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Sulle strade della vita

Ciao Paolo, sono Christa – è la prima volta che  ti scrivo ma  ho letto sempre i tuoi messaggi e ti ringrazio per avermi inserito nel tuo elenco. Anche io, dopo la serata da Doriana, sono tornata con la testa e il cuore pieno di tutte quelle testimonianze sul tema …tornare a casa.

Ho notato il tuo bel vestito d’India, ti stava bene, e ho notato anche il tuo sorriso,  felice, acceso – è bello, e fa sempre un grande piacere vedere negli occhi degli altri quella serenità,  dimenticata da tempo forse – ma mai, mai persa!!  Sei stato felice di aver re-incontrato il tuo caro amico?  Fai bene a non perdere un pensiero a quelli satanassi, come dici tu, che ti buttano le loro immondizie addosso. Ne so anche io, purtroppo, da qualche tempo qui, accanto a me. Io però non ho sempre la tua pazienza – o cosa sia..  Con il raccogliere  quei commenti, insieme ai nomi di tutti quelli che parlavano – ci hai dato una possibilità importante per riflettere un’altra volta sulla voce spontanea di ciascuno – un aiuto alla memoria, la quale ha il tentativo di ‘raccogliere’ tutto in un ‘insieme’, senza differenziare, se no lasciandoci qualche ‘top’ .

Volevo dirti che ho una valigia, antica di legno, dove metto tutte le lettere, cartoline, dipinti, scritte ecc. ecc. degli anni  della mia vita – una ‘corriera’ che tocco sola una volta in cinque anni (ne ha intanto quasi 30 anni). Poi mi metto per tutta una notte a leggere – a perdermi … sulle strade della mia vita. Delle volte nemmeno mi riconosco più.

Casa – per noi cosa è – rifugio, protezione, appoggio, definizione, scelta o essere scelto – liberta o carcere – se mai un posto filosofico, ideologico – noi stessi abbandonati o felici – l’universo- terra- casa  intanto c’è…. Ma io penso che solo chi ha perso casa – vuol dire in ogni senso, guerre, violenze, incendi, ingiustizie – aggrappandosi alle ultime sicurezze – e vengono tolte anche quelle ultime – sa che cosa significa AVERE CASA.Questo ti volevo dire  – tu ebreo io tedesca – vivendo un dolore atroce forse in comune ma diverso , lo so! (ne parleremo forse un giorno se vuoi)- ma cercando come tutti quelli che amano e ‘pensano’ (lascio le virgolette)- materia e spirito – cercavano sempre una risposta — sono a casa???  Oppure vorrei tornare a casa???

Abbiamo bisogno di tante coccole penso io -ci sono i bambini abbandonati alle strette di Caracas …. o  dove vuoi … tanti, tanti …

Vorrei sapere però di te, un pochino, Guru che sei (attenzione!!), come lo pensi tu. Tornare a casa … come si fa???

Scavando o andando avanti – basta mettere il bastone, dicendo ‘questa è posto mio  o accettando il piccolo quadretto che ti lasciano – amandolo come un delizioso rifugio – o .. o .. tornado all’idea del nomade ‘DER EWIGE WANDERER’ o all’idea del ‘Weltbürger’ il cittadino del mondo, come   Nel  sa apprezzare l’ospitalità ‘the open mind’ della gente in tutto il mondo – per tornare poi a cercarsi casa  per amore (bello questo).

Bello, allora che cosa è … tornare a casa? Guardare le stelle? Sentire il vento, il fruscio fra le rami di un albero -o sentirsi felice e sicuro accanto ad un cane – come il mio, Manolli, randagio dell’isola Creta – compagno in una ‘giungla’ vegetativa che specchia la vita-  ma un po’ storto  perché basta aprire il cancello e tutto è diverso – pensando, pensando e  fidarsi ancora. Dare nome a casa tua – gli Etruschi – come primi – i nonni, gli antenati, la tua propria storia, l’oggi e il futuro – non ho risposta. Avevo pensato di fermarmi qua, forse domani mi troverò una nuovo casa. La mi casa  – fosse tropo bello chiamarla amore per questa unica cosa – vivere!!

Allora sono privilegiata, pensando a quelli abbattuti dalle guerre, dalla fame e tanto altro – che non hanno scelta… sentirsi più amati di nessuno.  tornare a casa .  cosa vuol dire?  di un eterno ieri – di un oggi. – o di un futuro – ancora ed ancora.   Io direi di sì per ora…      Dimmi tu. Un carissimo saluto,  ChriSenti, se io rileggo il testo cambio tutto – ti lo mando così – non scrivo in lingua madre ma spero in quella che si capisce di cuore o mai.        

Poesia:

Sulle strade della vita, quante strade,  larghe, comode, asfaltate, trafficate, fornite di ogni servizio,  con paesaggi come lo sfondo di una scenografia. 

Oh sentieri d’antiche tracce che conducono a nuove avventure. 

Tre pini, un cane randagio, un gatto che striscia lungo le mura di un borgo, il castello in alto, un lago misterioso fra le colline dolce e severo, scuro e luminoso, sacro ai popoli etruschi   “f a n u”  lo chiamavano.  

E qui ti fermi annusi l’odore della terra la sua storia e quella della sua gente.  

Ti avvicini pian piano aspirando sogni, desideri, fatiche, ansie entro un palinsesto, tessuto da tempo. Ma tu vieni da lontano e ti chiami straniero, qualcuno però ti dà il benvenuto non spensierato ma sinceramente come sapesse di te e dei tuoi sentieri e trovi l’amore inaspettato che non conosce possesso.   

Ti sorride -  allora ti sorride anche la terra.  
 

Christa  Efkemann

Viaggio verso casa…. Stavolta forse l’indirizzo é quello giusto!

Compagni di viaggio ilaria 5 settembre 2008

Capranica,   in preparazione del “Ritorno a Casa” del  18 e 19 ottobre 2008

Care amiche e amici, ciò che leggete di seguito è l’impegno scritto che si è assunto Paolo D’Arpini nel riportare brevemente gli interventi e le presentazioni di chi è intervenuto sabato 30 agosto in una casa, la mia, per vedere di mettere in piedi le due giornate di Ottobre: il 18 il 19. Abbiamo necessità di condivisione, proposte, contributi per vivere e convivere meglio e con interesse dell’altro, su questa terra, nel paesello e nel Paese. Vorremmo creare una storia scritta da noi e non dalla cronaca locale e nazionale o dalle amministrazioni, attente a ben altre notizie da far emergere o da affogare. Storie diverse, perché tali siamo, alla ricerca di Casa, della  recupero della nostra memoria, del presente fatto dalle nostre azioni quotidiane, le letture, le parole, i sapori, la musica e la pittura, i passatempi ricavati di notte o all’alba, l’ostinazione di voler vivere con amore quello che ci circonda, sia pure le quattro mura, che altrimenti crollano e ci trovano impreparati, disorientati e con sempre più paura ad affrontare ben altri ‘crolli’ di valori e salite vertiginose di costi, fosse pure il prezzo di mantenere la ‘baracca’ famigliare o vissuta in solitudine. Se credete e lo speriamo, scriveteci o telefonate, diamoci una mano, in questo ritorno….a casa, abbiamo circa un mese di tempo per poter condividere un fine settimana a Capranica e il nostro tempo futuro, insieme.
Metto in chiaro il contenuto, davvero lungo, di come è nata l’idea che diventa realtà, creata dalla nostra conoscenza, riconoscendoci, amici e cittadini, singoli e collettività, persone.  Doriana

In viaggio  verso casa.

Resoconto. 

Il 30 agosto  avevo un appuntamento con Doriana Goracci nella sua casa di Capranica per organizzare il prossimo incontro-convegno sul tema del Ritorno a Casa. Siccome non ho l’automobile e non vi sono mezzi di trasporto per andare sino lì ho fissato un pre – appuntamento qui da me a Calcata. La mattina verso le 11  arriva Celeste, da poco ritornata da un viaggio in India,  mi ha portato in regalo un pigiama variopinto ed una camicia di lino ed anche un drappo di cotone. Sistemo subito il drappo sul divanetto e lo inauguro cantando un inno al Guru ed alla Coscienza Universale.

Così dopo aver meditato e cantato preparo un pranzetto di farro e soya,  alle 13 e 30 arriva a piedi dal paese nuovo Francesca, ci porta una vaschetta di frutta selvatica  e mentre siamo a tavola finalmente arriva anche Giorgio Vitali da Roma, il nostro accompagnatore motorizzato. Abbiamo ben mangiato ed    ecco ci pronti alla partenza. Celeste però non viene perché aspetta l’idraulico a casa. Mentre siamo in piazza pronti a montare in macchina il satanasso da lontano mi apostrofa “ai convegni, va pure alle conferenze, schifoso..”. Faccio finta di nulla perché non è bene ritagliare alle provocazioni sataniche, ed ecco ci  partiti….  A Capranica non troviamo parcheggio e dopo inutili tentativi di avvicinamento alla fine Giorgio lascia la macchina davanti all’ufficio dei Vigili Urbani  e ci avviamo a piedi al centro storico, così ci godiamo la bellezza del paese vecchio,  alla ricerca della Via Castelvecchio.

Siamo arrivati, in ritardo sul ruolino di marcia e non più in tempo per la visita all’orto “di guerra” di Doriana, ma siamo arrivati. La casa è bella spaziosa e ben arredata con mobili antichi e di buon gusto, nella grande cucina all’ingresso c’è una tavola imbandita con ogni ben di Dio, more, uva, olive, torte, tarallucci ed altro ancora…

Doriana dopo averci mostrato tutte le bellezze della sua dimora, compresa la magica cantina, ci invita a  prender posto. La cucina forse è piccola per l’incontro? Quanta gente è attesa?   “Verranno parecchie persone” afferma Doriana ed infatti dopo un po’ giungono le prime signore di Capranica, curiose ed allegre, una di esse mi chiede “Che a Calcata vi vestite tutti così? – alludendo al mio costume variopinto- ed io le rispondo “no, solo io  e poi questo abito è un regalo ricevuto proprio stamattina dall’India  e l’ho indossato per l’occasione”. Doriana ci invita a questo punto a sedere sul grande divano del salone “Forse qui stiamo più comodi, che  ne dite?”. Arriva altra gente e Doriana ci accompagna  allora in  terrazza “qui  all’aperto forse è meglio”. Dopo qualche tempo che già abbiamo iniziato a far conoscenza,   dato il continuo afflusso di nuovi venuti alla fine Doriana ci riporta tutti in cucina e così ci troviamo sparsi davanti la tavola imbandita, seduti alle bene meglio, anche per terra.  Inizia la condivisione delle proposte e dei pareri sul Ritorno a Casa ed ognuno a turno si presenta e dice qualcosa di sé. Qui riporto alcune frasi significative di quanto espresso da ognuno dei presenti.

Comincia Doriana con un’introduzione sullo scopo dell’appuntamento odierno, ci parla della necessità di vivere in armonia con le persone del luogo in cui viviamo, del significato che diamo al “ritorno a casa” e di come sarebbe bello se ognuno si sentisse a casa, poi  dice: “Qualcuno di Capranica, qui presente, prima d’oggi nemmeno si conosceva, porteremo la storia del nostro ritorno a casa il 18 e 19 ottobre nella Sala Nardini, senza etichette di associazioni  né affidandoci alle istituzioni, siamo solo persone che si cercano per conoscersi e riconoscersi, ognuno con la sua storia. Questa secondo me è politica nel senso antico del termine: terra, luogo, casa, circolazione di idee e di sentimenti”.

Faccio la proposta di raccogliere i commenti per un “documento interattivo” e tutti acconsentono e quindi  scrivo  velocemente questi appunti mentre ognuno a turno ed ordinatamente prende a parlare. 

Kay, musicista, dall’Irlanda: “Per me venire in Italia è la casa, amo il Mediterraneo, gli irlandesi non avevano sino al secolo scorso in criterio della vita in città esistevano solo villaggi  effimeri, per le fermate durante la continua transumanza interna.  C’è da noi un duplice modo espressivo per dire casa  home oppure house qual è la differenza? Ad esempio per gli ebrei, altro popolo nomade, la casa è il tempio dove si unisce fisica e metafisica”.

Katalina, giovane e bella dalla Romania: “Abito in Italia da 14 anni, metà della mia vita. Qual è la mia casa? Gli immigrati a volte non si pongono questa domanda per non toccare note dolenti, il 18 e  19 ottobre vorrei leggere e raccontare storie di emigranti ed esiliati, credo ci potrà aiutare tutti nella comprensione di chi siamo…”

Laura, artista,  fra Roma e Calcata: “I miei genitori sono di posti diversi ed anch’io non ho mai saputo di dove sono.. di Roma, del nord del sud? Alla fine ho sentito che la casa è il luogo in cui mi trovo, un luogo interno,  ora qui a Capranica è casa mia”.

Crista, artista, tedesca di Capranica: “All’inizio ho pensato che fosse banale chiedersi cos’è il ritorno a casa? Ho fatto sempre traslochi in vita mia,  una volta mi sono accorta, durante l’ennesimo spostamento, che su tutti mobili, sul retro, c’erano vari cartellini proveniente da.. spedito il..  Ora ho cominciato pensare alla casa e nel pensiero l’ho intuita come la casa dei miei nonni, una casa ideale, è forse questo il tornare a casa?”.

Peter, scrittore olandese, da Bagnaia: “Abito qui in provincia di Viterbo da moltissimi anni eppure non riesco a sentirmi a casa,  ho tentato in tutti i modi di trasmettere la mia voglia di comunicare e di cercare di cambiare l’immobilismo in cui sento che l’Italia è castigata… a volte sono molto sfiduciato, però ho un pezzo di terra, mi piace fare l’orto, accudire la gatta, parlare con gli amici…”

Maria, donna della Romania: “Mi trovo bene qui a Capranica, per me questa è casa mia”.

Ika, pediatra, dalla Romania: ” Quando giunsi qui… (piange) cercavo una casa, lasciai la mia casa, dov’è ora la casa? Quando torno in Romania vado solo al cimitero a piangere i miei morti e qui mi sento emarginata… (Doriana interviene narrando di come Ika l’abbia aiutata con il suo coraggio e del suo sorriso quando iniziò a vivere a Capranica, incoraggiandola molto in questa sua scelta..)

Mira, professoressa, da Manziana: “La casa? Forse una patria,  l’intimità, la  libertà, l’importanza data… in fondo mi accontento della mia vita, sono a casa”.

Adelaide,  casalinga, originaria di Capranica e ritornata da poco: “Ho abitato per tanti anni a Novara, mio marito carabiniere,  ora son tornata e mi sento felice…”

Giorgio, chimico romagnolo,  da Roma: “Sono nato in Romagna,dove c’è un detto riportato da Alfredo Oriani: il vero romagnolo è  tale se sta a Roma! Concordo con lui e ritengo che il senso di estraneità  provato da Peter dipenda tutto dalla chiusura psicologica che qui da noi è causata dal solo Vaticano. La gente ha paura, non si espone, vive nell’ignavia in conseguenza della pressione millenaria esercitata dallo stato pontificio”.

Mariagrazia, insegnante, nativa di Viterbo abitante a Roma: “Ora sto tornando a Viterbo,  mi sono sentita a casa in vari posti e vorrei che la mia casa fosse ovunque, mi sento però sempre in prova, in continuo cercare, in attesa”.

Nel, giramondo, dalla Spagna: “Ho messo il dito sulla mappa in  un area etrusca falisca, ed  è venuta fuori Capranica. Ora ho una casa qui ma sono come un nomade che sente la casa ovunque. Ho rinunziato all’eredità paterna, alla casa avita, mi sento cittadino del mondo, ma ora la mia compagna è incinta… e la legge non approva il nomadismo vuole solo poter controllare i cittadini attraverso il domicilio, la stanzialità. Nel mio girovagare ho percepito il senso di ospitalità che la gente provava nell’accogliermi, sentivo gratitudine e voglia di far bene. Civiltà significa ospitalità…”

Francesca, giovane donna col pancione: “Sono nata a Foggia, vissuta a Bologna, sono pugliese, non lo so? Ora non provo radicamento, vorrei stabilirmi in un posto non per necessità ma per la bellezza del posto, così mi ritrovo a Capranica”.

Sivio, funzionario statale, da Ladispoli: “Mi chiedo spesso qual è la mia identità culturale, è quella la casa? Ho abitato a lungo a Parma ora son tornato a Ladispoli. Cerco di portare anche qui a Tolfa etc. l’esperienza di apertura ma vecchi amici che ora si son messi in commercio mi dicono -vieni qui, mangia e stai zitto- mi sono accorto dell’ipocrisia della politica che si maschera da associazionismo culturale solo per creare inserimenti di potere, come ho osservato nel WWF o Legambiente, peccato”.

Maurizio,  impiegato, da Roma: “Sto qui a Capranica  ma non ci sto, sono figlio di un ufficiale dei CC, ho vissuto 9 trasferimenti. La casa è il luogo in cui ci si rispecchia, un’immagine a propria  somiglianza,  è l’ambiente umano in cui vivi,  un punto di riferimento che si adatta alle esigenze, un modo di rapportarsi con la società e l’ambiente,  dove tu non sei fesso ma nemmeno furbo, un punto d’incontro scambio convivenza,  è la casa?”.

Licia, casalinga da Roma: “Sono nata in Abruzzo, a Sulmona,  sento che la casa è tornare alle radici, dove sei nato, la comunità degli affetti,  insomma il luogo originario. Ma spesso quel luogo è stato evacuato, spopolato, a volte si ripopola di persone che lì son nate lasciando il loro cuore, il posto degli antenati. Nella vecchia casa di Sulmona che ora sto ristrutturando c’erano alle pareti le foto di tutti i miei parenti, stando lì le foto era come se loro ancora ci fossero… A volte sento che solo l’accoglienza può ricostruire il senso di comunità ma a Roma si vive nel distacco e nella mononuclearità. La vera casa è il posto dell’anima….”.

Francesca, artista, da Calcata: “Di origini varie, ex romana, viaggiatrice intensa, ho trovato la mia casa sulla terra che circonda l’abitazione di Calcata che mia madre mi ha donato. I miei viaggi ovunque andassi servivano solo per tornare qui, in fondo, ma per la Birmania ho provato un grande attaccamento, un collegamento karmico che mi ha commosso, forse è lì che vorrei abitare, non lo so?”

Doriana, pensionata, da Capranica: “Di genitori di varia  origine, ho abitato a lungo a Roma, Forse sentivo la casa originaria in Toscana, in campagna dov’era nato mio padre, una casa senz’acqua,  ma con gli animali, la campagna e la famiglia accogliente. Ricordo un circolo ricreativo gestito da una donna maschiaccio…  la solidarietà della gente. Di mia madre ho solo pensieri ed immagini senza ricordo, le storie raccontate del deserto nordafricano. Idealmente ho sentito per la prima volta il senso di casa nell’accoglienza ricevuta da povera gente a Santorini, un’isola greca, che stavo visitando con il mio primo marito,  una ragazzina prima ci parlò lungamente sul molo dove pensavamo di pernottare, dopo un  po’ giunse il padre e ci invitò da loro, una casa semplice e ci fece dormire sul fienile al primo piano, la mattina la moglie ci offrì caffè, uva e pane e ci disse -quando ripassate di qua tornate a trovarci, questa è casa vostra-   Ho percepito allora che la Grecia  è anche casa mia. Ma lo stesso sento  qui a Capranica, ad esempio quando l’altro ieri ero sparito il mio gatto, ero molto preoccupata ed ho anche pianto temendo che fosse stato ucciso, una bambina di qua  ha bussato alla porta e mi ha detto -posso farti compagnia, come stai Doriana?- Il gatto alla fine l’ho ritrovato ed anche il senso di comunità…”

Caterina, artista, milanese di Capranica: ” Son qui da tre anni, non ho mai avuto una casa di proprietà ora ce l’ho  ma abito ancora in un posto in affitto dove ho concentrato tutte le mie cose… La casa degli avi è andata distrutta  ma nei pensieri no…”.

Silvana, friulana di Capranica: “Dai boschi del Friuli ai boschi di Capranica, il viaggio è lungo e breve allo stesso tempo… Mio padre era un ufficiale dell’esercito sempre in continuo trasferimento. Ricordo la casa dei miei nonni come luogo fisso,  sentivo che la mia terra è il Friuli, montagne, cascate, la gente che capivo, la gentilezza… Ho abitato a Roma per tanti anni ed ho vissuto in molte case, sentivo le presenze rimaste,   ancora abito a Roma al cento storico ma ho acquistato un a casetta qui  Capranica, davanti ad un bosco,  per nostalgia? Non lo so, ma casa per me non è stato sociale, non sento la mistica della casa, sono al di fuori di ogni schema,  forse la casa è il mio corpo, tendo verso questa casa che è materia e spirito, memoria, immagini, sentimenti, emozioni, insomma la mia interiorità. Il ritorno a casa è il mio giungere a me. Partire da me e giungere a me”.

Flaviano, uomo di cultura, da Ronciglione: “Amo questa mia terra etrusca, la storia di Ronciglione, la ribellione ottocentesca dei  ronciglionesi contro i francesi che distrussero per vendetta la città, l’archivio storico, da seimila abitanti che c’erano  la città si ridusse a tremila,  le cartiere, le ferriere, la civiltà distrutta… ma non la forza ed il coraggio di ricominciare.  Al tempo dei Farnese Ronciglione era un distretto con  9 paesi sotto di sé, la municipalità arrivava sino a Borghetto (alle porte di Roma). Mi sento etrusco ed orgoglioso di esserlo, accetto tutti e mi piace condividere la cultura con tutti, noi diciamo -se nun so’ matti come noi nun li volemo-  per questo che ogni anno organizziamo il premio letterario il Roncio, per scoprire  quelli come noi… Ricordo da giovane, quando facevo l’insegnante di educazione fisica, ebbi contatti con tanta gente… americani che erano come ragazzini de 12 anni,  russi sempre seri, africani, asiatici… ma tutti dicevano: come si sta qui non si sta in nessuna parte del mondo!”       

Giulia, pensionata, da Capranica: “Quando ero in Australia ero Italiana e ora che son tornata qui sono forestiera…”          

Claudio,  studente,da Roma: “Non capisco cos’è la casa. Non sento di appartenere, tra un po’ mi trasferisco in Inghilterra chissà se lì la trovo?”.

Letizia, di passaggio appena arrivata: “Sono qui da appena tre giorni,  grazie per avermi accolta. Vengo da Roma, non ho mai viaggiato ed ora ho ascoltato tutti i vostri interventi, sono anche timida,  non ho sentito sin ora il senso di appartenenza ma ho sempre sperato di trovare un posto in cui sentirmi a mio agio. Suono il violino e vorrei che la mia nuova casa di caprinica diventasse un luogo per condividere esperienze e cultura…”-

Roberto, compagno di Letizia: “Estendo a tutti l’invito di Letizia, anch’io sono un musicista, nato a Roma e vado in giro dicendo -civis romanus sum-  pensando che non c’è posto mejo de Roma, poi mi son detto -ecco questo posto va bene per me,  la Tuscia, luogo di confine fra Roma ed Etruria, questo è un orizzonte piacevole da dipingere…”.

Daniela, impiegata, da Capranica: “Ora abito a Capranica,  ho amato Roma ma mo’ la odio…  amo la Grecia ed il mare, il luogo ideale che ho sentito e dove immagino umanità e calore. Qui ho una casa in cui ho iniziato ad investire il mio tempo, sono in prova, pendolare…” 

Arrivati alla fine del giro, tutti si sono buttati sulla tavola imbandita  arraffando a man bassa dalle leccornie tentatrici….

Purtroppo Giorgio sollecita il ritorno, per motivi di tachimetro al parcheggio, non possiamo fermarci a cena dall’ospitale Doriana e saluto tutti con un abbraccio collettivo.  Francesca lancia l’idea di fermarsi a Sutri dove c’è una sagra, a me non va ma vengo messo in minoranza e così debbo far buon viso a cattivo gioco…  

Infine il ritorno… e …  per ultimo   la scoperta  che il satanasso, che vive in una grotta poco distante, per invidia, non so, o forse per  “vendicarsi” (a mo’ di Giuda) delle sue disgrazie  ha gettato un vecchio secchio di plastica con i residui delle sue cacate davanti la mia porta di casa.

Pazienza, sono dentro la mia casupola, accendo il computer e rispondo ad un paio di lettere: 

“Ecco, mia cara Antonella, sono appena tornato da questa intensa e strana condivisione, ho preso parecchi appunti ma stasera non posso scrivere, ho la testa troppo pesante di varie cose. Però domani lo farò… come va con il tuo  esperimento d’indipendenza?”.

Ed ancora: “Cristina, sorellina mia, viviamo proprio in un mondo assurdo e pieno di strane immagini, quasi tutte finte, eppure l’umanità latente che si manifesta in questa finzione mi commuove e mi fa sentire felice di essere anch’io umano. Sono appena tornato da Capranica da un incontro per organizzare un altro incontro sul Ritorno a Casa che si terrà sempre lì il 17 e 18 ottobre. Beh,  le persone che oggi ho conosciuto mi sono sembrate molto umane e tutte desiderose di trovare la vera casa… come veramente tutti ne abbiamo bisogno….”

Ed all’agronomo  Altieri che mi parla sempre dei problemi degli ogm,  ho scritto i  più possibile a tono: “Stasera ho fatto una lunga chiacchierata con Giorgio (l’amico chimico) sulle malefatte delle multinazionali che brevettano gli ogm e del tentativo in corso, dopo il granturco e la soia, di brevettare anche il riso.  Ho saputo dell’opposizione dell’India ma ciononostante negli USA hanno brevettato il riso basmati il che significa che se i produttori indiani vogliono vendere questa qualità di riso negli USA debbono pagare la royalty…. Poi c’è quella causa persa in Canada da un produttore agricolo tradizionale che aveva fatto causa, credo alla Monsanto, per aver impiantato una grossa coltivazione ogm adiacente il suo podere ma la causa dell’agricoltore è stata persa perché gli inquisiti hanno dimostrato che era stato il produttore biologico che aveva causato l’ibridazione delle coltivazioni ogm…. con le sue piante naturali… roba veramente assurda e quasi da non credere….  Poi è venuto fuori anche il discorso degli incendi divampati in Grecia lo scorso anno (ed anche in Italia) dovuti (sembrerebbe) alla  “necessità” di  riforestare  con le piantine ogm  di produzione israeliana, acquistate per strani accordi dai governi menzionati.  Insomma, caro Altieri,  parla parla e son venute fuori un sacco di cosette che ora non racconto perché le mail sono tutte controllate e non vale la pena passare agli spioni certe notizie, che loro ovviamente sanno ma non che anche noi le sappiamo, forse… ma per quello che può importare….  Intanto in Islanda continua la costruzione della banca del seme…..  Passo alla cronaca di stasera  (sempre  tornando a casa) per raccontarti che  mi hanno portato per forza a Sutri,  dove c’era la sagra del fagiolo, centinaia di persone in piazza, musica ad alto volume, un focheraccio acceso sotto gli alberi che pareva di stare all’inferno, quei poveri rami investiti dalle scintille che mi facevano pena, l’aria puzzolente di carne abbrustolita, luci accecanti, qualche traballante, donne in tiro esibizionista, vecchi bavosi e sbrodolosi, solo una signora con due bambini piccoli aveva l’aria umana (forse era del sud), non ho assaggiato nulla neanche un fagiolo né un bicchier d’acqua,  ho sopportato in silenzio la caciara ed ho fatto finta di niente, non potevo protestare perché ero ospite in macchina e come facevo a ritornarmene a casa da solo? Al ritorno a Calcata, a casa (sic… per modo di dire), anche qui macchine e macchine sulla strada, la via frequentata da sderenati,  nei ristorantacci  aperti la puzza di carne bruciata, mondezza in giro e risa sguaiate, insomma un altro inferno. Spero che dove stai tu sia un po’ meglio… qui si può vivere decentemente solo uno o due giorni alla settimana, quando non ci sono turisti né venditori di collanine, né satanassi  mascherati da robin hood…  forse  anche meno di un giorno o due alla settimana… forse solo qualche ora, ma almeno sono ancora vivo…. “ 

Ed infine con buona pazienza, stamattina, raccolgo le immondizie sparse che ho detto prima. Che posso farci? Di fronte alla pazzia senza speranza di redenzione non resta che adattarsi ulteriormente…  e con il sacchetto traboccante vado a depositare lo “sfregio” nei cassonetti  belli pieni dell’immondizia  prodotta da vari altri satanassi, dai  turisti, dai negozietti finti e dai numerosi “ristorantini” e “baretti”  di cui ho vi già raccontato….  

Paolo D’Arpini

Stavolta ne è uscito proprio un romanzo!

Scusate per la lunghezza e grazie se, per caso,  avete letto sin qui!

15 settembre 2008: La morte di Titania, Il silenzio del fauno, La resurrezione del Dio Pan….

Eventi ilaria 2 settembre 2008

Excursus sulle letture proposte per la luna piena di settembre al Circolo Vegetariano VV.TT.

Una degli aspetti più evidenti del ritorno al neo paganesimo (o alla spiritualità laica) è il culto della natura,  l’adorazione delle forze naturali  identificate nella  Terra Madre e le sue stagioni. In questa riscoperta si inserisce ad esempio la spiritualità centrata sul femmineo sacro,  il matrismo  e lo shaktismo,  e la venerazione  degli aspetti femminili che rappresentano la creazione, il sostentamento e la trasformazione, insomma:  morte e  rinascita.

Questo movimento neopagano in realtà  tende alla rivalutazione del femminile  in un mondo dominato dal patriarcato e dalla ragione, e ciò è anche un bene ma finché la sacralizzazione non coinvolge anche il mascolino restiamo  nei termini di una dualità in cui una parte viene ad essere considerata migliore dell’altra. Occorre quindi riconoscere il sacro in entrambi i generi: maschile e femminile.

La nobiltà del maschile sovente è anch’essa collegata alla nascita ed alla morte, ad esempio il sangue versato dall’eroe rappresenta il sacrificio che conduce alla vita allo stesso modo del sangue mestruale femminile che significa  fecondità. 

Qui a Calcata per molti secoli fu adorata una particolare reliquia, il prepuzio di Gesù,  la pellicola  asportata dal fallo del figlio di Dio veniva portata in processione e garantiva progenie e raccolti. Poi con l’avvento del razionalismo, del giustificabile e dell’utile, che entrò decisamente a far parte dei meccanismi religiosi, il prepuzio fu fatto sparire e addirittura c’è  una scomunica vaticana per chi ne parla.

La sacralità dell’energia sessuale maschile, unita al femminile, è in realtà uno dei simboli orografici inequivocabili di Calcata, che  è un acrocoro  erto in una valle circondata dall’acqua.

In India questa immagine si definisce shivalingam-yoni e rappresenta l’incontro creativo del maschile e del femminile. Il lingam è il fallo di Shiva   e la yoni umidificata dalle acque fecondanti è la vagina della madre divina. 

Ma torniamo al tema della sacralità maschile.

La prima volta che iniziammo a parlare di questa sacralità qui a Calcata fu in occasione di una particolare recita “La Morte di Titania” messa in scena, una ventina d’anni fa, dalla compagnia di Maria Giovanna Rosati Hansen in una grande grotta con in mezzo una colonna monolitica, ed anche qui era evidente –sia dal testo classico che dalla conformazione del luogo-  che si stava evocando un religioso amplesso.  In seguito   ci fu la presentazione con dibattito del bellissimo romanzo di Maria Castronovo “Il silenzio del fauno” tutto centrato, come il titolo stesso lascia supporre, su una religiosità maschile che è rimasta in silenzio ma che chiede riconoscimento, questo romanzo secondo me è stato il primo vero tentativo di riscoperta della venerabilità maschile compiuto negli anni recenti. 

Nel prosieguo ci  furono anche  dei bellissimi concerti di canto ed armonici vocali con letture orfiche, eseguite con grande carisma e magia nel tempio della spiritualità della natura da vari  cantori e musicisti.

Ed ora, sempre sul  tema, proponiamo  per la luna piena di settembre 2008, una lettura di brani  da vari testi che verranno recitati davanti al fuoco, uno di questi testi   è il saggio di Giorgio Vitali,  Resurrezione del Dio Pan., di cui  qui inserisco alcune brevi citazioni:

 ”La Resurrezione del Dio Pan, che  non è mai morto nelle coscienze degli uomini delle grandi civiltà,   è un modo per elaborare una “filosofia politica” intendendo con ciò una potenzialità culturale ed un percorso esistenziale capaci di amalgamare persone coscienti della crisi in atto per le quali il cambiamento sia  condizione per l’esistenza”.

“Sulla base della teoria unitaria del mondo fisico e biologico proposta nel 1942 dal Fantappiè, in Natura esistono due opposte tendenze. Una entropica, verso la degradazione ed il livellamento, caratteristica dei fenomeni fisici, ed una opposta tendenza sintropica verso l’ organizzazione e la differenziazione, caratteristica dei fenomeni biologici. Tale doppia tendenza si manifesta a tutti i livelli, e dalla lotta tra l’ordine ed il disordine ha origine il divenire”.

Paolo D’Arpini

Programma:

Appuntamento di lunedì 15 settembre 2008. Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata.

h. 17.00 – Passeggiata serale nella valle del Treja per cercare arbusti e rami secchi.

h. 19.00  – Accensione del fuoco  e delle candele.

h. 19.01  – Preparazione di bruschette e lettura conviviale in attesa che si levi la luna.

Ognuno è invitato a portare cibo vegetariano che verrà poi condiviso fra i presenti.

Prenotazione necessaria. Tel. 0761-587200

Roma: dal 2 al 7 settembre 2008 – La Città Dadisé – Happening multiculturale con sottofondo romantico.

A tutti gli amici che abitano a Roma consiglio vivamente la partecipazione a questo interessante appuntamento culturale di 6 giorni. Ho conosciuto il 30 agosto u.s. Kay Mc Carthy, musicista ed artista irlandese che organizza questa manifestazione, mi ha raccontato storie magiche sulla cultura nomde dell’Irlanda, sulla lingua gaelica, sull’antica cultura celtica. Una sua frase in particolare mi ha colpito sul come questa cultura abbia potuto sopravvive sino ai nostri giorni ”L’Inghilterra ha fatto le prove della sua espansione colonizzatrice proprio in Irlanda, gli irlandesi sono un po’ come gli aborigeni australiani che non conoscono la speculazione e l’imbroglio, ed è solo mantenendo queste caratteristiche di pulizia interiore che il nostro popolo ha saputo conservare la propria anima, gli inglesi hanno ancora il dominio politico nel nord dell’isola ma non hanno mai dominato il nostro cuore, siamo rimasti puliti,  una sorta di distacco psichico  -forse una specie di autismo- che ha consentito il  mantenimento di identità e  cultura”. Sarà per questo che il titolo della manifestazione è la città Dadisé? Paolo D’Arpini   Ed ora eccovi la presentazione ed il programma: La città Dadisè dal 2 – 7 settembre 2008
La manifestazione è realizzata con il sostegno del Comune di Roma e con il contributo dell’Assessorato alla Cultura Spettacolo e Sport della Regione Lazio Teatro e musica, donne e culture, laboratori di arte e di pensiero, letterature, abilità di vario generi, arti visive e, alla radice di tutto, il territoriosono gli elementi di architetture reali e possibili su cui nasce La città Dadisé, rassegna senza frontiere che, dal 2 al 7 settembre, riempie di suoni, immagini, volti e parole il Parco Madre Teresa di Calcutta in via Palmiro Togliatti, nel VII Municipio.
Sei giorni di spettacoli, riflessioni, giochi e mostre, in un mosaico di espressioni e forme della diversità e dei suoi luoghi. Lungo un itinerario tra sogni, disagi e altri segni delle identità e dei confini, in bilico tra provocazione e tradizione.
A cominciare dall´inaugurazione, martedì 2, subito nel segno del dialogo tra lontananze e differenze. Arrivano dall´India gli artisti di Milon Mela, custodi di antichissime tradizioni (come il Kalaripayattu, madre delle arti marziali, o la danza Chhau di Purulia, che racconta le cosmogonie induiste). Dopo di loro, nella stessa serata, spazio alle storie cantate da Lucilla Galeazzi, che racconta, con un linguaggio a noi più familiare, la vita, le donne e il lavoro.Il denso programma della rassegnaideato in collettivo dalle associazioni The way to the Indies – Argillateatri, G.B. Studio, Michele Testa – Torsapienza e Un Amletoditroppo, va avanti con i magici tamburi dei Sarawan dall´Iran insieme ai danzatori sufi romani, il portoghese Fado Entre Rios e, dall´Irlanda romantica e spavalda, le canzoni e le storie di Kay Mc Carthy, che festeggia quest´anno trent´anni di carriera. Mentre etnie e culture diverse si celano fra gli specchi di Il labirinto, “testo mosaico” formato da infiniti altri testi, azioni e stupori sulla diversità e la ricerca del proprio luogo interiore, con la regia di Ivan Vincenzo Cozzi. E poi, anche diversità più vicine, come la Roma nota e sconosciuta, amata e odiata, ma sempre vissuta come una storia d´amore, nello spettacolo Prove di felicità da una città: lascia che sia per la regia di Carlo Gori, oppure la donna celestialmente diversa protagonista di Il Vangelo secondo Maria di Barbara Alberti, portata in scena da Salima Balzerani. O ancora le alterità drammatiche lette attraverso la vivida storia di Olà Medea, interpretata da una “neodonna”, ex transessuale che porta in scena, con la regia di Gianluca Bottoni, un´ipotesi di trasformazione e, soprattutto, un canto al distacco, alla differenza, alla mescolanza…Ma non solo. La Città Dadisè sarà continua sorpresa…dagli spazi per ragazzi (letture, fiabe, laboratori creativi), alle Biblioteche Raffaello, Rodari e Quarticciolo con l’attività di prestito ed il loro lavoro sul libro, entità viva e reale, che respira assieme al lettore, dai percorsi ambientali proposti dal Centro di Educazione Ambientale del VII Municipio al ‘mercato senza mercanti’ di prodotti biologici venduti direttametne dai produttori; dalle musiche etno-world e jazz rigorosamente italiane proposte da Alfamusic, alle passeggiate nel Parco alla scoperta dei 12 alberi mitici di Roma, dalle iniziative delle associazioni del territorio, ai progetti di solidarietà come quello dei Bambini del Deserto. E ancora concerti e spettacoli teatrali nei pomeriggi, punti di informazione, proiezioni, presentazioni di libri, incontri e per ascoltare quello che la città e, in particolare, il quartiere racconta, chiede, sogna.

Informazioni.
Infotel: tel. 06 7811545, 06 77071899 e 3683258777
email argillateatri@gmail.com Sent to kay@kaymccarthy.it
The Way to the Indies Via della Caffarelletta, 33 Roma 00179 Italy

“Dalle lucumonie congiunte di Falisci, Etruschi e Sabini alla Bioregione Tuscia Sabina”

Comunicati Stampa ilaria 30 agosto 2008

Il bioregionalismo e l’ecologia profonda per unire le aree omogenee dell’alto Lazio.  In preparazione un convegno ad hoc dal titolo “Città, Regione, Bioregione”  da tenersi nella valle del Treja, fra Calcata, Faleria e Mazzano,  nell’ottobre del 2008. (vedi nota a piè di pagina)  ———— Introduzione. In seguito alla imminente formazione della nuova realtà regionale per Roma Capitale  intendo riproporre  la riaggregazione della Tuscia in chiave bioregionale, ovvero la combinazione e l’incontro di aree geomorfologicamente e culturalmente omogenee che sono attualmente suddivise fra la provincia di Roma, Viterbo e Rieti.  La proposta bioregionale prevede la formazione di una nuova Regione comprendente l’intero Agro Falisco, inclusa la parte attualmente in provincia di Roma, e cioè Campagnano, Sant’Oreste, Capena, Morlupo, Civitella, Trevignano, etc., nonché l’area della Maremma laziale,  Civitavecchia, Tolfa, Allumiere, etc., l’intera Sabina reatina e romana, fra cui Palombara, Moricone, etc.. 

  Questa ricomposizione andrebbe a bilanciare la costituzione dell’Area Metropolitana della nuova Regione per Roma Capitale,  che risulterebbe pertanto  inferiore per estensione all’attuale territorio provinciale, consentendo  un riequilibrio delle presenze umane e delle attività economiche e sociali  dell’alto Lazio, un’area che da sempre manifesta caratteristiche coerentemente affini.   La nuova realtà bioregionale che così sorgerebbe potrebbe denominarsi Tuscia od Etruria.  Ovviamente lo stesso processo  cumulativo sarebbe auspicabile per il basso Lazio, con le città di Latina, Frosinone, Formia e Cassino, che  tra l’altro hanno molte attinenze con il contiguo Molise. In tal modo il centro Italia verrebbe a ricomporsi sulla base di somiglianze caratteriali precedenti la  formazione del Lazio che, ricordiamolo fu pensato a tavolino dopo l’unità d’Italia e soprattutto durante il fascismo per gli interessi egemonici di una ipotetico ritorno della Roma imperiale mussoliniana.    Noi bioregionalisti della Tuscia abbiamo  sollecitato la realizzazione di questo loro progetto già da parecchi anni,  ricordo i convegni organizzati a Civitavecchia, Viterbo, Rieti ed anche a Roma, alcuni con presenze importanti come  ad esempio i docenti: Pietro Toesca, Aurelio Rizzacasa, Paolo Portoghesi  ed altri.   Son trascorsi ormai diversi anni che questo tema viene toccato e ritoccato ed ora mi pare che possa essere finalmente attuato. Giacché  diverse  forze politiche, e non solo la Lega,  sono oggi interessate al federalismo, ed il metodo bioregionale  ha ricevuto riconoscimenti, lodi ed approvazioni, per la sua chiara matrice ecologica e non politico-economica, sia nel centro destra che nel centro sinistra.  Piace insomma a tutti, o meglio “piacerebbe” a tutti se non ché  per attuare questo metodo è necessaria una rivoluzione di pensiero e di azione nei sistemi di gestione ed amministrazione del territorio. Un grande coraggio è richiesto per una grande idea!  Anzi meglio definirla  “pratica” ed in effetti questa pratica bioregionale è ottima per la ristrutturazione in chiave federale dell’intera penisola.   Mi appello quindi al Governo, al Comune di Roma ed a tutte le Istituzioni preposte affinché maturino la consapevolezza bioregionale e dimostrino saggezza e lungimiranza attraverso la sua attuazione.   Paolo D’Arpini——– 

Ed ora una testimonianza sul percorso bioregionale iniziato qui a Calcata negli anni ‘80 del secolo scorso.

“Un giorno ho fatto felice Paolo portandogli il primo numero di Bullettin (di cui non aveva più copie) che lui mi aveva regalato alla fine degli anni ottanta…

A quei tempi lavoravo a Roma Radio Proletaria (ora Radio Città Aperta) dove conducevo una trasmissione sulla natura, Terre Protette, che parlava in particolar modo di delle attività ecocompatibili nei parchi e nelle riserve naturali. Quindi era per me doveroso andare a Calcata nel Parco Regionale della Valle del Treja, a conoscere e intervistare Paolo D’Arpini, visitare il Circolo Vegetariano VV.TT. e avere notizie su tutte le molteplici attività che venivano già allora regolarmente proposte.
Quasi da subito con Paolo nacque una profonda amicizia basata su una reciproca stima  e una visione comune sul come è possibile vivere in un luogo in sintonia con il territorio e la natura. Come lui anch’io, se pur da meno tempo, avevo abbandonato la vita consumista di città per la campagna e, allora come adesso, non era facile trovare persone con cui condividere intelligentemente questa scelta di vita.
Quindi se pur vivendo un po’ lontano da Calcata, prima a Palombara Sabina e ora a Moricone (ambedue paesi situati alle falde dei Monti Lucretili a Nord Est di Roma), vi sono tornato spesso, tra l’altro, a presentare le mie attività artistiche e culturali come concerti di musica popolare e di musica ecologista (una volta anche uno spettacolo in una grotta!), presentazioni della newsletter Gaia e di libri di poesie e sui parchi e attualmente anche seminari e stage di ceramica sul periodo neolitico definito la Civiltà della Grande Dea, periodo che rappresenta le nostre più profonde radici di popoli europei. Insieme a tutto ciò negli ultimi anni con Paolo abbiamo condiviso un progetto ambizioso che è poi allo stesso tempo una filosofia e una pratica di vita. Si tratta del Bioregionalismo o semplicemente l’arte di vivere in un luogo in armonia con la natura. La nostra è stata una evoluzione culturale e spirituale del tutto naturale visto che ciascuno a casa sua queste cose le praticava già. Ma dietro il bioregionalismo si è aperta una rete di contatti con persone che in tutta Italia e addirittura in tutto il pianeta aderiscono a questa visione. Questa rete di contatti è in seguito divenuta la Rete Bioregionale Italiana e insieme a Paolo e altre persone della Rete abbiamo tra l’altro pubblicato il libro La Terra Racconta sul bioregionalismo e la realizzazione delle mappe locali come metodo per prendere coscienza del luogo dove ciascuno di noi vive. In quel libro era già presente la mappa della  Tuscia. Ed ecco la riscoperta della Tuscia come area omogenea dal punto di vista naturalistico, storico, culturale, economico, una vera e propria bioregione. Ecco allora i tanti incontri organizzati da Paolo condivisi localmente e non solo, da tantissime persone, per dare dignità a questa proposta anche politica in relazione ad un riordino amministrativo della regione Lazio e regioni limitrofe e allo svincolo dalla sudditanza economica e culturale dalla grande città di Roma. Le antiche tribù falische che tremila anni fa popolavano questi splendidi luoghi sapevano benissimo integrarsi con il loro territorio, le loro divinità erano benevoli e legate alla terra e alle acque, poi tanti secoli di dominio sugli uomini e sulla natura hanno quasi fatto dimenticare una certa evoluzione culturale e spirituale verso una società paritaria, democratica e ecologica ante litteram che però non è mai del tutto scomparsa e regolarmente riaffiora nel tempo e nei nostri sogni, miti e archetipi. Ma questa è un ancora un’altra riflessione che attualmente stiamo facendo con Paolo e altri amici del Circolo VV.TT.”  (Stefano Panzarasa, geologo)
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So, cari amici e lettori, che vi tempesto di notizie e documenti ma stavolta sarei lieto se voleste tenere questo articolo in dovuta considerazione. Riprendete il discorso, pubblicate questo testo e fatene  argomento di discussione. Ve ne prego per la causa! Grazie per la lettura sin qui accordata. Paolo D’Arpini