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Testimonianza con Poesia

Arrivare a Calcata, può essere ancora per molti, spunto di una
passeggiata, fuori città a respirare aria buona, quella che circola
tra le forre e i boschi dall’apparenza selvatici e non addomesticati
da monocolture che piacciono tanto ai coltivatori di nocciole e
pensieri non in libertà.  Si trova il baretto dove fanno un buon
caffè, l’oggetto artigianale, la galleria di arte recuperata…
Sabato 14 giugno  2008 c’è stato anche un pazzo come Paolo d’Arpini
che ha invitato chi voleva a liberarsi di alcune supposizioni in
merito alla riproduzione, quella cosa lì, che non si sa se si vuole
chiamarla natura o cultura, o tutte e due.
Intanto mi sono chiesta  che significa definire  la vita e la voglia
di viverla, poi sono andata, con la delegazione capranichese.
L’altisonante nome del Palazzo Baronale poteva rendere da lontano il
posto molto autorevole e non sbagliavo. Ho ascoltato interventi
preziosi, divertiti, appassionati, curiosi,  liberi da cose e persone
e per di più fuori, pioveva con il sole. Hanno comunicato tutte  e
tutti, in maniera circolare, da destra  a sinistra e viceversa…E’
così raro dedicare un po’ di tempo a noi stesse…  presi come siamo
dal riprodurre paure  e ansie, tutte molto legittime dati i tempi, di
cacciatori e raccoglitori delle nostre memorie presenti, e passate. il
futuro, quella sera stessa alla fine, ci ha  regalato delle albicocche
 lungo la strada , un po’ aspre e dolcissime da un alto.  Basta
vederle e gustarle. Grazie. Doriana  Goracci

Ed ora una bella poesia di Francesca Longo.

Al vento…..
Si cercano storie vere da
cantare al vento;
oltre la porta chiusa
apre l’ala il nudo
ed errante
uomo del Mondo,
verso la sua certa
dimora.
Il viaggio cancella
lo schema della mente
e il desiderio diventa
perla di fiume
da distribuire
al solco natio,
unico segno
del tempo vissuto.
La tempesta
accompagna l’attimo
di inzio e
poi nuove
parole
per la pioggia.
Giugno.
Maturo il tempo
svela il mistero
nel sacro grembo
di vitale linfa
a cui l’uomo
annega
ricordi e passioni
che gioventù amò
senza ritorno.

Chi sono io? – Who am I?

Poems and Reflections ilaria 18 giugno 2008

Chi sono io?
Poiché tutti gli esseri viventi vorrebbero essere completamente
felici, poiché nel caso di ognuno si osserva un amore supremo per se
stessi, poiché la gioia è la sola causa dell’amore, per raggiungere
quella felicità che costituisce la propria natura e che viene vissuta
nello stato in cui si arresta ogni processo mentale, si dovrebbe
conoscere il proprio sé, interrogandosi: “Chi sono io?”.

Who am I?
Because all living beings cling to the feeling of being completely happy, because a supreme love for oneself is evident in everyone, because joy is the only cause of love and its our very nature that aims at that joy,  which is experienced only when all mental process are absent, then the only way to know oneself is by questioning: “Who am I?”

(Liberally extracted from Ramana Maharshi’s “Nan yar?” by P.D’A)

Il farsi incontro. Dal 22 giugno al 21 luglio

Lunario ilaria 16 giugno 2008

Il momento.

Raggiunto il summit, il momento massimo della luce, la lunghezza dei giorni riprende  a calare. Questo è il momento in cui il tenebroso si fa incontro al luminoso. In cui il femminile avvicina il maschile. La stagione del Cancro.  Un mio amico mi disse “il Cancro è sempre pregno, è come una donna perennemente gravida”. Dice il commento nel Libro dei Mutamenti “Quando cielo e terra si vengono incontro tutto il  mondo giunge  a prosperità. Quando principe ed aiutante si vengono incontro il mondo giunge all’ordine. Un venirsi incontro vicendevole dei principi destinati l’uno all’altro, e l’uno all’altro dipendenti, è necessario ma deve essere scevro da pensieri impuri, altrimenti è dannoso”.  E nella 5^ linea: “Un melone coperto da foglie di salice… ed ecco che gli cade in sorte dal cielo”.

Con la luna.

Questi son giorni di foglia ascendente,  è molto favorevole il trapianto e la semina di radici commestibili, l’insalata trapiantata in luna calante si incappuccia bene,  al contrario non è favorevole la semina di piante che debbono crescere in altezza né la potatura di alberi da frutto.

Cura del mese.

Rossore della pelle. L’olio di iberico è un ottimo rimedio. A proposito ricordarsi di raccogliere i fiori d’iperico la notte del 23 giugno od al massimo la mattina del 24 (S. Giovanni).  L’olio d’iperico fatto mettendo a macerare i fiori in olio d’oliva sotto il sole per alcuni giorni è ottimo per curare sia i mali dell’estate che quelli dell’inverno, rinforza la pelle ed anche le ossa.

Ricetta rinfrescante.

Latte di mandorla. Spellare le mandorle tenendole per un minuto nell’acqua bollente, scolarle e strofinarle con un canovaccio. Inserirle nel pestello con mezzo litro d’acqua per due cucchiai di mandorle e ridurre il tutto ad un fluido omogeneo. Potete anche passare il liquido al frullatore e lasciar decantare prima di berlo.

Digiuno propedeutico e depurativo.

Il prof.  Carlson consiglia in questa stagione una dieta crudista intervallata da momenti di digiuno. Il dr. Kunde afferma: “Dopo un digiuno abbiamo prove degli effettivi miglioramenti delle attività fisiche e mentali”.

Pensieri edificanti.

“La libertà del prossimo estende la mia all’infinito” Bakunin

“Il romanticismo è morto con la bandiera rossa,  l’erotismo è morto con la bandiera nera”.  Detto dell’estate 1968.

Magia e bioregionalismo

Dialogo a distanza fra Etain Addey e Paolo D’Arpini

“Orfani della foresta…”

Paolo D’Arpini ha vissuto per  molti anni nelle grotte di tufo della Tuscia è stato quindi forse  la persona giusta per farci camminare nella Macchia Grande di Manziana come meditazione preparatoria al forum sull’ecologia profonda e spiritualità laica da lui organizzato recentemente (18 e 19 aprile 2008)  fra Calcata e Manziana.

Mantus era il dio del Mondo Sotterraneo degli etruschi e pare che il toponimo di Manziana, paese a nord di Roma,  derivi dal suo nome, anche perché è in quella foresta che si trova la caldara fumante che è l’entrata nel Mondo di Sotto. La Macchia Grande è unica in Europa, da secoli miracolosamente risparmiata dal taglio lasciando così intatta una parte della foresta d’alto fusto che, agli albori del neolitico, copriva l’intera penisola italica. E quando mai può succedere di poter camminare  in pianura dentro un bosco europeo, con alberi decidui alti centinaia di metri, con tronchi  impossibili da misurare con  le braccia? Si entra nel bosco ed improvvisamente si perdono tutti gli strati superficiali della propria personalità,  ogni velo dietro al quale noi moderni ci nascondiamo. La sensazione fortissima è quella di trovarsi a casa, nell’habitat originario,  nell’ambiente che appare solo nei nostri sogni…

L’uomo di medicina Rom, Patrick Jasper Lee,  afferma che l’inconscio degli europei è impregnato di questo ambiente boschivo, che è lo stesso delle nostre favole, dove fra le querce ed i frassini,  i carpini ed i lecci,  appaiono il lupo e l’orso, il cervo e la lepre, il cinghiale, la volpe ed anche l’orco, la strega, le fate, la capanna solitaria, il castello incantato… Questo scenario interiore rispecchia un nostro mondo esteriore, così come fu vissuto dopo l’arrivo dall’Africa per millenni dai primi gruppi umani che popolarono l’Europa cinquantamila e forse più anni fa. Quello fu il nostro mondo selvatico che ci nutrì, ci riparò e ci insegnò come vivere.

Mi ha sconvolto vagare sotto quella volta verde altissima, affondando i piedi nel tappeto fitto di ciclamini in fiore. Sarebbe stato facile perdersi se non vi fosse stato con noi  chi conosce bene quel bosco,  ma la tentazione di lasciarsi andare alla propria solitaria via è stata  forte… Non avrei mai immaginato che un bosco potesse commuovermi come è successo in quello di Manziana, era come se l’inconscio riconoscesse  immediatamente la sua matrice, la sua origine, e per la prima volta ho sentito come noi tutti siamo “orfani” di questo specifico habitat, come dolorosamente esso ci manchi nella vita quotidiana e come ci sentiamo subito riaccolti il momento in cui lo ritroviamo. Ho dimenticato il numero di ettari ricoperti dalla foresta di Manziana, forse l’ho dimenticato apposta poiché mi fa male sapere i suoi reali limiti, nella mia mente essa è senza dimensione.. Ecco dove sono le nostre radici spirituali.

Che si usi la definizione di cattedrale riferita ad un bosco è una metafora tristemente impropria, casomai è vero  il contrario! Questa considerazione inoltre ci suggerisce qualcosa circa il significato di “spiritualità”, ossia quella “dimensione” che ci fa vivere fisicamente il mondo selvatico.. rinverdendo così la nostra interiorità. Forse è  ignorando questo,   che  quando  gli inglesi giunsero in Australia non capirono la spiritualità degli aborigeni. Scrisse il capitano Hunter nel gennaio del 1788: “Non siamo riusciti a scoprire  quale potesse essere l’oggetto della loro adorazione, né il sole, la luna o le stelle sembrano interessarli più degli altri (!) animali che abitano questo vasto paese”. Certo fu impossibile per un europeo cristiano dell’ottocento penetrare e comprendere lo sguardo di chi vedeva il sacro in ogni essere ed in ogni paesaggio.

Tornando al convegno  in programma, quando nel pomeriggio giunse  l’ora dell’incontro, tenutosi poi nella sede dell’Università Agraria di Manziana,  il gruppo dei viandanti fu lacerato dalla necessità di uscire dal bosco, difatti alcuni partecipanti rinunciarono all’appuntamento  e  continuarono a disperdersi nella foresta, specialmente chi aveva con sé dei bambini, giustamente essi sentivano che era meglio vivere la vita che parlarne!

Infine,  con l’incertezza di lasciare il vero per il finto, un nutrito gruppo di persone,  fra cui io stessa, Maria Castronovo, Luisa Moglia, Peter Boom ed altri abitanti della Tuscia ci siam ritrovati a dialogare sulle nostre origini, da dove veniamo e cosa facciamo per sentirci “a casa”. E cosa vuol dire “essere del posto”?  Significa solo esserci nati?   Peter aveva iniziato a parlare di pan-sessualità ma non siamo riusciti a tornare sull’interessante argomento giacché pian piano è venuto fuori che ognuno dei presenti era un “forestiero” ovvero non nato nel posto, tutti condividevano l‘esperienza di essere immigrati  dal mondo urbano, ri-abitando cittadine e paesi e campagne della Tuscia, spesso non sentendosi accolti o capiti dagli abitanti originari. Questo tentativo di ritrovare una patria nei luoghi scelti per vivere era il sentimento comune dei partecipanti. Si percepiva dolore nei racconti di chi desiderava abbracciare e farsi abbracciare da chi lì viveva, sentendosi però frustrato in questo, trovandosi di fronte ad un lunghissimo “esame” o apprendistato per riuscire a diventare “nativo” ed accettato dagli altri.

Marco, che abita da anni a Blera,  ha suggerito una soluzione raccontando la sua esperienza di lunga vita in campagna, facendosi accettare dal luogo stesso,  ma forse questo  gli è stato possibile perché il suo lavoro è rivolto alla terra… Il fatto è che non è più nostra consuetudine cercare l’accordo con il luogo, considerandolo primario alla vita,  solitamente riteniamo che sia la comunità a doverci accettare.  Ma in verità il contenitore vero della nostra vita fisica e psichica è proprio il luogo, l’ambiente naturale, che ci ripara e nutre ed istruisce, se siamo pazienti e capaci di ascolto. Questa percezione alla quale  siamo giunti forse era stata resa possibile proprio da quella camminata nel bosco, forse lì ci era stato trasmesso che esiste  uno “spirito” presente nel luogo al quale rivolgerci per compagnia,  cibo, insegnamento. Personalmente  non amo la parola spiritualità né il termine laico, ritengo infatti che certe sensazioni vadano vissute e non spiegate, ma se esiste una “spiritualità laica” per riconoscerla basta guardarsi attorno e ricordarsi di far parte di una rete di relazioni, di umani e non umani, che comprende sempre il luogo in cui si manifesta.

Etain Addey

“Eccoci qui ed ora….”

Etain Addey, che abita in un vallone solitario dell’Umbria,  possiede il raro dono di saper trasmettere le immagini. Questa è una funzione sciamanica, la capacità di emettere forme pensiero rendendole visibili nella mente altrui. Questa è anche la capacità del poeta, dell’artista o di chiunque “rinunci” alla descrizione  logico analitica attingendo direttamente all’inconscio. Ed è perfettamente vero che lo Spirito non può essere descritto ma solo sperimentato e qui mi fermo alle sue ultime evocazioni, da cui “appare” che il luogo non è diverso dal sé attraverso il quale viene sperimentato, od almeno così mi sembra. Permanendo in quello stato “naturale” in cui ogni differenza fra veggente e visto scompare. Ed a questo punto che senso ha continuare a tentare di descrivere l’indefinibile (a causa della limitazione della mente)? Quel che “è” è pura e semplice coscienza, né persona né luogo, né uno né due … e nemmeno zero!

Lasciamo quindi da parte la metafisica onirica e parliamo veramente del “luogo” -della bioregione Tuscia in cui ci troviamo. La “nostra” terra viene oggi inquinata e svilita in vari modi, con le onde elettromagnetiche della condotta di Radio Vaticana, con le discariche avvelenate nelle cave dell’Agro Falisco, con le ciminiere puzzolenti di Montalto di Castro e Civitavecchia, con i pesticidi usati nelle monoculture, con la mega antenna che Raiway vuole istallare a Blera, con gli espropri di orti biologici per costruire inutili capannoni espositivi. A ciò si aggiunge l’incipiente rischio di aeroporto per voli low cost a Viterbo città e la edificazione di inceneritori per rifiuti. Poi ci sono i vari scarichi fognari non o mal depurati di parecchi comuni, pozzi artesiani non controllati e soprattutto il continuo pompaggio di acque profonde operato da vari enti e dalle industrie di acque minerali, che contribuiscono ad impoverire  le falde sotterranee e consentono all’inquinamento di scendere sempre più…. giù, sempre più giù!

Se vogliamo che il fascino  della vita in questa terra di Tuscia abbia un senso e sia possibile anche per le generazioni future è giunto ora il tempo di scelte improcrastinabili, legate alla nostra alimentazione ed abitudini, al tipo di beni di consumo utilizzati, al nostro approccio generale nei confronti della vita. Il riconoscimento del valore del nostro habitat, in quanto fonte di vita,  è semplicemente necessario poiché noi non siamo separati da esso, non siamo alieni su questa terra che cos’ brutalmente e stupidamente  distruggiamo, tutto ciò che vien fatto di male ad essa lo facciamo a noi stessi. E non basta dirlo che “dobbiamo diminuire il consumo e limitare la sudditanza energetica”. Economia non sono chiacchiere o speculazioni, economia significa “dare un nome  all’ambiente” e ciò che ha un nome  ha pure una funzione ed è vivo, anzi è l’unica risorsa vitale.

E qui debbo per forza inserire un’altra -per me- importante considerazione sul rapporto ecologico con l’habitat ed i suoi abitanti tutti.

Comincerò dagli “animali da compagnia”. Occorrono 750 scatolette di cibo per cani o gatti per avere l’equivalente in peso di una persona di media taglia (ossa escluse). Quindi dopo aver dato 750 scatolette ai  nostri “pets” è come se avessimo ucciso una persona dandola  loro in pasto. Sembra crudele ed esagerata una simile comparazione, il fatto è che dal punto di vista della vita non fa differenza fra un vitello od un uomo. In verità i cani ed i gatti nella nostra società non sono più “animali” sono semplici appendici dell’umano. Sono il nostro tentativo maldestro di giustificarci con noi stessi e con la natura. Quanti cani e gatti potrebbero sopravvivere naturalmente se non fossero da noi nutriti a scatolette? E perché li nutriamo?  Per quest’ultima domanda la risposta è semplice: abbiamo bisogno della loro complicità per sentirci “normali” (a posto con il conto) ed amici della vita. Tramite essi (i cani ed i gatti e gli altri pets) tentiamo di lenire il nostro malessere e la nostra alienazione. Ma torniamo alla domanda che non ha avuto ancora risposta….. i gatti in grado di sopravvivere sarebbero tanti quanti i gatti selvatici ed i cani sarebbero tanti quanti i lupi…. In Italia son ben pochi, forse qualche centinaio e non di più. Al contrario i cani ed i gatti domestici sono svariati milioni, molti milioni di esemplari che confermano il nostro malsano “vizio”.

Noi abbiamo il “vizio” del dominio sulla natura, un dominio che soprattutto si manifesta con l’agricoltura industriale  in ragione di soddisfare le esigenze dell’allevamento industriale. Divoriamo e distruggiamo la terra con l’allevamento e l’industria agricola. Gran parte dei quali frutti finisce nei cassonetti e nei mangimi per erbivori, un’altra va ai nostri “amici da compagnia” ed il restante serve a gonfiare l’uomo all’inverosimile, ammalandolo e rendendolo simile agli orchi delle favole….

Nessuna meraviglia che fra di noi stia scomparendo il senso dell’appartenenza comune alla vita, l’egoismo e la stupidità imperano sovrani,  vanno di pari passo con l’aumento dei consumi della carne e delle sofisticherie. In inglese le chiamano “delicatessen” ma è solo un eufemismo per non dire “cimitero” alimentare,  magari ben organizzato tanto quanto uno “splendido” campo di sterminio nazista.  Ma la differenza fra carnefici e vittime e sempre più labile, è sempre più confusa….

Naturalezza, magia, etica? Chiamiamo le cose con il loro nome……

Paolo D’Arpini    

Artisti e Filosofi a convegno

Comunicati Stampa ilaria 8 giugno 2008

14 e 15 giugno 2008 Palazzo Baronale di Calcata
Sistemi riproduttivi e sessualità fra natura e cultura.

Presentazione:

“Il mio spirito è invitto. La mia anima è eternamente libera”

Nell’emisfero boreale la stagione del solstizio corrisponde alla massima espansione della luce,  in questi giorni di metà giugno -inoltre- siamo prossimi alla luna piena. Il 15 giugno nell’antica Roma era dedicato alla pulizia delle stalle di Vesta, “in cui lo sterco, attraverso il clivio capitolino,  vien portato via e depositato in un luogo stabilito”. Tutte queste cose messe insieme  annunciano buoni  auspici per l’iniziativa programmata al Palazzo Baronale di Calcata, il 14 e 15 giugno 2008,  dal titolo “Sistemi riproduttivi e sessualità fra natura e cultura”. Si dice che “dal letame  nascono i fiori” e così avviene in questi giorni in cui si incontrano filosofi e studiosi del comportamento ed artisti per parlare di quello che da sempre viene considerato -giustamente- il motore della vita….

L’incontro alchemico fra gli elementi della ragione e dell’istinto, della creatività e del discernimento, fra immagine e  sostanza, è operativo in questi due giorni in cui sperimentare e dare un senso alle pulsioni  primordiali. Non a caso in India l’energia del secondo chakra, situato all’altezza degli organi genitali, è preposta sia alla sessualità che alla comunicazione ed all’arte.  I venti artisti che si cimentano nel mostrare  alcuni simboli di sessualità, e i diversi studiosi delle energie archetipe che ne discutono, son tutti  sciamani e sacerdoti della vita. Eloquenti sono alcuni titoli delle opere esposte: Contatto, Soffio,  Origine, Mistica, Avvicendarsi generazionale.  Tutte le opere sono apparizioni pulite di una bellezza senza limiti che si ripete nel perenne ciclo del divenire.

Gli artisti dell’associazione per la promozione delle arti in Italia hanno saputo rappresentare il tema trattato con accuratezza e lucidità, attraverso varie tecniche che abbracciano molti modi espressivi,  fermando la mente in una “fissità” che trascende ogni mutazione: “When one knows the real truth about acceptance and rejection…”.  Fermare il tempo e cogliere il significato di ciò che muove il tempo non è opera da poco e tentare di dare a tutto ciò un significato (che supera l’uso) è un altro compito nel  quale si son cimentati i vari relatori e studiosi della psiche presenti all’incontro, un’intuizione ed un compimento, in congiunzione. 

Arte, ecologia, filosofia, costume, passeggiate, condivisione di cibo e bevanda, trasmissione di intelligenza ed amore ecco gli elementi di questo evento magico, sicuramente unico: “Ogni attimo è una gemma inestimabile, mai più tornerà questo momento…”  afferma il saggio.

Ringrazio la schiera dei compartecipi  e non potendo nominarli tutti menziono la capofila che ha reso possibile la magia, la bella Laura Lucibello.

Paolo D’Arpini
Presidente del Circolo Vegetariano di Calcata