Capranica, in preparazione del “Ritorno a Casa” del 18 e 19 ottobre 2008
Care amiche e amici, ciò che leggete di seguito è l’impegno scritto che si è assunto Paolo D’Arpini nel riportare brevemente gli interventi e le presentazioni di chi è intervenuto sabato 30 agosto in una casa, la mia, per vedere di mettere in piedi le due giornate di Ottobre: il 18 il 19. Abbiamo necessità di condivisione, proposte, contributi per vivere e convivere meglio e con interesse dell’altro, su questa terra, nel paesello e nel Paese. Vorremmo creare una storia scritta da noi e non dalla cronaca locale e nazionale o dalle amministrazioni, attente a ben altre notizie da far emergere o da affogare. Storie diverse, perché tali siamo, alla ricerca di Casa, della recupero della nostra memoria, del presente fatto dalle nostre azioni quotidiane, le letture, le parole, i sapori, la musica e la pittura, i passatempi ricavati di notte o all’alba, l’ostinazione di voler vivere con amore quello che ci circonda, sia pure le quattro mura, che altrimenti crollano e ci trovano impreparati, disorientati e con sempre più paura ad affrontare ben altri ‘crolli’ di valori e salite vertiginose di costi, fosse pure il prezzo di mantenere la ‘baracca’ famigliare o vissuta in solitudine. Se credete e lo speriamo, scriveteci o telefonate, diamoci una mano, in questo ritorno….a casa, abbiamo circa un mese di tempo per poter condividere un fine settimana a Capranica e il nostro tempo futuro, insieme.
Metto in chiaro il contenuto, davvero lungo, di come è nata l’idea che diventa realtà, creata dalla nostra conoscenza, riconoscendoci, amici e cittadini, singoli e collettività, persone. Doriana
In viaggio verso casa.
Resoconto.
Il 30 agosto avevo un appuntamento con Doriana Goracci nella sua casa di Capranica per organizzare il prossimo incontro-convegno sul tema del Ritorno a Casa. Siccome non ho l’automobile e non vi sono mezzi di trasporto per andare sino lì ho fissato un pre – appuntamento qui da me a Calcata. La mattina verso le 11 arriva Celeste, da poco ritornata da un viaggio in India, mi ha portato in regalo un pigiama variopinto ed una camicia di lino ed anche un drappo di cotone. Sistemo subito il drappo sul divanetto e lo inauguro cantando un inno al Guru ed alla Coscienza Universale.
Così dopo aver meditato e cantato preparo un pranzetto di farro e soya, alle 13 e 30 arriva a piedi dal paese nuovo Francesca, ci porta una vaschetta di frutta selvatica e mentre siamo a tavola finalmente arriva anche Giorgio Vitali da Roma, il nostro accompagnatore motorizzato. Abbiamo ben mangiato ed ecco ci pronti alla partenza. Celeste però non viene perché aspetta l’idraulico a casa. Mentre siamo in piazza pronti a montare in macchina il satanasso da lontano mi apostrofa “ai convegni, va pure alle conferenze, schifoso..”. Faccio finta di nulla perché non è bene ritagliare alle provocazioni sataniche, ed ecco ci partiti…. A Capranica non troviamo parcheggio e dopo inutili tentativi di avvicinamento alla fine Giorgio lascia la macchina davanti all’ufficio dei Vigili Urbani e ci avviamo a piedi al centro storico, così ci godiamo la bellezza del paese vecchio, alla ricerca della Via Castelvecchio.
Siamo arrivati, in ritardo sul ruolino di marcia e non più in tempo per la visita all’orto “di guerra” di Doriana, ma siamo arrivati. La casa è bella spaziosa e ben arredata con mobili antichi e di buon gusto, nella grande cucina all’ingresso c’è una tavola imbandita con ogni ben di Dio, more, uva, olive, torte, tarallucci ed altro ancora…
Doriana dopo averci mostrato tutte le bellezze della sua dimora, compresa la magica cantina, ci invita a prender posto. La cucina forse è piccola per l’incontro? Quanta gente è attesa? “Verranno parecchie persone” afferma Doriana ed infatti dopo un po’ giungono le prime signore di Capranica, curiose ed allegre, una di esse mi chiede “Che a Calcata vi vestite tutti così? – alludendo al mio costume variopinto- ed io le rispondo “no, solo io e poi questo abito è un regalo ricevuto proprio stamattina dall’India e l’ho indossato per l’occasione”. Doriana ci invita a questo punto a sedere sul grande divano del salone “Forse qui stiamo più comodi, che ne dite?”. Arriva altra gente e Doriana ci accompagna allora in terrazza “qui all’aperto forse è meglio”. Dopo qualche tempo che già abbiamo iniziato a far conoscenza, dato il continuo afflusso di nuovi venuti alla fine Doriana ci riporta tutti in cucina e così ci troviamo sparsi davanti la tavola imbandita, seduti alle bene meglio, anche per terra. Inizia la condivisione delle proposte e dei pareri sul Ritorno a Casa ed ognuno a turno si presenta e dice qualcosa di sé. Qui riporto alcune frasi significative di quanto espresso da ognuno dei presenti.
Comincia Doriana con un’introduzione sullo scopo dell’appuntamento odierno, ci parla della necessità di vivere in armonia con le persone del luogo in cui viviamo, del significato che diamo al “ritorno a casa” e di come sarebbe bello se ognuno si sentisse a casa, poi dice: “Qualcuno di Capranica, qui presente, prima d’oggi nemmeno si conosceva, porteremo la storia del nostro ritorno a casa il 18 e 19 ottobre nella Sala Nardini, senza etichette di associazioni né affidandoci alle istituzioni, siamo solo persone che si cercano per conoscersi e riconoscersi, ognuno con la sua storia. Questa secondo me è politica nel senso antico del termine: terra, luogo, casa, circolazione di idee e di sentimenti”.
Faccio la proposta di raccogliere i commenti per un “documento interattivo” e tutti acconsentono e quindi scrivo velocemente questi appunti mentre ognuno a turno ed ordinatamente prende a parlare.
Kay, musicista, dall’Irlanda: “Per me venire in Italia è la casa, amo il Mediterraneo, gli irlandesi non avevano sino al secolo scorso in criterio della vita in città esistevano solo villaggi effimeri, per le fermate durante la continua transumanza interna. C’è da noi un duplice modo espressivo per dire casa home oppure house qual è la differenza? Ad esempio per gli ebrei, altro popolo nomade, la casa è il tempio dove si unisce fisica e metafisica”.
Katalina, giovane e bella dalla Romania: “Abito in Italia da 14 anni, metà della mia vita. Qual è la mia casa? Gli immigrati a volte non si pongono questa domanda per non toccare note dolenti, il 18 e 19 ottobre vorrei leggere e raccontare storie di emigranti ed esiliati, credo ci potrà aiutare tutti nella comprensione di chi siamo…”
Laura, artista, fra Roma e Calcata: “I miei genitori sono di posti diversi ed anch’io non ho mai saputo di dove sono.. di Roma, del nord del sud? Alla fine ho sentito che la casa è il luogo in cui mi trovo, un luogo interno, ora qui a Capranica è casa mia”.
Crista, artista, tedesca di Capranica: “All’inizio ho pensato che fosse banale chiedersi cos’è il ritorno a casa? Ho fatto sempre traslochi in vita mia, una volta mi sono accorta, durante l’ennesimo spostamento, che su tutti mobili, sul retro, c’erano vari cartellini proveniente da.. spedito il.. Ora ho cominciato pensare alla casa e nel pensiero l’ho intuita come la casa dei miei nonni, una casa ideale, è forse questo il tornare a casa?”.
Peter, scrittore olandese, da Bagnaia: “Abito qui in provincia di Viterbo da moltissimi anni eppure non riesco a sentirmi a casa, ho tentato in tutti i modi di trasmettere la mia voglia di comunicare e di cercare di cambiare l’immobilismo in cui sento che l’Italia è castigata… a volte sono molto sfiduciato, però ho un pezzo di terra, mi piace fare l’orto, accudire la gatta, parlare con gli amici…”
Maria, donna della Romania: “Mi trovo bene qui a Capranica, per me questa è casa mia”.
Ika, pediatra, dalla Romania: ” Quando giunsi qui… (piange) cercavo una casa, lasciai la mia casa, dov’è ora la casa? Quando torno in Romania vado solo al cimitero a piangere i miei morti e qui mi sento emarginata… (Doriana interviene narrando di come Ika l’abbia aiutata con il suo coraggio e del suo sorriso quando iniziò a vivere a Capranica, incoraggiandola molto in questa sua scelta..)
Mira, professoressa, da Manziana: “La casa? Forse una patria, l’intimità, la libertà, l’importanza data… in fondo mi accontento della mia vita, sono a casa”.
Adelaide, casalinga, originaria di Capranica e ritornata da poco: “Ho abitato per tanti anni a Novara, mio marito carabiniere, ora son tornata e mi sento felice…”
Giorgio, chimico romagnolo, da Roma: “Sono nato in Romagna,dove c’è un detto riportato da Alfredo Oriani: il vero romagnolo è tale se sta a Roma! Concordo con lui e ritengo che il senso di estraneità provato da Peter dipenda tutto dalla chiusura psicologica che qui da noi è causata dal solo Vaticano. La gente ha paura, non si espone, vive nell’ignavia in conseguenza della pressione millenaria esercitata dallo stato pontificio”.
Mariagrazia, insegnante, nativa di Viterbo abitante a Roma: “Ora sto tornando a Viterbo, mi sono sentita a casa in vari posti e vorrei che la mia casa fosse ovunque, mi sento però sempre in prova, in continuo cercare, in attesa”.
Nel, giramondo, dalla Spagna: “Ho messo il dito sulla mappa in un area etrusca falisca, ed è venuta fuori Capranica. Ora ho una casa qui ma sono come un nomade che sente la casa ovunque. Ho rinunziato all’eredità paterna, alla casa avita, mi sento cittadino del mondo, ma ora la mia compagna è incinta… e la legge non approva il nomadismo vuole solo poter controllare i cittadini attraverso il domicilio, la stanzialità. Nel mio girovagare ho percepito il senso di ospitalità che la gente provava nell’accogliermi, sentivo gratitudine e voglia di far bene. Civiltà significa ospitalità…”
Francesca, giovane donna col pancione: “Sono nata a Foggia, vissuta a Bologna, sono pugliese, non lo so? Ora non provo radicamento, vorrei stabilirmi in un posto non per necessità ma per la bellezza del posto, così mi ritrovo a Capranica”.
Sivio, funzionario statale, da Ladispoli: “Mi chiedo spesso qual è la mia identità culturale, è quella la casa? Ho abitato a lungo a Parma ora son tornato a Ladispoli. Cerco di portare anche qui a Tolfa etc. l’esperienza di apertura ma vecchi amici che ora si son messi in commercio mi dicono -vieni qui, mangia e stai zitto- mi sono accorto dell’ipocrisia della politica che si maschera da associazionismo culturale solo per creare inserimenti di potere, come ho osservato nel WWF o Legambiente, peccato”.
Maurizio, impiegato, da Roma: “Sto qui a Capranica ma non ci sto, sono figlio di un ufficiale dei CC, ho vissuto 9 trasferimenti. La casa è il luogo in cui ci si rispecchia, un’immagine a propria somiglianza, è l’ambiente umano in cui vivi, un punto di riferimento che si adatta alle esigenze, un modo di rapportarsi con la società e l’ambiente, dove tu non sei fesso ma nemmeno furbo, un punto d’incontro scambio convivenza, è la casa?”.
Licia, casalinga da Roma: “Sono nata in Abruzzo, a Sulmona, sento che la casa è tornare alle radici, dove sei nato, la comunità degli affetti, insomma il luogo originario. Ma spesso quel luogo è stato evacuato, spopolato, a volte si ripopola di persone che lì son nate lasciando il loro cuore, il posto degli antenati. Nella vecchia casa di Sulmona che ora sto ristrutturando c’erano alle pareti le foto di tutti i miei parenti, stando lì le foto era come se loro ancora ci fossero… A volte sento che solo l’accoglienza può ricostruire il senso di comunità ma a Roma si vive nel distacco e nella mononuclearità. La vera casa è il posto dell’anima….”.
Francesca, artista, da Calcata: “Di origini varie, ex romana, viaggiatrice intensa, ho trovato la mia casa sulla terra che circonda l’abitazione di Calcata che mia madre mi ha donato. I miei viaggi ovunque andassi servivano solo per tornare qui, in fondo, ma per la Birmania ho provato un grande attaccamento, un collegamento karmico che mi ha commosso, forse è lì che vorrei abitare, non lo so?”
Doriana, pensionata, da Capranica: “Di genitori di varia origine, ho abitato a lungo a Roma, Forse sentivo la casa originaria in Toscana, in campagna dov’era nato mio padre, una casa senz’acqua, ma con gli animali, la campagna e la famiglia accogliente. Ricordo un circolo ricreativo gestito da una donna maschiaccio… la solidarietà della gente. Di mia madre ho solo pensieri ed immagini senza ricordo, le storie raccontate del deserto nordafricano. Idealmente ho sentito per la prima volta il senso di casa nell’accoglienza ricevuta da povera gente a Santorini, un’isola greca, che stavo visitando con il mio primo marito, una ragazzina prima ci parlò lungamente sul molo dove pensavamo di pernottare, dopo un po’ giunse il padre e ci invitò da loro, una casa semplice e ci fece dormire sul fienile al primo piano, la mattina la moglie ci offrì caffè, uva e pane e ci disse -quando ripassate di qua tornate a trovarci, questa è casa vostra- Ho percepito allora che la Grecia è anche casa mia. Ma lo stesso sento qui a Capranica, ad esempio quando l’altro ieri ero sparito il mio gatto, ero molto preoccupata ed ho anche pianto temendo che fosse stato ucciso, una bambina di qua ha bussato alla porta e mi ha detto -posso farti compagnia, come stai Doriana?- Il gatto alla fine l’ho ritrovato ed anche il senso di comunità…”
Caterina, artista, milanese di Capranica: ” Son qui da tre anni, non ho mai avuto una casa di proprietà ora ce l’ho ma abito ancora in un posto in affitto dove ho concentrato tutte le mie cose… La casa degli avi è andata distrutta ma nei pensieri no…”.
Silvana, friulana di Capranica: “Dai boschi del Friuli ai boschi di Capranica, il viaggio è lungo e breve allo stesso tempo… Mio padre era un ufficiale dell’esercito sempre in continuo trasferimento. Ricordo la casa dei miei nonni come luogo fisso, sentivo che la mia terra è il Friuli, montagne, cascate, la gente che capivo, la gentilezza… Ho abitato a Roma per tanti anni ed ho vissuto in molte case, sentivo le presenze rimaste, ancora abito a Roma al cento storico ma ho acquistato un a casetta qui Capranica, davanti ad un bosco, per nostalgia? Non lo so, ma casa per me non è stato sociale, non sento la mistica della casa, sono al di fuori di ogni schema, forse la casa è il mio corpo, tendo verso questa casa che è materia e spirito, memoria, immagini, sentimenti, emozioni, insomma la mia interiorità. Il ritorno a casa è il mio giungere a me. Partire da me e giungere a me”.
Flaviano, uomo di cultura, da Ronciglione: “Amo questa mia terra etrusca, la storia di Ronciglione, la ribellione ottocentesca dei ronciglionesi contro i francesi che distrussero per vendetta la città, l’archivio storico, da seimila abitanti che c’erano la città si ridusse a tremila, le cartiere, le ferriere, la civiltà distrutta… ma non la forza ed il coraggio di ricominciare. Al tempo dei Farnese Ronciglione era un distretto con 9 paesi sotto di sé, la municipalità arrivava sino a Borghetto (alle porte di Roma). Mi sento etrusco ed orgoglioso di esserlo, accetto tutti e mi piace condividere la cultura con tutti, noi diciamo -se nun so’ matti come noi nun li volemo- per questo che ogni anno organizziamo il premio letterario il Roncio, per scoprire quelli come noi… Ricordo da giovane, quando facevo l’insegnante di educazione fisica, ebbi contatti con tanta gente… americani che erano come ragazzini de 12 anni, russi sempre seri, africani, asiatici… ma tutti dicevano: come si sta qui non si sta in nessuna parte del mondo!”
Giulia, pensionata, da Capranica: “Quando ero in Australia ero Italiana e ora che son tornata qui sono forestiera…”
Claudio, studente,da Roma: “Non capisco cos’è la casa. Non sento di appartenere, tra un po’ mi trasferisco in Inghilterra chissà se lì la trovo?”.
Letizia, di passaggio appena arrivata: “Sono qui da appena tre giorni, grazie per avermi accolta. Vengo da Roma, non ho mai viaggiato ed ora ho ascoltato tutti i vostri interventi, sono anche timida, non ho sentito sin ora il senso di appartenenza ma ho sempre sperato di trovare un posto in cui sentirmi a mio agio. Suono il violino e vorrei che la mia nuova casa di caprinica diventasse un luogo per condividere esperienze e cultura…”-
Roberto, compagno di Letizia: “Estendo a tutti l’invito di Letizia, anch’io sono un musicista, nato a Roma e vado in giro dicendo -civis romanus sum- pensando che non c’è posto mejo de Roma, poi mi son detto -ecco questo posto va bene per me, la Tuscia, luogo di confine fra Roma ed Etruria, questo è un orizzonte piacevole da dipingere…”.
Daniela, impiegata, da Capranica: “Ora abito a Capranica, ho amato Roma ma mo’ la odio… amo la Grecia ed il mare, il luogo ideale che ho sentito e dove immagino umanità e calore. Qui ho una casa in cui ho iniziato ad investire il mio tempo, sono in prova, pendolare…”
Arrivati alla fine del giro, tutti si sono buttati sulla tavola imbandita arraffando a man bassa dalle leccornie tentatrici….
Purtroppo Giorgio sollecita il ritorno, per motivi di tachimetro al parcheggio, non possiamo fermarci a cena dall’ospitale Doriana e saluto tutti con un abbraccio collettivo. Francesca lancia l’idea di fermarsi a Sutri dove c’è una sagra, a me non va ma vengo messo in minoranza e così debbo far buon viso a cattivo gioco…
Infine il ritorno… e … per ultimo la scoperta che il satanasso, che vive in una grotta poco distante, per invidia, non so, o forse per “vendicarsi” (a mo’ di Giuda) delle sue disgrazie ha gettato un vecchio secchio di plastica con i residui delle sue cacate davanti la mia porta di casa.
Pazienza, sono dentro la mia casupola, accendo il computer e rispondo ad un paio di lettere:
“Ecco, mia cara Antonella, sono appena tornato da questa intensa e strana condivisione, ho preso parecchi appunti ma stasera non posso scrivere, ho la testa troppo pesante di varie cose. Però domani lo farò… come va con il tuo esperimento d’indipendenza?”.
Ed ancora: “Cristina, sorellina mia, viviamo proprio in un mondo assurdo e pieno di strane immagini, quasi tutte finte, eppure l’umanità latente che si manifesta in questa finzione mi commuove e mi fa sentire felice di essere anch’io umano. Sono appena tornato da Capranica da un incontro per organizzare un altro incontro sul Ritorno a Casa che si terrà sempre lì il 17 e 18 ottobre. Beh, le persone che oggi ho conosciuto mi sono sembrate molto umane e tutte desiderose di trovare la vera casa… come veramente tutti ne abbiamo bisogno….”
Ed all’agronomo Altieri che mi parla sempre dei problemi degli ogm, ho scritto i più possibile a tono: “Stasera ho fatto una lunga chiacchierata con Giorgio (l’amico chimico) sulle malefatte delle multinazionali che brevettano gli ogm e del tentativo in corso, dopo il granturco e la soia, di brevettare anche il riso. Ho saputo dell’opposizione dell’India ma ciononostante negli USA hanno brevettato il riso basmati il che significa che se i produttori indiani vogliono vendere questa qualità di riso negli USA debbono pagare la royalty…. Poi c’è quella causa persa in Canada da un produttore agricolo tradizionale che aveva fatto causa, credo alla Monsanto, per aver impiantato una grossa coltivazione ogm adiacente il suo podere ma la causa dell’agricoltore è stata persa perché gli inquisiti hanno dimostrato che era stato il produttore biologico che aveva causato l’ibridazione delle coltivazioni ogm…. con le sue piante naturali… roba veramente assurda e quasi da non credere…. Poi è venuto fuori anche il discorso degli incendi divampati in Grecia lo scorso anno (ed anche in Italia) dovuti (sembrerebbe) alla “necessità” di riforestare con le piantine ogm di produzione israeliana, acquistate per strani accordi dai governi menzionati. Insomma, caro Altieri, parla parla e son venute fuori un sacco di cosette che ora non racconto perché le mail sono tutte controllate e non vale la pena passare agli spioni certe notizie, che loro ovviamente sanno ma non che anche noi le sappiamo, forse… ma per quello che può importare…. Intanto in Islanda continua la costruzione della banca del seme….. Passo alla cronaca di stasera (sempre tornando a casa) per raccontarti che mi hanno portato per forza a Sutri, dove c’era la sagra del fagiolo, centinaia di persone in piazza, musica ad alto volume, un focheraccio acceso sotto gli alberi che pareva di stare all’inferno, quei poveri rami investiti dalle scintille che mi facevano pena, l’aria puzzolente di carne abbrustolita, luci accecanti, qualche traballante, donne in tiro esibizionista, vecchi bavosi e sbrodolosi, solo una signora con due bambini piccoli aveva l’aria umana (forse era del sud), non ho assaggiato nulla neanche un fagiolo né un bicchier d’acqua, ho sopportato in silenzio la caciara ed ho fatto finta di niente, non potevo protestare perché ero ospite in macchina e come facevo a ritornarmene a casa da solo? Al ritorno a Calcata, a casa (sic… per modo di dire), anche qui macchine e macchine sulla strada, la via frequentata da sderenati, nei ristorantacci aperti la puzza di carne bruciata, mondezza in giro e risa sguaiate, insomma un altro inferno. Spero che dove stai tu sia un po’ meglio… qui si può vivere decentemente solo uno o due giorni alla settimana, quando non ci sono turisti né venditori di collanine, né satanassi mascherati da robin hood… forse anche meno di un giorno o due alla settimana… forse solo qualche ora, ma almeno sono ancora vivo…. “
Ed infine con buona pazienza, stamattina, raccolgo le immondizie sparse che ho detto prima. Che posso farci? Di fronte alla pazzia senza speranza di redenzione non resta che adattarsi ulteriormente… e con il sacchetto traboccante vado a depositare lo “sfregio” nei cassonetti belli pieni dell’immondizia prodotta da vari altri satanassi, dai turisti, dai negozietti finti e dai numerosi “ristorantini” e “baretti” di cui ho vi già raccontato….
Paolo D’Arpini
Stavolta ne è uscito proprio un romanzo!
Scusate per la lunghezza e grazie se, per caso, avete letto sin qui!