Transumano o transgender…?
A quanto pare la competizione di miss Olanda è stata vinta da un/a ventiduenne transessuale. Al netto del fatto che tutti questi concorsi analogamente a Eurovision, Sanremo, ecc. sono da tempo mere kermesse della propaganda di volta in volta egemone, e dunque sperare di trovarvi saggezza è ingenuo, comunque può essere utile prendere spunto da questo episodio, l’ennesimo, per alcune considerazioni di carattere generale.
Le fasi storiche di disorientamento, degenerazione delle strutture normative e autoritative in una società non sono qualcosa di inedito.
La storia ne rammenta diversi casi, e spesso si tratta di società padronali opulente, che avendo perduto ogni contatto con la durezza della realtà e con la concreta varietà del naturale e dell’umano, avviano un processo involutivo, degenerativo, in cui i paradigmi del giusto e dell’ingiusto, del naturale e dell’innaturale, dell’accettabile e dell’inaccettabile si dissolvono.
A noi occidentali del XX-XXI secolo è capitato in sorte di vivere un periodo di tal fatta, e invero forse il più radicale che la specie umana abbia conosciuto.
Sulla base di un’interpretazione del paradigma liberale, oggi la forma che prende la giustificazione di un’azione non è “perché si dovrebbe farlo?”, ma “perché non si dovrebbe farlo?”
Ora, assegnare l’onere della prova al divieto potrebbe essere di per sé una buona idea liberale, se non fosse che simultaneamente tutte le forme di solidità argomentativa, tutte le forme dimostrative, tutti gli appelli all’evidenza o al buon senso hanno perduto di forza. E così la domanda “perché non si dovrebbe farlo?” in una realtà in cui nessuna argomentazione è più in grado di produrre alcuno stabile convincimento, si traduce senz’altro in: “Vale tutto”.
Il degrado epistemico; il discredito della pratica scientifica (ridotta a produzione tecnica mercenaria); la sfiducia in tutte le evidenze – oramai liberamente costruibili al computer; la svalorizzazione dell’esperienza accumulata (che va di pari passo con la svalutazione dell’anzianità); il predominio di una cultura dell’immagine svincolata dal principio di realtà; la perdita di autorevolezza degli “intellettuali”, a partire dai giornalisti, visti sempre di più come pedine marginali a disposizione del miglior offerente; la secolarizzazione avanzata, che ha dissolto l’idea stessa che esistano principi non negoziabili; tutti questi processi hanno portato ad una situazione in cui, per quanto assurda, contraddittoria, insensata, disfunzionale e malata una tesi possa essere, comunque non potrà essere abbattuta da ragioni.
Diceva Dostoevskij che “Se Dio non esiste tutto è permesso”.
In molti – incluso lo scrivente – si sono cullati a lungo nell’idea che, in fin dei conti non è necessario sussumere sotto l’idea di Dio ogni credito e ogni autorevolezza. E di principio è senz’altro vero. Come ammesso peraltro anche da grandi teologi, ci possono essere molteplici vie al Vero. E alla luce di una storia in cui il nome di Dio è stato non di rado utilizzato a mera tutela del potere costituito o del pregiudizio armato, la ragione filosofica ha cercato (talvolta anche con successo) solidi accessi laici al Vero.
Ma l’orologio della storia sta scavalcando, se non ha già scavalcato, quella finestra di opportunità in cui una ragione flessibile, attenta all’esperienza esterna e interiore, avrebbe potuto diventare un sostituto o complemento adeguato dell’appello verticale al divino, alla Rivelazione, ad un’autorità morale assertoria. La dissoluzione di tutte le normatività sociali ha portato con sé anche il peso delle argomentazioni, della parole, delle evidenze, delle esperienze, lasciando la ragione priva di peso, impotente.
E dunque? Cosa ci attende? Credo che quel che ci attende sia in fondo molto semplice. Perduta quest’occasione, chiusa questa finestra, una volta di più il ciclo della storia si chiuderà.
Le società disorientate ed enervate collassano dall’interno, lasciando spazio – in una forma di duro evoluzionismo sociale – a società e comunità in cui chiare distinzioni tra il giusto e l’ingiusto, il naturale è l’innaturale, l’accettabile e l’inaccettabile, il sacro e il negoziabile, esistono. E noi, se vedremo quel giorno, potremo ancora lamentarci di quanto rozze, approssimative, insensibili suoneranno quelle nuove (e antiche) opposizioni. Tuttavia domani come ieri, tutto, assolutamente tutto è e sarà preferibile per l’uomo al caos, al nulla di senso; e in assenza di soluzioni più intelligenti andranno benissimo quelle autoritarie, dogmatiche, brutali, tanto tanto meno intelligenti.
Andrea Zhok