Zelensky è rimasto solo…
In tre giorni, hanno scritto la loro lettera di dimissioni 4 ministri, un sottosegretario e un vice premier. Fedelissimi come il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, il ministro per l’Industria strategica Alexander Kamyshin e la responsabile per l’integrazione dell’Ucraina nella Nato, Olha Stefanishyna. Licenziati anche il responsabile del Fondo delle proprietà statali entrato in carica appena 9 mesi fa e il presidente della Ukrenergo, la società che gestisce la rete elettrica nazionale pesantemente compromessa dai bombardamenti russi.
Kiev parla di normale avvicendamento e della necessità di “ottimizzare”.
Per la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, il massiccio rimpasto nel governo ucraino è un segnale di debolezza: “autunno, cadono le foglie”, “i rami restano nudi”.
Il Financial Times riferisce che alcuni funzionari di Kiev temono che Zelensky stia cercando di rafforzare il suo potere licenziando il governo.
Il Corriere della sera vede di buon occhio un rimpasto volto ad accorciare la catena di comando e a concentrare potere e decisioni nell’ufficio del presidente. Dalle nostre parti piace molto la democrazia teorica, poco quella pratica.
Nel frattempo come riporta puntualmente Gianandrea Gaiani su Analisi Difesa “il 29 agosto, al Consiglio informale dei ministri degli Esteri a Bruxelles, l’Alto rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell ha affermato che l’Ucraina ha dimostrato molta audacia strategica lanciando attacchi all’interno del territorio russo. ‘L’operazione a Kursk ha dato un duro colpo alla narrazione di Putin su questa guerra. Ma allo stesso tempo, la Russia continua ad attaccare i civili e le infrastrutture civili’.
Borrell ha quindi ribadito la necessità di rimuovere le restrizioni nell’uso di armamenti forniti all’Ucraina per permettere a Kiev di colpire il territorio russo: ‘Gli armamenti che stiamo fornendo all’Ucraina devono essere pienamente utilizzati e le restrizioni devono essere revocate affinché’ gli ucraini possano colpire i luoghi da cui la Russia li sta bombardando. Altrimenti, gli armamenti sono inutili. Dall’inizio della guerra, la Russia ha lanciato contro l’Ucraina più di 14 mila droni e quasi 10 mila missili’.
Per Mario Draghi l’ucraina non può aspettare. Nella bozza che verrà presentata in una riunione a porte chiuse al Parlamento europeo, l’ex premier italiano dice: “la base industriale della difesa dell’UE sta affrontando sfide strutturali in termini di capacità, know-how e vantaggio tecnologico. Di conseguenza, l’UE non sta tenendo il passo con i suoi concorrenti globali“. L’appello all’Europa è quello di incrementare la produzione di armi da destinare all’Ucraina tramite un “principio di preferenza europea”. Il rapporto, richiesto all’ex BCE da Ursula von der Leyen, include la formazione di nuove autorità, e chiede che le industrie di armi abbiano pieno accesso ai fondi UE.
Peccato che ci sia ancora il fardello delle urne che a volte riserva delle sorprese, come è avvenuto in Francia prima e in Germania oggi.
In sintesi: l’Europa dei burocrati schiacciati sotto il tacco della Nato, punta dritta verso l’escalation. Non contenta di aver inanellato un fiasco dietro l’altro, ora non gli resta altro da fare sperare di seppellire i suoi disastri sotto un cumulo di macerie fumanti. Dall’altra parte c’è il popolo correttamente informato e perfettamente consapevole del filo sottile sul quale ci stiamo muovendo.
Chi arriverà per primo, la democrazia o la stretta repressiva?
La risposta è qui, forse: https://www.youtube.com/watch?v=SsCZzSqc0yw
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