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Laicità, laicismo e libertà di pensiero nello Stato…

Lunario Paolo D'Arpini 1 luglio 2018

Si dice che lo Stato laico sia l’unico ente “super partes” che consenta libertà di pensiero a tutti i cittadini. Nella Costituzione italiana tale libertà è garantita in diversi punti, questo perché la nostra costituzione è nata in un momento particolare della nostra storia patri, subito dopo la caduta del fascismo che aveva fatto del “concordato con la chiesa cattolica” una pietra miliare utile alla sua egemonia politica interna. Dopo la liberazione dal fascismo, per alcuni anni, si sperò che la divisione tra i poteri laici dello stato ed i dettami religiosi della chiesa avessero trovato un equilibrio, garantendo una libertà espressiva. Purtroppo non è stato così, a cominciare dai patti stilati da Bettino Craxi con il vaticano nel 1984 (Vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_di_Villa_Madama) che andavano a sancire una sorta di rivincita religiosa nei confronti dello stato laico.

Ma a questo punto cerchiamo di capire il significato che viene dato al termine “laico”. Controllando sul vocabolario l’origine etimologica della parola viene fuori: “Laico”, dal latino “laicus” di derivazione dal greco “laikos” significa “del popolo, profano, estraneo al contesto strutturale sociale e religioso”, opposto a “clerikos” (dal greco) “del clero”! Al contrario nella terminologia religiosa cattolica questa parola assume tutt’altro significato, il termine “laico” è sostanzialmente travisato venendo a significare “persona appartenente alla religione ma non ordinata nel vincolo sacerdotale”. Questa differenza di vedute ha portato ad una contrapposizione tra la “cultura laicista” e quella “clericale”. Ma ciò non è benefico dal punto di vista della libertà di pensiero che andrebbe estrinsecata non nella funzione contrappositiva bensì in quella della ricerca spontanea.

Mi spiego meglio. Perché darla vinta a chi storpia il significato invece di correggere le devianze (opera di strumentalizzazione)? Occorre restituire valore-verità alla parola “laico”, simbolo di autonomia da ogni sovrastrutturazione ideologica, compresa quella del “laicismo”. Non prestandosi al gioco delle ideologie politiche e religiose, la laicità si affranca da ogni tendenza alla diatriba, ritornando ad essere un’espressione priva di connotazioni (come specificato nel significato originario…”del popolo, estranea ad ogni costrutto sociale e religioso…”), insomma libera! Che altrimenti la battaglia per il mantenimento della laicità nello stato si presta ad interpretazioni deviate e di parte.

Fino a qualche anno fa la battaglia “laicista” in Italia si combatteva più che altro contro la chiesa, ed essenzialmente contro l’esibizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Poi pian piano all’antagonismo contro la prevalenza del cristianesimo si sono aggiunti torme di “fedeli” di altre religioni, compresi i credenti nell’ateismo. Ogni fede concorrente vuole occupare un pezzetto dello stato ed ottenere maggiore influenza. Lo spirito laico deve oggi difendersi non solo dai cristiani ma da una grande ammucchiata oppositiva: ebrei, musulmani, protestanti di varie sette e congregazioni, buddisti, bahai, new age, etc. Ognuna di queste fedi con le proprie richieste ed intromissioni.

Ed ora i veri laici sono costretti a barcamenarsi e a difendersi non solo dalle arroganti pretese del cattolicesimo, che afferma la sua posizione di “religione di stato”, ma debbono osservare sgomenti l’avanzata di nuovi “compromessi storici”, mentre lo Stato deve cedere il passo al nuovo corso dettato dai mullah e dai rabbini, etc.

Per un rispetto delle pari opportunità di tutte le minoranze religiose presenti oggi in Italia e per una politica dell’accoglienza si tende ad accettare sempre più le richiese contrastanti di altre religioni che bussano alle porte dello Stato, favorendo la costruzione di nuovi luoghi di culto e l’approvazione di simboli e regolamenti religiosi contrastanti con le leggi vigenti, vedi ad esempio la macellazione per sgozzamento senza stordimento, halal musulmana e kosher ebraica, o la legge della sharia o i dettami talmudici, etc. Tale avanzata, su più livelli di diverse nuove e vecchie religioni, porta ad un ulteriore indebolimento dello Stato laico.

Natura è spirito. Contro l’abuso delle religioni. Mi scriveva l’amico Nico Valerio: “Contro gli abusi lessicali suggeriti dalla Chiesa (pensiamo p.es. all’inesistente distinzione semantica-politica tra Stato “laico” o scuola “laica”, e “laicista”, nel senso di seguace di quella stessa idea; mentre i preti danno a intendere che il secondo termine sia un rafforzativo o peggiorativo del primo…) con papa Giovanni Paolo II in testa e qualche politologo finto-laicista a fargli da contorno, per cui i “laici” sarebbero loro, cioè preti e clericali nientemeno…”

Ma sostanzialmente la laicità, intesa nel senso originario, non dovrebbe assolutamente essere confusa con una “non religiosità” ma come espressione di una spontanea “spiritualità naturista”, che deriva da Naturismo o filosofia della Natura. Com’è noto agli antropologi e storici le forme antiche di spiritualità sono tutte naturalistiche. Nei dizionari migliori il termine “Naturismo” ha anche questo antico significato.

Tra le differenze d’impostazione che contraddistinguono le filosofie naturalistiche e le religioni di matrice giudaico-cristiana-musulmana, va considerata l’aderenza alla vita e la non differenziazione tra spirito e materia, che prevale nelle forme pensiero libere da dogmi teisti, mentre nelle fedi del “libro” prevale la condanna della naturalità e la separazione tra spirito e materia.

La causa di questo scollamento dal quotidiano nella nostra cultura occidentale è una conseguenza della conversione ai dettami biblici (e sue elaborazioni in termini cristiani e maomettani) che ha provocato la progressiva corruzione e cancellazione della originaria visione naturalistica.

Tra l’altro la parola “religione” sta a significare “riunire ciò che è diviso” mentre nella natura non c’è mai stata alcuna divisione. Il tutto è sempre presente nel tutto: Natura naturans e Natura Naturata. Questa è anche una vera espressione di laicità, una laicità pura, naturale, non macchiata da una rivalsa nei confronti del pensiero religioso o spirituale.

Laicità come emblema di libertà. Il significato stesso di “laicità” impedisce l’assunzione di un modello, di un pensiero definito e specifico. Ciò vale anche per la cosiddetta Spiritualità Naturale o Laica, che è sincretica nell’accettazione delle varie forme di pensiero ma non riveste i panni di alcune d’esse, si tiene in sospensione, in una condizione di trascendenza.

Ovviamente la laicità per essere genuina deve essere distaccata persino dal concetto stesso di “laicità” ovvero non deve considerare questo atteggiamento di distacco come un prerequisito di verità. Ciò è comprensibile se osserviamo i vari aspetti della ricerca di sé nel dominio dell’esperienza diretta e quindi dell’indescrivibilità del suo processo conoscitivo. In un certo senso la “laicità” è una forma di osservazione che denota assoluta libertà, una libertà che non può essere mai racchiusa in una descrizione.

Paolo D’Arpini

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Smettiamola di vivere come schiavi dei capitalisti e dei loro agenti! La rivoluzione non aspetta….

Lunario Paolo D'Arpini 18 giugno 2018

Con le elezioni del 4 marzo 2018 le masse popolari del nostro paese hanno aperto una breccia nel sistema politico delle Larghe Intese capeggiato dal PD di Renzi-Gentiloni e dall’alleanza Forza Italia di Berlusconi, Lega di Salvini, Fratelli d’Italia di Meloni. Il colpo di Stato tentato il 27 maggio da Sergio Mattarella è fallito e il 1° giugno i vertici della Repubblica hanno insediato il governo Di Maio-Salvini (M5S-Lega) con a capo Giuseppe Conte.

Quelli che denigrano il “governo del cambiamento” sbagliano: si tratta non di richiudere ma di allargare la breccia aperta nel sistema politico delle Larghe Intese, con ogni mezzo! La stessa insofferenza che ha portato le masse popolari al risultato del 4 marzo, potenziata dalla mobilitazione e dall’organizzazione che sta a noi creare, andrà oltre il “governo del cambiamento” ancora succube dei vertici della Repubblica Pontificia, porterà al governo di emergenza delle masse popolari organizzate e porterà all’instaurazione del socialismo!

Oggi i vertici della Repubblica Pontificia sono costretti a “fare di necessità virtù”. Un tempo il defunto Gianni Agnelli diceva che in Italia per prendere misure favorevoli ai padroni ci voleva un governo di sinistra (cioè, allora, legato sottobanco al PCI dominato prima dai revisionisti moderni e poi dalla sinistra borghese). Ora i vertici della RP contano di far fare al “governo del cambiamento” M5S-Lega, frutto dell’insofferenza popolare contro le Larghe Intese, più e meglio di quello che facevano i governi delle Larghe Intese.

Anche la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti (NATO, UE, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e tutta l’oligarchia finanziaria mondiale) ha accettato il governo Di Maio-Salvini: sono convinti di averlo sotto controllo, di riuscire a fargli continuare le politiche del governo Gentiloni, anzi di fargli fare di più e meglio, per i loro interessi.

Gli esponenti del sistema politico delle Larghe Intese sono indeboliti dalla posizione ambigua della Lega: questa continua a governare Regioni e Comuni con Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma è anche parte decisiva del “governo del cambiamento” Di Maio-Salvini. Tuttavia Renzi, Berlusconi e i loro associati fanno a gara a denunciare il governo Di Maio-Salvini: gli rimproverano di fare la stesse cose che hanno fatto Gentiloni, Renzi, Letta, Monti, Berlusconi, Prodi succedendo l’uno all’altro, di fare con arroganza e con dichiarazioni pubbliche di indipendenza quello che loro facevano osservando anche le forme della sudditanza alla UE e alla NATO. In particolare gareggiano tra loro nel cercare di manipolare le masse popolari: si associano a Papa Bergoglio e rimproverano al governo Di Maio-Salvini di proseguire contro gli immigrati (per ora solo escludendo i privati dalle operazioni di soccorso in mare: ha iniziato nel caso concreto con l’Aquarius, la nave di una ONG, la SOS Méditerranée) la stessa politica che Napolitano ha inaugurato (1997) con ben maggiore ferocia facendo affondare dalla Marina Militare italiana la Kater i Rades carica di immigrati albanesi, la stessa politica proseguita con le leggi Turco-Napolitano, Bossi-Fini fino alla Orlando-Minniti. Proprio i gruppi e gli esponenti delle Larghe Intese sono stati i principali (sebbene ipocriti) promotori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari in particolare contro gli immigrati, cioè sono stati e sono i promotori principali della trasformazione del contrasto tra masse popolari e borghesia in contrasti tra parti delle masse popolari. È la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti che costringe milioni di persone a emigrare destabilizzando gli Stati che si oppongono alla libera circolazione dei capitali e devastando i paesi aperti alle scorrerie internazionali dei capitalisti. Sono i capitalisti che nei paesi imperialisti sfruttano gli immigrati costringendoli a salari e a condizioni di vita peggiori di quelli che sono finora riusciti a imporre al grosso dei lavoratori d’origine italiana. I governi delle Larghe Intese hanno costantemente operato al servizio degli interessi dei capitalisti. I gruppi e gli esponenti del sistema politico delle Larghe Intese si ricandidano per dirigere ancora in futuro il governo italiano della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti, ma si illudono quando pensano di risalire la china del loro declino elettorale.

Gran parte degli esponenti della vecchia sinistra borghese (quella erede dei revisionisti moderni) condivide e riecheggia le denunce dei politicanti delle Larghe Intese. Anziché allargare la breccia aperta nel sistema politico delle Larghe Intese, organizzazioni e personaggi della vecchia sinistra borghese cercano di trascinare dalla loro parte le masse popolari e di conquistare il loro favore in vista delle prossime elezioni. Ma anche essi si illudono. Dal punto di vista degli interessi delle masse popolari, in particolare dei proletari, non hanno alcuna buona ragione e quindi non riusciranno a far apprezzare la minestra riscaldata di buoni propositi e di illusioni che propongono. Le loro aspirazioni si scontrano con la realtà. Non osano affrontarla per quello che è: proprio in questi giorni sul “sacco di Roma” stanno facendo un gran chiasso per nascondere un fatto semplice, cioè che la politica urbanistica a Roma è dettata dal Vaticano e dalle congregazioni religiose che sono direttamente o indirettamente proprietarie dei terreni e degli immobili (neanche a pensarci di nazionalizzarli!) e di una parte decisiva dell’economia della Capitale.

Venendo agli interessi delle masse popolari, in particolare degli operai e dei proletari, è un fatto che il governo Di Maio-Salvini non ha la forza di attuare le misure favorevoli ai lavoratori e alle masse popolari contenute nei programmi elettorali del M5S e della Lega, neanche quelle indicate nel Contratto di governo Di Maio-Salvini, né si sta dando i mezzi per farlo. Questo è un fatto, indipendentemente dalle intenzioni, dalle idee e dalle parole dei suoi capi, fautori ed elettori.

Cosa significa darsi i mezzi per farlo?

Finché l’economia del nostro paese è nelle mani dei capitalisti, questi faranno quello che ritengono utile per valorizzare il proprio capitale (i loro propagandisti le chiamano “leggi dell’economia”): riduzione di personale compensato nel migliore dei casi con ammortizzatori sociali, delocalizzazione di aziende, esternalizzazione di lavorazioni con in più appalti e subappalti, precarizzazione dei lavoratori, riduzione di diritti e di salari. I gruppi finanziari italiani ed esteri ricatteranno il governo con il Debito Pubblico e gli interessi (spread, compatibilità finanziaria, pareggio di bilancio, ecc.). I loro propagandisti faranno di tutto per intossicare l’opinione pubblica come i vertici della Repubblica Pontificia (finanzieri, cardinali, speculatori, esponenti della criminalità organizzata e associati) crederanno meglio. Tutte le politiche seguite dall’inizio della crisi negli anni ’70 e accentuate dopo l’ingresso nel 2008 nella fase acuta e terminale della crisi, corrispondono a queste esigenze dei capitalisti, in ogni campo: l’istruzione pubblica, le pensioni, la sicurezza sociale, i servizi pubblici, la manutenzione del territorio, l’inquinamento dell’ambiente, la sicurezza personale, ecc. Non c’è campo che non è stato trasformato per fare gli interessi dei capitalisti, eliminando o riducendo le conquiste di civiltà e di benessere che la borghesia aveva dovuto concedere quando il movimento comunista era forte e la rivoluzione proletaria avanzava nel mondo minacciando il loro potere e i loro privilegi.

L’attuale catastrofico corso delle cose non è casuale, non è dovuto a cattiveria di individui o a errori di valutazione: è quello che i capitalisti devono fare stante la crisi economica del loro sistema e la crisi generale che ne deriva. “Siamo in guerra!”, così Marchionne ha descritto, per una volta esattamente, lo stato delle cose che regna tra i capitalisti. Ogni capitalista deve valorizzare il suo capitale: deve produrre quello che riesce a vendere (non importa che sia veleno o pornografia), lo deve produrre a prezzi minori dei suoi concorrenti (essere competitivi, sottrarre mercato ai suoi concorrenti), lo deve vendere a ogni costo imbrogliando quanto necessario (da qui le grandi spese in pubblicità, imballaggio, promozione). I capitalisti coinvolgono popoli e paesi nella guerra che loro devono condurre l’uno contro l’altro a causa del sistema storicamente sorpassato di cui sono esponenti e feroci fautori come ossessi.

Chi vuole davvero prendere misure favorevoli alle masse popolari e quindi contrastanti con gli interessi dei capitalisti, deve darsi i mezzi per farlo, per far fronte ai loro ricatti e alle loro aggressioni, all’interno e dall’estero.

Un governo per fare gli interessi delle masse popolari deve appellarsi alle masse popolari, ai lavoratori delle aziende produttrici, a quelli delle banche e delle istituzioni finanziarie perché denuncino e prevengano le manovre dei loro padroni: basta con i segreti commerciali, finanziari e fiscali. Deve favorire in ogni modo la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari per far funzionare la società secondo gli interessi delle masse popolari stesse. Deve bloccare il servizio del Debito Pubblico (il pagamento dei titoli in scadenza e degli interessi) e trasformare i titoli proprietà di membri delle masse popolari in depositi bancari disponibili per le loro spese.

Per questo noi comunisti ci appelliamo anche ai fautori, ai sostenitori e agli elettori che hanno votato M5S o Lega contro i governi delle Larghe Intese e contro la sottomissione di questi governi alla NATO e all’UE. Se appartengono alle masse popolari, devono farsi promotori in ogni azienda privata e pubblica e in ogni istituzione dell’organizzazione dei lavoratori per prendere in mano e promuovere da subito nel loro luogo di lavoro e nella zona circostante misure conformi agli interessi delle masse popolari ed esigere che il governo M5S-Lega li sostenga. Se sono esponenti delle organizzazioni o delle strutture della società civile, dell’amministrazione degli enti locali o dei sindacati, devono costituire organismi che promuovono e sostengono la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari e le loro iniziative.

Bisogna opporsi in ogni azienda e in ogni istituzione alla riduzione di personale, alle delocalizzazioni e alle esternalizzazioni. Ogni progresso tecnologico è benvenuto e deve andare a favore della riduzione del tempo di lavoro e della fatica, al miglioramento della produzione e delle condizioni di lavoro e alla riduzione dell’inquinamento. Tutti i miglioramenti tecnologici devono essere generalizzati: basta con il segreto industriale.

Tutti quelli che svolgono attività stabili in un’azienda, devono essere integrati nell’organico dell’azienda: basta con appalti, subappalti, esternalizzazioni e precariato. Le lavorazioni saltuarie devono essere affidate per tutte le aziende di una zona ad agenzie territoriali che le svolgano per tutte le aziende della zona. Le aziende devono produrre tutto e solo quello che le istituzioni sociali a questo deputate stabiliscono e ricevere quello che loro occorre per produrre. Ogni azienda deve essere valutata in base alla quantità e qualità della sua produzione, alle materie prime e all’energia che consuma, alle condizioni di lavoro in cui funziona e all’inquinamento e ai rifiuti che produce. Agenzie territoriali possono svolgere per tutta la popolazione e per aziende e istituzioni tutte le attività oggi svolte da lavoratori precari. Ogni azienda deve diventare un centro di vita sociale e culturale per la zona dove è insediata. Basta con aziende che producono veleni e porcherie pur che si vendano e che consumano quello che vogliono pur che costi poco: basta con aziende che esistono per far fare soldi ai capitalisti loro proprietari.

La cura e la formazione delle nuove generazioni deve essere compito, dovere e opera di tutta la società, senza restrizioni di alcun genere. La regola generale deve essere: elevare il livello culturale e insegnare a pensare, senza limiti alle risorse necessarie. Oggi esistono le risorse per assicurare a ogni persona in ogni campo tutta l’assistenza di cui ha bisogno. In una società in cui ogni individuo svolge un lavoro socialmente utile e riconosciuto, la sicurezza si riduce a reprimere e prevenire i comportamenti asociali di singoli individui, la repressione e la prevenzione possono essere svolte localmente e senza difficoltà dalla popolazione stessa, previa una formazione universale adeguata.

I grandi traffici della criminalità organizzata, del traffico di droghe, esseri e organi umani e armi sono strutturalmente connessi ai traffici industriali e finanziari dei capitalisti. Si combattono efficacemente solo se si pone fine alla libertà d’azione dei capitalisti, se si attua quello che già prescrive (articoli 41 e 42) la Costituzione del 1948, confermata dal referendum del 4 dicembre 2016 contro il governo Renzi: la proprietà privata dei mezzi di produzione vale solo finché serve al benessere generale della società.

Oggi abbiamo i mezzi materiali e le conoscenze necessari per eliminare l’inquinamento e le calamità naturali o prevenirle e proteggerci adeguatamente.

Ogni popolo può stabilire rapporti di solidarietà, collaborazione e scambio con gli altri popoli, solo se è padrone in casa propria: la lotta per la sovranità nazionale contro l’oppressione e l’invadenza dei gruppi e degli Stati del sistema imperialista mondiale, contro la NATO e l’UE è un passaggio indispensabile. Oggi è il capitalismo che mette un paese contro l’altro, una nazione contro l’altra, un individuo contro l’altro.

Questi sono i cambiamenti che occorrono alle masse popolari. Quindi questo è il cambiamento che dobbiamo esigere dal “governo del cambiamento”. Se non è in grado di farlo o non vuole farlo, bisogna fargli fare la fine dei governi delle Larghe Intese e sostituirlo con un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, con un governo delle organizzazioni operaie e popolari. Dobbiamo fare della costituzione del “governo del cambiamento” l’inizio di un periodo di lotte per porre fine al catastrofico corso delle cose imposto dalla borghesia imperialista, anzitutto nel nostro paese. È possibile. È necessario. Noi dobbiamo farlo in Italia e la nostra azione farà scuola alle masse popolari degli altri paesi imperialisti e dei paesi oppressi. È bastato impedire alla nave di una ONG (nel caso concreto l’Aquarius) di attraccare nei porti italiani per mettere in subbuglio i governi degli altri paesi europei. Facile immaginare cosa succederà con un’azione sistematica e coerente del governo di un paese come l’Italia. Il “governo del cambiamento” deve mobilitare le navi della Marina e della Guardia costiera italiane a soccorrere i migranti nel Mediterraneo. Ma deve anche porre fine all’uso della basi NATO e sioniste stazionate del nostro paese per destabilizzare altri paesi e devastarli. Basta con la partecipazione delle Forze Armate italiane alle missioni militari all’estero, ma invece piena e leale applicazione dell’art. 11 della Costituzione del 1948. L’accordo per la Tregua fatto tra il governo di Kabul e i Talebani per la festa del Aïd el-Fitr (giovedì 14 e venerdì 15 giugno) è l’indizio di quello che succederà nel paesi oppressi man mano che cesserà l’intervento della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti a cui i governi delle Larghe Intese hanno contribuito direttamente, con le basi e le installazioni NATO e sioniste e con la produzione e la vendita di armi. Il “governo del cambiamento” deve mettere effettivamente sotto controllo pubblico l’industria militare, come già prescrivono leggi che non sono osservate, salvaguardando rigorosamente gli interessi dei lavoratori diretti e dell’indotto. Tutto questo è possibile e necessario per porre fine al catastrofico corso delle cose. La base per realizzarlo è la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori, nelle aziende private e pubbliche, nelle istituzioni e nelle zone di abitazione. Promuovere la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari è compito e dovere immediato di ogni persona di buona volontà. Da iniziare subito e dovunque.

Il nostro principale ostacolo e freno è il disfattismo, è la demoralizzazione, la rassegnazione e la sfiducia che oggi ancora sono largamente diffuse tra le masse popolari.

Bando al disfattismo, a tutti quelli che predicano che “le cose vanno male, ma non c’è niente da fare”, che “il vecchio muore, ma il nuovo non può nascere”, che “il socialismo è roba d’altri tempi”, che gli uomini sono egoisti per natura (non è che la vecchia solfa del peccato originale: in realtà ogni individuo è formato dalle condizioni in cui cresce e vive e dall’educazione che riceve). Denunciare i mali del presente è necessario, ma non basta: più importante ancora è indicare cosa fare e da dove incominciare oggi, da subito.

Nel nostro paese le masse popolari non hanno instaurato il socialismo nel secolo scorso solo perché, nonostante l’eroica dedizione alla causa di migliaia e migliaia di comunisti, il partito comunista decapitato di Gramsci non è stato all’altezza del suo compito. Oggi abbiamo raggiunto una più avanzata comprensione delle condizioni e delle forme della lotta di classe espressa nel Manifesto Programma del Partito e siamo in grado di guidare gli operai e il resto delle masse popolari a instaurarlo. I disfattisti hanno completamente torto. Per colti che siano, sono pieni di pregiudizi borghesi e non usano il materialismo dialettico come metodo di conoscenza: quindi non vedono quello che occorre vedere per cambiare il mondo, come un raccoglitore di frutti che non vede nell’albero quello che invece vede il falegname.

Siamo capaci di cambiare il mondo! Cambiare il corso delle cose è possibile! Instaurare il socialismo è necessario!

NPCI – nuovopci@riseup.net

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Lasciate che i pargoli … dicano la verità – “Senza peccato non c’è redenzione!

Lunario Paolo D'Arpini 16 giugno 2018

«[...] mi sovviene una storiella, forse vera e comunque verosimile, appresa da Osho, ed il fatto sembra accadde realmente in una scuola missionaria d’oltre oceano.

Un missionario cristiano svolgeva la sua opera in uno sperduto villaggio nella foresta amazzonica. L’apostolato si presentava bene, prima aveva preso in cura i malati, poi era passato ad assistere gli anziani ed i poveri infine aveva costruito una chiesa con un oratorio per poter insegnare la religione ai bambini. Un giorno stava spiegando la bibbia e raccontava la storia dell’uomo, del peccato originale, della faticosa via verso il bene e di come il compassionevole Gesù fosse venuto in terra per redimere i peccatori che si erano pentiti ed affidati a lui.

Dopo aver così istruito i bambini, per vedere se avessero capito bene il concetto della religione cristiana, chiese ad alta voce alla classe: “Ecco dopo aver ascoltato quel che ho detto chi sa dirmi in sintesi qual è il messaggio della religione?”. Subito un ragazzino sveglio si alzò e disse: “Io l’ho capito, il messaggio è che bisogna peccare”. “Come sarebbe a dire – interloquì il prete – se ho parlato male del peccato dall’inizio alla fine?”. “Tu hai detto che l’uomo è un peccatore, ma egli deve necessariamente peccare per poi potersi pentire e prendere rifugio in Gesù che lo salva… Senza peccato quindi non c’è redenzione”.»

Paolo D’Arpini

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“Il pianeta si sta raffreddando, il riscaldamento globale non esiste…” – Parola di Habibullo Abdussamatov

Lunario Paolo D'Arpini 11 giugno 2018

Il sole definisce il clima, non il biossido di carbonio. Così afferma l’eminente scienziato spaziale russo, Habibullo Abdussamatov (Dr. Scienziato – Responsabile del laboratorio di ricerca spaziale dell’Osservatorio di Pulkovo). È anche a capo del progetto congiunto russo/ucraino Astrometria, Abdussamatov (nella foto) è descritto a pagina 140 dal Rapporto del Senato degli Stati Uniti del 2009 con oltre 700 scienziati dissidenti sul surriscaldamento globale provocato dall’uomo.

Il Dr. Abdussamatov spiega perché il biossido di carbonio è “insignificante” nel cambiamento climatico. Estratti chiave: Le osservazioni del sole mostrano che per quanto riguarda l’aumento della temperatura, il biossido di carbonio non è “il colpevole” e per quanto riguarda i prossimi decenni, non si tratterà di un riscaldamento catastrofico, ma al contrario avremo un calo della temperatura globale molto prolungato. […] Negli ultimi dieci anni, la temperatura globale sulla Terra non è aumentata; il riscaldamento globale è terminato, e già ci sono segnali sul futuro di un profondo calo della temperatura. […]

Ne consegue che il riscaldamento ha avuto un’origine naturale, il contributo di CO2 ad esso è stato insignificante, l’aumento antropogenico della concentrazione di anidride carbonica non serve come spiegazione e nel prossimo futuro la CO2 non sarà in grado di provocare un riscaldamento catastrofico. Il cosiddetto effetto serra non eviterà l’inizio del successivo calo della temperatura, il 19° negli ultimi 7500 anni, che segue senza esito dopo il riscaldamento naturale. […] Al contrario dovremmo temere un profondo calo della temperatura – non un riscaldamento globale catastrofico. L’umanità deve sopravvivere alle gravi conseguenze economiche, sociali, demografiche e politiche di un calo della temperatura globale, che influenzerà direttamente gli interessi nazionali di quasi tutti i paesi e oltre l’80% della popolazione della Terra. Un profondo calo della temperatura è una minaccia considerevolmente maggiore per l’umanità rispetto al riscaldamento. Tuttavia, una previsione attendibile del periodo di inizio e della profondità del calo della temperatura globale consentirà di adeguare in anticipo l’attività economica dell’umanità, per indebolire notevolmente la crisi.

Estratti: Gli esperti delle Nazioni Unite in rapporti regolari pubblicano dati in cui dicono che la Terra si sta avvicinando a un riscaldamento globale catastrofico, causato dall’aumento delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Tuttavia, le osservazioni del sole mostrano che per quanto riguarda l’aumento della temperatura, il biossido di carbonio non è “colpevole” e per quanto riguarda i prossimi decenni, non si tratterà di un riscaldamento catastrofico, ma di un calo della temperatura globale e molto prolungato.
La vita sulla Terra dipende completamente dalla radiazione solare, la fonte principale di energia per i processi naturali. Per molto tempo si è pensato che la luminosità del sole non cambiasse, e per questo motivo la quantità di energia solare ricevuta al secondo oltre un metro quadrato sopra l’atmosfera alla distanza della Terra dal Sole (149 597 892 km), è stata nominata costante solare.
Fino al 1978 non erano disponibili misurazioni precise del valore dell’irradiamento solare totale (TSI). Ma secondo dati indiretti, vale a dire le principali variazioni climatiche stabilite della Terra negli ultimi millenni, si deve dubitare dell’invarianza del suo valore.
A metà del XIX secolo, gli astronomi tedeschi e svizzeri Heinrich Schwabe e Rudolf Wolf stabilirono che il numero di macchie sulla superficie del sole cambia periodicamente, diminuendo dal massimo al minimo, e poi crescendo di nuovo, in un periodo di tempo nell’ordine di 11 anni. Wolf ha introdotto un indice (“W”) del numero relativo di macchie solari, calcolato come la somma di 10 volte il numero di gruppi di macchie solari più il numero totale di punti in tutti i gruppi. Questo numero è stato regolarmente misurato dal 1849. Sulla base del lavoro degli astronomi professionisti e delle osservazioni dei dilettanti (che sono di incerta affidabilità) Wolf ha elaborato una ricostruzione dei valori mensili del 1749 e dei valori annuali del 1700. Oggi, la ricostruzione di questa serie temporale risale al 1611. Ha un ciclo di recidiva di undici anni e altri cicli legati all’insorgenza e allo sviluppo dei singoli gruppi di macchie solari: i cambiamenti nella frazione della superficie solare occupata dalle facule, la frequenza delle protuberanze, e altri fenomeni nella cromosfera solare e nella corona.
Analizzando la lunga registrazione dei numeri delle macchie solari, l’astronomo inglese Walter Maunder nel 1893 giunse alla conclusione che dal 1645 al 1715 le macchie solari erano state generalmente assenti. Nel corso di trent’anni del Minimo di Maunder, gli astronomi del tempo contarono solo circa 50 macchie. Di solito, per un certo periodo di tempo, appaiono circa 50.000 macchie solari. Oggi è stato stabilito che tali minimi si sono ripetutamente verificati in passato. È anche noto che il Minimo di Maunder ha accompagnato la fase più fredda di un abbassamento della temperatura globale, misurato fisicamente in Europa e in altre regioni, la più severa diminuzione della temperatura per diversi millenni, che si estendeva dal XIV al XIX secolo (ora noto come la Piccola Era Glaciale).
La ricerca di una relazione tra grandi variazioni climatiche e fenomeni osservati nel sole ha portato ad un interesse nel trovare una connessione tra i periodi di cambiamento del clima terrestre e corrispondenti cambiamenti significativi nel livello di attività solare osservata, perché il numero di macchie solari è l’unico indice che è stato misurato su un lungo periodo di tempo.
Ruolo determinante del sole nelle variazioni del clima della Terra
La Terra, dopo aver ricevuto e immagazzinato nel corso del ventesimo secolo una quantità anomala di energia termica, dagli anni ’90 iniziò a restituirla gradualmente. Gli strati superiori dell’oceano mondiale, completamente inaspettato ai climatologi, hanno iniziato a raffreddarsi nel 2003. Il calore accumulato da loro purtroppo si sta esaurendo.
Negli ultimi dieci anni, la temperatura globale sulla Terra non è aumentata; il riscaldamento globale è cessato, e già ci sono i primi segnali del futuro calo della temperatura profonda (Fig. 7, 11). Nel frattempo la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera in questi anni è cresciuta di oltre il 4% e nel 2006 molti meteorologi hanno predetto che il 2007 sarebbe stato il più caldo dell’ultimo decennio. Ciò non si è verificato, sebbene la temperatura globale della Terra sarebbe aumentata di almeno 0,1 gradi se fosse dipeso dalla concentrazione di anidride carbonica. Ne consegue che il riscaldamento ha avuto un’origine naturale, il contributo di CO2 ad esso era insignificante, l’aumento antropogenico della concentrazione di anidride carbonica non serve come spiegazione per esso, e nel prossimo futuro la CO2 non sarà in grado di provocare un riscaldamento catastrofico. Il cosiddetto effetto serra non eviterà l’inizio del successivo calo di temperatura, il 19° negli ultimi 7500 anni, che segue senza esito dopo il riscaldamento naturale.
La Terra non è più minacciata dalle catastrofiche previsioni di riscaldamento globale di alcuni scienziati; il riscaldamento ha superato il suo picco nel 1998-2005, mentre il valore della TSI da luglio a settembre dello scorso anno era già diminuito di 0,47 W/m2 (fig. 1).
Per diversi anni fino all’inizio del 2013 una caduta della temperatura costante, in una fase di instabilità, la temperatura oscillerà intorno al massimo raggiunto, senza ulteriore aumento sostanziale. I cambiamenti delle condizioni climatiche si verificano in modo non uniforme, a seconda della latitudine. Una diminuzione della temperatura nel più piccolo grado influenzerebbe le regioni equatoriali e influenzerebbe fortemente le zone climatiche temperate. I cambiamenti avranno conseguenze molto gravi, ed è necessario iniziare i preparativi anche ora, poiché non c’è praticamente tempo nella riserva. La temperatura globale della Terra ha iniziato la sua diminuzione senza limitazioni sul volume delle emissioni di gas serra dei paesi industrialmente sviluppati; pertanto l’attuazione del protocollo di Kyoto volto a salvare il pianeta dall’effetto serra dovrebbe essere rimandata di almeno 150 anni.
[…]
Di conseguenza, dovremmo temere un profondo calo della temperatura – non un riscaldamento globale catastrofico. L’umanità deve sopravvivere alle gravi conseguenze economiche, sociali, demografiche e politiche di un calo della temperatura globale, che influenzerà direttamente gli interessi nazionali di quasi tutti i paesi e oltre l’80% della popolazione della Terra. Una profonda caduta della temperatura è una minaccia considerevolmente maggiore per l’umanità rispetto al riscaldamento. Tuttavia, una previsione attendibile del periodo di inizio e della profondità del calo della temperatura globale consentirà di adeguare in anticipo l’attività economica dell’umanità, per indebolire notevolmente la crisi.

Per lo studio completo vedi qui: Principia Scientific International – http://principia-scientific.org/top-russian-scientist-fear-a-deep-temperature-drop-not-global-warming/

Traduzione dal russo di Lucy Hancock

Fonte italiana: Attività solare – https://www.attivitasolare.com/glossario/attivita-solare/

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Il Dio digitale e la sua tecnologia

Lunario Paolo D'Arpini 7 giugno 2018

Da innocuo giocattolo e utile servigio a cane da pastore.
Da organismo di perdizione a spunto di redenzione.

A quale domanda vuoi rispondere?
Intorno a fine maggio 2018 repubblica.it titolava così un video:
«Facebook, la lavata di capo del parlamentare Ue a Zuckerberg: “Hai creato un mostro».
Non si capisce se lavata di capo era un modo gentile per alludere che l’ha messo al muro o se l’autore – ignoto – del titolo e del trafiletto che segue era immacolato nei confronti di quanto stava presentando così:
«Mark Zuckerberg ceo e fondatore di Facebook, è stato convocato dal Parlamento europeo per rispondere sul caso di Cambridge Analytica. Molti parlamentari si sono innervositi perché Zuckerberg non è riuscito o non ha voluto rispondere a tutti i quesiti postigli. Guy Verhofstadt, ex primo ministro del Belgio e oggi parlamentare europeo dell’Alde, ha caricato sui social il suo discorso a Zuckerberg, tra i più infervorati della seduta: “Lei deve domandare a se stesso se vuole essere ricordato come Steve Jobs e Bill Gates, i quali hanno arricchito la società, o come il creatore di un mostro digitale che sta distruggendo le nostre democrazie”».

Tecnologia da tartufo
Ma i tartufi siamo noi e qualcuno ci farà il suo risotto.
https://www.youtube.com/watch?v=qYnmfBiomlo

Quanto dice il signor Guy Verhofstadt a Mark Zuckerberg sarebbe abbastanza per aprirci gli occhi sul potere che ci sovrasta. Sul controllo assoluto che si sta compiendo.
In realtà non basta affatto. Come possiamo comprendere dal video qui sopra, è necessario riconoscere e considerare le oligarchie finanziarie che sormontano anche Zuckerberg, accettando di credere alla sua trasparenza e/o innocenza. Vere timoniere dell’orbita del mondo, in grado di accendere e spegnere guerre, governi, spostamenti di popoli, patologie e forse anche clima, per estendere e affermare il proprio dominio planetario, spesso sotto l’egida della pace nel mondo.

Fallout esiziale
Oltre del potere che ci sovrasta, sarebbe necessario prendere coscienza anche di quello che ci permea e ci impregna: umore originariamente alieno ma ormai biologico, bypassato da una vita trascorsa sotto la permanente pioggia dell fallout di migliaia e migliaia di bombe Com. Quelle lanciate dalle emittenti di chi possiede la comunicazione, e infinitamente rilanciate da ignari dj convinti di lavorare in qualche – si diceva e spero non si dica più – radio libera. Fallout del quale non ci avvediamo, del quale non percepiamo – eroinomani nel flash – la tossicità esiziale.
Nelle innocue particelle di jingle, che precipitano h24 ormai a tutte la latitudini, c’è il potere della tecnologia in tutti i suoi tentacoli: giocattoli, il tempo reale, gli ogm, la guida assistita, ecc. Dotato di una sua mente, esso semina e miete. Con abilità artroscopica non lascia tracce. Non c’è settore merceologico che non ne sia avviluppato.

Serve un dio
La tecnologia è ontologicamente un dio, al cui potere vogliamo genufletterci, alla cui gloria vogliamo celebrare.
Spesso, quando non sempre, nel fallout è fatta corrispondere e vissuta come progresso, unico e solo. Nella tecnologia è per noi insito, implicito, costituente la quadratura, il giusto, il perfetto, cioè, ciò che il pensiero comune fa coincidere con quanto ci manca. Così, abbracciando la tecnologia, crediamo di poter dare risposta al mistero, gonfiamo l’ego sociale, politico, individuale ad arroganti misure divine. Queste, meglio di altre, offrono la stima della perdizione in cui viviamo, l’abrogazione di noi stessi in nome della scienza.

Mimesi strategica
Il potere tecnologico è il più occulto. Non è segretato. È diffuso sotto il cielo a tutti noi. Come ciliegie a maggio, ci sembra un diritto e non vorremmo ci venisse sottratto. E continuerà a esserlo tanto più lo crederemo un vantaggio, tanto più lo continueremo ad accreditare di doti superiori per il (flaccido) miglioramento della vita che ha permesso.

Progressiva assuefazione
Ma quale progresso può esserci se l’uomo è dipendente da quelle macchine così vantaggiose; se la nostra profondità spirituale da denigrata che era è passata a miglior stato, visto che ora è dimenticata. Visto che ora la ragnatela, ormai composta da fili solo economici, si sta chiudendo su se stessa, soffocando il ragno.

Che c’entro io con Mr Burbank Truman?
Ad ognuno il proprio ragionamento su come sottrarsi a un destino nel quale essere fuggevole e controllata comparsa della propria vita, ma solido protagonista al momento degli acquisti. L’assuefazione è tale che non ricordiamo più d’aver sostituito lo spirito originario con quello offerto dai banchi dei commercianti. Ora crediamo di poter raggiungere i sogni acquistando merci, loro indegne, destabilizzanti, impoverenti succedanee. Ora possono far tramontare il sole e mandarci a nanna. Di come stiamo, allo show non interessa. Siamo tutti uguali, e nonostante le nostre apparenti libere stravaganze, tutti buoni per sostituire il protagonista.

Pilota automatico
A chi preferisce – leggi, sceglie – adeguarsi, adagiarsi protetto dal solito ritornello che è difficile cambiare rotta, che non possiamo farci niente, va fatto presente che non è quello il punto. Che portare l’attenzione sulla difficoltà è la modalità sconveniente al cambiamento, personale o sociale che sia. Il punto è che la rotta è sempre il risultato di una scelta.
Tuttavia, c’è anche chi si avvede della trappola e pensa che, più che adeguarsi, che vuoi fare? Smantellare il sistema è difficile, impossibile.
Legami, credenze e dipendenze, sono le esche del grande pescatore. La logica di una misura di noi stessi limitata al modesto raggio d’azione dei nostri più biechi interessi, rendono possibile e vera e quell’impossibilità, quel che vuoi fare?

Pilota manuale
Cambiare diviene invece assolutamente accessibile e vicino – indipendentemente dalla durata indicata dai calendari amministrativi del mondo – semplicemente mettendosi in cammino, dando l’esempio, avendo fede ed esprimendo la propria concezione, vuota da proselitismo positivistico. Tutti godono o penano per l’operato di chi ci ha preceduti.
Se stiamo andando dove non ci piace è nostra responsabilità cambiare, quanto mantenere la via. Così infatti sarà, quando dirigeremo verso mari non più di plastica, di progresso, di opulenza, di miseria spirituale. Mari in cui le reti del Grande Pescatore avranno maglie inadeguate.

Dov’è il problema?
Non sappiamo più cucinare il cibo, né coltivarlo o procurarlo, non sappiamo più rispettare il ritmo delle stagioni con tutto il loro significato per la vita terrena, e crediamo davvero se ne possa fare a meno, ci ammaliamo e diamo la colpa all’età. Il nostro impegno è avere e invidiare chi ha di più, sentire un fiotto di autostima davanti a chi ha di meno. Il nostro impegno è donare uno spicciolo al semaforo e proseguire verso i fatti nostri, lasciando che l’empatia con chi sta peggio vada a farsi benedire. Sulla crescente distanza dall’indipendenza non ci affrettiamo a ragionare, a capire a sentire a scegliere per compierla, per permettere ai nostri figli di avere una distanza ridotta rispetto alla nostra.
Ma è solo un assaggio. Insufficiente per cogliere e stimare quale terribile misura dalla terra e da noi stessi, abbiamo raggiunto; a quale bordo dell’abisso siamo affacciati; quanto, ancora ridenti, i nostri occhi non lo trovino orrifico. Siamo sensori e abbiamo disimparato a raccogliere i segnali del corpo e del mondo. Imbrattati di falsi valori non siamo più in grado di sfruttare noi stessi. Vibrisse incrostate di conoscenza, capaci ormai di vibrare solo al comando di idee infiltrate, ci rendono disponibili a crasse risate al cospetto di un rabdomante. Dovremmo invece evitare d’intossicarle per tornare a captare la conoscenza presente nel mondo e divenirla. Questo è il problema.

Il problema è che pensiamo che la medicina faccia il nostro bene, che i farmaci siano proprio quello che serve. È che non ci avvediamo che sono proprio loro, collusi alla classe medica, che alimentano e implementano malattie e persone malate; che la salute è uno dei più grandi business capitalistici del mondo. Il problema è li crediamo i farmaci necessari e salvacondotti verso la salute; che non vediamo la dipendenza che ne è implicata; non vediamo come questa e altre ci rendono vincolati e succubi, facilmente accontentabili e ricattabili, certamente uniformati, quindi orientabili. Capaci infatti di batterci contro altri Truman, giusto per il benefit e la carriera. Regalini che ci pacificano nel politico e nel privato. Di più, ci soddisfano. Non resta che identificarci ancora nel buono e nel bello di un film romantico, fingendo, senza saperlo, che sia quella la nostra vita.

La forza come dono a chi verrà
È che siamo polli allevamento, spiriti obnubilati, siamo merce. I giovani e non solo, sono contenti di fare la pubblicità per una multinazionale. Per pochi denari precari danno i loro migliori sorrisi.
I figli sono deboli. In una sola generazione digitale l’abbiamo constatato in diretta. I padri anche. Cosa significa essere forti? Non riguarda saper scaricare una motonave a spalle, riguarda avere la capacità di riconoscere se stessi, le proprie doti e le proprie debolezze, significa saper coltivare le une e ridurre le altre, significa valorizzare quanto sentiamo e ridurre il monopolio della razionalità e della sapienza da ciò che abbiamo anonimamente appreso; significa libertà dalle ideologie e dagli interessi personali; significa poter riconoscere ciò che fa per noi da ciò che è opportuno scartare; saper rinunciare senza per questo risentire di qualche occasione perduta. Certo, perché significa anche non invidiare, semmai amare chi è meglio di noi per coltivare quanto ci manca. Compiremo le scelte per donare un esempio di forza a chi verrà o daremo la colpa a qualcosa per non esserci riusciti?

Lorenzo Merlo

Biblio
– Enrico Grassani – L’altra faccia della tecnica – Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi) 2002
– Enrico Grassani – L’assuefazione tecnologica – Delfino, Milano 2014
– Raoul Vaneigem – Trattato del saper vivere – Castelvecchi, Roma 2006

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