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Perdersi dietro casa…… ascoltando la pancia – Resoconto di una passeggiata lungo il Panaro di Caterina Regazzi

Oggi, come dici tu, ho goduto delle piccole cose, il Giornaletto di Saul, andare a prendere il caffè coi colleghi, fare la spesa, cucinare, correre sotto la pioggia……… Oggi pomeriggio c’è stato un temporale improvviso, col sole. E sono andata a passeggiare lungo il Panaro.. mi è successa una cosa strana, ero andata a fare la solita passeggiata e mi sono persa, cioè non è che mi ero proprio persa perché dovunque sia, basta che mi guardi un po’ intorno e trovo subito i miei punti di riferimento e infatti mi sono ritrovata subito, ma per qualche minuto non sapevo più dove ero……

Pochi minuti prima ero entrata in una fase di “ascolto” del corpo, del respiro, che io ho sempre toracico, mentre cercavo di farlo addominale e poi della mia pancia, che si faceva sentire, ed io, per ascoltare lei, mi sono persa! Tutte le parti del corpo sono uguali o quasi, tutte sono troppo spesso inascoltate e trascurate, e non consideriamo che sarebbe invece un bel passatempo ascoltare il proprio corpo, come osservare i pensieri e poi passare oltre, andare ancora più in profondità.

E’ davvero iniziata la primavera, ci sono gli Occhi della Madonna fioriti ed anche dei fiori gialli di cui non so il nome, una specie di margherite, ma a mazzetti. Nella pozza c’erano un sacco di gallinelle d’acqua e mi sa che c’erano problemi d’amore perchè alcune litigavano e si rincorrevano sul pelo dell’acqua. Mentre io camminavo con Magò, Gigi, che andava a cavallo con le sue allieve,nella direzione opposta alla mia,  mi ha fatto vedere, sullo stradello a fianco, Viola che faceva un giro in bicicletta, Oggi ha indossato per la prima volta un golfino di un verdino chiaro (di solito usa colori smorti e scuri), e si è raccolta i capelli in una bella coda, era bellissima, commovente!

Caterina Regazzi

 

Ah.. ho trovato questa poesia e te la regalo:

Non è il tuo amore che voglio

voglio soltanto saperti vicina

e che muta e silenziosa

di tanto in tanto, mi tenda la tua mano

Federico Garcia Lorca

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Vegetarismo applicato: “Diete salutiste o promozioni librarie…?” – Differenza sostanziale fra teoria e pratica vegetariana e le mode dietetiche…

“Se non trovi oggi il tempo per conservare la tua salute dovrai trovarlo domani per curarti”

            Gran parte della scienza di molti nutrizionisti  si riconduce al concetto: “Se volete dimagrire dovete ridurre il quantitativo calorico e incrementare l’attività fisica”. E tra questi c’è chi condanna i grassi e chi le calorie, chi getta la croce sui carboidrati e chi assolve le proteine, chi sostiene la necessità di una dieta bilanciata, chi il controllo dell’indice glicemico, della produzione di insulina, degli squilibri ormonali, della predisposizione genetica ecc. ecc.

            Quel che so io in merito alle diete è che la maggior parte delle persone obese ha un metabolismo lento, cioè non brucia abbastanza rapidamente il cibo che introduce; chi invece ha un metabolismo veloce può mangiare moltissimo senza ingrassare. In realtà la predisposizione genetica conta poco o quasi nulla: se non si mangia si diventa magri come chiodi. Nell’inferno dei campi di concentramento nazisti nessuno era grasso. Il meccanismo è semplice: se un organismo ha bisogno di un quantitativo di sostanza uguale a cento ma se ne introduce centoventi i venti in eccesso si depositano e sottraggono risorse vitali per gestire la “zavorra”; se invece se ne introduce ottanta i venti mancanti vengono sottratti all’organismo stesso.

            Se si osservano gli animali nel loro ambiente naturale, eccetto situazioni di siccità, si nota che nessuno di essi è obeso, né troppo magro, semplicemente perché si nutrono con alimenti compatibili con la loro specie. L’identica situazione si può notare con un essere umano che a scelto la dieta crudista o fruttariana, cioè quella compatibile con la nostra vera natura. Un vegano obeso probabilmente ha sballato irrimediabilmente il suo metabolismo prima di essere vegan.

            Nel corpo vi sono organi preposti alla combustione del carburante ed è probabile che alcuni di questi non funzionino a dovere: la tiroide, il pancreas, l’intestino, il colon. La maggior parte delle persone in soprappeso ha la tiroide ipoattiva. Una spiegazione plausibile potrebbe essere l’introito di fluoruri contenenti nell’acqua potabile o di una disfunzione del pancreas. Le persone grasse sembra che secernino insulina più delle persone magre. Anche gli additivi degli alimenti risultato imputati nell’obesità.

            La maggior parte delle persone in soprappeso:

- ha il fegato ostruito e pigro. Tra le cause principali l’assunzione abituale di farmaci, il cloro, i fluoruri, gli additivi lo zucchero raffinato, la farina bianca, il glutammato monosodico e i conservanti. Il fluoro interferisce con il corretto funzionamento della tiroide generando ipotiroidismo: questo rallenta il metabolismo e favorisce l’obesità;

- soffre di pigrizia dell’apparato digerente e produce pochi enzimi digestivi, quindi difficoltà di convertire il cibo in energia con maggiore probabilità di essere trasformato in grasso. Questo potrebbe dipendere dalla candida, per colpa degli antibiotici. Un’altra ragione è la presenza negli alimenti di additivi alimentari che accrescono l’appetito;

- soffre di squilibri ormonali, che di solito dipendono da intossicazione o carenza di moto. La mancanza di moto riduce drasticamente il ritmo metabolico. Le tossine si annidano nel colon e nelle zone di grasso. Quando il quantitativo di tossine è elevato l’organismo cerca di diluirle trattenendo l’acqua e aumentando le riserve di grasso nel tentativo di ridurre la concentrazione di sostanze pericolose;

- subisce gli effetti dell’ormone della crescita presente nelle carni e nei latticini che gli allevatori somministrano agli animali perché crescano più in fretta.

            Occorre rammentare che lo scopo dell’industria alimentare è che i cibi inducano dipendenza, aumentino l’appetito e facciano ingrassare. Gli additivi che servono prevalentemente a tale scopo sono l’aspartame e lo sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio che fa ingrassare e crea dipendenza.

            Il glutammato monosodico (onnipresente nei cibi da fast food) è un additivo neurotossico che fa ingrassare, favorisce la depressione, produce disturbi di ogni tipo.

            Le farine bianche, raffinate  e sbiancate (va ricordato che mischiate all’acqua servono a fare la colla), ricavate con procedimenti di raffinazione chimica: sono prive di fibra e di valore nutritivo.

            Il problema degli additivi alimentari è che presi singolarmente potrebbero non avere effetti molto gravi ma combinati si sommano e danno origine a nuovi composti chimici dannosi. Centinaia di sostanze chimiche in etichetta passano sotto il nome di spezie. Si stima che almeno il 95% degli alimenti sul mercato contenga almeno 300 additivi non elencati in etichetta e che 15.000 diverse sostanze chimiche sono aggiunte negli alimenti senza l’obbligo di essere riportati in etichetta.

            Infine i grassi idrogenati sono annoverati tra le cause dell’obesità  e possono causare ostruzioni arteriose, cardiopatie, ictus e morte.

            Oggi in fatto di diete i nutrizionisti sono in grado di proporre una per ogni esigenza. Tra quelle maggiormente in voga vale la pena citare: la dieta macrobiotica di Ohsawa, considerata dal sapientissimo Dr. Valdo Vaccaro “Una vera e propria valanga di sciocchezze ying-yang con tanta gente finita male a colpi di riso integrale stracotto e di bistecche alla soia disgustanti e devitalizzate”. Poi c’è la dieta South Beach: l’ennesimo tentativo di imitare Atkins, apportando qualche insignificante maquillage epidermico, ma sempre dando priorità a pesce e frutti di mare, a bistecche magre, a prosciutti, pollo e uova in abbondanza. E poi c’è la dieta a zone del biochimico Barry Sears;  la dieta Strand; la dieta Agatson; la dieta a Gruppi Sanguigni del dr Peter D’Adamo e chi più ne ha più ne metta: tutti più o meno allievi di Atkins, in quanto hanno appreso a memoria le tecniche di auto-cannibalizzazione del grasso, i fondamentali sul colesterolo e sull’uso di vitamine sintetiche e di integratori minerali come stampelle correttive chimico-nutrizionali. Diete che fanno sparire il grasso, che saziano la fame delle cellule e che alleggeriscono il corpo di alcuni chili di peso, ma i tanti veleni che prima si trovavano protetti e diluiti e resi inoffensivi in mezzo alla sostanza oleosa, si ritrovano poi concentrati e attivi con tutta la loro enorme forza aggressiva, pronti a colpire un organismo ormai intossicato dai medesimi: veleni che prima convivevano coi grassi ma che dopo diventano una vera e propria mina vagante, un ordigno biologico pronto a deflagrare e a distruggere il corpo dimagrito e senza più barriere protettive interne.

            L’unica soluzione ragionevole e possibile è quella di convincere se stessi delle necessità vitali di più giusti e salutari stili di vita. E’ assurdo pretendere di imbottirsi di veleni per 30 anni e pensare poi di disintossicarsi ed espellere i cumuli di grasso in 30 giorni di dieta. La sola cosa logica da fare per l’eliminazione del grasso di deposito in eccesso e, soprattutto, i veleni che lo accompagnano è:

- cambio radicale del proprio stile di vita;

- digiuno e riposo totali per 3-5 giorni, con uso di sola acqua distillata a volontà;

- adozione di una ricca e variata dieta vegana-crudista in accordo e armonia col proprio organismo  fruttariano, senza il ricorso ad alcun farmaco e ad alcun integratore alimentare;

- serenità di spirito, pratiche meditative, riflessioni filosofiche-estetiche-spirituali;

- attività fisiche rigenerative, tipo yoga, ginnastica, nuoto, bicicletta e attività artistiche varie.

Franco Libero Manco

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Segreti dei santi – Da raccontare solo a pochi intimi…. Una lezione ricevuta attraverso Anasuya Devi

Ognuno ha i propri segreti, esperienze che si tengono celate per non offuscare l’immagine di sé, oppure per evitare che ci siano dei fraintendimenti inopportuni. Ad esempio oggi mentre mi trovavo nella grotticella, dedicata ad Amma, la mia madre spirituale, ed al Dio Ganesh, mi è capitato di rileggere la storia di Mansur Mastana un santo sufi che avendo ottenuto l’esperienza del Sé, lo dichiarò pubblicamente affermando “Ana’l-ahqq” che significa “Io sono Dio”. Ovvio che in una religione dualistica come quella musulmana tale affermazione fu presa per eresia e Mansur fu condannato a morte. Ma anche sul patibolo egli rideva e continuava ad affermare “la verità” della sua esperienza ma gli altri non potevano capire e semplicemente pensarono che fosse impazzito e comunque meritevole di morte. In seguito i sufi s’intesero fra di loro che in futuro sarebbe stato meglio non affermare pubblicamente tale verità, che anche quando fosse stata raggiunta era meglio uniformarsi alle convenienze essoteriche, lasciando le verità esoteriche nel cerchio ristretto degli iniziati.

Questa premessa per dirvi che a volte ci possono essere esperienze spirituali che non è bene divulgare, poiché potrebbero essere fraintese o creare confusione nella mente degli ascoltatori. Per questa ragione in tutte le scuole iniziatiche si proibisce esplicitamente di farsi belli con i miracoli, le visioni, gli insegnamenti ricevuti e quant’altro. Però, però… stavolta vorrei trasgredire la regola. Ormai la lezione ricevuta è stata da me metabolizzata e credo che –sia pur nel rischio di una malinterpretazione- sia per me giunto il momento di raccontarla. In effetti non è un’esperienza di cui andare orgogliosi, dimostra solo la “piccolezza” dell’io, ma questo aspetto è importate per significare che non occorre uniformarsi ad un “modello” di santità idealistica, che ci fa apparire santi a tutti i costi, ma che è sufficiente poter sorridere e passar sopra alle proprie deblacles considerandole normali avvenimenti sul cammino, in cui talvolta si inciampa per rialzarsi e proseguire.

Dovete sapere, forse già lo sapete, che questo personaggio Paolo D’Arpini è nato l’anno della Scimmia ed è perciò profondamente convinto di essere il meglio in ogni campo o per lo meno si atteggia ad esserlo. Ma siccome ha il Legno (amore, empatia) come elemento principale, manifesta questa sicumera attraverso i sentimenti. Poi c’è il Metallo che rende codesto scimmiotto alquanto giusto ed il Fuoco che gli fa vedere le cose per quel che sono, anche se lo rende un po’ troppo “intelligente” (diciamo pure astuto). Il risultato? Quando da giovane scrivevo poesie lo facevo con impegno amoroso, magari cercando di conquistare con quelle dolci parole le ragazze che altrimenti non mi avrebbero filato (visto che non sono un granché). Siccome poi non mi piace la competizione violenta mi ero specializzato nel poker in modo da dimostrare la mia superiorità con il gioco d’azzardo (questo mi ricorda un po’ il tragitto di Siddharta). Inoltre, per quanto riguarda la giustizia, chi mi conosce sa quanto sia un Don Chisciotte contro i mulini a vento, e per l’intelligenza la riprova sta in questa capacità (messa in pratica ora) di raccontare storie ed aneddoti che sanno pure affascinare….

Insomma in tutti gli aspetti della vita, le caratteristiche psichiche e gli aspetti elementali si manifestano secondo la loro natura e non c’è nulla da fare in ciò, succede e basta! Ovviamente questo vale anche nella dimostrazione della mia “santità”, quando si tratta cioè di fare quella parte, debbo in qualche modo dimostrare un’eccellenza od unicità.

Ad esempio il mio voler dare uno specifico ed esclusivo nome all’esperienza interiore, da me definita “spiritualità laica” è uno dei miei vezzi ormai riconosciuti.

La comprensione del significato “spiritualità” appartiene in verità all’intelletto mentre il “cuore” non darebbe alcun nome, al massimo sarebbe una “meraviglia di sé” (gli inglesi dicono bene con la parola “awe”). Dare una definizione ed un significato all’esperienza è già separatezza, dualismo, ma il “cuore” accetta solo l’unione, semplice fioritura, e non comprende la “descrizione” di tale fioritura. Eppure è sotto gli occhi di chiunque che io continuo a parlare di “spiritualità laica” come un giusto modo di esprimere l’integrazione e la realizzazione, avendolo reso persino un “filone”…. Scusatemi per questo imbroglio scimmiesco!

Oggi sono in vena di confessioni e mi pare giunto il momento di raccontare un fatto vissuto tanti anni fa, quando stavo a Jillellamudi con Amma, la mia madre spirituale Anasuya. Dovete sapere che Anasuya è l’incarnazione della verità (come quel Mansur Mastana di cui sopra), ma lei era molto modesta diceva “non c’è differenza fra voi e me” “io sono voi e voi siete me” “i miei attaccamenti mondani sono molto superiori ai vostri voi siete attaccati agli amici, ad una famiglia, io sono attaccata a tutti voi”… Il significato di Anasuya è “una che è aldilà dell’invidia e della gelosia” ed infatti come poteva essere invidiosa o gelosa quando riconosceva se stessa in tutti ed in tutto ciò che esiste? Cosa significa per Anasuya essere più belli, più brutti, più bravi o più furbi? E perciò Anasuya non manifestava alcuna qualità diversa da quelle che le erano proprie, che facevano parte delle caratteristiche innate con le quali era nata. In ogni caso erano le qualità di una “incarnazione” della verità, come d’altronde ognuno di noi…. E le sue lezioni erano dolci e sublimi, crudeli, a volte, ma piene di nettare.

Vi racconto una di tali lezioni “materne” da me allora vissuta.

Avevo preso l’abitudine da alcuni giorni di recarmi sulla costa, da cui Jillellamudi dista una ventina di miglia, per restarmene in meditazione solitaria di fronte all’oceano. Un giorno mi trovavo in bicicletta pedalando per andare alla spiaggia. Chi di voi conosce le vecchie bici indiane sa che sono macchinari impossibili, altissime e con grandi ruote, una volta salito in sella e partito non è facile fermarsi o compiere acrobazie. Per cui procedevo spedito sgattaiolando senza mai fermarsi fra altri velocipedi, risciò e pedoni.

“Chi si ferma è perduto” dice un vecchio adagio ed infatti cercavo di non fermarmi mai lungo il periglioso percorso. Già un paio di volte alla periferia di Bapatla, la cittadina che dovevo attraversare prima per raggiungere il mare, avevo notato una capannuccia minuscola dalla quale usciva un filino di fumo, davanti alla quale stazionava una vecchietta male in arnese, forse aspettava qualcuno o chiedeva l’elemosina, non so. Nel frattempo dopo alcuni passaggi di andata e ritorno avevo appurato che la vecchietta era in realtà una lebbrosa, con le mani mangiate dalla malattia ed anche alcune parti del volto. Non mi ero mai fermato sia per la mia difficoltà nel pilotare il velocipede ed –ovviamente- anche per la reticenza ad affrontare una situazione alquanto “anomala” per me. Non avevo però potuto ignorare quella presenza, e ricordarmi delle storie di Gesù, di San Francesco, di Madre Teresa di Calcutta e di tutti gli altri santi che curavano e benedicevano i lebbrosi e gli appestati. Insomma la mia “santità” veniva solleticata ed anche la tentazione di dimostrare a me stesso (e di conseguenza al mondo) che non ero inferiore agli altri santi, mi spinse una bella mattina ad arrestare il biciclone (quasi perdendo l’equilibrio) davanti a quella vecchia signora.

Avevo in tasca alcune rupie e ne diedi una alla donna, poi mi ricordai di un’altra banconota da due rupie decrepita e forse anche falsa che mi era stata appioppata da qualcuno e mi dissi “tanto io non potrei mai spendere queste rupie, perché nessuno dei negozianti le prenderebbe, tanto vale darle a questa donna, magari lei riesce a spenderle…” e così feci. La vecchietta mi ringraziò con le mani giunte, anch’io la salutai compito (a distanza di sicurezza) e rimontai in sella partendo a sbalzelloni.

L’immagine di me, che mi ero costruito, era comunque “bellissima” già mi vedevo raccontare l’avventura agli amici di Calcata, con tanto di descrizioni del marciume della carne della povera vecchia, del mio sprezzo del pericolo, etc. Trascorsero alcuni giorni in cui non passai più di là, finché una bella mattina eccomi di nuovo su quella strada e davanti alla capanna c’era la lebbrosa a sbracciarsi, mi si piazzò quasi di fronte alla bici, facendomi perdere l’equilibrio e costringendomi ad una brusca frenata.

Pensai un po’ scocciato “ma che vuole ancora questa? Non le è bastata l’elemosina dell’altra volta?”. La donna mi costrinse ad entrare nella sua capannuccia dove non si stava quasi in piedi e dove lo spazio era appena sufficiente per due persone affiancate e per un giaciglio che stava lì dappresso. Io mi sentivo molto a disagio e debbo dire che provai anche timore non sapendo come muovermi o comportarmi. La donna estrasse da una sua sacchetta, con lentezza che trovai estrema, un qualcosa di arrotolato, e me lo porse… era la banconota da due rupie… Compresi allora che neanche lei era riuscita a “spenderle” e quindi me le restituiva…. Non ebbi il coraggio di riprendermi quel pezzetto di carta che oltre che falso ora mi sembrava anche “infetto”… Altro che sublimazione ed imitazione di Gesù, San Francesco, etc. etc. mi ritrovavo lì, scimmiotto furbetto, ad essere ripagato con la mia stessa moneta…

Offrii alla lebbrosa un’altra banconota da due rupie, in buone condizioni, mi scusai a gesti con lei e scappai il più velocemente possibile dalla scena e per un bel po’ smisi di andarmene a “meditare” sulla spiaggia, in bicicletta.

Vi è piaciuta questa storia?

Paolo D’Arpini

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D’Arpini ri-visita Viterbo il 4 settembre 2009 – Comunicato Stampa

In questi giorni, con il dovuto anticipo organizzativo, il team vaticano, la protezione civile e le forze dell’ordine (e della disciplina) controllano e testano la sicurezza dei vari luoghi che saranno toccati dalla visita papalina prevista il 6 settembre 2009 nella Tuscia. Controlli a tappeto vengono effettuati sul campo di calcio di Civita di Bagnoregio ove si prevede l’atterraggio del papa-elicottero e vengono effettuate prove cronometriche e di sicurezza sui percorsi alternativi e sul tragitto preferenziale da far seguire alla papa-mobile per giungere nella Città dei Papi (uno più uno meno…).

Visto l’assembramento presagito in occasione della discesa del papa Ratzinger in terra viterbese viene perciò anticipata la prevista visita di Paolo D’Arpini, presidente pro-tempore del Circolo vegetariano VV.TT. di Calcata, al 3 o 4 settembre 2009.

“Domenica 4 settembre è luna piena, quindi il momento è particolarmente auspicioso per la scappata laica di Paolo D’Arpini a Viterbo – comunica l’ufficio relazioni con il pubblico del Circolo – scopo della visita è l’annuncio della prossima manifestazione laica prevista a Viterbo in occasione del solstizio invernale”.

Il fatto che contemporaneamente alla visitazione del D’Arpini la notte del 3 settembre 2009 sia programmata a Viterbo la processione di Santa Rosa ed il 4 ci sarà ancora movimento non deve preoccupare per l’eventuale ressa, infatti il presidente vegetariano incontrerà solo quattro amici al bar e non vi sono perciò rischi di intasamento indesiderato.

“Considerando che Paolo D’Arpini – prosegue il comunicato del Circolo – si muove di rado e con mezzi di fortuna, si stanno studiando le distanze ed i tragitti. Una possibilità di cammino sarebbe il raggiungimento da Calcata con l’autostop sino a Settevene e da lì risalire con la corriera che passa sulla Cassia bis e giunge a Viterbo. Altrimenti D’Arpini potrebbe arrivare a Civita Castellana (forse in bicicletta o con altro trasporto alternativo) e quindi montare sul trenino del Cotral che in appena due ore giunge nel capoluogo della Tuscia. Gli aspetti logistici sono tenuti in attenta considerazione, ivi compresa l’offerta di un amico di Faleria che ha proposto il suo asino per la risalita a Viterbo, la cosa potrebbe anche andare (per il risparmio evidente sui costi di viaggio) l’unico problema è la durata: almeno due giorni di cavalcata ininterrotta”.

Altra alternativa possibile sarebbe quella di posticipare la visita del D’Arpini al 6 settembre 2009 e chiedere a quel punto un passaggio alla carovana vaticana in transito. Ma questa chance pare esclusa, vista l’incompatibilità delle due motivazioni, quella papale e quella laica.

Ufficio Stampa e Relazioni con il Pubblico

Info: 0761-587200 – circolo.vegetariano@libero.it  

……

Un buon giorno se ne è andato

ma la notte sia migliore

se un canto hai nel cuore

(L’aura)

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Massimo Bormioli ed il ciclista che veniva dal Giappone, una storia della Calcata che esiste e non esiste

 Massimo Bormioli è forse sconosciuto ai più, per chi ha frequentato negli anni scorsi Calcata forse resta una memoria di un personaggio strano vestito di bianco con i sandali ai piedi, estate ed inverno, l’aria ieratica, che stazionava nella piazza davanti alla chiesa e prendeva il sole se faceva freddo oppure stava all’ombra vicino a qualche vicoletto ventilato se faceva caldo. Massimo era -dico era non perchè sia deceduto ma solo perché ha interrotto la sua attività e la sua permanenza qui- un artigiano artista del legno intagliato a coltello. Per alcuni anni visse a Calcata in un piccolo studio, dormendo sul tavolaccio che gli serviva da tavolo da lavoro, mangiando cibo semplice e sfarfallando nel paese con movimenti eterici. Alcuni lo chiamavano “il francescano” altri -più maligni- “il sacrestano”. Certo un personaggio particolare lo era, al limite fra la saggezza e la pazzia, fra la bontà e la malizia, fra l’innocenza e l’esibizione. Pomeriggi su pomeriggi ho dialogato con lui sui gradini della chiesa e malgrado non fosse possibile “concretizzare” alcunché era per me una grande fonte di ispirazione e riflessione, essendo lui Cinghiale d’Acqua ed io Scimmia di Legno.Ora se n’è fuggito da Calcata, ha lasciato il luogo ed anche la memoria, così celere è la immissione e la cancellazine nell’inconscio collettivo di questo paese che rappresenta lo Yn e lo Yang nella sua pienezza. Definisco spesso Calcata “Sodoma e Gomorra” e contemporaneamente la chiamo “la sacra dimora di Kali”. Massimo Bormioli è stato uno dei rappresentanti di entrambi questi mondi….

Ora lascio da parte questa rimembranza e vi racconto di un incontro strano che ebbi a Calcata con un ciclista giapponese, avvenuto un po’ di tempo fa quando Massimo era ancora qui, per farvi entrare nell’atmosfera rarefatta della città invisibile che è Calcata…. esiste e non esiste… e così i suoi personaggi e visitatori…. tutti assurdi, unici… evanescenti.   ———–Anche lui veniva da Osaka!

C’è un po’ d’agitazione in piazza, mi accorgo subito che una novità è nell’aria mentre mi siedo sui gradini della chiesa, in un normale giorno feriale senza turisti, nel centro storico di Calcata.

“E’ arrivato un ciclista dal Giappone!” Lorenzo Bizzarri mi dice “Ha attraversato l’intera Asia in bicicletta ed ora è giunto sin qui e sta riposando a casa mia”. Non passa molto tempo che vedo comparire un giovane nipponico, dall’aria sveglia, mi avvicino a lui mentre lui stesso si sta avvicinando a me, ci salutiamo con le mani sul petto e lo invito a sedersi sui gradini per scambiare due parole.

“Da dove vieni e come viaggi?” Gli chiedo e lui, in un inglese un po’ scolastico: “Vengo da Osaka, dal Giappone, con questa mia bicicletta, ho attraversato tutto il sud della Cina, lì non è stato difficile, tra l’altro conosco il cinese, poi son andato in Tibet dove ho visitato molti monasteri ed infine ho fatto il giro dell’India, fermandomi anche a Calcutta…” Mentre così dice mi mostra un ciondolo con l’effige di Vivekananda e di Ramakrishna Paramahansa, due famosi santi del luogo consacrato a Kali. “Questa cavigliera di conchiglie mi è stata invece regalata in Kerala, in un tempio vicino all’oceano indiano”. Non posso fare a meno di commentare “Allora stai facendo un pellegrinaggio?! Da quanti anni sei in viaggio, come fai a mangiare, a ripararti dalla neve e dal gelo sui passi, dal calore rovente dei deserti…”. Mi risponde tranquillo “Sono ormai due anni che viaggio sempre pedalando, non ho fretta, forse andrò in Africa od in America, sto raccogliendo materiale per un mio studio antropologico, secondo me siamo tutti fratelli, le distinzioni politiche e religiose tanto strombazzate non esistono per la gente comune, quella delle strade secondarie e dei piccoli centri, per dormire ho con me una minuscola tenda che in qualche modo mi ripara dalle intemperie, certo quando piove molto, come i giorni scorsi in cui son rimasto bloccato a Roma, allora la tenda diventa tutta bagnata, ma io dormo lo stesso, in fondo son giovane ho solo 27 anni, per il mangiare vado avanti a scatolette, qualche volta mi cucino una pasta con un fornelletto che mi porto appresso, in casi fortunati -come stasera qui a Calcata- un’anima gentile mi ospita. Ho sempre viaggiato senza noie, persino in Pakistan ed Afganistan, di solito ben accolto da tutti, solo in Iran ho avuto un po’ di difficoltà, stranamente con i giovani che non amano quelli dell’estremo oriente, sarà perché molti invasori della Persia erano mongoli, chissà? Comunque ho capito che nessuno, in se stesso, è particolarmente xenofobo salvo che ci sia di mezzo la politica o la religione. Per noi in Giappone è forse più semplice accettare le differenze, vi sono varie forme di pensiero, lo Shinto, il Buddismo, lo Zen, l’Animismo, ma nessuna preclude l’altra.

Tu ad esempio di che religione sei?”. Visto che ora è passato lui all’offensiva delle domande, ribatto prontamente “Prima diciamoci almeno i nostri nomi, io mi chiamo Paolo e tu?” Mi sussurra un nome che suona come “Ushiko” ed immediatamente mi vien voglia di chiedergli, “Ma che vuol dire?” Ci pensa lungamente, assorto e con vari moti del volto e mi risponde “Oceano, vuol dire uomo-oceano”. Immediatamente mi sovviene la storia Zen del lottatore Grandi Onde che meditando sul suo stesso nome divenne invincibile, e questo ragazzo che mi sta al fianco, così minuto ma forte, così semplice ma saggio, mi sembra improvvisamente l’incarnazione dell’oceano. Allora rispondo alla sua domanda “Necessariamente essendo nato in Italia la mia matrice religiosa è quella cristiana, ma indipendentemente dal sentiero non può esservi differenza nel fine supremo, quelli che noi chiamiamo i profeti ed i santi, Gesù, Maometto, Buddha e tutti gli altri sicuramente non son differenti dall’Essere Supremo che tutti pervade”. Oceano mi sorride e gli brillano un po’ gli occhi di soddisfazione nell’ascoltarmi, intanto si è fatta sera, abbiamo chiacchierato per più di un’ora intervallata da meditabondi momenti di silenzio, alla fine ci salutiamo, stavolta dandoci la mano, e ripromettendoci di scrivere qualcosa di questo incontro, lui tiene un diario di viaggio ed io ho il vezzo delle storie commemorative.

Il pomeriggio del giorno dopo risalendo al Centro Storico incontro il mio amico sculture Massimo Bormioli, gli chiedo “Hai saputo del ciclista? E’ già ripartito?” E lui “Si stamattina presto, voleva arrivare sino ad Assisi” Ed io “Hai visto che coraggio, pedalare per migliaia di kilometri, da Osaka fino a Calcata” E Massimo di rimando ” Pure lui veniva da Osaka? Ma lo sai che alcuni giorni fa mi capitò di ospitare un altro ciclista giapponese che stava facendo il giro del mondo in bicicletta, anche lui veniva da Osaka…..!”.

Paolo D’Arpini