Trump o Harris per me pari sono…
Infuria, non solo negli USA, lo scontro elettorale per la carica di 47° presidente degli Stati Uniti. Fatto fuori (da BombObama, Pelosi, finanziatori e soci vari) il robot Biden è stato sostituito con la “amorfa” radicalchic progressista Kamala Harris. Finora tenuta in frigo persino dallo stesso Biden per evitare che potesse dar seguito alle esternazioni manifestate nelle prime uscite ufficiali come vice-presidente. Che la rinuncia alla candidatura sia avvenuta solo dopo il fallito attentato a Trump non sembra un indizio da sottovalutare nelle varie ipotesi formulate sullo episodio, fatto sta che oggi, 28 luglio 2024, la Harris ha ricevuto la investitura anche dai “coniugi” Obama. Divenendo così la “candidata ufficiale” non solo dello schieramento “democratico” ma pure di quello “stato profondo” che, già nel 2020, aveva privato il presidente uscente di una vittoria (erroneamente, da parte sua) considerata certa.
Non riapriamo vecchie ferite trumpiane, guardiamo ad oggi con la esperienza di ieri. Ed allora ripropongo la mia personale opinione:
Non nego che pure io, all’inizio del mandato Trump, mi ero illuso potesse esserci un radicale cambiamento con la elezione di Donald, specie in politica estera. Man mano mi sono ricreduto con il perpetuarsi della aggressione alla Siria, la apertura della ambasciata a Gerusalemme ed il ritiro dallo accordo sul nucleare con l’Iran, affamato con le sanzioni. Ma a svelare il suo vero volto a tutto il mondo è stato l’assassinio del Generale Soleimani e del Comandante al-Muhandis a Baghdad il 3 gennaio 2020… a tradimento e per compiacere i desideri di Netanyahu. Linea sionista tenuta, con assoluta coerenza, pure nei momenti brutti delle incriminazioni e della caccia ai trumpiani. Ribadita con fermezza nelle tappe della rinascita ed esternata fino ad ieri durante il colloquio con lo stesso Netanyahu, aggiungendo la nuova variante: guerra aperta all’Iran.
Evidentemente un piano strategico, mediante un modello già messo in atto più volte pure in tempi non troppo lontani. Dal Vietnam all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia sempre lo stesso ritornello fallito solo in Siria, guarda caso grazie all’intervento della Repubblica Islamica e della Russia. È l’Iran il pericolo mortale per il “mondo libero” e le relative “democrazie”. Per Trump, che guarda alla “grande israele” dei testi sacri ebraici come un fortissimo alleato militare ed alla lobby sionista come una garanzia per il dollaro, “Teheran delenda est”, pertanto “deve essere distrutta”, quasi un richiamo biblico, una missione.
Tralasciando tutto il resto, malgrado sia di rilevante importanza, a me basta e avanza per riaffermare quanto già detto e scritto ed anticipato dalla Guida Suprema Khomeini che aveva svelato per tempo la diabolica verità ovvero che i presidenti americani, tutti, altro non sono che emanazioni del Grande Satana.
Grazie per l’attenzione, Vincenzo Mannello
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Mio commentino: “Tutto sommato condivido il testo della presente lettera. Kamala o Donald: “Per me pari sono”- La competizione in corso è sostanzialmente un gioco delle parti per far prevalere una serie di interessi finanziari sull’altra. Per fortuna non siamo chiamati a votare, la nostra condizione di “colonizzati” non ce lo consente. Possiamo solo ubbidire a chi andrà al comando.
Però ho la sensazione che chiunque vinca questo porterà radicali cambiamenti nella colonia Italia ed anche nella colonia Europa…”