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Doriana scrive: “Dopo il ritorno… sono rimasta a casa…”

 Sapete che si è da pochi giorni concluso l’evento del ritorno a casa, tenutosi a Capranica il 18 e 19 ottobre 2008. Sovente scriviamo un resoconto, soprattutto quando si tratta di incontri importanti, ma stavolta né io né Doriana abbiamo scritto qualcosa, almeno fino ad oggi,. Ed infatti oggi è successo che quasi inaspettatamente Doriana ha inviato questa letterina con delle URL di immagini relative al “nostro ritorno” su youtube.

You tube per me è off limits, è come se qualcuno mi dicesse “adesso prendi l’autobus, vai a Fiumicino e da lì parti per gli USA” …. Impossibile, non è proprio possibile, sono psicologicamente handicappato a fare una cosa del genere e come se mi chiedessero di “usare i miei poteri occulti per andare sulla luna”….. insomma non potrei proprio farlo. Come posso spiegarlo a Doriana? Forse se lo spiegassi a Luisa, almeno lei che mi conosce da qualche anno e sa che potevo andare a Roma solo se mi portava lei (non dico in braccio ma quasi!), accompagnandomi per tutto il tragitto per la mano come si farebbe per un bambino di tre anni (in verità ne ho appena 64). Insomma come fare a spiegare a Doriana che non vado su youtube? Siccome non posso spiegarlo non faccio altro che scriverlo qui magari sperando che lei un giorno legga questa nota sul sito.

Ed ecco lo scambio epistolare intercorso:

————————–   Doriana scrive: “A questi due link, puoi trovare una versione web, accorciata, dei due video presentati a Capranica il 18 e 19 ottobre. Nel primo, inquadrature e scorci di e nelle case, nel secondo interviste a residenti, abitanti del luogo. Li ho ricevuti adesso e li inoltro, sperando anche nella diffusione che vorrai dargli: lascio a te il giudizio e l’uso.http://it.youtube.com/watch?v=7Ok4SOPcbLk

http://it.youtube.com/watch?v=nrTJSpRFNB8&feature=related

Con amicizia,   Doriana Goracci ————————   Paolo scrive: “Oh cara Doriana, come stai? Grazie per questa segnalazione, come sai non ho mezzi “telematici” adeguati alla visione video, di cosa si tratta? Del documentario di tuo figlio o degli spezzoni di Stefano? Fammi sapere qualcosa dopo il ” nostro ritorno a casa”…. non hai scritto alcun resoconto o commento? Magari sarebbe stato anche il caso, visto che l’interesse per la manifestazione è stato notevole, se scrivi qualcosa mandalo che cerco di farlo girare anch’io. Ciao, PaoloP.S. immagino che tu non possa venire agli incontri di Calcata dal 31 ottobre al 9 novembre 2008, soprattutto l’8 novembre sarebbe importante, vedi tu!

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Doriana scrive:

Caro Paolo, da due giorni sono a casa, io, acciaccata e influenzata, ho pulito e rassettato, una settimana dopo il 18 e il 19, piena di incontri, pranzi e cene, proposte…da non farcela più. Non devi avere attrezzature particolari, per vedere, ma copiare incollare il link e miracolo appare….Mettilo sul sito, è importante e giralo a tutti i tuoi indirizzi! non ho scritto niente se non gli articoli, tanti, come mio solito. Quello su Oriolo, credo continui il filone. Farò di tutto per venire l’8, chissà se Peter viene, altrimenti sono certa che nessuno mi accompagna. ti voglio bene e ti penso e ripenso alle cose che ci hai raccontato, rimugino tutto, come un vecchio pentolone…

Doriana

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Post scriptum finale di Paolo per Ilaria e Doriana:

“Siccome questa pagina la inserisce sul sito Ilaria, che avrà anche letto il testo, e siccome Ilaria abita a pochi chilometri da Doriana, consiglio che Ilaria passi a caprinica a prelevare Doriana almeno per i giorni in cui Ilaria sarebbe comunque venuta all’incontro del Ciclo della Vita di Calcata”

Cari saluti a tutti.

“Alla ricerca dell’uranio perduto..” – Nucleare berlusconico …. Semiserio…

Non sono i cattivi comunisti a mettere in dubbio e contrastare la saggezza e la volontà energetica del Berlusca. No, è una sua collega di centro destra, anzi che più destra non si può, la destrissima elvetica Isabelle Chevalley  (si perdoni la somiglianza cavalleresca) che mette la mordacchia al Cavaliere. Isabelle  è presidente e fondatrice di Ecologie libérale, partito svizzero di centro destra.

Ecco cosa afferma l’eroina:
“Fin dal 1991 non si estrae abbastanza uranio per soddisfare l’esigenza di tutte le centrali nucleari del mondo, l’estrazione è talmente diminuita che nel 2003 metà del fabbisogno del metallo grigio è stato fornito dalle scorte militari.”

Ci sarà da crederle? Forse sì considerando che chi lo sostiene, la dottoressa Isabelle Chevalley, è del mestiere essendo una chimica. La sua è una analisi che arriva in un momento piuttosto delicato, soprattutto nel nostro paese, dove chi sappiamo ha deciso un ritorno al nucleare (e non solo  “chi sappiamo” lo ha detto pure  il piacione rutelliano).

Vediamo intanto cos’è  l’uranio,  il metallo grigio,  che viene utilizzato nelle centrali nucleari per produrre energia elettrica. In natura l’uranio  si trova pressoché ovunque, compresa l’acqua, ma la parte dell’uranio che interessa alle centrali nucleari è una elaborazione (arricchimento) dello stesso per aumentare la concentrazione di 235U rispetto al 238U, due isotopi dell’uranio. Ed è su questo che si concentra l’analisi della dottoressa Chevalley.

“Dal 2001 il prezzo dell’uranio è decuplicato, da 7 dollari la libbra a più di 75 nel 2007. Questo massiccio aumento di prezzo riflette l’incertezza che circonda la sua produzione. L’altro picco storico risale alla fine degli anni ‘70 quando la richiesta di questo metallo è aumentata sia a livello militare che civile raggiungendo i 43 dollari per una libbra.”
Sappiamo, però, che il mercato è estremamente volatile e bisogna passare ai fatti per capire davvero quanto uranio sia ancora disponibile.

Ed ora la notizia tragicomica: “Attualmente, non solo non vengono più scoperti grossi giacimenti di uranio, ma i giacimenti già scoperti non vengono pienamente sfruttati perché non conviene economicamente. I costi sarebbero troppo elevati. Di conseguenza, la progressiva mancanza di uranio comincerà a farsi sentire tra il 2015 ed il 2025, quando le centrali nucleari produrranno meno energia fino a fermarsi del tutto.”

Le centrali nucleari nel mondo, che sono  450 (451 se ci mettiamo pure Montalto), funzionano grazie all’uranio estratto, ma anche in buona parte dalle riserve militari.

E a sentire la dottoressa Chevalley non ci sono molte speranze di trovare nuovi giacimenti, ma essendo un metallo presente pressoché ovunque, l’uranio è virtualmente estraibile anche da altre fonti, compresa l’acqua.

Nel mare, per esempio, sono disciolti ben 4 miliardi di tonnellate di uranio naturale, ovvero quanto basterebbe per rifornire le centrali nucleari attuali per 60.000 anni. Ma questo, purtroppo pare non risolvere il problema… a meno che, a meno che il Cavaliere non trovi il sistema di estrarlo mentre costruisce l’altra grande opera risanatoria per l’Italia: il Ponte di Messina. Si sa infatti che nello stretto le correnti (mafiose) sono forti e che è stata in passato segnalata la presenza di sirene (lo ha rendicontato un certo marinaio Odisseo) ed è risaputo che le sirene sono amiche di Urano…
Perciò basterebbe recuperare qualche sirena viva et voila l’uranio verrebbe a galla!

Ma ascoltiamo ancora cosa ha da dire la Giovanna D’Arco  elevetica, la destra cavaliera: “La centrale nucleare di Leibstadt in Svizzera utilizza ogni anno 155 tonnellate di uranio, il volume d’acqua di mare che servirebbe per estrarlo corrisponde a 52 miliardi di metri cubi, ovvero due terzi del lago di Ginevra. Per pompare una tale mole di acqua consumerebbe tutta l’energia ipoteticamente prodotta”.

Ecco  ora che la trama s’ingarbuglia, a creare confusione è  un altro popolo marinaro, il quale   pone  un aiuto estrattivo bionico e sollecitamente  invita il  cavallerizzo  berlusconico a  persistere nell’errore. Si tratta dell’Agenzia Nucleare Giapponese che dice: “In Giappone hanno immerso nel mare degli oggetti simili ad alghe lunghe cento metri prodotte con un materiale capace di attrarre l’uranio”.

Ma per rifornire la stessa centrale di Leibstadt di cui sopra, bisognerebbe sommergere seicento mila oggetti simili (in un’area pari a quella della Valle d’Aosta). Ogni due mesi li si dovrebbero raccogliere per passarli in un acido capace di recuperare l’uranio e quindi riportare questi oggetti in mare. Sarebbe un’opera ciclopica senza contare gli inconvenienti per la pesca e per la navigazione. Bisogna quindi porre fine all’utopia che l’uranio marino possa risolvere tutti i problemi di approvvigionamento.

Peccato inoltre che, malgrado le fervide fantasie fantascientifiche sull’energia nucleare a buon mercato del conductator Berlusconi, sempre per  la dottoressa Chevalley, aprire nuove centrali sarebbe un errore sia politico che economico.
“Uno studio francese ha dimostrato che investendo nelle energie rinnovabili e in politiche di risparmio energetico, lo stesso importo necessario per la costruzione di una nuova centrale nucleare, circa 3 miliardi di euro, si arriverebbe a produrre il doppio di energia elettrica”.

I difensori delle centrali nucleari, tra cui l’ex ambientalista riconvertito Piacione Rutelli, sostengono invece  che attraverso le fonti rinnovabili non si potrà mai ottenere la stessa quantità di energia prodotta, più facilmente, con il nucleare.

Ma ancora la bella Isabelle Chevalley  non è d’accordo.  “Prendo l’esempio di un’azienda tedesca che produce pannelli solari termici ad alta temperatura Quest’azienda sostiene che coprendo con centrali eliotermodinamiche solo l’uno per cento del deserto del Sahara l’energia prodotta basterebbe all’intero fabbisogno mondiale. Con questo non voglio che ci si debba concentrare su una sola fonte, ma il potenziale di tutte le fonti rinnovabili è davvero enorme e soprattutto bisogna smettere di dire che costa troppo Quante guerre sono state fatte al fine di garantire l’approvvigionamento energetico? Quante sono state le sovvenzioni al nucleare, al carbone ed al petrolio? Le energie rinnovabili non sono solo ecologiche ma anche economiche”.

(Testo tecnico di Tiziano Mainieri rallegrato  da Paolo D’Arpini)

Scusate non mi piaceva il film  ”non ci resta che piangere” ho preferito quello “non ci resta che ridere”
P.D’A.

Sempre all’erta sto!
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Il mio incontro con Nisargadatta Maharaj…….

Poems and Reflections ilaria 24 ottobre 2008

 Gautama Buddha? Io l’ho conosciuto….Che effetto fa sentirsi dire oggi una frase del genere? Certo adesso fa un effetto sconvolgente. Ma se la stessa affermazione fosse stata fatta mentre Sakyamuni era in vita, da poco iniziata la sua missione su questa terra, non avrebbe sconvolto più di tanto l’ascoltatore, forse qualcuno avrebbe arricciato il naso, qualcuno avrebbe fatto spallucce -come per dire “quel mezzo pazzo.. che vuoi che sia”. Solo pochi avrebbero esclamato “Oh tu fortunato che grande benedizione hai avuto!”

E non sarebbe andata così anche per Gesù Cristo…? Magari proprio quel giorno dopo le palme di Gerusalemme… chi avrebbe osato riconoscere i meriti di Gesù se persino il suo principale discepolo lo rinnegò? E che dire di Francesco d’Assisi, il quale a parte la sua piccola banda di mezzi sderenati che lo seguivano, era visto più come uno scellerato perdigiorno che come santo? La verità è che è molto difficile per un saggio essere riconosciuto nel tempo in cui vive, ed è già un miracolo se viene apprezzato negli ultimi anni della sua vita, quando ormai è quasi certo che sta per lasciare questo mondo….

Ebbene, io ho avuto la fortuna di incontrare un saggio un po’ prima della sua morte ed un po’ prima della sua deificazione finale. Lo conobbi quando la sua saggezza non poteva più essere celata e già c’era una piccola cerchia di discepoli attorno a lui ed allo stesso tempo egli viveva del tutto semplicemente come era sempre vissuto. Un piccolo commerciante indiano di sigarette artigianali, sposato e con figli, abitante in una casupola periferica di Bombay, ed addirittura malato di cancro (come poteva succedere a chiunque altro avesse fumato beedies per tutta la vita). Un santo quasi banale, un santo qualsiasi, anzi -come lo definii a quel tempo- un “sant’uomo”.

Ora la sua fama di grande saggio ha fatto il giro del mondo, i suoi testi sull’Advaita (non-dualismo) e sulla conoscenza di Sé vengono studiati nelle università, gli psicologi e gli studiosi della mente lo considerano “l’eccelsa vetta della conoscenza”. …

Che strano! Io l’ho incontrato ed ho scambiato delle parole con lui, ho persino fatto lo strafottente ed il furbo per metterlo alla prova, insomma mi sono rapportato con lui come fosse stato un giocattolo da studiare per vedere come funziona… Ma mentre pensavo di essere io a smontarlo, per osservarne i meccanismi interni, in realtà era lui che mi scioglieva le mani ed i piedi, il viso ed torace, la testa e le gambe, la mente ed il cuore…. Non posso dire di “ricordarlo” se non perché “Io sono Lui” come egli stesso affermava: “I am That”. Ecco, avvenne che……

Ancora una volta in procinto di partire per l’India, un amico prima che ci salutassimo mi sussurrò ad un orecchio “Se vuoi incontrare un saggio vivente che abita a Bombay ti do l’indirizzo” disse passandomi un foglietto. Presi senza esitare l’indirizzo di questo, Nisargadatta Maharaj, che mai prima d’allora avevo sentito nominare.

Mi dissi “lascerò decidere per me il destino, se avviene o meno che io incontri quest’uomo non è mia preoccupazione…”. Ed in effetti dimenticai il foglietto nel fondo della mia sacca e visitai le mie case spirituali, Ganeshpuri, Jillellamudi, Tiruvannamalai, senza un pensiero per Nisargadatta. Non sto qui a raccontare le avventure di questo viaggio, non è questo il momento, comunque ogni viaggio ad un certo punto finisce e mi ritrovai a Bombay in attesa dell’aereo che mi avrebbe riportato in Italia. C’era da aspettare un paio di giorni e così rovistando nella sacca ritrovai quel foglietto e mi dissi “Che male mi potrà fare se vado a trovare quest’uomo? Se è un impostore saprò riconoscerlo e se è un vero santo sarà lui a farsi riconoscere”.

L’indomani nella tarda mattinata mi imbarcai su un taxi e mostrai l’indirizzo, scoprii poi che si trattava di un quartiere periferico di Bombay, e dopo molte fermate qui e lì per chiedere informazioni sulla zona cercata infine l’autista mi sbarcò infra ad un crocevia di un suburbio mezzo città e mezzo paese. Non mi ci volle comunque molto, chiedendo in giro, ad individuare, proprio di fronte all’orinatoio pubblico (una rarità a Bombay), la sua casa in un vicolo stretto e deserto. Bussai alla porta e si presentò una donna indiana dall’aspetto modesto, chiesi un po’ a gesti un po’ mostrando il foglietto, un po’ a parole, se abitasse lì un sant’uomo di nome Nisargadatta Maharaj. La donna fece un gesto strano, come un diniego, e disse: “Non quello… ma chi cerchi è qui, devi tornare più tardi”. Pensai -forse l’ora è importuna, magari il santo sta mangiando, tornerò dopo- e ritornai sui miei passi fino all’incrocio in cui mi aveva lasciato il tassista. Lì all’angolo c’era un chaishop, entrai per bere un tè e fare uno spuntino e mi avvidi così di non esser il solo ad aspettare l’ora del satsang. Nel chaishop c’erano alcuni tipi strani, che ormai individuavo come i “flippati” dello spirito, forse europei forse no, gli abiti semplici e l’aria sognante. Cominciai a scambiar quattro chiacchiere con il più loquace, in effetti gli altri sembrava volessero evitare qualsiasi contatto umano, cominciai a chiedere -conosci questo sant’uomo Nisargadatta?- e l’altro con aria ispirata e quasi offesa -ma Lui non è un sant’uomo è l’Assoluto stesso- ero già abituato al tono enfatico di seguaci adoranti di vari maestri e non ne fui molto sconvolto anzi trovai persino divertente ci fossero atteggiamenti di questo tipo attorno ad un Jnani, chi di noi non è l’Assoluto?

Essendo trascorsa qualche ora dal mio arrivo sentivo gli stimoli di una grossa pisciata incombente. Lasciai da parte i grandi discorsi e brutalmente chiesi al mio interlocutore -senti, dov’è che posso andare a pisciare?- lui mi guardò ancora più stranito -chiedi qui al chaishop se è possibile- Immediatamente così feci ma com’era ovvio, trovandoci dove eravamo, non c’era nessun gabinetto. Tornai alla carica con il tipo ieratico e gli chiesi -ascolta tu, è un bel po’ che visiti questo posto, quando ti scappa la pipì dove vai?- niente da fare, si limitò a commentare -vai da qualche parte dove vedi che è possibile..- Uscii dal locale, guardai a destra, pieno di gente nemmeno un angolo nascosto, guardai a sinistra e la situazione pareva altrettanto drammatica, ovunque caos di passanti, macchine, animali e nessuno spazio riservato per andare a pisciare. Poi il mio sguardo cadde sul quel vicolo stretto, ci passava quasi nessuno, e c’ero inoltre un bellissimo orinatoio pubblico in bella mostra e …stranamente… nessuno pareva fermarsi lì a pisciare (avevo visto pisciatoi presi letteralmente d’assalto e con la fila in tutta l’India). Quello era il pisciatoio proprio davanti la casa di Nisargadatta Maharaj. E lì andai a pisciare, non potendone più.

Ovviamente questo gesto di “assoluta noncuranza e disrispetto” da parte mia mi costò la stima degli altri ricercatori in attesa che non mi parlarono più. Così mi ritrovai da solo ad aspettare l’orario giusto che finalmente giunse. Prima di entrare nella casa del santo, decisi di prendere qualcosa da offrire, anche per farmi perdonare la pisciata ignominiosa, da una bancarella comprai un grosso ananas. Non è una offerta abituale da portare ad un santo ma quel grosso ananas mi sembrava la cosa di maggior valore della bancarella, tutto qui.

Eccomi ancora davanti quella porta e stavolta vengo introdotto dentro ed invitato a salire, senza scarpe, su una specie di soppalco alto appena da starci in piedi. Indossavo un paio di calzini e anche questi -seppi dopo- non sono bene accetti alla presenza di un santo, è una specie di auto-isolamento dall’atmosfera attorno a lui. Pazienza ancora pazienza ed osservazione. Una dozzina di tipi strani, un ex marinaio, un faccendiere apolide alla vista, un professorino compito, un conducente di riksciò, una donna dai denti cavallini, più un certo numero di cercatori spirituali professionisti vestiti di bianco o di nero -insomma una congrega di derelitti- penso fra me e me. Ma l’atmosfera è molto piena e leggera, la musica ed il canto sono melodiosi, provo un senso di sollevazione verso un reame in cui non esistono speculazioni di sorta. Un pieno in cui tutti stanno dentro.

Indossavo ancora i calzini ai piedi ed avevo iniziato a sentirmi a disagio, come se io fossi l’unico ad avere la maschera, gli altri erano nudi. E poi il pensiero della pisciata fatta lì fuori proprio di fronte all’ingresso del santo… Potevo ancora giustificarmi sull’impellenza? Un dubbio atroce mi sorse che forse un giorno avrei dovuto pagare lo scotto di quell’inavvertenza. Sapete una cosa, dicono che un santo restituisce 100 o 1000 volte ciò che riceve ed oggi (trascorsi parecchi anni dall’incontro) vivo in una casupola che sovrasta la condotta fognaria di Calcata, a cielo aperto. Gli effluvi che emana la fogna è dunque il premio di quella dabbenaggine? Se ciò è vero allora anche il mio essere lì alla presenza di Nisargadhatta, il mio interesse a tutto ciò che lo circonda, ha un valore ed anche questa curiosità può essere premiata da lui. Certo questo lo dico oggi che ho un’altra visione delle cose ed un’altra comprensione di quell’incontro.

Ad un certo momento i canti finiscono, si inneggia al Guru, tutti si siedono in cerchio attorno a lui, io mi trovo quasi di fronte e lo osservo bene, ha uno sguardo sibillino, c’è poco da scherzare, un filo di bava gli gocciola da un lato della bocca (poi seppi che aveva un cancro terminale alla gola ma ancora non lo sapevo in quel momento), osservavo lo scorrimento della saliva sul mento mentre i suoi occhi dimostrano completo disinteresse a questo fatto. Qualcuno dei presenti, evidentemente il responsabile di sala, accenna ad attivare un registratore, le mie antenne si alzano e lancio uno sguardo inquisitorio, penso -non voglio essere registrato- senza una parola scambiata Nisargadatta fa un segno rapido a significare -nessuna registrazione- . Lo stesso indiano che armeggiava con il registratore a quel punto si rivolge a me, fra tutti i presenti, evidentemente perché io sono uno “nuovo” -arguisco- mentre gli altri sono vecchi frequentatori. Bene, bene. Ma quel traduttore indiano parla un inglese che non riesco a seguire bene.

Mi chiede da dove vengo ed il motivo della mia visita -le solite domande- rispondo che l’indomani ritornerò in Italia, che son stato in India per qualche mese -ma non specifico dove né nomino il mio Guru Muktananda o la mia madre spirituale Anasuya Devi, insomma faccio finta di niente -si dice- in realtà non voglio chiedere nulla di specifico, son solo curioso, ma non ho pensato di dover chiedere qualcosa venendo qui. Nisargadhatta pare urtato dal mio atteggiamento, malgrado l’aspetto evidentemente sofferente, risponde con veemenza “non c’è nessun domani c’è solo ora”. Ma io non capisco cosa voglia dire e lo guardo quasi con sufficienza. Poi mi si chiede di rispondere al motivo della mia visita ed io in modo quasi casuale dico che “avevo quest’indirizzo ed il tempo per venire, quindi, eccomi che son venuto per avere il “darshan of the holy man”. Usai proprio queste parole che ovviamente suonavano un po’ offensive, dato il contesto in cui mi trovavo.

Ciononostante non mi sentivo ancora abbastanza “benedetto” e continuavo a studiare l’espressione di Nisargadhatta. Lui mi guarda con occhi mefistofelici e mi chiede “adesso hai avuto il “darshan of the holy man?” (che significa: hai visto il sant’uomo?) Ed io a quel punto non posso far a meno, dopo un ulteriore profonda occhiata, di dire “si” e lui di rimando “allora puoi andartene”. Detto così pareva proprio che venissi scacciato e mi sentivo a disagio, il traduttore solerte, vista la mia esitazione, insiste “il maestro intende proprio che puoi andare, subito”. Al che mi alzo, a questo punto veramente imbarazzato, guardandomi in giro per vedere se si manifesta qualche solidarietà nei miei confronti.

Tutte le facce sono assenti come se io già non ci fossi più. Così mi decido ad andarmene, ma a quel punto faccio qualcosa che non avrei mai dovuto fare (che seppi dopo era assolutamente proibita), ma non mi pento nemmeno ora di averla fatta, mi avvicino a lui e mi inchino ai suoi piedi, poi visti i suoi piedi nudi glieli tocco con le mani, posandole poi sulla fronte, come avevo visto fare in tanti altri posti in India. Lì la platea si risveglia e ci sono varie segnalazioni -ormai tardive- di “non far ciò” – ormai pareva inevitabile che avessi rotto l’ennesima regola. Vedo ancora sui volti degli astanti la rassegnazione. Lui invece è ancora bello battagliero, fa cenno a qualcuno di riportare l’ananas che avevo donato ma che non era stato inserito nel prasad misto di tutte le offerte da ognuno portate. Questo prasad era un miscuglio di varie cosette secche, dolci e salate, che ci fu servito in parti uguali dopo il canto, sul un ritaglio di giornale. Il mio ananas era stato subito scartato ed ora mi veniva riconsegnato, non come offerta ricevuta, ma come restituzione di un offerta non gradita. Tièh.

Ma io sono speciale in questi giochetti, ed insisto per lasciare il frutto lì, riconfermando che l’indomani sarei partito ed era meglio che lo tenessero loro. Ovviamente non ci fu niente da fare e fui spedito con il frutto al piano di sotto, tra il silenzio generale, dabbasso c’era la signora indiana che mi aveva aperto la porta, sembrava sorridermi, quasi scusandosi, ne approfittai per offrirle l’ananas, dicendole -ecco io non so che farmene, domani parto, mangiatelo voi- e lo dissi due o tre volte, allora il silenzio del piano di sopra fu improvvisamente rotto dalla voce -presumibilmente di Nisargadatta- che quasi urlava. Non capivo una parola di ciò che veniva detto ma a giudicare dal risultato sembrava “tienti st’ananas altrimenti questo non la smette più d’importunare”, infatti la signora si fece accondiscendente, accettò il frutto e mi salutò con un sorriso. Interiormente la ringraziai perché sentivo che l’accettazione di quel frutto corrispondeva a qualcosa di più sottile.

Infine, raccontare come tornai all’albergo quasi volando su un taxi e la partenza dell’indomani, volando, senza ancora essere partito da lui. Questa sensazione la percepii come un segnale di vera santità, quindi da quel momento non pensai più a Nisargadatta come “un sant’uomo” ma come un santo. Dovranno però trascorrere ancora diversi anni prima che -pian piano- quel messaggio ricevuto “non c’è nessun domani c’è solo ora” divenisse più chiaro. Attraverso un lento processo rielaborativo della mia precedente visione, per mezzo di meditazioni profonde, di segnali inequivocabili, di lacrime, di batticuori, di nascondi e cerca, di belle batoste a lungo ricevute che mi hanno ripagato ampiamente di quell’incontro.

Paolo D’Arpini

Introduzione a “La Vita Continua” – Tavola Rotonda all’interno del “ Ciclo della Vita” – 8 novembre 2008 – Palazzo Baronale di Calcata – h. 15.30

Lunario ilaria 23 ottobre 2008

Debbo fare una premessa necessaria, prima di iniziare a parlare di agricoltura ed OGM, vorrei descrivere il percorso della presa di coscienza olistica alimentare ed ecologica che è alla base dell’ecologia profonda. Quando l’8 novembre del 2008 andremo a discutere sulla coltivazione biologica, e sul rischio per la salute e per il genoma universale degli OGM, in realtà dobbiamo tener conto del complesso processo di riavvicinamento alla natura avvenuto nel pensiero e nella pratica di pochi precursori o ri-abitatori della Terra (come si dice in gergo). 

In piena società industriale e consumista ed in varie parti del mondo alcune persone si sono interrogate sul percorso che l’umanità stava compiendo e se tale percorso potesse realmente corrispondere ad un modello evolutivo o era semplicemente un “impigrimento” legato all’automatismo. La civiltà delle macchine richiede grande intelligenza e capacità di comprensione per come queste strutture meccaniche, tecniche ed artificiali possano contribuire allo sviluppo della società umana.

Se questa comprensione è difettosa  abbiamo un risultato molto simile a quello avvenuto al dormiente apprendista stregone Topolino, che non riesce più a fermare le sue scope cariche di secchi d’acqua, e ci ritroviamo anche noi con la casa allagata!

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, per uno spontaneo riverbero, in varie parti del mondo piccoli gruppi o singole persone iniziarono a esperimentare nuove forme di sopravvivenza, e siccome viviamo in una società in cui i modelli sono socialmente convalidati solo sulla base della provenienza abbiamo assistito all’importazione di sistemi di vita, onde, mode, che provenendo dagli Stati Uniti hanno poi invaso il resto del mondo. Così è avvenuto per gli hippies, la beat generation ed anche per il bioregionalismo. In realtà gli hippies non avevano fatto altro che imitare fantasiosamente il modello pacifista gandhiano, i beatnik non erano altro che esistenzialisti rivisitati ed i bioregionalisti, alla Gary Snyder per interderci, non son che  scopritori dell’acqua calda, o meglio dell’ecologia profonda, non riferendomi specificatamente alla “filosofia” di Arne Naess bensì alla coscienza onnicomprensiva e indivisibile della vita già presente nelle civiltà antiche europee, dell’Asia e dell’Africa e dell’Oceania e della stessa America prima della conquista inglese e spagnola. 

Ciò nonostante la parola “bioregionalismo” -in quanto modello di pensiero- viene attualmente riferito ad un gruppetto di americani che ne sancirono il termine. Le cose che vengono dall’America, le “riscoperte” fatte in America  molto spesso -e l’abbiamo visto tutti con la festa di Halloween che è una “mutazione” dell’antica cerimonia di fine anno celtica- peccano di americanismo, sono cioè superficiali e dallo spirito naive.  Nel bioregionalismo “americano” ad esempio si tiene conto della geografia territoriale ma si considerano poco  altri aspetti più sottili che noi in Europa abbiamo sempre conosciuto come “genius loci” (io la chiamo spiritualità laica), oppure si tiene conto dei modi di vita consolidati senza capire se essi siano o meno in sintonia con il vivente….

Mi riferisco in questo caso all’abitudine alimentare di mangiar carne che viene considerata alla stregua di un dato di fatto genetico e naturale nell’uomo mentre invece sappiamo che non è così, giacché l’uomo appartiene geneticamente alle famiglie antropomorfe frugivore.   Gli americani amano la natura, scrivono poesie sul caribù e sull’orso ma non trovano poi nulla di strano di sparargli e cibarsene sotto la luna, tanto sono animali selvaggi come i cacciatori stessi…..  C’è persino un estremismo “ecologico” di persone che vivono sugli alberi, oppure che rinnegano l’agricoltura, come un tal teorico primitivista Zerzan, ma che non trovano nulla di strano  poi di nutrirsi di scatolette o guardare la televisione…  insomma incongruenze americane. 

Altra grande scoperta venuta dall’America  è la  manipolazione genetica  e qui veniamo al dunque dell’argomento che vorremmo trattare  durante la tavola rotonda “La Vita Continua” dell’8 novembre 2008 (che  si tiene -ricordiamolo- nell’ambito dell’evento annuale denominato “il Ciclo della Vita” organizzato a Calcata dal Circolo Vegetariano VV.TT.).  E qui debbo inserire alcune considerazioni tecniche mutuate da Giuseppe Nacci,  un docente che recentemente al Sana di Bologna ha esposto, con grande dovizia di particolari, i rischi connessi agli OGM.    

L’introduzione nell’agricoltura moderna degli Organismi Geneticamente Modificati (O.G.M.) è una ingiustificata e pericolosissima alterazione di ciò che l’Evoluzione ha prodotto nelle piante in centinaia di milioni di anni:  piante sulle quali si è basata la successiva evoluzione biochimica dei complessi organismi animali superiori, culminati con l’avvento dei Mammiferi negli ultimi 65 milioni di anni e quindi con la comparsa dell’Uomo.  Pertanto il delicato equilibrio biochimico della specie umana dipende dall’integrità delle specie vegetali così come l’Evoluzione le ha condotte fino a noi, poiché la Salute di ciascuno di noi è basata sulla Biochimica cellulare umana, e questa dipende, nella propria complessità genomica (DNA), dall’utilizzo di migliaia di vitamine e di complessi fitochimici presenti in Natura. 

La pianta è anch’essa un organismo complesso, frutto dell’evoluzione biologica avvenuta in centinaia di milioni di anni: ogni modificazione genetica provocata in essa dall’Uomo (con radiazioni come a Chernobyl, o con retro-virus come attualmente compiuto con gli OGM), produrrà comunque un danno irreparabile che spesso non potrà essere riconosciuto, poiché l’Uomo conosce con sicurezza soltanto poche decine di vitamine e di altre sostanze pro-vitaminiche.

Oggi, per ottenere il vantaggio di una (supposta) maggiore produzione agricola, si ricorre al metodo di modificare il patrimonio genetico delle piante naturali, allo scopo di:  modificarne la struttura,  renderle sterili (per obbligare gli agricoltori a comprare nuovi semi ogni anno),  brevettarne la trasformazione indotta,  rivendere in tutto il mondo il prodotto così ottenuto.  In realtà non è mai stato dimostrato che le coltivazioni OGM producano maggiori quantità di prodotti, tutt’altro. 
Mi son reso conto che non è possibile scrive oltre di questo tema altrimenti o voi smettete di  leggere oppure non sapremo più che dirci all’incontro… per cui chiudo questa introduzione generale e vi invito a partecipare alla discussione.

Fra i relatori previsti:  Michele Trimarchi, Marco Tiberti, Giuseppe Altieri  e Ciro Aurigemma.  La  Tavola Rotonda  si svolge in collaborazione con Agernova, European Consumers, Associazione Vegetariana Italiana e Rete Bioregionale Italiana, partecipano inoltre vari gruppi ecologisti della Tuscia e della valle del Tevere.  Patrocinio morale: Parco Valle del Treja, Comune di Calcata, Provincia di Viterbo.

Durante l’intera durata della manifestazione del Ciclo della Vita che si tiene al Palazzo Baronale di Calcata dal 31 ottobre  al 9 novembre 2008, vengono esposte opere d’arte sul tema  “Morte e Rinascita”,  curatrice della mostra Laura Lucibello.

Paolo D’Arpini

Infoline:  circolo.vegetariano@libero.it – Tel. 0761/587200

info.apai@virgilio.it  – Cell. 333.5994451

http://www.circolovegetarianocalcata.it/

Prossimo incontro di coordinamento agricolo e bioregionale: 8 novembre 2008 al Palazzo Baronale di Calcata – Nell’ambito de Il Ciclo della Vita

  • Proposta di coordinamento e collaborazione agli amici ecologisti della Tuscia.

  • Nell’intento di fare cosa utile alla causa agricola e bioregionale della Tuscia, ed in  qualità di co-fondatore e referente della Rete Bioregionale Italiana,   propongo l’attuazione di un coordinamento effettivo,   sull’argomento dell’economia agricola  sostenibile nel nostro territorio.

  • Le grosse e pericolose incidenze che minacciano la salute della Tuscia, vedi le centrali di Montalto e Civitavecchia, mega areoporto di Viterbo, etc., richiedono l’unione delle realtà che operano a tutela e difesa della vita di questa nostra terra di Tuscia. 

  • Ho ricevuto in tal senso anche una lettera di Marzia (No Coke) in cui si inneggia all’unione delle forze e delle coscienze ecologiste che operano nel territorio, condivido quanto espresso da Marzia e invito i bioregionalisti tutti a partecipare l’8 novembre 2008 -h.15.30- all’incontro “La Vita Continua” che si terrà al Palazzo Baronale di Calcata con il patrocinio della Provincia di Viterbo. Il tema trattato è appunto l’agricoltura biologica ed il rischio delle manipolazioni genetiche. All’incontro intervengono fra gli altri il prof. Trimarchi, il dr. Aurigemma, il dr. Tiberti e il prof. Altieri (che recentemente ha relazionato sul rischio OGM in collaborazione con AAM Terra Nuova). Spero che tale occasione per promuovere la causa comune di: vegetariani, ecologisti, bioregionalisti e spiritualisti laici, incontri la vostra adesione e partecipazione.

  • Grazie per l’aiuto che vorrete dare, in ogni modo possibile, alla divulgazione di tale notizia.

  • Vedi url di articoli connessi:

  • http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/10/14/%e2%80%9cla-vita-continua%e2%80%9d-%e2%80%93-tavola-rotonda-all%e2%80%99interno-del-%e2%80%9c-ciclo-della-vita%e2%80%9d-8-novembre-2008-%e2%80%93-palazzo-baronale-di-calcata-%e2%80%93-h-1530-in/

  • Rilancio agricolo e bioregionale: “Non solo autostrada: c è un …

    08 a Tarquinia (Vt) nella sala del Consiglio comunale un’ importante assemblea della Rete Bioregionale Italiana. mercoledì 22 ottobre 2008 di Paolo D’Arpini
    www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article4762 – 14 ore fa – Pagine similiSalva risultato

    Grazie per aver letto sin qui ed a presto.

    Vostro affezionato, Paolo D’Arpini

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    tel. 0761-587200