nonché tra Finmeccanica e Sukkoi per la costruzione del ‘Superjet 100’; il compromesso tra Tecnimont, Sace e Vnesheconombank per la realizzazione – per conto della Tobolsk-Polymer – di un complesso petrolchimico da circa 2 miliardi di euro; ecc. Una situazione che ha repentinamente trasformato l’Italia, nel secondo partner europeo del Kremlino (dopo la Germania) e nel suo quarto partner commerciale a livello mondiale.

Non parliamo degli Accordi con la Libia o, se si preferisce, con la Giamahiria araba libica popolare socialista, di Muhammar Gheddafi. L’interscambio tra i due Paesi, nel biennio 2008-2009, secondo i dati ISTAT, è stato di all’incirca 20 miliardi e 229  milioni di euro, rispetto ai circa 15 miliardi e 600 milioni di euro del 2007 (+29,5%), di cui 17  miliardi e 390 milioni di euro di esportazioni libiche (+ 24,4% rispetto al 2007 – prevalentemente petrolio e gas, pari a circa il 10% del fabbisogno annuale italiano; il resto proveniente dall’Algeria e – come abbiamo visto – dalla Federazione Russa), e di all’incirca 2 miliardi  e 638 milioni di euro di esportazioni italiane verso la Libia (+62,5% rispetto al 2007). Per le sole importazioni italiane di petrolio e di gas, si è registrato un incremento del 27% circa, passando dagli all’incirca 12 miliardi e 330 milioni del 2007, ai circa 15 miliardi e 640 milioni di euro del 2008. Il tutto, naturalmente, senza contare la serie di accordi bilaterali che – anche se indirettamente favoriti e “cauzionati” dalla promessa italiana di risarcimenti alla Libia per all’incirca 5 miliardi di dollari, per i danni coloniali causati a questo Paese nel periodo 1911-1942 – aprono alle aziende italiane un canale privilegiato di infinite opportunità, dal campo alimentare a quello dell’abbigliamento, da quello dei prodotti chimici e farmaceutici a quello degli articoli in plastica e/o in gomma, da quello della costruzione edile a quello della tecnologia nel campo dell’estrazione dei giacimenti di idrocarburi e di gas. Senza dimenticare, l’accordo bilaterale per il controllo dell’emigrazione clandestina che negli ultimi otto mesi ha conosciuto una drastica e salutare decrescita, raggiungendo i suoi minimi storici da dieci anni a questa parte.

Tutto questo, ovviamente, l’Anglo-America non può sopportarlo. Ed è per le succitate ragioni che Berlusconi – per gli USA ed i suoi nostrani lustrascarpe – è improvvisamente diventato “persona non grata”. Insomma, l’uomo da abbattere e da sostituire al più presto, con qualsiasi mezzo.

Alberto B. Mariantoni -  http://www.cpeurasia.org/?read=45712

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Vita pericolosa in Maremma… Non più rischi per brigantaggio, animali selvaggi e cataclismi naturali oggi le minacce vengono dai fumi del carbone, rifiuti tossici e soprattutto dalla centale nucleare di Montalto di Castro – Prepariamoci al peggio.. dopo le elezioni Regionali del 2010 non si sa cosa ci aspetta….

“Come comprare il consenso alla tortura? Pagando le compensazioni…  Così l’Italia torna  alla legge del taglione…”  (Paolo D’Arpini)

Il governo ha dato via libera ai criteri per l‘individuazione dei siti su cui potranno essere costruite le nuove centrali nucleari, e dei compensi da destinare ai territori che accoglieranno i nuovi impianti.

Il Consiglio dei ministri pre-natalizio ha infatti approvato uno schema di decreto legislativo sulla localizzazione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonche misure compensative e campagne informative.

Dove le centrali? Troppe domande, lo sapremo solo dopo le elezioni regionali di marzo.

Le aree idonee ad ospitare le prossime centrali nucleari italiane dovranno rispondere ad “uno schema di parametri di riferimento relativi a caratteristiche ambientali e tecniche”.

Lo “schema di parametri” dovrà essere poi definito dal Ministero dello Sviluppo Economico, da quello dell’Ambiente e dei Trasporti, su proposta dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare -non ancora istituita, i Ministri litigano tra Genova (Scajola) e Brunetta (Venezia)- entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo stesso.

In particolare, le caratteristiche ambientali riguardano, “popolazione e fattori socio-economici, qualità dell’aria, risorse idriche, fattori climatici, suolo e geologia, valore paesaggistico, valore architettonico-storico, accessibilità“.

Quelle tecniche riguardano invece “la sismo-tettonica, distanza da aree abitate, geotecnica, disponibilità di adeguate risorse per il sistema di raffreddamento della tipologia di impianti ammessa, strategicità dell’area per il sistema energetico e caratteristiche della rete elettrica, rischi potenziali indotti da attività umane nel territorio circostante”.

Ma sin d’ora si stabilisce che i siti che ospiteranno le centrali nucleari saranno di “interesse strategico nazionale” e come tali “soggetti a speciali forme di vigilanza e protezione”, ovvero saranno presidiati dall’esercito.

I compensi? Soldi a palate per comprare il consenso degli enti locali e delle popolazioni.

Per quanto riguarda i compensi da destinare ai territori che ospiteranno le centrali nucleari, si tratterà di un beneficio economico su base annuale da corrispondere anticipatamente per ciascun anno di costruzione dell’impianto; l’aliquota è pari a 3.000-4.000 euro per ogni Mw sino ad una potenza di 1.600 Mw, “maggiorata del 20% per potenze superiori”.

Benefici economici “a pioggia” per le province ed i comuni che ospiteranno i prossimi impianti nucleari, ma anche per i comuni limitrofi in un’area di 20 chilometri dal perimetro dell’impianto. Le imprese e gli abitanti delle zone in questione non avranno solo sconti in bolletta elettrica, ma anche di quella per i rifiuti urbani, per le addizionali Irpef e Irpeg e per l’Ici.

Alcune brevi considerazioni:

C’è una prima questione di democrazia. Il Governo conosce bene l’ostilità delle popolazioni e dunque sceglie il segreto sulla localizzazione dei siti per timore di perdere le elezioni regionali. Ma possono i cittadini andare a votare senza conoscere le intenzioni dei candidati e delle forze politiche su un tema così importante?

C’è una seconda questione di democrazia. Lo Stato italiano è firmatario della Convenzione di Aarhus del 1998, che stabilisce l’obbligatorietà dell’informazione ai cittadini e della partecipazione degli stessi alla scelte decisionali sulla localizzazione delle centrali nucleari e sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Come si concilia questa Convenzione con la decretazione delle aree come siti di interesse strategico nazionale e dunque con la loro militarizzazione?

C’è una terza questione di democrazia. Un Governo che taglia drasticamente i fondi agli enti locali riducendone al lumicino la capacità di erogare servizi, sceglie con finanziamenti a pioggia di comprare il consenso degli amministratori locali e delle popolazioni che accetteranno di ospitare le centrali nucleari. Può essere questo il rapporto tra Stato ed Enti Locali, in un paese che da anni blatera di federalismo?

Occorre una opposizione netta, radicale e diffusa.

Occorre che in ogni territorio si costituiscano da subito comitati antinucleari.

Occorre che da subito si rifiuti la militarizzazione della protesta sociale.

Occorre che si obblighino da subito i candidati e le forze politiche di tutte le regioni a pronunciarsi.

Occorre che nei territori di probabile localizzazione delle centrali, gli enti locali e le popolazioni rifiutino la sudditanza feudale che viene loro proposta e che si avii una forte protesta di tutti gli enti locali e di tutte le popolazioni contro i continui tagli di risorse praticati dal Governo.

Meglio attivi oggi che radioattivi domani.

Marco Bersani (Attac Italia)

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