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Messaggi augurali e spunti di riflessione per “Citta, Regione, Bioregione” – Tavola Rotonda del 4 ottobre 2008 nell’antico Lazzaretto di Faleria

Per un bioregionalismo federale in Italia. 

Nei tempi, purtroppo difficili, dell’attuale vita politica, emergono, tuttavia, delle occasioni per valorizzare un patrimonio culturale importante ma spesso dimenticato. Mi riferisco, in questo scritto, al bioregionalismo che, nella nostra situazione, come si cerca da tempo di porre in luce, risolverebbe molti problemi del nostro territorio. Infatti, la Tuscia è, per così dire, una regione che trova le sue basi giustificative non tanto su un piano politico, quanto in base a riferimenti di natura ecologica.

La situazione vissuta dal territorio posto a confine tra il Nord del Lazio e il Sud della Toscana costituisce, come noto, un ecosistema importante sul quale si sono strutturate le organizzazioni istituzionali in una lunga storia che, dall’antichità, ci conduce ai nostri giorni.

L’ecosistema così si configura secondo principi etici e culturali che si collocano nello spazio dell’ecologia profonda. La Tuscia, quindi, manifesta in sé una singolare fusione tra elementi biologici ed elementi spirituali che insieme connotano la singolarità del territorio, abitato dalle popolazioni che, attraverso i millenni, hanno fatto dell’agricoltura e dell’artigianato le loro principali fonti di sussistenza.

Questo convegno, perciò, assume la sua importanza nel momento in cui, rivisitando le caratteristiche del territorio, riesce a formulare un programma politico condiviso, capace di dar vita ad un progetto di sviluppo intorno al quale possano aggregarsi, in un’attiva partecipazione, le popolazioni di un interessante spazio inter-regionale.

La situazione indicata, fino a questo momento, ha rappresentato i contenuti di un’ utopia lontana dalle possibilità di un’effettiva realizzazione storica ma i, sia pure discutibili, programmi politici che si vanno attuando nel momento presente nel territorio italiano forniscono delle possibilità, forse insperate in altre situazioni, per inserire il nostro bioregionalismo nelle nicchie aperte dalle rivendicazioni federative, in base alle quali si intendono modificare le istituzioni politico-organizzative della nostra nazione. Ciò giustifica, con particolare enfasi, l’opportunità di rilanciare, ancora una volta, al dibattito pubblico la nostra utopia del bioregionalismo. 

Aurelio Rizzacasa, ordinario di storia della filosofia all’università di Perugia.

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Pensieri in libertà sul tema dell’ecologia “spinta”:

Non penso si parli della stessa ecologia strutturando isole ecologiche, proponendo la raccolta differenziata, seduti sul divano-tv mirando il da farsi dell’orso grigio o partecipando alla sagra del cinghiale. 

Non penso si possa parlare di ecologia senza aver passato una notte in tenda,

senza essersi mai trovati nel bel mezzo di una bufera di neve,

senza essere stati sorpresi da un temporale,

essersi lavati in una fresca sorgente di montagna o sentito ululare, vicino, d’inverno,

senza avere a cuore una montagna, un sentiero un bosco. 

Non penso si possa parlare di ecologia senza parlare di educazione,

non di educazione ambientale, stradale, ecc.

ma del comportamento dell’uomo nell’interagire con ciò che lo circonda,

l’ambiente, la società, i rapporti con gli altri. 

Penso invece che dobbiamo adoperarci nell’agire il meno possibile per i nostri interessi  per agire nel rispetto di tutti. 

Penso sia scorretto agire per convenienza perché ciò che è conveniente a te spesso non conviene a me. 

Non dobbiamo aspettare di vedere ciò che accadrà perché la risposta e negli effetti di ogni giorno. 

In tempi di ecologia spinta, vedendo tagliare un bosco parteggiamo per l’essere umano (che tenta di arricchirsi a scapito dell’universo) o per l’albero (schiantandosi sull’umano darebbe la vita a molti).

Scelta politicamente scorretta la seconda ma la politica agisce avvalendosi di quella correttezza umana utile a tutti, o soddisfa la maggioranza che chiede?

Questo modo di fare nulla ha a che vedere con una vita di qualità nell’universo,

una qualità che rispetta la vita

non dona benessere a pochi sottoforma di possesso e a molti elargendo elemosina.  

Due visioni possibili dell’essere umano:

padrone dell’Universo  o  in armonia con Esso?

Sergio Cecchini,  Presidente del Dojo Koshiki di Faleria 

3,4,5 ottobre 2008: “Città, Regione, Bioregione” – Antico Lazzaretto di Faleria (Vt) – Particolare sull’alimentazione biologica e vegetariana per la tavola rotonda del 4 ottobre 2008

Comunicazioni di servizio ilaria 17 settembre 2008

Fra gli argomenti trattati durante la tavola rotonda “Città, Regione, Bioregione” -che si tiene a Faleria il pomeriggio del 4 ottobre 2008- è inserito il discorso dell’alimentazione biologica e  vegetarismo,  come risposta risolutiva per la fame nel mondo,  arresto del processo d’inquinamento globale e presa di coscienza etica. Questo tema, a me particolarmente caro, verrà trattato in particolare dal dr. Ciro Aurigemma responsabile Ecologia dell’Associazione Vegetariana Italiana e compartecipe del nostro Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata.

  

Vorrei qui evidenziare alcuni aspetti laici del mangiare vegetariano da noi praticato che non è un gagliardetto, un segno di riconoscimento, da indossare in funzione di una approvazione sociale. Non mangiar carne è solo una risposta fisiologica naturale alla domanda di armonia psichica dell’uomo. Quello che non appartiene veramente alla nostra natura viene automaticamente eliminato nel processo di raffinamento della consapevolezza interiore non possiamo quindi intenderci “vegetariani” come una categoria filosofica  o politica,  non vi sono regole dogmatiche da seguire se non quelle legate al nostro benessere e salute.

Questa è la visione laica del vegetarismo  che verrà discussa ed illustrata durante un incontro di Faleria. Ed ecco alcuni commenti raccolti in proposito tra i soci del Circolo:

“Mettere insieme i vegetariani in una categoria – afferma Roberto Caivano- sarebbe come creare la squadra dei mangiatori di gnocchi, c’è bisogno di meno proselitismo è più umanità”.

“Se i vegetariani si comportassero come una lobby che differenza ci sarebbe fra questa e quella dei macellai?”

Perciò il dialogo sul vegetarismo si pone come un elemento equilibratore 

verso il ritorno ad una dieta naturale  per l’uomo e benefica per il pianeta.

Ed  alla fine dell’incontro del 4 ottobre per degnamente commemorare San Francesco,  la cui festa ricorre proprio questo giorno, ognuno è invitato a portare alcune vivande vegetariane che verranno poi condivise fra i presenti al termine della tavola rotonda. Infatti  la manifestazione “Città, Regione, Bioregione”   vuole comunque essere  un’occasione di festa, uno scambiarsi doni amorosi… in semplicità di vita e condivisione laica.

Paolo D’Arpini

Informazioni per l’allestimento di eventuali gazebo divulgativi in sintonia e partecipazione alla mostra  su: “Mediterraneo Terre e Popoli” organizzata da Associazione per la Promozione delle Arti in Italia, contattare: Laura Lucibello: info.apai@virgilio.it – Tel. 333.5994451

Commenti e lettere ricevute sul tema del vegetarismo

Queste che seguono sono alcuni dei commenti e lettere ricevute sul tema del vegetarismo e dell’agricoltura naturale considerando anche la presenza  di piccoli allevamenti autosufficienti.

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Sono perfettamente d’accordo su tutto
dobbiamo lasciar vivere gli animali sui pascoli liberi
ma la realtà deve essere cambiata un pò per volta
a partire dai  lagers  zootecnici intensivi… che devono essere chiusi per Politica comunitaria già approvata…
e informando i consumatori tutti della necessità di diventare
vegetariani… quando tutti saranno vegetariani…
gli animali saranno finalmente liberi di pascolare senza essere
ammazzati intanto facciamo massima propaganda sulla tossicità della carne e  sulla distruzione del pianeta operata dagli  “Allevamenti”….
e soprattutto fermiamo gli ogm… altrimenti i geni animali ce li metteranno dentro i vegetali… e nessuno si potrà più salvare…
ciao e grazie dell’augurio per Federico
Giuseppe Altieri

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Con Federico al mondo siamo tutti più felici, la tua gioia caro
Giuseppe, è anche la nostra gioia, ed il tuo desiderio di salvare la
vita sul pianeta è anche il nostro desiderio.
Federico è ben predisposto per la sopravvivenza, questo è l’anno del Topo di Terra, le 20.02 (anche considerando l’ora legale) sono le ore del Cane e la stagione è Gallo, sarà una persona dedita alla giustizia ed in grado di spiegarne le ragioni ed inoltre sarà anche capace di  sentimenti emozioni e capacità  comunicative.  Benvenuto sul pianeta Federico.
Vorrei dire altrettanto per  la vita di tutti gli altri esseri viventi
senza  che la loro esistenza debba corrispondere ad una esigenza, intendendo con ciò che anche gli animali hanno pari dignità umana e pur comprendendo il “discorso tecnico”  sulla sostenibilità di allevamenti biologici, e sulla utilità dei prodotti di origine animale, non me la sento di sottoscrivere un discorso prettamente funzionale e giustificato dalla compatibilità ecologica. Vorrei che questo tipo di ragionamenti si sciogliessero al sole di una consapevolezza più ampia, in una convivenza di uomo natura animale in  cui non debba necessariamente esserci una scala gerarchica ed un uso. Anche se un allevamento è eco-compatibile, la parola stessa “allevamento”  -sottintendendo l’utilizzazione degli animali allevati (per non dire “sfruttamento”)-   non mi sembra una bella parola e non  denota quella giustizia e libertà che noi tutti ci auguriamo per l’esistenza di ognuno di noi, e da oggi anche di Federico…. ti pare?
Paolo  D’Arpini

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Dopo aver letto anche Paolo d’Arpini, il mio parere è,  nell’insieme, favorevole..

  Angelini scrive: “Lo scopo è doppio:
1. riunire intorno ad alcune proposte semplici un intero popolo, quello di chi vive dentro e intorno al >mondo rurale;
2. fare pressione su stato e regioni (se riusciremo ad avere una sufficiente numero di adesione) per >aprire un primo, piccolo, parziale spazio di libertà per chi si riconosce più come contadino che come imprenditore agricolo”. (Massimo Angelini)Stefano P. scrive:

“non credo che una legge possa eliminare i controlli sanitari da parte di chi esercita una attività aperta al pubblico o vende i propri prodotti”

Nemmeno io lo so, argomento da approfondire.

Quanto al tema degli animali

trovo ambiguo il riferimento così preciso a una scelta di vita ecologica, di giustizia e solidarietà se poi si continua a “macellare” animali   (Stefano P.)

In termini di principio, condivido le parole di Stefano e Paolo; fatte salve, però, alcune condizioni particolari nelle quali possono essere riconosciuti vantaggiosi alla vita umana e all’ambiente gli allevamenti e i conseguenti alimenti animali.

Vincenzo Benciolini

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Visti i commenti di Benciolini e D’Arpini (che potrei pure condividere nell’ambito di un periodo di transizione) che però non possono contribuire a modificare il testo della proposta e anche la sua premessa che rimangono quindi completamente a sfavore del mondo animale senza alcuna apertura verso la crescita di una maggiore coscienza ecologica, resto dell’idea che la Rete non possa firmare il documento. Ovviamente (e viene chiesto anche questo in alternativa) rimane la firma singola di ciascuno.

A questo punto mi pare doveroso riproporre fortemente un prossimo incontro chiarificatore della Rete sul rispetto degli animali e il vegetarianesimo (un importante testo da leggere è Ecocidio di Jeremy Rifkin).

Stefano Panzarasa  ————————————

Prendo lo spunto dalla  lettera ultima di Vincenzo Benciolini, che ho trovato comunque ben equilibrata, per fare alcune precisazioni ulteriori sul concetto di agricoltura naturale, scissa dall’allevamento sia pur biologico.
Secondo me è comprensibile che in un piccolo appezzamento agricolo vi siano anche animali a condividere il territorio sia per questioni di pulizia del fondo, sia per la produzione di letame od eventualmente latte, questi animali dovrebbero poter vivere dei soli erbaggi e rimasugli di cucina, in modo che la loro presenza sia realmente in sintonia con il contadino e con il luogo, perciò nell’appezzamento coltivato naturalmente  non dovrebbero essere ammessi allevamenti di animali nutriti a mangime, la qual cosa fuoriusciurebbe da una sistema ecologico di piccola agricoltura.
Alcune galline (od altri volatili) fanno le uova e va bene… può anche capitare che ogni tanto qualche galletto in più può essere sacrificato,  se vi sono degli armenti come pecore  e capre occorre limitare il loro numero alle reali possibilità di loro sopravvivenza nutrendosi con i prodotti spontanei del campo,  quindi non credo che vi sarebbero molti agnelli da macellare, forse al massimo uno o due all’anno giusto per Pasqua come si dice…  Se si attuasse questa metodologia semplice e corretta dal punto di vista ecologico ed alimentare, il contadino di fatto ritornerebbe ad una dieta tradizionale mediterranea in cui la carne compare molto raramente sul piatto e questo lo accetto….. (anche se continuo a dichiarare che se ne può fare tranquillamente a meno e ve lo confermo essendo stato vegetariano ed in perfetta saluta dal 1973.
Non aggiungo altro e chiudo qui il discorso, per quanto mi riguarda,  inserendo questo pensiero di  Rajendra Pachauri,  presidente del Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc), che in un’intervista al settimanale britannico The Observer ha dichiarato che “dovremmo tutti osservare almeno  un  giorno  vegetariano» alla settimana, se vogliamo contribuire con il nostro comportamento a diminuire le emissioni di gas «di serra» nell’atmosfera” (Fonte AVI, Ciro Aurigemma).  http://www.vegetariani.it/vegetariani/articles/2027.html

Grazie per aver pazientemente letto sin qui,

Paolo D’Arpini – Calcata (VT)
Referente della Rete Bioregionale Italiana – Bioregione Tuscia

La proposta iniziale si trova  sul sito:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/09/16/spesa-economica-al-mercation-della-natura-e-discorso-sullagricultura-contadina-allinterno-della-rete-bioregionale-italiana/

Spesa economica al mercatino della natura e discorso sull’agricultura contadina all’interno della Rete Bioregionale Italiana.

Domenica 14 settembre, la mia permanenza nella stanzetta del pastore è stata veramente poco proficua, la sola persona che è venuta a consultarmi, una signora un po’ rinsecchita inviatami dal un professore medico che ha casa a Calcata, non sembra interessata al mio discorso, sugli elementi e gli archetipi, continua ad agitarsi e di tanto in tanto esce nervosa a cercare gli amici. Evidentemente ha problemi emozionali ed infatti individuata sulla mano la sua carenza nel Legno (preposto alle emozioni e sentimenti) le consiglio la “cura delle piante” (ovvero dedicarsi al giardinaggio, anche fatto in piccolo sul terrazzo di casa) per poter integrare l’elemento in chiave psico naturale,  ricevendo dalle piantine riconoscenti, per simpatia, lo stimolo ad aprirsi all’amore indifferenziato (si dice anche compassione per tutte le creature). Purtroppo non mi pare che questo bel discorso trovasse in lei un terreno fertile e così finita la sessione lei, alquanto nervosa ed insoddisfatta (forse perché non l’avevo turlupinata con i soliti trucchetti degli indovini) mi chiede “Quant’è per il consulto?” e come al solito le rispondo “un’offerta volontaria a piacer suo”.

Il piacere non è stato eccessivo, evidentemente, giacché la signora cercate nel borsellino alcune monete me le mette in mano e se ne và ancora più rinsecchita di quando era entrata.

Ecco, stamattina con l’incasso risicato di 3 euro e cinquanta di ieri  e qualche altro risparmio mi  avvio a piedi verso il paese nuovo di Calcata, come ogni giorno. Che bisogno c’è di preoccuparsi? Qualcosa succede sempre e la strada è piena di avventure… Mi fermo prima a governare la maiala vietnamita che diventa sempre più grassa e vecchia, scendo un attimo all’orto selvaggio dove crescono solo cicorie ed erbe selvatiche, occhieggio una piantina di pomodori tardivi,  troppo piccoli e verdi per esser colti… Proseguo ed arrivo al baretto all’incrocio di via Circonvallazione, e qui compio il rito della colazione, cappuccino e cornetto, la ragazza è gentile e mi sorride. “Quant’è..?” chiedo anche se già conosco il prezzo “Un euro e sessanta” mi fa lei ed io pago ringraziandola, con quello che mi rimane vado al supermercatino dove solitamente acquisto alcuni generi di prima necessità e lì scopro che c’è una cassetta con su scritto “pomodori caserecci 1 euro al kilo”…

Woaoww, miracolo, solo un euro per dei pomidoretti invernali tondi e gialli (si chiamano invernali perché si conservano per diversi mesi), locali e biologici, ne prendo due kili ed anche un cetriolo che sta nel mucchio “anche questo è casareccio?” domando “certo -mi fa la ragazza del banco- è del marito di Cesarina (nota bene “è del marito di Cesarina”).

Insomma al mercatino son stato proprio fortunato ed ancor di più all’uscita mentre torno a casa, ad un altro angolo  di via Circonvallazione, trovo per terra parecchie melucce buonissime e bacate cadute per l’acquazzone di ieri l’altro, l’albero di mele sta lì in un angolo di terra che nessuno  cura. Faccio almeno tre kili di mele gialle e verdi, così ho la frutta per l’incontro di stasera (lettura romantica con la luna piena) e non è finita qui, infatti mentre ridiscendo al paese vecchio raccolgo per terra tre fichetti neri e dolcissimi che mi son mangiato appena rientrato a casa.

“Anche oggi l’abbiamo sfangata..” Mi dico soddisfatto e posso perciò dedicarmi all’esame della lettera ricevuta  da Giuseppe Moretti in cui  mi chiede il mio parere su una campagna popolare per promuovere l’agricoltura contadina (vedi testo che segue):

     

PER UNA LEGGE CHE RICONOSCA L’AGRICOLTURA CONTADINA E LIBERI IL LAVORO DEI CONTADINI DALLA BUROCRAZIA 

ESISTE un numero imprecisato di persone che praticano un’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare, orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta; un’agricoltura di basso o nessun impatto ambientale, fondata su una scelta di vita legata a valori di benessere o ecologia o giustizia o solidarietà più che a fini di arricchimento e profitto; un’agricoltura quasi invisibile per i grandi numeri dell’economia, ma irrinunciabile per mantenere fertile e curata la terra (soprattutto in montagna e nelle zone economicamente marginali), per mantenere ricca la diversità di paesaggi, piante e animali, per mantenere vivi i saperi, le tecniche e i prodotti locali, per mantenere popolate le campagne e la montagna.

Per quest’agricoltura che rischia di scomparire sotto il peso delle documentazioni imposte per lavorare e di regole tributarie, sanitarie e igieniche gravose, per ottenere un riconoscimento che la distingua dall’agricoltura imprenditoriale e industriale, per ottenere la rimozione degli ostacoli burocratici e dei pesi fiscali che ostacolano il lavoro dei contadini e la loro permanenza sulla terra… (etc. la lettera continua con tutte richieste di sgravi fiscali etc. alquanto tecnici che tralascio).

Ed io gli rispondo:

 

Caro Giuseppe  e   cari amici della Rete Bioregionale Italiana, per quanto riguarda la proposta di adesione  al progetto di agricoltura contadina se è a scatola chiusa, ovvero se bisogna aderire al documento soltanto così come è stato prospettato, in ogni caso di sì…. ma se fosse possibile modificare l’impostazione tenendo conto di quando precedentemente sottoposto in merito alla riduzione di commistione fra agricoltura ed allevamento e  sul concetto stesso  di “alimentazione naturale” (come presupposto per una dieta senza carne) sarei persino più contento. Sapete come la penso  e lo dissi sin dalla fondazione della Rete Bioregionale  ad Acquapendente ed anche in tutti gli altri incontri ho sempre cercato di inserire la comprensione del necessario abbassamento dell’uso carneo nella dieta ecologica, soprattutto in considerazione del  livello di inquinamento e sfruttamento della terra in conseguenza dell’allevamento industriale.

Tra l’alto c’è da considerare che  nell’ecologia “umana”, sulla base degli studi  di anatomia comparata e sulle ricerche fatte sui residui coprologici dei nostri padri, risulta evidente che l’uomo non è assolutamente carnivoro, bensì frugivoro, esattamente come le scimmie antropomorfe ed  i maiali,  significa che i frugivori hanno una alimentazione fondamentalmente senza carne (al massimo un 5 o 10 % di prodotti di origine animale ivi compreso il latte materno), per cui se vogliamo fare un discorso “ecologico” non possiamo prescindere da queste considerazioni. Spero che siate d’accordo.

Cari saluti, Paolo D’Arpini

 

E voi cosa ne pensate?

DIATRIBA OGM

Fermiamoci ai  2 interventi giunti da Viterbo e da Vejo …

Cari amici, vorrei  per il momento interrompere il discorso sugli OGM invitandovi però a leggere due lettere interessanti sull’argomento. La prima viene da Viterbo, scritta dal fisico Leonardo Chiatti, un ricercatore scientifico che opera a livello istituzionale,  la seconda lettera mi è giunta dal chimico Giorgio Vitali, che abita nel Parco di Vejo, il quale da ex dipendente di una multinazionale farmaceutica sa bene come vanno certe cose….

Per  correttezza  dovrei anche menzionare  altri appunti ricevuti, alcuni non favorevoli ed altri invece molto solidali ma non voglio allungare troppo questo comunicato e perciò, per oggi, mi fermo qui.

Buona lettura,  Paolo D’Arpini

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Dal fisico Leonardo Chiatti.

Nella intera faccenda degli OGM credo vi siano due importanti elementi da tenere in considerazione. Il primo è l’ uso strumentale della scienza, con la produzione forzata di risultati inattendibili o poco rilevanti intorno ai quali viene organizzato il baccano mediatico.
Questo meccanismo certamente esiste (facendo quel mestiere, lo vedo spesso in azione), anche se nello specifico non saprei dire quanto ha pesato.
E’ comunque significativo che molti addetti ai lavori manifestano seri
dubbi sia sulla opportunità che perfino sulla reale applicabilità
della tecnologia degli OGM (problemi della stabilità delle variazioni
introdotte, etc.).

Ma la questione ancora più seria è costituita dalla deviazione della
discussione verso falsi problemi, che fungono da specchietto per le
allodole. Il problema centrale non è se l’ uso alimentare della
tecnologia OGM sia o no nocivo alla salute; il problema centrale è se
vi siano o no giustificazioni all’ uso alimentare di tale tecnologia.
E rispetto a tale problema, che è essenzialmente “filosofico”, poiché
riguardante la definizione del rapporto tra uomo e Natura, le
risultanze scientifiche specifiche sono – a prescindere dalla loro
attendibilità- del tutto superflue.

In soldoni: posso capire che si coltivino batteri OGM in ambienti
confinati e controllati di laboratorio per la produzione di insulina
umana a beneficio dei diabetici. Ma è realmente necessario mettere in circolazione nell’ ambiente pomodori che si sbucciano da soli perché i nostri ritmi frenetici non ci consentono più di dedicare tempo a queste cose? Affrontando oltretutto il rischio di contaminazioni
genetiche delle specie diffuse?

Ha senso produrre piante sterili per obbligare gli agricoltori a
diventare ancora di più schiavi dell’ industria agro-alimentare, come
provano a fare nel sud del mondo ? E quale beneficio costoro
riceverebbero da tale tecnologia (si sostiene anche questo, nonostante tutte le evidenze siano contrarie). L’ evoluzione biologica deve essere subordinata all’ uomo, che ne è solamente un momento, o piuttosto l’ uomo deve subordinare le sue attività alle effettive
possibilità della biosfera ?

Questi sono gli interrogativi veramente cruciali dietro agli OGM, ma
anche dietro al “problema energetico”, all’ effetto serra, al
desiderato “nucleare di ritorno”, agli inutili aeroporti per voli low
cost  e quant’ altro.

E su queste, che sono valutazioni a priori ed a prescindere, non ci

sono “risultanze scientifiche”, “valutazioni di impatto ambientale” o
“comitati bioetici” che contino.   Saluti,  Leonardo Chiatti

Dal chimico Giorgio Vitali

In merito alla diatriba OGM  ho due esperienze da citare.

  • 1) Mi trovavo nel pieno delle mie attività lavorative, alle dipendenze di una multinazionale della chimica-farmacia, quando i nostri dirigenti ci comunicarono, nel massimo segreto, che la filiale americana aveva acquistato la più grande azienda di produzione di ibridi e di commercializzazione di mais. Mi resi subito conto che c’era qualcosa che non quadrava.
  • 2) Quando si iniziò a parlare di agricoltura biologica costituii con un gruppo di colleghi, una cooperativa finalizzata ad analizzare la produzione “biologica”. Noi credevamo, ingenui, che la premessa di una produzione di quel tipo dovrebbe essere la garanzia costituita dalle analisi sui contenuti chimici della produzione…Illusi!!! (Voi mi capite).
  • Giorgio Vitali.