Risultato della ricerca:
Conflitto permanente e capitalismo alle corde…
Nella realtà occidentale il capitalismo è alla corda: la finanza lo sta uccidendo grazie alla sua capacità di creare denaro dal nulla.
Presupposto di base del capitalismo è infatti il controllo di un bene scarso: il “capitale”, ovvero la ricchezza accumulata tramite la sottrazione del valore aggiunto a chi quel valore ha prodotto, ovvero la classe lavoratrice.
Se il bene non è più scarso – come oggi accade per il “denaro fiat” che si crea dal nulla – il capitalista perde potere anzichè guadagnarne.
Quindi il “capitalista” di stampo novecentesco che controlla i rubinetti del credito ha ceduto ormai ogni potere in favore di sovrastrutture finanziarie internazionali, acefale, autoreferenziali e impersonali: la grande finanza. Strutture enormi. Immense. Pervasive, lontane ma vicine alla gente grazie alle tecnologie informatiche.
Aziende come Alphabet (Google) sono entità sovranazionali dotati di poteri reali. Facebook, Whatsapp, Telegram e le altre “piattaforme” social sono potentati politici a tutti gli effetti, che fanno politica e la determinano, al di fuori di ogni controllo dei poteri statali che prima ne avevano il monopolio.
Finchè queste “aziende pervasive” sono di dimensioni gestibili – cioè tali da poterne identificare i centri decisionali, e in definitiva influenzarli, la situazione è in qualche modo gestibile tramite lobby o corruzione pura e semplice – il capitale fa ancora parte dell’equazione e può incidere sulle scelte che vengono fatte.
Ma quando si comincia ad avere a che fare con strutture sovranazionali largamente distribuite l’operazione di asservimento dei vertici diventa via via sempre più complessa, delicata e costosa, e soprattutto dagli esiti non sempre prevedibili nonostante gli sforzi profusi.
Ecco quindi che il capitalismo terminale si concentra nella ricerca non più del denaro, ma del “potere”, in quanto è il secondo a generare il primo.
E qui i grandi capitalisti, i grandi imprenditori, le grandi aziende globali, bravissimi nel loro lavoro, sono costrette a scendere in campo su un terreno che non è il loro e combattere contro strutture ben più collaudate, presenti da millenni e specializzate nella lotta per il potere.
La “macchina influenzante” si fa sempre più complicata e difficile da governare.
Ecco quindi che il figliol prodigo prediletto del capitalismo moderno, il consumismo, diventa solo un imbarazzante “costo puro” da tagliare, da mettere sotto controllo, al quale rimettere la testa a posto.
Perchè mai sprecare risorse immense, materie prime non rinnovabili, impazzire per convincere i consumatori a comprare sempre nuove cose, nuovi prodotti, che in realtà non gli servono e neppure sanno più dove mettere?
Per un paio di decenni la soluzione è stata quella di vendere sempre meno prodotti fisici e sempre più “servizi”, specialmente se nella modalità a tariffa fissa “all-you-can-eat”. E ha funzionato.
Ma come fai a convincere la gente a comprare una automobile quando non esiste più lo spazio fisico dove farla circolare. O quando quella vecchia funziona ancora perfettamente a due decenni di distanza.
La soluzione è semplice: “metti le vecchie auto fuorilegge”.
Ovviamente servono argomentazioni ineccepibili – la coercizione pura non basta, dati i numeri e gli interessi in gioco – ma quelle si trovano sempre.
La “conversione green” per esempio. La paura del “cambiamento climatico” e delle sue conseguenze estreme.
Come per il COVID, prima se ne è negata la gravita (e addirittura l’esistenza), poi improvvisamente diventa un incombente rischio di estinzione per l’umanità.
Ecco poi che qui si ripete ancora lo schema del vendere “servizi e non prodotti”, per esempio, enunciato ormai tre anni fa dal CEO della Mercedes con la frase “nei prossimi anni dobbiamo passare da produttori di automobili a fornitori di mobilità”.
Sono tutti processi già avviati, ma che necessitano di una componente di connivenza politica che su territori di vendita a livello continentale richiede tempi lunghissimi per essere realizzata, e che vede nelle strutture della Unione Europea – potenti, lontane e prive di controllo da parte degli elettori – l’esecutore ideale, ma lento.
Ma anche la complicità, la connivenza, la cooperazione di chi detiene il potere normativo ha costi e tempi altissimi, anche se è da tempo cosa già acquisita .
Acquisita ma solo per settori, parcellizzata, sporadica e in definitiva caratterizzata da alti costi, tempi lunghi, e pertanto una bassa efficienza, con tempi di risposta incompatibili con una situazione in rapida evoluzione.
Tuttavia, pur in presenza di tanta inefficienza, questi metodi hanno chiaramente indicato la strada, certificando che la coercizione è molto più efficace della convinzione.
Perchè spendere risorse immense per convincere la gente a fare qualcosa quando la si può semplicemente costringere?
Peccato che di mezzo ci sia quell’esperimento imperfetto tuttora in corso chiamato impropriamente “democrazia”.
Abbiamo visto che in realtà il capitalismo non necessita della democrazia per esistere e prosperare (basta guardare l’esperienza cinese).
(gliela dò per buona, non è questo il punto qui – Jure)
Ma è anche vero che la democrazia non necessita del capitalismo per esistere (basta ricordare l’antica Grecia).
Il denaro non si mangia, non ci si va in giro seduti sopra, non tiene caldi quando fa freddo e non tiene al fresco quando fa caldo.
Però serve quando si vogliono fare tutte queste cose, perchè agisce da mezzo di scambio per convincere chi è in grado di offrirle a darcele o farle per noi.
Molto più efficiente sarebbe costringerlo a darcele o a farle per noi, invece che convincerlo aumentando l’offerta di denaro finchè non accetta.
Questo infatti – dal punto di vista del capitalista – è uno dei principali svantaggi del “libero mercato”.
Idealmente il libero mercato che piace al capitale è quello dove si compra a “poco o nulla” e si vende “a tanto”. Il principio di base del colonialismo.
E quando si passa al settore dei “servizi” diventa il principio base dello sfruttamento. Della “schiavitù”.
La democrazia greca infatti si è sviluppata in una società schiavista. Come anche quella americana dell’ottocento.
Ma come è possibile oggi tornare a questi vecchi e ben collaudati sistemi che hanno permesso lo sviluppo e il fiorire di grandi civiltà, come quella romana, grande capostipite di quella odierna?
Come si può portare a termine questo enorme “cambio di paradigma” nell’arco non di decenni ma di una manciata di anni (che è tutto ciò che abbiamo ancora a disposizione prima di un collasso generalizzato del debito mondiale)?
Qui ci viene in soccorso l’esperienza della “Grande Pandemia”.
Comunque la si pensi – un atto deliberato, un incidente non previsto o un evento naturale – la GP (Grande Pandemia) ci ha insegnato principalmente tre cose:
alla gente si può far credere e si può far fare di tutto, fintanto che si controllano le informazioni e si possono produrre motivazioni ineccepibili
volendo si può fare tutto e se non si fa è solo perchè non si vuole fare, basta essere disposti a pagarne il prezzo
più grande è la balla e più assiduamente viene raccontata, più la gente è portata a crederci e in seguito a difenderla facendone un “atto di fede” impermeabile ad ogni realtà
Durante la GP non ci sono state proteste, se non minimali, per misure che erano giustificate nella mente di tutti noi solo dalla eccezionalità dell’evento, che ha soppresso ogni spirito critico, aiutata dalla martellante propaganda.
D’altronde secondo le voci della Scienza (che a noi sono state presentate come univoche) si trattava letteralmente di una minaccia per l’esistenza della specie umana.
E tutti (o quasi) si sono schierati dalla parte della Scienza, ovviamente.
Altrettanto ovviamente, ad una minaccia straordinaria si devono accompagnare misure straordinarie. Tutti d’accordo (ed ecco l’inedito “lockdown” e le protezioni rassicuranti – le ridicole mascherine chirurgiche). Misure applaudite da tutti, lì per lì, ammettiamolo.
L’epidemia da SARS-COV-2 (anche il nome scelto suonava tanto “scienfico”, molto più di “Influenza cinese”) al suo apparire è stata prima nascosta, poi negata, minimizzata, sminuita.
Poi improvvisamente ci è stata presentata come una malattia mortale e inesorabile, destinata a portarci tutti ad una morte orribile, alla “fame d’aria”, agonizzanti in introvabili posti in terapia intensiva.
Una umanità sull’orlo del baratro, spacciata, una malattia incurabile, terribile propagandata dal mitico “Non ti vaccini, ti ammali e fai ammalare, muori”.
Chiaramente sulla reale epidemia – particolarmente contagiosa ma assolutamente non così devastante come era stata presentata – si sono innestate ovvie speculazioni, piccole e grandi, mai contrastate, consone agli interessi di Big Pharma (ecco il capitale in azione) grazie alla compravendita di politici e comunicatori di massa, con gli spiccioli arrivati giù fino all’ultimo dei medici o degli infermieri.
Stranamente i paesi dove non c’erano i soldi per la vaccinazione di massa sono quelli che hanno avuto meno “contagi”. Chissà come mai “No money no COVID”.
Chiaramente erano all’opera immense pressioni speculative, e solo dove c’era convenienza, ma quello che importa è la vera lezione della GP che è stata quella dell’enorme, incredibile e immenso successo della “comunicazione efficace” divenuta tale non solo con i soliti metodi “pubblicitari” anche se potenziati, ma grazie alla repressione totale e assoluta del dissenso e di ogni voce critica.
Fondamentale poi qui l’adozione del buon vecchio “nemico esterno” (io lo definirei utile nemico interno – Jure), incarnato dall’efficace etichetta “no-vax”. Qualcosa a cui solo due generazioni fa nessuno avrebbe mai abboccato e che ha invece funzionato alla grande, facendo da cartina di tornasole sullo stato effettivo di degrado e della condizione terminale delle capacità intellettive del soggetto medio dell’opinione pubblica.
Particolarmente inaspettata poi è stata la spontaneità con la quale si sono creati degli “evangelisti” della vaccinazione (ma potrebbe essere stata qualunque altra cosa), dei missionari fattisi prontamente (e gratuitamente) zerbini zelanti, ripetitori radio del pensiero ufficiale, in cambio della semplice sensazione liberatoria di far parte del novero dei “giusti”.
Un’ansia di allineamento col pensiero dominante (anche se chiaramente dettato dalle autorità) che non era più presente da almeno un secolo nel mondo occidentale, particolarmente in Europa, che dimostra che ormai la lezione della prima guerra mondiale – il rifiuto di diventare “carne da cannone” – sia stata dimenticata.
Insomma, ci troviamo sul terreno ideale per la coltivazione di una nuova forma di controllo della società, in un vivaio ideale.
Il capitalismo è ormai maturo per essere sostituito dal militarismo.
E’ infatti immensamente più efficace dare ordini che cercare di convincere la gente a fare qualcosa.
Il militarismo prevede di credere, obbedire e combattere.
La paga del soldato è irrilevante, il vero compenso è la sopravvivenza.
Creare nuovi bisogni, dare continuamente motivazioni interiori, non serve più, e se serve una motivazione te la da l’istinto di conservazione che ti spinge a fidarti dei comandanti e dei superiori, che dal loro punto di osservazione elevato sono gli unici ad avere uno straccio di idea su dove si trova il nemico.
Sono loro gli strateghi, quelli che sanno “cosa fare” e chiunque lo metta in dubbio è un “traditore” e un “disfattista”.
Non serve il denaro se non c’è niente da comprare, Ci sono le razioni e le tessere annonarie che lo sostituiscono perfettamente, e non sono soggette ad inflazione o accumulo.
Le tessere annonarie a fine mese non valgono più nulla – quello che hai avuto hai avuto – e questo impedisce che la classe media – divenuta “ufficialame” – accumuli ricchezza in altro modo, così come la “working class” divenuta “truppa” abbia più del necessario e sviluppi invidie sociali deleterie. (e per i capitalisti rimane comunque sempre il buon vecchio “mercato nero”).
La solidarietà viene sostituita dal “cameratismo” da trincea, e le libertà individuali fortemente limitate. Il coprifuoco permette di regolare più agevolmente i ritmi della società e il rischio di rimanere uccisi andandosene a zonzo spensieratamente limita fortemente la richiesta di mobilità per fini non strettamente indispensabili.
La guerra in Ucraina ci ha mostrato cosa si può fare e cosa no. E’ stata un laboratorio così come lo fu quella di Spagna del 1936, preludio e campo di collaudo per quella mondiale del 1941.
Oggi le cose corrono molto più veloci, ma anche i cambiamenti da fare sono molti di più e alla fine le cose si equivagono.
Per prepararsi al conflitto globale ci vogliono almeno tre anni.
C’è da ripensare tutto, dal punto di vista militare, dal ruolo dell’aviazione a quello della fanteria, dell’artiglieria, della missilistica e soprattutto della logistica e della produzione industriale.
La guerra in Ucraina, per la prima volta nella storia dell’umanità, ci sta proponendo una guerra portata avanti da droni, combattenti meccanici autonomi, ancora non da robot o cyborg, ma è solo questione di tempo.
Una guerra però molto diversa da quella immaginata nei film. Una guerra dove a soffrire e a morire erano i droni al posto degli umani. Invece è il contrario esatto.
Sono gli uomini a morire (come mosche) uccisi dalle macchine.
Se nel primo anno di guerra la scoperta principale fu l’enorme ruolo dei droni da ricognizione (”Geranium”, “Lancet” e “droni da lancio”), più che i Baraykthar turchi (già adesso obosleti, grossi, costosi, inutili e superati), entrati nel secondo anno di conflitto la principale novità è l’uso massiccio di droni FPV (i cosiddetti droni-kamikaze).
Oggi sono i droni FPV (First Person View) – dei grossi quadricotteri o droni multirotore dotati di telecamera e che trasmettono video in tempo reale al dispositivo del pilota – a dominare la scena.
Essere localizzati, ovunque, al fronte come nelle retrovie, significa essere annientati da un qualcosa che arriverà presto dal cielo, una bomba volante o un missile, lanciata da decine di chilometri di distanza.
L’esperienza di questa nuova guerra è però preziosa.
La trasformazione di una parte significativa della fanteria in operatori di droni e lo sfondamento del fronte utilizzando centinaia di droni contemporaneamente non sono lontani. Non siamo a distanza di anni da questa spiacevole evoluzione. Siamo a distanza di mesi.
Chiunque sia il primo a implementare il controllo di uno sciame di centinaia o migliaia di UAV – controllati da una qualche Intelligenza Artificiale addestrata allo scopo – otterrà il controllo dei cieli, della terra, del mare. La vittoria sul campo di battaglia.
E quando sarà raggiunta questa fase, verrà messa in pericolo anche la sicurezza di tutta l’umanità (perché sarà una intelligenza artificiale a decidere come e chi uccidere).
È impossibile fermare questo sviluppo, nell’attuale situazione mondiale.
In realtà, questo è il nodo vulnerabile: i paesi che combattono in questo momento hanno una breve finestra di opportunità per sconfiggere l’esercito nemico e vincere la guerra (nelle guerre che sono già in corso o, a quanto pare, inizieranno molto presto).
Domani, quando il resto di noi si armerà – e gioco forza dovremo farlo – non avranno più questo vantaggio. E per armarsi occorrerà un sistema industriale totalmente orientato a farlo, e non a ricercare il profitto.
La guerra in Ucraina, come prima guerra di droni, sta diventando un evento storico per tutta l’umanità.
E per le prima volta oltretutto sono le tecnologie “consumer” a diventare tecnologie belliche (il che presenta scenari inediti sul fronte del terrorismo e della criminalità spicciola).
Non è difficile immaginare le applicazioni di queste tecnologie alla realtà quotidiana, con droni del peso di pochi grammi alla ricerca della vittima designata, identificabile tramite controllo facciale, dotati di una carica esplosiva antiuomo o meglio ancora di una siringa pronta ad iniettare veleno, come insetti malefici e mortali.
Ed ecco a voi la “nuova pandemia” pronta e servita su un piatto di argento.
Migliaia, milioni di microdroni lanciati sulle città nemiche, alla ricerca di preda, intenti a ricaricarsi al sole, sui tetti, sugli alberi, sui tralicci, per poi colpire con le tenebre.
E milioni di microdroni prodotti da assemblatori automatizzati e autonomi, lanciati dagli aerei e nascosti da qualche parte, che partoriscono “droni zanzara” carichi di patogeni letali per l’uomo.
Solo una società in “guerra totale”, totalmente militarizzata, può rispondere a questi sviluppi in tempo reale.
Il denaro non si mangia, non si beve e non combatte al posto tuo (ma si può “stampare” quanto vuoi).
Dobbiamo solo trovare qualcuno così stupido da accettarlo per combattere – e morire – al posto nostro.
Benvenuti nel futuro. Il COVID è stato solo l’inizio.
Il peggio deve ancora arrivare.
Gianluca Napolitano