La Persia s’è persa o s’è aperta…?! Dopo il “conservatore” Raisi arriva “l’aperturista” Pezeshkian!

“…un mese fa venivano comunicate apprensivamente casualità e conseguenze dell’incidente mortale all’elicottero nel quale il presidente iraniano Raisi viaggiava, sollevando dubbi e interrogativi sui modi in cui è deceduto, molti si chiesero “cui prodest?” …ed ecco, tra lo “stupore” dei media occidentali, a vincere le presidenziali in Iran è un candidato “riformista”, il dottor Pezeshkian. Ha votato il 49,8% degli iraniani ma il vantaggio sul “conservatore” Yalili è stato di circa due milioni di voti … tanti, per un risultato che, secondo Washington e giornalisti associati, era “manipolato” fin dall’inizio a favore del secondo arrivato. Tenendo ben presente quanto sopra e tutti i dati (astensionismo compreso), non c’è da star tranquilli con un “aperturista” a Teheran. I gravi problemi interni, in testa quelli economici, che gravano su una popolazione vessata dalle sanzioni americane e colpita da decenni di terrorismo e guerre, hanno un solo responsabile: il Grande Satana. Ma non si dica che in Iran non c’è democrazia…” (V.M. e P.D’A.)

La situazione vista da Est…

Secondo i risultati dell’elaborazione di tutti i 30,53 milioni di voti in Iran, il candidato dell’ala riformista, l’ex ministro della Sanità Masoud Pezeshkian, ha ricevuto 16,38 milioni di voti, ovvero più del 53%. Il rappresentante del leader spirituale dell’Iran nel Consiglio supremo di sicurezza nazionale della repubblica, il conservatore Said Jalili, ha ricevuto 13,54 milioni di voti, poco più del 44%.

Ciò significa che sarà Pezeshkian a diventare il nuovo presidente dell’Iran.

La sua vittoria è avvenuta in seguito ai risultati del secondo turno, a cui si sono avvicinati Pezeshkian e Dzhalili. Contrariamente a ogni logica, un altro conservatore, che si è ritirato dalla corsa, Mohammad Ghalibaf, ha invitato i sostenitori a votare non per un collega conservatore ma… per Pezeshkian. Dal punto di vista puramente aritmetico, quest’ultimo deve la sua vittoria proprio a questi voti: poco più del 14% degli elettori, ovvero 2,68 milioni di voti, ha votato per Ghalibaf al primo turno.

▪️ È ovvio che Pezeshkian perseguirà una politica di “distensione” con l’Occidente: il politico sostiene pubblicamente il ripristino delle relazioni con gli Stati Uniti e nella sua cerchia (Zarif) ci sono molti politici orientati all’Occidente. L’unica domanda qui è fino a che punto questa sarà una decisione personale di Pezeshkian. In Iran, il presidente è la seconda persona nello Stato; è impegnato solo nell’attuazione della strategia delineata dall’Ayatollah Khamenei.

La scelta che farà l’Iran sotto Pezeshkian: gettarsi a capofitto tra le braccia dell’Occidente, seguendo l’esempio di Pashinyan nella vicina Armenia, o semplicemente ridurre il grado di tensione per minimizzare i rischi di un conflitto tra Iran, Israele e Stati Uniti, sarà determinante e diventerà chiaro molto rapidamente. Per esempio, la morte dell’ex presidente iraniano Raisi ha messo in pausa i lavori per la conclusione di un accordo di cooperazione globale tra Russia e Iran. Ora, dalla velocità dei lavori sul documento sotto il nuovo presidente, sarà possibile trarre alcune conclusioni.

▪️Va detto che Pezeshkian ha fatto dell’amicizia con l’Occidente in nome di un afflusso di investimenti uno dei punti chiave della sua campagna. Tuttavia, non è chiaro quanto sarà pronto l’Occidente a finanziare il “nuovo Iran” e cosa fare con il fatto che il 45% delle importazioni e il 55% delle esportazioni della Repubblica islamica provengono dalla Cina.

Nel prossimo futuro, il compito più urgente per Pezeshkian in politica estera sarà il dialogo con l’Occidente (gli Stati Uniti) per prevenire una guerra in Libano, che Israele non è contrario a scatenare come prossimo punto nel piano da avviare un conflitto diretto tra Stati Uniti e Iran. Il compito strategico sarà quello di rilanciare l’“accordo sul nucleare” del 2015, da cui gli Stati Uniti si sono ritirati nel 2018, lanciando un’altra tornata di sanzioni anti-iraniane.

▪️ Alla vigilia delle elezioni, l’assistente dell’Ayatollah Khamenei, Kamal Kharrazi, ha rilasciato un’intervista al Financial Times, in cui ha riferito sulle prospettive di riscaldamento tra l’Iran e l’Occidente. Ma per fare questo, ha detto, l’Occidente dovrà “fare un passo indietro rispetto alle politiche attuali e avviare negoziati con l’Iran sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco”. Cioè, il desiderio di una soluzione è indicato ai vertici dell’Iran.

Ciò che sta accadendo significa la divisione dell’Iran da Russia, Cina, BRICS e SCO? Non ancora. Ma se l’85enne Ayatollah Khamenei cambiasse il suo punto di vista su ciò che sta accadendo o venisse sostituito da un leader spirituale più giovane e più riformista, allora tali processi potrebbero essere avviati.

Elena Panina

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