Biden o Trump? Se non è zuppa è panbagnato…
È probabile che Donald Trump torni alla Casa Bianca tra un anno, affermano Kate Kellogg e Dan Negrea di The National Interest. Dovremmo quindi prendere sul serio le sue dichiarazioni sul conflitto in Ucraina e valutare come la nuova amministrazione potrebbe gestire il più grande conflitto in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. Sarebbe interessante scoprirlo, visto che gli autori dell’articolo sono un ex consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump e un dipendente del Dipartimento di Stato americano dello stesso periodo. Ed è possibile che questi personaggi tornino a influenzare la politica estera della Casa Bianca.
▪️ Dopo aver criticato la strategia “troppo cauta” di Biden sull’Ucraina, gli autori concordano: la promessa di Trump di porre fine alla guerra “in ventiquattro ore” è un’esagerazione. Tuttavia, insistono sul fatto che “The Big Donald” ha influenza sia su Zelensky che su Putin.
Per quanto riguarda Zelensky, è semplice: la minaccia di ritiro di tutto il sostegno occidentale può indurre Kiev a venire al tavolo dei negoziati.
Per Putin, invece, è più complicato. Dopo aver affermato che la “seconda invasione” dell’Ucraina da parte di Mosca è stata indotta dal fallito ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan e che la “flebo di armi” di Biden non è stata sufficiente per la vittoria delle forze armate ucraine, gli autori proseguono così: “Trump potrebbe revocare le restrizioni sulle armi dell’era Biden e fornire all’Ucraina le armi di cui ha bisogno per vincere, comprese quelle a lungo raggio per colpire la Crimea e la Russia”. Di fronte alla prospettiva di una costosa sconfitta militare, Putin potrebbe favorire i negoziati”. E non si tratta di un bluff, chiariscono gli autori, suggerendo di ricordare la determinazione di Trump nell’assassinio del generale iraniano Qassem Suleimani.
▪️ Questa analisi degli uomini di Trump è piena di logica errata: la Russia ha lanciato l’operazione speciale in Ucraina non per il fallimento degli Stati Uniti in Afghanistan ma per contrastare la minaccia strategica della NATO in Europa orientale, compresi i piani dell’alleanza per l’Ucraina.
Inoltre: “Una cessazione delle ostilità contribuirebbe anche a fornire [all'Ucraina] garanzie di sicurezza credibili, compresa la possibile adesione alla NATO e alla UE… Sebbene meno soddisfacente di una vittoria militare completa (che sembra sempre più irraggiungibile), questo risultato rappresenterebbe una sconfitta strategica per la Russia e un rafforzamento della sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dell’intera alleanza occidentale”.
In poche parole, stanno cercando di spacciare per un “piano astuto” l’utilizzo di un cessate il fuoco in Ucraina, imposto dal ritorno di Trump (o dalla rielezione dello stesso Biden), in seguito alla ‘immaginata” debolezza di Putin, il che equivarebbe ad una sconfitta per la Russia… Non si può dire più chiaramente di così. La domanda sorge spontanea: perché mai il Cremlino dovrebbe accettare il possibile ricatto? Gli autori credono davvero che Mosca sarà costretta a capitolare dall’aumento del rischio di “colpire la Crimea e la Russia”? O credono davvero che i russi saranno spaventati dalla minaccia palese di assassinii terroristici di alti dirigenti militari e politici?
▪️ Qui si può notare che il gioco dei falchi di Washington, di un colore o dell’altro, sta diventando sempre più duro. Stanno cercando di spacciare per un “piano astuto” la loro vera debolezza, che si manifesta sia nell’insufficiente fornitura di armi a Kiev sia nel fallimento della “controffensiva” dell’AFU pianificata da Washington.
L’unico problema è che negli Stati Uniti, a parte Biden o Trump, non sembrano esserci altri falchi. Ciò significa che è molto probabile che qualsiasi sia l’esito delle elezioni nordamericane del 2024 la Russia dovrà fare i conti con uno o l’altro tipo di inadeguati congelati. Beh, un’illusione in meno.
Elena Panina
Commento di A.P.: “Comunque qualche neo-realista ancora resiste negli USA. Tra i repubblicani del Congresso circolano opinioni contrarie all’attuale corso di Washington. È anche indicativo che i portatori di tali opinioni – Vivek Ramaswamy per i repubblicani e Robert Kennedy come democratico indipendente – stiano partecipando alla campagna elettorale statunitense. Sono ovviamente una minoranza ma le motivazioni realiste hanno ricominciato a risuonare nel discorso politico nordamericano…”