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Africa

Poems and Reflections ilaria 20 dicembre 2008

Mi sento come allora, quando stavo in Africa, niente davanti niente dietro, nessun luogo per andare, nessun luogo per tornare, nessun luogo per restare. Vagare trasognato, viaggiare solo perchè lo spostarsi era l’unico modo di sopravvivere a me stesso. Ringraziando la fame, la sete, la fatica, la paura, la meraviglia che mi teneva in piedi, mi dava la forza e lo stimolo di andare… ma dove?  Senza meta, pian piano, attaccato al respiro che mi accompagnava e mi consolava nella mia solitudine estrema.  A volte amante della terra, sdraiato sui bordi di qualche sentiero nella foresta, nella bruce, la febbre alta per la malaria, senza vedere nessuno attorno senza preoccuparmi se ci fosse o non ci fosse qualcuno attorno. L’importante era  respirare, respirare e guardare il cielo… freddo caldo.. chi li ha conosciuti in quel limbo materno che è l’Africa? Il freddo ed il caldo erano solo notte e giorno, alternarsi di pensieri, nuvole di passaggio, pioggia, sole, sole, pioggia. Africa, il cuore  si strugge e lo spirito  ride!
 

Africa

I feel like I felt then, when I was in Africa, nothing before me and nothing behind me, nowhere to go, nowhere to go back to, no place to stay. Day dreaming, travelling just for the sake of moving, the only way to survive myself. Thankful for being hungry, thirsty, tired, fearful, the awe that kept me standing gave me strength and encouraged me to go….. but where? Without a goal, slowly, holding on to my breath that kept me company and comforted me in my deep loneliness.  Sometimes lover of the earth, laying down on the sidewalk of a path in the forest, in the “bruce“, with malaria and  high fever, no one around to be seen and without worrying whether there was or there wasn’t someone by me. As long as I could breathe, breathe and look at the sky… cold hot… who has ever met them in that maternal limbo called Africa? Cold and hot were just night and day,  alternate thoughts, clouds passing by, rain, sun, sun, rain. Africa the heart sighs and the spirit laughs!

Paolo D’Arpini

Translated by Ilaria Gaddini

Il cibo è la cosa più sacra – Natale Capodanno e Befana senza massacri di carne! “La compassione inizia dalla nostra tavola”

Eventi ilaria 19 dicembre 2008

Cari amici sono avvilito per la crudeltà mostrata impunemente e giornalmente nel mondo, ma debbo dire che  spesso anche noi perpetriamo un continuo “massacro”. Un affronto che viene fatto alla natura ed alla vita.  Ogni giorno tonnellate di cibo vengono gettate nei cassonetti dell’immondizia mentre c’è gente ed animali che soffrono la fame. 

Vorrei portare la vostra attenzione su ciò che è possibile fare per evitare questo obbrobrio e per concretizzare la sacralità del cibo abbiamo pensato a tre eventi gratuiti su questo argomento  ai quali siete invitati….

Quando durante le feste di Natale ci rimpinziamo all’inverosimile non ricordiamo più la sacralità della comunione primordiale. L’uomo un tempo  considerava la Terra come una madre ed i suoi frutti (ovvero il cibo)  i doni per la continuazione della vita. Il cibo stesso era sacro, era il simbolo dell’amore materno. In India ognuno è sacerdote davanti alla divinità, anche i membri delle caste più basse, che infatti compiono le loro adorazioni casalinghe offrendo cibo crudo alla Divinità. Ma solo i brahmini possono offrire cibo cotto, giacché si dice che il cibo  acquisti le qualità di chi lo cucina ed i bramini sono considerati -almeno si presuppone- i più dotati dell’energia “satva” cioè l’energia spirituale.

Quest’anno al Circolo  ognuno è invitato a contribuire alla comunione solidale del nostro “natale, capodanno e befana” riconoscendoci in un’unica grande  famiglia spirituale portando del cibo  vegetariano da noi stessi cotto, caricato di energia  positiva. Siamo tutti brahmini e solidali.

Grazie per l’attenzione, Paolo D’Arpini.

Programma degli eventi al Circolo Vegetariano di Calcata:

Calcata. 24 DICEMBRE 2008:  “Natale per i senza famiglia” – Alcuni amici ed alcuni viandanti si incontrano per riconoscere nell’umano lo Spirito di Natale. h.16  Andiamo incontro all’uomo nella sede del Circolo preparazione comune del desco, fraternizzazione al lume di candela. h. 18 Canto del Gayatri Mantra. h. 20 Condivisione del cibo da ognuno portato.

Calcata, 31 DICEMBRE 2008: “La notte senza tempo” – In questa celebrazione della vita poniamoci un test di coraggio contro l’inveterata pigrizia. Passeggiata notturna in qualsiasi condizione atmosferica.  h. 19 al Circolo condivisione del cibo da ognuno portato. h. 22  Partenza nella notte buia. h. 24 Rito davanti al fuoco, in grotta.

Calcata.  6 gennaio 2009 – “La Befana degli animali”  Esausti di cibo e pieni di scorte? Niente paura compite una buona azione portando i residui per gli animali. h. 11 Visita agli animali del Circolo ed elargizione dei doni. h. 14 Passeggiata per depositare piccole offerte alimentari agli spiriti ed agli animali selvatici della valle.

Infoline: 0761-587200  – circolo.vegetariano@libero.it

I Ching Mensile – Esagramma Fu – Il Ritorno (La Svolta) – Dal 22 dicembre al 20 gennaio

Lunario ilaria 19 dicembre 2008

Premessa.

Nel Libro dei Mutamenti – I Ching – sono menzionati 12 esagrammi che vengono collegati ai 12 mesi dell’anno, descrivendone così le qualità. Questo abbinamento è ovviamente legato alla periodicità della lunghezza del giorno e della notte. La figura dello schema annuale viene così suddivisa in due metà, una descrivente le diverse fasi in cui la luce del giorno tende ad aumentare, che inizia dal solstizio invernale sino a quello estivo,  e  l’altra metà che al contrario segna il calare della durata del giorno, dal solstizio estivo a quello invernale successivo. Così viene descritto un ciclo completo di Yin e Yang, una mutazione che sempre si ripete, anno dopo anno.

In questo nuovo capitolo   del  Lunario  descriverò di volta in volta ed in successione gli esagrammi che sanciscono il percorso dell’avanzata e della ritirata della luce. Questo percorso ha  non solo caratteristiche ambientali e temporali bensì serve  a descrivere qualità morali e umorali che accompagnano le varie fasi…

Esagramma Fu – Il Ritorno (La Svolta) – Dal 22 dicembre al 20 gennaio.

Una linea chiara (intera) sorge dal basso e spinge da sotto le 5 linee oscure (spezzate).

L’idea della svolta è data dal fatto che quando ormai le linee scure hanno spinto fuori tutte le chiare (Kunn l’esagramma antecedente il solstizio) ecco che una linea chiara entra nel segno il tempo dell’avanzata tenebrosa è finito.  

La Sentenza: “Il Ritorno, riuscita. Uscita ed entrata senza errore. Amici vengono senza macchia. Serpeggiante è la via. Al settimo giorno giunge il Ritorno. E’ propizio avere ove recarsi.

Significato: Dopo un tempo di decadenza viene la svolta, riappare la luce che prima era stata cacciata. Vi è movimento, questo movimento però non è forzato è naturale, generato spontaneamente (rientra nell’ordine delle cose). In questo momento trasformare il passato è facile, cose vecchie vengono eliminate, cose nuove introdotte e tutto corrisponde al tempo e perciò non reca alcun danno. Si formano associazioni di persone con idee affini e questo aggregarsi avviene pubblicamente ed ogni aspirazione particolaristica risulta esclusa. Non c’è quindi bisogno di precipitare le cose con artifici, tutto viene da sé quando il tempo è maturo. Questo è il Tao di Cielo e Terra. 

L’Immagine: Il tuono dentro la terra: l’immagine della svolta. Così gli antichi re al tempo del solstizio chiudevano i valichi. Mercanti e stranieri  non viaggiavano ed il sovrano non visitava le contrade.

Significato: Sin dai tempi più antichi il solstizio  era festeggiato in Cina quale periodo di riposo invernale, un uso che si mantiene ancor oggi con le ferie dell’anno nuovo. D’inverno la forza dell’Eccitante (il Tuono) sta ancora sotto terra  il suo movimento è appena agli inizi, perciò bisogna rinvigorirlo con il riposo affinché non inaridisco consumandosi anzitempo. Questa condizione è come la salute che ritorna dopo la malattia, la concordia che ritorna dopo un dissidio. Tutto in questo momento deve essere trattato con delicatezza e con riguardo, affinché il ritorno conduca a fioritura. 

Sulla Banca del Racconto è calato il sipario, a Farnese presentati i testi di Savino Bessi, sindaco contadino, nell’ultima tappa dell’edizione 2008. Intanto si festeggia a Viterbo la costituzione

 Sabato 13 dicembre, presso il Centro Anziani di Farnese, Alfonso Prota e Antonello Ricci hanno presentato “Savino Bessi: il sindaco-bracciante diventa scrittore”. Questo incontro era inserito in una lodevole iniziativa denominata “La Banca del Racconto” dell’associazione culturale Percorsi.Qualche parola sulla figura di Savino Bessi: il sindaco-bracciante che diventa scrittore: “Con il pensionamento” Savino diventa scrittore. “Con tanta passione e foga”, quasi volesse recuperare “il tempo perduto”: 10 libri in 10 anni.  Da La lucciola (uscito nel 1998, dopo non poche difficoltà a trovare un  editore) fino a  Le vicende di due fratelli farnesani e dei loro discendenti (2008) e Il dialetto farnesano nella civiltà contadina che vedrà la luce a breve. Saggi e romanzi. Saggi che in verità sembrano volersi trasformare in romanzi tout court. E viceversa. Passato e presente. Il campanile e il mondo. E prendendo spunto all’ombra del suo campanile, sulla base della sua diretta esperienza di vita, Savino si mette in testa di rievocare il tormentato “secolo breve”: dall’emigrazione contadina verso le Americhe alla dittatura fascista, dalle guerre mondiali alle lotte per la terra e a una riforma agraria giunta troppo tardi. Ma anche l’oggi: questi nostri giorni di omologazione consumista, di fossilizzazione dei dialetti, di nuove migrazioni e nuovi razzismi: “Nei miei scritti ho messo a confronto il mondo di ieri con quello di oggi, denunciando i mali che affliggono l’umanità e lanciando un forte messaggio  affinché si cambi rotta prima che sia troppo tardi”.

Ed ora qualche parola sul progetto. La “Banca del Racconto” lavora sulle identità del nostro territorio e dei suoi paesaggi a partire dai suoi patrimoni narrativi. L’obiettivo è restituire alle comunità interessate i patrimoni narrativi raccolti con l’interesse di un buon tasso di sociabilità dei saperi. La peculiarità del progetto è che i narratori locali partecipano da protagonisti, sotto la regia degli operatori-tutor, anche alle fasi di progettazione e di concreta realizzazione della restituzione alle comunità.

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Ed ora la lettera sugli intenti per il Parco dell’Arcionello di Viterbo

Paolo carissimo, ecco qua. Un abbraccio e un grazie, di cuore: Alla prima riunione del coordinamento Salviamo l’Arcionello dopo l’approvazione della legge regionale che istituisce la riserva naturale non poteva mancare un brindisi, sobrio e allegro, per celebrare un traguardo che cinque anni fa pareva davvero una utopia.L’Arcionello è stato “messo in sicurezza”: per questo proponiamo che sabato 21 marzo tutta la città festeggi la primavera nel nuovo parco.

Ma festeggiare non basta: c’è ancora tanto lavoro da fare, a partire dal piano d’assetto del parco stesso che la Provincia è chiamata a definire.

A questo proposito, così come abbiamo incalzato la Regione fino alla approvazione della legge, oggi intendiamo stare con il fiato sul collo dell’amministrazione provinciale ponendo l’obiettivo della adozione del piano d’assetto entro il termine di questa consiliatura.

Come sempre, riteniamo che anche il percorso fino a questo prossimo traguardo debba essere realmente partecipato, prima di tutto in un confronto con il Comune, ma anche con le rappresentanze sociali e le altre istituzioni, a partire dalla scuola e dall’università, per giungere fino ai singoli cittadini che vogliano dare un contributo.

Ovviamente il nostro coordinamento intende partecipare a questo percorso, ponendo a disposizione la documentazione e i materiali che in questi anni sono stati prodotti alla riscoperta del fosso Luparo-Arcionello-Urcionio, nonché le intelligenze e le competenze che se ne sono occupate.

Dedichiamo infine questo bel momento ad uno dei primi ambientalisti viterbesi, l’indimenticato Achille Poleggi, di cui ci piacerebbe che il nome segnasse quei luoghi consacrati alla storia e alla natura della nostra città.

Umberto Cinalli e Antonello Ricci

“Spiritualità laica” – “Laizistische Spiritualität“ Traduzione a cura di: Christa Efkemann

Poems and Reflections ilaria 17 dicembre 2008

Über die „Laizistische Spiritualität”

Ich möchte die Bedeutung des Ausdrucks „laizistisch” wörtlich, etymologisch und konzeptionell klären. Er wird oft falsch ausgelegt, als eine Ausdrucksweise seitens der Laienmitglieder einer beliebigen Religion. Tatsächlich steht der Begriff, aus dem Griechischen „laikos” abgeleitet, für eine absolute Nicht-Zugehörigkeit zu einem religiösen, philosophischen bis hin zu einem politischen Modell. Laizistisch bedeutet „außerhalb jeglichen Kontexts eines sozialen Gefüges” ähnlich dem Begriff aus dem Sanskrit „pariah”. Folglich ist es undenkbar, dass ein Mitglied einer Religion die dieser Religion entsprechende Geisteshaltung laizistisch ausdrücken kann.

In Wahrheit entspricht die laizistische Spiritualität einer natürlichen Geisteshaltung, der spontanen Suche des Menschen nach seinem Ursprung, nach der geheimnisvollen Bedeutung des Lebens – ein Streben, das auf Selbsterkenntnis ausgerichtet ist. Am ehesten nähert sich das englische Wort „awe”, das heißt, das „Verwundern (oder die Achtung) vor sich selbst”, diesem Konzept an.

Dazu möchte ich gleich anfangs feststellen, dass „Geist – spirito” für mich eine „Synthese zwischen Intelligenz und Gewissen” bedeutet, und im übrigen klarstellen, dass ich in keiner Art und Weise „gläubig” bin. Das, was ich bejahe, ist die Basis meiner unmittelbaren Erfahrung zu existieren und mir dessen bewusst zu sein. Es ist nicht nötig, mir das von jemandem bestätigen zu lassen, und dieses gilt – natürlich – für jeden.

Man braucht nicht zu „glauben” um zu sagen „ich bin”, wir alle wissen es ohne den Schatten eines Zweifels von selbst. Wenn es hingegen darum geht, über das Vorhandensein oder das Fehlen eines Glaubens zu urteilen, können wir nicht umhin zu sagen „ich glaube” oder ich „glaube nicht”. Davon leitet sich ab, dass das „Sein” und das sich dessen gleichzeitig „bewusst sein” naturbedingt und unumstößlich wahr ist, während auf etwas zu bestehen, das seine Grundlage im Denken hat, das heißt in der gedanklichen Spekulation, nur ein Prozess, der Entwurf eines Konzepts ist.

Ich will es nicht komplizieren, aber es ist völlig klar, dass niemand je sagen wird „ich glaube zu existieren und ich glaube mir dessen bewusst zu sein” während man für jede andere Behauptung (oder auch abstrakte oder konkrete Gedankengänge) immer den Ausdruck gebrauchen wird „ich glaube an eine Religion” oder „ich glaube an den Atheismus”, oder an irgend etwas anderes dem man Glauben schenkt. 

„Ich bin” ist also die reine und einfache Wahrheit, und es ist hier überflüssig, alle möglichen Gründe für dieses „Sein” anzuführen, weil dieser Erklärungsprozess (oder seine Interpretation) nur zu Spekulationen führt und folglich diskutierbar ist.

Zu behaupten, dass das Bewusstsein ein göttlicher Funke ist oder der zufällige Entstehungsprozess der Materie, die sich in Leben verwandelt, überlassen wir den Sophisten.

„Ich bin” ist hingegen die einzige unbestreitbare Tatsache, die keinen Beweis und keinerlei Diskussion benötigt.

Das ist die Basis von der ich ausgehe. Es hat also keinen Sinn sich in Diskussionen über den „Modus …. oder Hypothesen” zu ergehen.

Ich sage das, um jede entgegen gesetzte Position zur Realität dieses von mir beschriebenen Zufallsfaktors zum Schweigen zu bringen oder sie zu vermeiden (und alle die einen klaren Kopf haben können sich dessen bewusst sein).

Das ist der Laizismus des Geistes.

Die „laizistische Spiritualität” ist einfach und banal, sie ist die „Anerkennung” des natürlichen Zustandes eines jeden von uns …

Paolo d’Arpini            

Traduzione a cura di: Christa Efkemann