Archivio della Categoria 'Compagni di viaggio'

Erbe, alberi e magia… con Sonia Baldoni

La parola ecologia deriva dal greco oikos che significa casa, ha cioè la stessa radice di economia, e questa filiazione etimologica mi ha sempre affascinato. Infatti attraverso l’ecologia, soprattutto quella profonda, ho appreso a considerare la natura come la mia vera casa cercando inoltre di trarre da essa il mio sostentamento.

Finché un bel dì conobbi Sonia Baldoni di Jesi ed appresi attraverso le passeggiate fatte assieme a lei, o per mezzo di semplici cerimonie, a collegare l’ecologia e l’economia con la magia. Infatti quello che apprezzai maggiormente, dell’esempio fornito da Sonia, è stata la sua spontanea passione per la riscoperta e per la trasmissione dei misteri naturali, quelli che solo le piante sanno conservare. Le piante indubbiamente sono gli esseri viventi più vicini allo spirito primordiale e sono le depositarie del potere magico della vita.

Ma andiamo per ordine. Il mio primo maestro in erbe fu un pastore conosciuto a Calcata nei primi anni ‘70 del secolo scorso. Si chiamava Irmo, era diventato orbo in seguito ad un incidente di percorso nelle sue continue esplorazioni nei boschi. Irmo era originario di Amelia (in Umbria) e finché gli fu possibile era solito continuare la tradizione della transumanza. Con le sue bestie ogni anno, in primavera inoltrata, se ne partiva lungo la via Amerina sino a raggiungere le colline umbre. Gli ultimi anni, non potendo più percorrere le strade di campagna, si spostava con tutti gli armenti su un camion preso a nolo. Infine, avendo ormai messo su famiglia e non potendo più spostarsi per l’età e gli acciacchi si limitò a pascere le greggi nella valle del Treja.

Quando lo conobbi mi parlava spesso delle piante della valle e mi spiegava di aver appreso a conoscerle osservando le capre e le pecore al pascolo. Dal loro comportamento, dai gusti stagionali, dalla qualità del latte prodotto, etc. aveva imparato quali fossero le loro proprietà.

Ovvio che restai molto intrigato da questi suoi racconti e volli anch’io seguire il suo esempio e comprai qualche pecora e qualche capra per vedere se avessero avuto qualcosa da insegnarmi. Ed in verità molto mi insegnarono… Imparai da loro a riconoscere quasi tutte le erbe commestibili della valle. Tra l’altro scoprii come anche gli ovini ed i caprini fossero dediti allo sballo.. Non so se era l’aria di Calcata, che induceva un po’ tutti ad eccedere con sostanze alteranti, ma scoprii come in primavera anche gli armenti si dilettassero con i germogli freschi di cicuta, una pianta psicotropa famosa sin dall’antichità, persino dedicandosi allo stramonio ed altre pianticelle “psichiche”..

Ricordo addirittura una pecora che era talmente assuefatta allo sballo che addirittura morì di overdose, con gli occhi strabuzzanti e la bava alla bocca. Ma in questo non seguii mai quel cattivo esempio e mi limitai a raccogliere le piante selvatiche buone in cucina, cotte e crude. Non conoscevo nemmeno il loro nome, le chiamavo con nomi di fantasia. In seguito li conobbi attraverso le lezioni ricevute sul campo dal mio secondo maestro, Giuseppe Roveri, che era un erborista diplomato all’Università di Camerino e socio co-fondatore del Circolo vegetariano VV.TT..

Egli accompagnava spesso me ed altri appassionati in giro per la valle e ci raccontava tante storielle popolari sulle varie piante e sul significato dei loro nomi. Infine, trascorsi diversi anni, verso i primi di questo nuovo millennio, cominciai anch’io ad accompagnare neofiti alla ricerca di erbe e scrissi diversi articoli sulle proprietà e sul significato della forma, del colore, dell’odore di erbe e fiori e frutti.

Infine giunse la mia terza istruttrice, Sonia Baldoni e lei mi insegnò i significati magici delle piante e degli alberi, che sino a quel punto avevo trascurato. Ontano, lauro, agrifoglio, quercia… e le costellazioni collegate e gli spiriti benigni incarnati.

Il mio primo incontro con Sonia avvenne a Calcata, forse nel 2009, ad una festa di luna piena di luglio. Dopo la consueta passeggiata nella valle del Treja, avevamo predisposto una cerimonia sotto la luna, attorno al fuoco, e lì essa apparve, introdotta dall’amico psicologo Ciro Aurigemma. Dopo aver mangiato le erbe da noi raccolte, e avendo iniziato il giro di condivisione sulle esperienze karmiche con la luna piena, ecco che Sonia propose di fare un’offerta rituale al fuoco.. e diede ad ognuno di noi una manciatella di erbe e fiori da lei precedentemente mescolati affinché li offrissimo alla fiamma girando intorno al falò. E fu così che iniziai a conoscere anche le virtù magiche delle piante.

Fatalità, dopo qualche anno, mi ritrovai a Treia (in provincia di Macerata) in visita alla casa della mia compagna Caterina, era il 2010, e pensai subito di organizzarvi un primo evento, un’altra festa della luna piena ma stavolta di agosto, e chiamai Sonia a partecipare. Dall’anno seguente mi trasferii stabilmente a Treia e lì iniziò una collaborazione più fitta ed intensa fra lei e me.

Organizzammo la prima cerimonia della vigilia di Ognissanti (Samhain) in occasione dell’incontro annuale della Rete Bioregionale del 2010, che si tenne nel podere di Lucilla Pavoni (a San Severino Marche), la cerimonia fu ripetuta anche nel 2011… Nel frattempo c’era stata anche la Festa dei Precursori del maggio 2011, con riti dedicati al mondo femminile ed alla raccolta di rose e bacche di rosa canina, con preparazione di fiori di Bach, che si ripeterà anche quest’anno (2012).

Insomma sembra che con Sonia si siano ormai stabiliti due importanti appuntamenti marchigiani, uno in primavera ed uno in autunno.. I momenti migliori della natura, quelli in cui la natura prorompe in bellezza di fioriture e frutti.

Paolo D’Arpini

Articoli sulla presenza di Sonia Baldoni agli eventi del Circolo Vegetariano VV.TT.: http://www.circolovegetarianocalcata.it/page/2/?s=sonia+baldoni

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INTEGRITY INITIATIVE, ESPAÑOLES TRABAJANDO PARA EL M-15 Y M-16

Ante scriptum di Ireo Bono: “Ringrazio J.E. per questo articolo, a mio parere molto interessante, di Tita Barahona del ‘Canarias Semanal’ che porta una conferma a ciò che già sappiamo, con una denuncia molto precisa, con nomi e cognomi, su un servizio segreto di propaganda antirussa (Integraty Initiative)che comprende giornalisti, accademici, politici, militari, per la promozione di una nuova guerra fredda con la Russia. E’ lecito pensare che una tale rete sia diffusa in tutta l’Europa e , vista la narrazione dei principali giornali italiani su quanto accade in Europa e nel mondo, questa rete esiste certamente in Italia.” (Ireo Bono) 

Ojos para la Paz – Dicen que hay mal vendidos, que hay mala gente a patadas por este mundo. Es el caso del llamado “Integrity Initiative”, un apéndice de loe servicios secretos británicos, M-15 y M-16, que se creó en España bajo la paranoia ….¡de combatir a Rusia!. Y aquí los tenemos: NICOLÁS DE PEDRO, BORJA LAS HERAS, Y QUIQUE BADÍA MASSONI, tres perlas que deben cobrar demasiado dinero para dedicarse a trabajar para un mafioso gobierno extranjero.

¿QUÉ ES EL “INTEGRITY INITIATIVE”?
http://canarias-semanal.org/art/25792/integrity-initiative-un-servicio-secreto-de-propaganda-antirusa-para-la-promocion-de-una-nueva-guerra-fria?fbclid=IwAR2auH0j3-4U08bZPQZ8U_Hn_Zsl6vBXn6FZcKyRtl1sQ3YQi4gqDasc1vE
UN SERVICIO SECRETO DE PROPAGANDA ANTIRUSA PARA LA PROMOCIÓN DE UNA NUEVA GUERRA FRÍA.
INTERFIRIÓ EN EL GOBIERNO ESPAÑOL PARA IMPEDIR EL NOMBRAMIENTO DE PEDRO BAÑOS COMO RESPONSABLE DEL DEPARTAMENTO DE SEGURIDAD NACIONAL DE LA PRESIDENCIA DEL GOBIERNO. DE “INTEGRITY” NADA DE NADA.
HAY QUE DESENMASCARARLOS
(Canarias Semanal)
Este servicio secreto internacional, con sede en el Reino Unido, posee plena capacidad para interferir en la política española
Gracias a la filtración de sus documentos internos, conocemos los objetivos, los integrantes, las operaciones encubiertas y las fuentes de financiación de este instrumento de propaganda anti-Rusia llamado Integrity Initiative, que funciona bajo el paraguas del think tank británico Institute for Statecraft. Los mismos documentos han revelado cómo influyó este servicio secreto en el nombramiento del director del Departamento de Seguridad Nacional de la Presidencia del Gobierno de España. Pero nada de esto fue noticia en los grandes medios.
Por TITA BARAHONA(*) PARA CANARIAS SEMANAL
Hace siglo y medio, Marx y Engels señalaban que el Estado es el consejo de administración que rige los intereses colectivos de la clase burguesa. Esto es hoy quizás más evidente que nunca, como lo es que la concentración de capital y la amplitud de la miseria han alcanzado niveles sin precedentes. Las grandes corporaciones financieras y empresariales mantienen estrechos lazos con los gobiernos de los Estados, que las protegen, subvencionan y les facilitan importantes mercados. Una de las manifestaciones de esta alianza es lo que en Estados Unidos es denominado “complejo militar-industrial”, en el que confluyen compañías privadas – de armamento, entre otras -, fuerzas armadas y policiales, servicios de inteligencia y una densa nube de burocracia. Este complejo opera dentro y fuera de las fronteras nacionales, y ahora también en el ciber-espacio, lo que se llama “guerra híbrida”. La propia reproducción y el crecimiento de esta gigantesca maquinaria exige el mantenimiento de un mundo bi-polar en permanente enfrentamiento.
Después de la II Guerra Mundial, fue la Guerra Fría entre los países del centro capitalista (liderados por Estados Unidos) y la URSS lo que justificó la carrera de armamentos. Desaparecida ésta, se buscó un nuevo enemigo en el terrorismo islamista. Al mismo tiempo avanzaban a paso veloz y firme las llamadas potencias emergentes, especialmente China y Rusia. Estos dos países, con economías capitalistas que también cuentan con un importante complejo militar-industrial, son los que “Occidente” (léase sobre todo la OTAN) señala ahora como principales amenazas justificativas del aumento del gasto en Defensa. Pese a la indudable mayor importancia de China como competidor económico, es la más cercana Rusia la elegida para presidir el podio de la rivalidad, no sólo por su apoyo a los Estados que figuran en la lista negra de la Casa Blanca, sino también porque, desde el punto de vista político-ideológico, su reciente pasado soviético facilita la reconstrucción de una nueva atmósfera de Guerra Fría, en la que armar, a la vez, un eficaz instrumento de control social.
Las “fuerzas del mal” habitan en el Kremlin
En los últimos años y sobre todo en los países anglófonos, se viene esparciendo en todas direcciones el eslogan de que Rusia es una amenaza a la seguridad de Occidente y a sus “valores” democráticos (más falsos que moneda de madera). En Estados Unidos, este eslogan ha dado pie a una histérica campaña anti-rusa aliñada con teorías conspirativas de todo tipo, en las que participan tanto republicanos como demócratas. Ya la derrota de Hillary Clinton frente a Donald Trump lo atribuyó la oligarquía demócrata a la “interferencia” del presidente ruso, Vladimir Putin. A partir de ahí, los medios corporativos se dedicaron a señalar a Moscú como responsable de un sinnúmero de desgracias nacionales, como informamos en otro lugar. 1 Hasta el reciente, alegado suicidio del millonario pedófilo Jeffrey Epstein, algunos locutores de la cadena “progre” MSNBC lo han atribuido a la injerencia de Putin -que no es, dicho sea de paso, santo de nuestra devoción, ni lo creemos en posesión de dones sobrenaturales-. Según la versión oficial, para operar estas maldades, el Kremlin se vale de la “desinformación” o “noticias falsas” que difunde en las redes sociales y otros sitios de Internet, aparte de sus cadenas RT y Sputnik.
La rusofobia creó su opuesto, la rusofilia; porque ya el asunto se ponía en términos de esas polarizaciones o dicotomías planas características de la ideología dominante. Así, toda persona, grupo o institución que cuestione cualquier aspecto de la política económica, social o exterior del Imperio occidental, es sistemáticamente etiquetado de pro-ruso. Posee el mismo carácter y finalidad que la etiqueta anti-semita, que automáticamente recae sobre quienes critican al Estado de Israel. En Reino Unido, el establishment conservador acusa al líder laborista Jeremy Corbyn de ser anti-semita además de un “tonto útil de Putin”. Al parlamentario escocés, Neil Findlay, por protestar la visita oficial del político de extrema derecha ucraniano, Andriy Prubiy, -fundador de dos partidos neo-nazis- se le dijo que estaba transmitiendo “el mensaje del Kremlin”.2 El Washington Post llegó a publicar una lista negra de medios (todos críticos con la política exterior estadounidense) acusados de trabajar para el Kremlin. Y los gigantes tecnológicos como Facebook, que junto a Google y Amazon ya forman parte del complejo militar-industrial de Occidente, aplicaron algoritmos para arrinconar a estos medios en los buscadores. 3
Integrity Initiative: desinformación para combatir la desinformación
En toda esta propaganda anti-Rusia tiene mucho que ver el complejo militar-industrial británico, incluidos sus servicios secretos M-15 y M-16. Lo prueban los documentos de uno de sus órganos, el llamado Integrity Initiative, que fueron filtrados en 2018, supuestamente por Anonymous Europa. 4 Este órgano funciona como un servicio secreto que tiene en nómina a periodistas, académicos, políticos y militares en cada uno de los Estados donde tiene instaladas sus células (“clusters”). Estos son, aparte del Reino Unido, España, Francia, Alemania, Italia, Grecia, Países Bajos, Lituania, Noruega, Serbia, Montenegro, y se están formando otras en EEUU, Canadá y más países de la Europa del Este.
Según sus documentos, Integrity Initiative tiene por finalidad “ofrecer una respuesta coordinada de Occidente a la desinformación de Rusia y otros elementos de la guerra híbrida”. Pone, además, especial interés en influir la opinión pública dentro de Rusia y otros espacios ruso-parlantes. En realidad, se trata de presentar al gobierno ruso como una amenaza a la seguridad mundial, especialmente a la europea, con el fin de crear un ambiente de neo-guerra fría que genere aceptación social al incremento del gasto de Defensa y la permanencia/integración en la OTAN.
Integrity Initiative se creó en 2015. Su fundador fue Chris Donnelly, ex-consejo de Margaret Thatcher entre otros políticos británicos, asistido por funcionarios de la OTAN. Se financia en gran medida con dinero público, ya que recibe fondos del British Foreign and Commonwealth Office, la propia OTAN, el Ministerio de Defensa de Lituania, el Departamento de Estado de EEUU, Facebook y la Fundación Smith Richardson, relacionada con think tanks militaristas como el American Enterprise Institute y el Institute for the Study of War, e implicada en el diseño de la “guerra contra el terror” tras los antentados del 11-S. Las células que se están creando en Estados Unidos son promocionadas por conocidas figuras de extrema derecha como Gorka Sebastian, declarado admirador de la orden proto-fascista húngara, Vitezi Rend, que colaboró con la Alemania nazi durante la ocupación de Hungría.5
Integrity Initiative funciona bajo el paraguas de un think tank con sede en Inglaterra pero registrado en Escocia, llamado Institute for Statecraft, hasta ahora totalmente desconocido. Se dedica a buscar -y si no la encuentra, a fabricar- para su publicación “evidencia” de la interferencia rusa en los asuntos europeos. Para ello tiene un departamento de investigación en el que se estudia cómo llevar a cabo de forma efectiva campañas de desinformación online. Otra de sus tácticas es organizar eventos públicos, como la conferencia celebrada recientemente en EEUU bajo el título “Cold War Then and Now?” (¿Guerra Fría Entonces y Ahora?), que contó con la asistencia de militares británicos, oficiales de la OTAN y nacionalistas urcranianos. Una tercera táctica es coordinar campañas de desinformación online para impedir que se nombre a personas etiquetadas como “pro-Kremlin” para cargos importantes, como han logrado hacer recientemente en España.
La célula española de Integrity Initiative interfiere en nombramientos de alto nivel. Interferir para combatir la interferencia. Cuando Pedro Sánchez se estrenaba como presidente del gobierno español, el 7 de junio de 2018, pensó en el coronel Pedro Baños para dirigir el Departamento de Seguridad Nacional del Gabinete de la Presidencia del Gobierno. Baños es parte de esa minoría de militares y políticos que se opone a la provocación militar y las sanciones contra Rusia, postura que comparte con sectores de las clases dirigentes de Alemania y Francia. Esto encendió las alarmas en Integrity Initiative, que vio en el coronel español una amenaza a los intereses del Reino Unido y un obstáculo a la campaña anti-Rusia.
Siempre según los documentos filtrados, a medio día del referido 7 de junio, la célula española de Integrity Initiative se entera -por soplos procedentes del PSOE- de que “una conocida voz pro-Kremlin, Pedro Baños, va a ser oficialmente nombrado el día 9 director del Departamento de Seguridad Nacional.” Entonces se pone en marcha un operativo coordinado entre las células española y británica, que incluye “[preparar] un dossier para llevarlo a los principales medios. El grupo mientras tanto inicia una campaña en Twitter (…) intentando impedir el nombramiento”. 6

LA CÉLULA ESPAÑOLA está liderada por NICOLÁS DE PEDRO, miembro del Institute for Statecraft y otros think tanks como la Organización para la Seguridad y la Cooperación en Europa (OSCE), para la que hizo misiones de observación electoral en Rusia, Kirguistán, Ucrania y Tayikistán, y de la Fundación Elcano. De Pedro escribe en El País y otros medios españoles sobre temas de Asia. Junto a él está BORJA LASHERAS, que también trabajó para la OSCE, pero en Bosnia-Herzegovina y Albania, y ha sido director de la sede madrileña del Consejo Europeo de Relaciones Exteriores. El tercero es QUIQUE BADÍA MASSONI, periodista catalán, ex-redactor de Vice News y asociado a la revista El Temps. 9 Los tres son escritores conocidos por sus posturas anti-rusas.
El 7 de junio a las 15:45, según los papeles filtrados, “El jefe del grupo español contacta con el británico, que activa la red para generar apoyo internacional a la campaña por Twitter. El grupo británico crea un grupo de WhatsApp (…) para coordinar la reacción en Twitter, obtiene contactos en esta red para extender la preocupación y alentar a la gente a que retuitee este material. Se publica material escrito por el director del grupo español Niko de Pedro en la versión española de StopFake, que también es retuiteado por figuras influyentes”. StopFake es la página web asociada a Integrity Initiative, traducida a varios idiomas, cuya responsable para España es Alina Mosendz, integrante de la célula serbia. 10
Este grupo envía asimismo su “dossier” a El País, uno de los incluidos en la lista de los “medios amigos”, y a El Mundo. Ambos publican artículos acusando al coronel Baños de “simpatía con Rusia”. El País da como prueba de ello su “presencia regular” en RT y Sputnik, medios financiados por la administración Putin -como la BBC lo está por la de Boris Johnson. Los documentos continúan registrando que, hacia las 19:45, apenas ocho horas después del inicio de la operación, “la campaña había hecho bastante ruido en Twitter (…) Los contactos en el Partido Socialista confirmaron que esta información llegó al Primer Ministro. Algunos diplomáticos españoles también expresaron su preocupación. Al final, tanto el Partido Popular como Ciudadanos pidieron a Sánchez que parara el nombramiento”. Se había logrado el objetivo: al día siguiente Sánchez nombraba a Miguel Ángel Ballesteros director general del Departamento de Seguridad Nacional. 11
La campaña contra Baños es un claro ejemplo de las maniobras internas de los servicios de Inteligencia en colaboración con periodistas y académicos “independientes”, a los que benévolamente podemos calificar como liberales pro-OTAN. Los mismos que acusan a Rusia de interferir en los asuntos internos de las naciones europeas están interfiriendo para impedir que los gobiernos electos nombren a determinados cargos cuando ello entra en conflicto con sus intereses. Y usan las redes sociales de la misma manera que acusan al Kremlin de hacerlo.
En este contexto se entiende que, el año pasado, El País emprendiera una campaña paranoica sobre el conflicto de Cataluña, que según sus periodistas “independientes” no fue provocada por la respuesta represiva del gobierno del Partido Popular, sino por Moscú y sus “noticias falsas”. Citaba como fuentes, nada casualmente, a “especialistas” del Instituto Elcano y el Consejo Europeo de Relaciones Exteriores. Como hemos visto, los papeles filtrados demuestran que algunos integrantes de estos organismos pertenecen a su vez a la célula de Integrity Intiative en España. El Instituto Elcano tuvo, además, a una de las figuras más destacadas, Mira Milosevich-Juaristi, declarando en el Parlamento que Rusia estaba promoviendo noticias falsas en relación a Cataluña, aunque no aportó ninguna prueba. 12
Integrity Initiative tenía una página web, cuyo contenido borró cuando se enteró de la filtración de sus documentos internos, y cerró su cuenta de Twitter. Ahora en la web sólo hay una nota en la que se avisa de que están “pendientes de una investigación en el robo de datos del Institute for Statecraft y su programa, the Integrity Initiative. Los hallazgos iniciales indican que el robo fue parte de una campaña para socavar el trabajo de Integrity Initiative en investigar, publicar y contrarrestar la amenaza a las democracias europeas de la desinformación y la guerra híbrida. La página será relanzada en breve (…) Estamos ocupados en rastrear tanto la fuente del hackeo como el uso que se ha dado a nuestros datos -algunos genuinos, algunos falsos-”. 13 Les han destapado, pero seguirán operando.
A las clases trabajadoras no nos conviene tomar partido en estos enfrentamientos entre oligarquías capitalistas. Esté quien esté de huésped en la Moncloa, la Casa Blanca, Downing Street o el Kremlin, sólo podemos esperar más miseria. Pero es importante estar informados y alertas de cómo se nos intenta manipular alimentando el miedo a supuestas amenazas interiores y exteriores. Mientras siguen destruyendo nuestros derechos sociales y laborales, pretenden convencernos de que es mejor derivar el grueso de las plusvalías y los impuestos que nos extraen al complejo militar-industrial (como se hace ya en Estados Unidos), que no sólo mata a seres inocentes afuera, sino también reprime, cada vez con más saña, adentro, a quienes luchamos contra la explotación y la injusticia.

Tita Barahona – http://www.ojosparalapaz.com/

(*) Tita Barahona es miembo de la redacción de Canarias Semanal

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“Tribù indiane. Capitale e proletari nella storia del Nord America” di Giorgio Stern – Recensione

Qualche tempo addietro, verso la metà di luglio del 2019, ricevetti una email da Giorgio Stern in cui mi chiedeva un indirizzo postale per farmi pervenire il suo libro “Tribù indiane. Capitale e proletari nella storia del Nord America” (Zambon Editore), in quel periodo mi trovavo in Emilia, a casa di Caterina, e nel giro di pochi giorni ricevetti il volume. Conoscevo solo di nome Giorgio Stern e la sorpresa nel ricevere questo dono inaspettato fu tanta. Ma in fondo non c’era poi da meravigliarsi, poiché sia lui che io facciamo parte della lista No-Nato e quindi dal punto di vista “politico” già condividiamo diverse opinioni.

La curiosità solleticata dal come ero venuto in possesso del libro mi spinse immediatamente alla lettura, anche perché delle vicissitudini e delle sofferenze degli indiani d’America avevo iniziato ad interessarmi dai tempi di “Soldato blu” un film epico e drammatico che per primo modificava l’approccio verso l’epopea del “selvaggio West” (pellicola del 1970, diretto da Ralph Nelson e ispirato al romanzo storico di Theodore V. Olsen, Arrow in the Sun, a sua volta ispirato ai reali eventi del massacro di Sand Creek del 1864. Si tratta di uno dei primi film western a schierarsi dalla parte degli Indiani d’America).

L’epopea e la tragedia del popolo dalla pellerossa sono descritte in dettaglio nel libro “Tribù indiane” di Stern ed è subito chiaro sin dalla prefazione dell’autore, in cui è detto: “Quanto qui brevemente esposto riassume un capitolo di storia determinante nei suoi sviluppi successivi, facilmente documentabile per l’accesso alle fonti e per i numerosi studi editi negli stessi Stati Uniti, spesso disatteso o snaturato dai mezzi di diffusione di massa e dagli storici di professione”.

Insomma si tratta, come diremmo oggi, di un “libro verità” in cui i vari aspetti ed eventi che portarono allo sterminio, da parte dei “civili yankee” di una popolazione indiana stimata attorno ai 14 milioni di persone ed oggi ridotta a poche centinaia di migliaia. Un olocausto tremendo perpetrato non tanto per motivi “ideologici” quanto per motivi di rapina.

Il “selvaggio west” del popolo dalla pelle rossa è stato così descritto da un esponente Sioux, Standing Bear, nel 1890: “Noi non abbiamo mai considerato le grandi pianure, la distesa delle colline e i tumultuosi torrenti fiancheggiati da folti cespugli, come qualcosa di “selvaggio”. Solo per l’uomo bianco la natura era un “mondo selvaggio”, e solo per lui la terra era “infestata” da animali selvaggi e da gente “selvaggia”: Per noi tutto era famigliare e domestico. La terra ci ricopriva di doni ed eravamo circondati dalle benedizioni del Grande Mistero. Solo quando l’uomo peloso venuto dall’est con la sua brutale frenesia rovesciò ingiustizie, su di noi e sulle cose che amavamo, questo mondo divenne “selvaggio”. Quando gli stessi animali della foresta cominciarono a fuggire davanti ai suoi passi, ebbe inizio per noi l’epoca del “Selvaggio West”.

Già da queste parole potei capire e dare una giusta collocazione agli eventi storici contenuti e particolareggiatamente descritti nel libro di Stern. Gli imbrogli, le nequizie, le stragi, la diffusione volontaria del vaiolo e dell’acqua di fuoco, lo sterminio gratuito dei bisonti, il continuo restringimento entro piccole riserve desertiche, l’espropriazione delle stesse ove facesse comodo alla costruzione di reti ferroviarie o allo sfruttamento di risorse minerarie. Insomma la riduzione in schiavitù e la quasi estinzione di un popolo nobile e generoso. Questo fecero i fautori della democrazia e della religione cristiana e giudea che ancora osano mettere sulla loro monete e sui loro simboli: “In God we trust”.
Quale Dio?, mi chiedo, forse trattasi di Mammona, se non peggio. E ciò viene evidenziato anche nel capitolo relativo all’affermarsi del primo capitalismo bancario, finanziario e industriale e conseguente sfruttamento delle masse popolari di immigrati affamati ed oppressi.

Leggendo le tristi vicende occorse ai lavoratori bianchi “di serie b” trucidati durante gli scioperi e costretti ad orari sfibranti per soddisfare la sete di denaro dei padroni, nonché alle mistificazioni portate a scusante dell’eccidio del popolo pellerossa, libero e pulito, è più facile oggi comprendere la frenesia di dominio e di sfruttamento dimostrato da questi “uomini bianchi pelosi” nei confronti di ogni altra nazione del mondo. Gli sterminatori “religiosi e democratici” che affermano “In God we trust” ma solo per giustificare ruberie e distruzioni, allora come ora!

L’emozione provata scorrendo i vari nitidi capitoli del libro mi ha impedito una lettura continuata, ho dovuto riporre il volume più volte, per non soccombere alla rabbia ed alla frustrazione. Insomma ho impiegato quasi un mese a completare la lettura di un testo di appena 160 pagine.

“Tribù indiane” si conclude con le vicende attuali di un ultimo eroe indiano perseguitato dai “democratici e religiosi”, Leonard Peltier, tutt’ora imprigionato senza giusta causa ma solo per punirlo del suo amore e rispetto verso la sua gente e verso le tradizioni ancestrali.

Che dire di più? Termino con le parole della mia compagna, Caterina Regazzi, che a sua volta avendo preso in mano il libro di Giorgio Stern gli scrisse: “Gentile Sig. Stern, sto anch’io leggendo il suo libro su “Tribù indiane…” e lo sto trovando veramente esaustivo , interessante e illuminante su tanti aspetti non certo edificanti della storia degli Stati Uniti d’America. Credo che meriti di essere diffuso e conosciuto…. Cordiali saluti!”

Paolo D’Arpini

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INF. Gli USA si ritirano dal Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie ma accusano la Russia di farlo

Il segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato il 2 agosto 2019, dopo sei mesi di sospensione, il definitivo ritiro degli Stati uniti dal Trattato sulle Forze nucleari intermedie (Inf), accusando la Russia di averlo «deliberatamente violato, mettendo a rischio i supremi interessi Usa».

Alla notizia è stato dato in Italia scarsissimo rilievo politico e mediatico (l’Ansa le ha dedicato poche righe). Eppure siamo di fronte a una decisione che ha drammatiche implicazioni per l’Italia, esposta con altri paesi europei a fare da prima linea in un nuovo confronto nucleare Usa-Russia non meno pericoloso di quello della guerra fredda.

Il Trattato Inf, firmato nel 1987 dai presidenti Gorbaciov e Reagan, eliminò tutti i missili nucleari a gittata corta e intermedia (tra 500 e 5500 km) con base a terra, anzitutto i missili balistici Pershing 2, schierati dagli Stati uniti in Germania Occidentale, e quelli da crociera lanciati da terra, schierati dagli Stati uniti in Gran Bretagna, Italia, Germania Occidentale, Belgio e Olanda, e allo stesso tempo i missili balistici SS-20 schierati dall’Unione Sovietica sul proprio territorio.

Nel 2014, l’amministrazione Obama accusava la Russia, senza portare alcuna prova, di aver sperimentato un missile da crociera (sigla 9M729) della categoria proibita dal Trattato e, nel 2015, annunciava che «di fronte alla violazione del Trattato Inf da parte della Russia, gli Stati uniti stanno considerando lo spiegamento in Europa di missili con base a terra». Il piano è stato confermato dalla amministrazione Trump: nel 2018 il Congresso ha autorizzato il finanziamento di «un programma di ricerca e sviluppo di un missile da crociera lanciato da terra da piattaforma mobile su strada».

Da parte sua, Mosca nega che il suo missile da crociera violi il Trattato e, a sua volta, accusa Washington di aver installato in Polonia e Romania rampe di lancio di missili intercettori (quelli dello «scudo»), che possono essere usate per lanciare missili da crociera a testata nucleare.

In tale quadro va tenuto presente il fattore geografico: mentre un missile nucleare Usa a raggio intermedio, schierato in Europa, può colpire Mosca, un analogo missile schierato dalla Russia sul proprio territorio può colpire le capitali europee, ma non Washington. Rovesciando lo scenario, è come se la Russia schierasse missili nucleari a raggio intermedio in Messico.

«Gli Stati uniti – sottolinea Mike Pompeo nella dichiarazione – apprezzano grandemente la costante cooperazione e risolutezza degli alleati Nato nel rispondere alla violazione russa del Trattato». Apprezzamento meritato: gli alleati, Italia compresa, hanno dichiarato la Russia colpevole di aver violato il Trattato accettando a scatola chiusa l’accusa fatta dagli Usa senza alcuna prova reale.

La cancellazione del Trattato Inf, sospeso anche dalla Russia il 3 luglio, si inserisce in una nuova corsa agli armamenti ormai, basata non tanto sulla quantità ma sulla qualità delle armi nucleari e dei loro vettori e sulla loro dislocazione.

Fonti militari informano che gli Stati uniti stanno mettendo a punto nuovi missili nucleari a raggio intermedio con base a terra, sia da crociera che balistici (questi capaci di colpire gli obiettivi in 6-11 minuti dal lancio). La Russia ha avvertito che, se verranno schierati in Europa, punterà i suoi missili nucleari sui territori in cui saranno installati.

L’affossamento del Trattato Inf ha un ulteriore scopo strategico. Lo ha rivelato lo stesso Pompeo, accusando la Cina di schierare (sul proprio territorio) missili nucleari a raggio intermedio con base a terra con i quali «minaccia gli Stati uniti e i loro alleati in Asia». Il segretario di stato Pompeo avverte quindi: «Non c’è ragione che gli Stati uniti continuino a concedere questo cruciale vantaggio militare a potenze come la Cina».

Gli Usa dunque si preparano a schierare nuovi missili nucleari a raggio intermedio non solo contro la Russia ma anche contro la Cina. Ambedue in grado di rispondere schierando nuove armi nucleari.

Significativa la posizione della Commissione Europea, che il 2 agosto ha dichiarato: «Incoraggiamo a preservare i risultati del Trattato Inf, dobbiamo stare attenti a non imboccare la strada di una nuova corsa agli armamenti che ridurrebbe i risultati significativi raggiunti dopo la fine della Guerra fredda».

Ci vuole una bella faccia tosta per dichiarare questo, dopo che la stessa Ue ha contribuito all’affossamento del Trattato Inf: all’Assemblea Generale Onu (21 dicembre 2018), l’Unione europea compatta ha bocciato la risoluzione con cui la Russia proponeva di preservare il Trattato stabilendo meccanismi di verifica e negoziati.

L’Unione europea ha dato così di fatto luce verde alla installazione di nuovi missili nucleari Usa in Europa, Italia compresa.

Manlio Dinucci

Comitato No Guerra No Nato

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Hiroshima e Nagasaki… e la lezione dimenticata

Col passare dei decenni si fa sempre più pallido e formale il ricordo dell’esplosione, il 6 agosto del 1945, della prima bomba atomica americana sulla città giapponese di Hiroshima, seguita, il 9 agosto, da quella di una simile bomba atomica sull’altra città giapponese di Nagasaki: con duecentomila morti finiva la seconda guerra mondiale (1939-1945), e cominciava una nuova era, quella atomica, di terrore e di sospetti, eventi che hanno cambiato il mondo e che occorre non dimenticare.

L’ ”atomica” era il risultato dell’applicazione militare di una rivoluzionaria scoperta scientifica sperimentale: i nuclei dell’uranio e di alcuni altri atomi, urtati dai neutroni, particelle nucleari prive di carica elettrica, subiscono “fissione”, si frantumano in altri nuclei più piccoli con liberazione di altri neutroni che assicurano la continuazione, a catena, della fissione di altri nuclei. In ciascuna fissione, come aveva previsto teoricamente Albert Einstein (1879-1955) nel 1905, si liberano grandissime quantità di energia sotto forma di calore. Energia che avrebbe potuto muovere turbine elettriche, navi e fabbriche, ma che avrebbe potuto essere impiegata a fini bellici.

La fissione anche solo di alcuni chili dello speciale isotopo 235 dell’uranio, o dell’elemento artificiale plutonio, libera energia con un effetto distruttivo confrontabile con quello di alcuni milioni di chili di tritolo, uno dei più potenti esplosivi disponibili. I danni sono ancora più grandi perché molti frammenti della fissione dell’uranio o del plutonio sono radioattivi per decenni o secoli. Dal 1945 Stati Uniti, Unione Sovietica (l’attuale Russia), Francia, Regno Unito, Cina, India, Pakistan, Israele, hanno costruito bombe atomiche sempre più potenti a fissione, o bombe a idrogeno, termonucleari, nelle quali la liberazione del calore si ha dalla fusione, ad altissima temperatura e pressione, degli isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio.
Circa duemila esplosioni sperimentali di bombe nucleari nei deserti, negli oceani, nel sottosuolo, hanno mostrato che cosa una moderna bomba atomica potrebbe fare, se sganciata su una città. Ciascuna potenza nucleare si è dotata di bombe nucleari per avvertire qualsiasi potenziale nemico che, se usasse una bomba atomica, verrebbe a sua volta immediatamente distrutto: la chiamano deterrenza e questa teoria finora ha fatto vivere il mondo con un continuo stato di tensione. L’esistenza delle bombe nucleari ha sollevato proteste finora inascoltate; anzi si può dire che la contestazione ecologica sia cominciata proprio con la protesta contro tali armi.

Con la graduale distensione internazionale, a poco a poco le potenze nucleari hanno cominciato a smantellare una parte delle bombe esistenti. Nel 1986, l’anno della massima tensione, nel mondo esistevano 65.000 bombe atomiche e termonucleari; oggi tale numero è diminuito a circa 17.000 bombe, delle quali alcune migliaia sono montate su missili pronti a partire entro un quarto d’ora dall’ordine. La potenza distruttiva delle bombe nucleari ancora esistenti nel mondo equivale a quella di duemila milioni di tonnellate di tritolo, settecento volte la potenza distruttiva di tutte le bombe impiegate durante la seconda guerra mondiale.

Basterebbe l’esplosione, anche accidentale, di una nelle bombe nucleari esistenti, un atto di terrorismo con esplosivi nucleari, per devastare vasti territori, per uccidere migliaia di persone, per contaminare l’ambiente naturale, le acque, gli esseri viventi con sostanze che restano radioattive per secoli. Un famoso libro di Nevil Shute, “L’ultima spiaggia”, del 1956 (da cui fu tratto un drammatico film), descriveva la scomparsa della vita dalla Terra in seguito ad uno scambio di bombe nucleari iniziato per errore; il film finiva con il tardivo avvertimento: “Fratelli, siamo ancora in tempo”.

Purtroppo, fino a quando alcune potenze possiedono bombe nucleari, sarà difficile convincere altre a rinunciare alla costruzione di un loro arsenale nucleare, nell’illusione di scoraggiare l’aggressione da parte di “qualcun altro”. L’unica soluzione consiste nel disarmo nucleare totale, peraltro imposto dall’articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare, firmato da quasi tutti i paesi, ma che nessuno finora si è sognato di rispettare.

Eppure sarebbe anche questione di soldi; le enormi somme, oltre mille miliardi di euro all’anno, che oggi le potenze nucleari spendono per tenere in efficienza, per aggiornare e perfezionare i propri arsenali, anche detratti i costi per lo smantellamento e la messa in sicurezza delle bombe nucleari esistenti e dei relativi “esplosivi”, sarebbero sufficienti per assicurare scuole e ospedali, opere di irrigazione e cibo a chi ne è privo, per estirpare cioè le radici della violenza che è la vera causa delle tensioni politiche e militari internazionali.

Fratelli, non crediate che siano utopie: davvero “siamo ancora in tempo” a fermare il pericolo di un olocausto nucleare molte volte più grande di quello di Hiroshima e Nagasaki, a condizione di chiedere ai governanti di ciascuno e di tutti i paesi della Terra di inserire il disarmo nucleare totale fra le loro priorità di azione politica. Nel nome dei soldi risparmiati, se non gli importa niente della sopravvivenza degli abitanti del pianeta e del suo ambiente naturale.

Giorgio Nebbia – nebbia@quipo.it

Fonte: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2018/08/hiroshima-e-nagasaki-e-la-lezione.html

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