La beneficenza armata…
L’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa, nonché un punto di riferimento per la salute di bambini e ragazzi, ha rifiutato una donazione in beneficenza da parte di Leonardo, ex Finmeccanica, uno dei Gruppi industriali internazionali più importanti nella produzione di armi. Una notizia “bomba” che sta facendo letteralmente il giro del mondo in questi primi giorni del nuovo anno 2024. Il principale azionista di Leonardo è il Ministero dell’Economia e delle Finanze del Governo italiano.
La donazione di un milione e mezzo di euro era destinata all’acquisto di macchinari per curare bambini e bambine affetti da malattie rare. L’ospedale, evidentemente ispirato dal Vaticano che ne è proprietario e da Papa Francesco, ha detto no all’azienda specializzata nella realizzazione di sistemi di difesa, aerospaziale e sicurezza partecipata. Si racconta che l’entourage del presidente aveva pianificato una donazione per acquistare una Pec Tac, ma l’attuale dirigenza del Policlinico ha detto no e alla fine il milione e mezzo di euro è finito a un altro ospedale, il Gaslini di Genova.
Dopo la divulgazione della notizia da parte del quotidiano “La Repubblica”, uno dei primi commenti è stato quello di Mons. Ricciuti, presidente nazionale di Pax Christi e vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti che ha dichiarato: “L’ospedale pediatrico di Roma ha fatto bene a rifiutare la ricca donazione della società Leonardo perché è denaro sporco, sporco di armi, sporco di sangue, sporco di guerra”.
E poi ancora:” “Finalmente siamo in linea con una Chiesa che veramente si libera di questi condizionamenti, di queste elargizioni che vengono, come nel caso, da una industria che produce armi. Ha fatto bene il Vaticano a rifiutare questa offerta. Lo dico come vescovo: è una Chiesa che ama la verità”.
Questa decisione non poteva che essere accolta positivamente dall’arcipelago pacifista e nonviolento e da tutti coloro che hanno a cuore la pace ritenendo l’attuale corsa agli armamenti un’autentica pazzia e la guerra la più grande sciagura per i popoli. Ma qualche riflessione dopo questa notizia non sarebbe peregrina.
Molti forse non saranno d’accordo con la decisione del Bambin Gesù di rinunciare alla donazione, per esempio, oso supporre, che l’ospedale Gaslini di Genova, a cui è stata destinata la generosa donazione, a seguito del rifiuto, questi problemi di natura etica non se li è posti. Evidentemente per l’Istituto ligure pecunia non olet!
Contrariamente al Bambin Gesù, il Gaslini ha ignorato gli aspetti etici della provenienza del denaro e nell’accettare la cospicua donazione ha probabilmente preferito dare la priorità agli scopi benefici che potrebbero derivare dal buon utilizzo dello stesso.
Ricordo che alcuni fa, la stessa Madre Teresa di Calcutta, oggi venerata come santa dai cattolici, a chi le faceva notare la provenienza dubbia delle donazioni che riceveva per le sue opere di carità, rispondeva che lei era interessata più al buon utilizzo di quelle donazioni e meno all’eticità dei suoi discussi benefattori!
D’altronde è difficile tracciare i confini di un’etica universale. Obiettivamente le sensibilità differiscono sia tra gli individui che tra i vari popoli. Chi rinuncia, come ha fatto il Bambin Gesù, non vuole spartire nulla con chi produce e vende armi. Mentre tutte le industrie che producono armi sostengono che la loro produzione è rivolta alla difesa in quanto le persone e i popoli hanno il diritto di difendersi dagli aggressori. Per comprendere meglio l’impiego delle armi, c’è da fare ancora un’altra distinzione tra armi leggere, come pugnali, pistole e fucili, che servirebbero alla difesa personale e armi pesanti, come mitragliatrici, bombe, droni, missili, elicotteri e aerei da combattimento, sistemi complessi di difesa, ecc…, che sono quest’ultimi la specificità dell’azienda Leonardo e che poi vengono utilizzate dagli eserciti nelle guerre.
Una verità inoppugnabile che si fonda sul principio della legittima difesa a cui va aggiunto un altro principio cioè quello della proporzionalità tra l’offesa e la difesa. Non si può ammazzare un ladro solo perché ha rubato una banana!
Ma come è ben noto, anche le armi leggere, concepite per la difesa personale, sono state spesso utilizzate per compiere delle stragi, specie in quelle nazioni dove la legislazione è piuttosto permissiva nella disponibilità delle armi.
A parte questa ovvietà, è altrettanto vero che è difficile distinguere quando le armi sono utilizzate per difendersi e quando lo sono per offendere. Si sa, specie in guerra, è quasi impossibile accertare la verità. E così in questa melassa, dove è assai arduo fare una seria e chiara distinzione, vince l’arma della propaganda che tende a demonizzare il nemico e a generare tifosi a cui fanno difetto non di rado equilibrio ed obiettività.
A riguardo, per esempio, è utile ricordare le affermazioni del Governo degli USA nella Seconda guerra del golfo (2003), quando sostenne di aver trovato in Iraq una prova inconfutabile della loro pericolosità, la cosiddetta pistola fumante, e cioè che gli iracheni possedevano nei loro arsenali armi di distruzione di massa. Una colossale bugia che servì per giustificare l’invasione dell’Iraq e il massacro di centinaia di migliaia di morti!
Le varie statistiche non concordano sul numero dei morti, ma comunque si tratterebbe di diverse migliaia tra vecchi, donne e bambini per tacere dei mutilati, che hanno avuto “l’unica colpa” di essersi trovati nel posto sbagliato, cioè a casa loro. Una terribile bugia che smaschera, qualora ci fosse ancora bisogno, la favoletta che le armi servono solo per difendersi. Non risulta che gli iracheni abbiano invaso gli stati occidentali! Invece, è storicamente inconfutabile, che quest’ultimi volevano esportare la democrazia bombardando la popolazione civile! Ma la guerra in Iraq non è stata l’unica dove a morire è stata prevalentemente la popolazione civile inerme.
Per quanto riguarda gli ospedali, specie se sono pediatrici, come il Bambin Gesù, avrebbero un serio problema qualora accettassero una donazione da parte di un’azienda produttrice di armi perché correrebbero il rischio di trovarsi in una situazione paradossale. Si provi ad immaginare se quei bambini, che la donazione vorrebbe contribuire a curare, si trovassero in quegli ospedali, magari feriti o mutilati, proprio a causa di quelle armi prodotte dai benefattori!
E come se i Narcotrafficanti con una piccola parte dei loro colossali profitti, grazie alla vendita delle droghe, finanziassero una comunità di recupero per tossicodipendenti! Va bene, si fa per dire, pecunia non olet, ma a tutto c’è un limite.
Mi chiedo ancora, perché le aziende che producono armi, come la Leonardo, fanno la beneficenza? Si tratta di donazioni importanti vista l’entità, ma se si confrontassero con i loro reali ed ingenti profitti si tratterebbe di somme davvero risibili.
Allora perché fanno beneficenza? Forse perché sono animati da sincera filantropia? Forse perché, come spesso avviene in molti casi, ci tengono a pubblicizzarla sperando in una buona ricaduta sulla loro immagine? O forse perché le loro coscienze, nutrendo forti dubbi sull’eticità del loro lavoro, solo per usare un eufemismo, si sentirebbero più risollevate ricorrendo alla beneficienza?
“A pensar male si commette peccato, ma spesso s’indovina” affermava un politico navigato come Giulio Andreotti e allora conoscendo il proverbiale cinismo degli uomini d’affari, oso supporre che la loro beneficenza è più l’effetto di un tornaconto che ispirato da nobili ideali.
Altrettante domande mi pongo di fronte alla decisione del Vaticano che, come accennavo in precedenza, è il proprietario dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. Anche per il Vaticano, uno degli stati più ricchi del mondo, la rinuncia alla beneficenza non provocherebbe eccessivi problemi da un punto di vista economico.
Non sono un mistero gli affari poco puliti dello IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, di proprietà del Vaticano, che, com’è noto, è stata più volte al centro di scandali finanziari, confermando la tesi che negli affari l’unica divinità che si venera è il dio denaro!
E allora, se in queste faccende il sommo criterio che ispira le scelte è il calcolo e la convenienza, come mai il Vaticano ha rinunciato alla donazione? Forse che in passato non aveva mai ricevuto donazioni da aziende e personaggi discutibili? Perché solo ora decide di rinunciare? Forse per essere coerenti con i recenti e decisi pronunciamenti del papa contro la follia della corsa agli armamenti?
A dir il vero diversi Papi hanno avuto parole forti contro la guerra, ma bisogna riconoscere che sulle armi papa Francesco è stato molto chiaro. Tra i leader religiosi mondiali è stato quello che con più forza ha condannato l’attuale corsa agli armamenti.
Ma fin quando i pronunciamenti e le condanne si sono limitate alle pur dovute, necessarie e importanti affermazioni di principio, non hanno turbato più di tanto le coscienze, specie quelle dei benpensanti, figuriamoci quelle di coloro che si stanno arricchendo con le armi e le guerre!
Il rifiuto della donazione è indubbiamente un gesto significativo dalla forte valenza simbolica. Siamo di fronte ad una decisione che, ponendo l’etica alla base della scelta, potrebbe condizionare i comportamenti individuali e sociali.
Ma ritornando alle domande e sulla necessità di capire meglio le dinamiche e i reali motivi di questa decisione del Vaticano, mi sorgono altri interrogativi e non pochi dubbi.
Forse perché la Chiesa Cattolica Romana, dopo gli scandali degli ultimi decenni che hanno incrinato non poco la sua immagine, ha bisogno di questi gesti per recuperare credito ed autorevolezza? Il primato temporale dei papi è un lontano ricordo del passato, il tempo dello scontro tra papi e imperatori fa parte della storia dell’occidente cristiano. Pur rimanendo una potenza mondiale, le decisioni sul futuro del mondo non si prendono più al di là del Tevere, il vero potere politico, economico e finanziario è altrove. Ma se il papato non è più la potenza egemone, almeno in occidente, resta probabilmente l’autorità morale e religiosa più autorevole.
Queste e altre domande mi sorgono, ma sinceramente non ho una risposta chiara a questi interrogativi. Mi sono limitato semplicemente ad osservare. Ed ora vorrei introdurre un’altra riflessione che porgo all’attenzione di tutti.
La decisione dell’Ospedale Bambin Gesù, per quanto eclatante, se rimanesse un gesto isolato, non turberà il sonno dei mercanti di armi, sempre più potenti e ricchi. Va aggiunto che spesso sono proprio le esplosioni dei conflitti e delle guerre a rimettere in moto le economie di alcune nazioni. Basta osservare le quotazioni in borsa delle aziende che producono armi e di quelle interessate alla ricostruzione dopo il disastro causato dall’evento bellico. Peccato che in queste valutazioni l’unico calcolo che non viene mai preso in esame è quello dei morti! Un piccolo dettaglio che nel migliore dei casi viene derubricato a semplice effetto collaterale.
Invece, se non fosse un gesto isolato, ma accompagnato da altre più importanti e diffuse decisioni, allora il meccanismo potrebbe correre il rischio di incepparsi. Sappiamo che un’azienda che genera ricchezza ha bisogno per ben funzionare di investimenti e di liquidità. E nel mondo, mai come in questo periodo storico di liberismo sfrenato, ci sono grandi società d’investimento che gestiscono una massa monetaria infinitamente più grande del Prodotto Interno Loro (PIL) delle più importanti economie mondiali.
Queste società detengono quote azionarie nelle principali banche d’affari e sono talmente potenti da condizionare le politiche degli stati di interi continenti. Ma gli istituti come le banche esistono e prosperano perché una grande massa di risparmiatori gli affida i propri risparmi per investire e ricavare degli utili. C’è da aggiungere che con il passare degli anni sempre più gli investimenti riguardano attività speculative finanziarie e sempre meno attività economiche.
Ora, se tutti i cittadini o una parte non secondaria di essi ritirassero i propri risparmi da quelle banche che finanziano le aziende che producono armi e viceversa li depositassero su quegli istituti di credito che finanziano aziende le cui attività sono eticamente irreprensibili, si creerebbe un tale terremoto finanziario che obbligherebbe tutti gli istituti di credito a rivedere la loro politica finanziaria.
Ricordo che da diversi anni, alcuni attivisti pacifisti pubblicano la lista delle cosiddette “banche armate” italiane. Un lungo elenco di banche che hanno investito e concesso credito alle aziende che producono e vendono armi. Va precisato che le leggi vigenti non vietano alle banche di investire in quei settori, quindi queste banche si muovono nella legalità, ma quest’ultima non sempre è ispirata da criteri etici. A volte la legalità pone non pochi problemi di coscienza quando non è addirittura palesemente ingiusta. A riguardo tanti sarebbero gli esempi.
I risparmiatori con i loro risparmi e i consumatori con i loro acquisti hanno un grande potere nelle loro mani. Purtroppo per tanti di essi non è l’etica ad ispirare le loro scelte, ma l’utilità e la convenienza. Per i primi l’investimento più fruttuoso e sicuro, per i secondi la scelta cade sui quei prodotti e beni che hanno il più alto indice tra prezzo e qualità.
Nonostante l’opera meritoria di alcune associazioni per la difesa dei consumatori, tanto resta da fare nella promozione di nuovi stili di vita. Se tutti i cittadini correttamente informati dovessero fare scelte di natura etica potrebbero condizionare positivamente sia il modo di produrre che la politica finanziaria.
Un atteggiamento fatalista e pessimista, che oggi sembra prevalere, non ci aiuterebbe a sperare nel cambiamento, nella possibilità di una rivoluzione dal basso ad opera dei cittadini che si svegliano dal lungo torpore e finalmente operano scelte consapevoli e responsabili. Una crescente e nuova sensibilità si va pian piano affermando tra molti cittadini che non sono più disposti a tollerare scelte che francamente sono molto discutibili e che sono stufi di rimanere cittadini passivi.
Ne sono la prova la nascita di istituti e realtà bancarie, come Banca Popolare Etica e le MAG, che gestiscono i risparmi in modo etico, o la diffusione capillare di Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS) che fanno acquisti presso aziende virtuose che adottano buone pratiche rispettose dell’uomo e della natura.
Per ora si tratta di realtà minoritarie, ma quello che oggi è impensabile, domani, chissà potrebbe essere una realtà diffusa. D’altronde l’utopia non è qualcosa d’irraggiungibile, ma più onestamente quello che non si può ancora realizzare oggi. Ma domani? Per cui, mai dire mai!
Michele Meomartino