La guerra in Ucraina sarà la rovina per l’Unione Europea?
Un bellissimo articolo di Michael von der Schulenburg, che è stato assistente del segretario generale delle Nazioni Unite, dove ha lavorato per 34 anni?
Un “J’ACCUSE”, un terribile, quanto solenne, quanto riparatore, atto d’accusa all’UE – il nome stesso dell’autore conferisce importanza al documento. È un articolo che qualsiasi giornale degno di questo nome dovrebbe immediatamente tradurre in italiano, e pubblicare in prima pagina. Aggiungo solo che la frase centrale della citazione da cui prende spunto l’articolo – Security is indivisible, and the security of every participating state is inseparably linked to that of all the others – avrebbe potuto essere presa da un discorso di Putin (c’è l’imbarazzo della scelta) o di Gorbachev. La citazione viene invece dalla Carta di Parigi, firmata nel 1990, dunque alla fine della Guerra Fredda, da tutti gli stati europei + Stati Uniti e Canada (Franco Boni)
Con la fine della divisione dell’Europa, ci impegneremo per una nuova qualità nelle nostre relazioni di sicurezza, nel pieno rispetto della reciproca libertà di scelta al riguardo. La sicurezza è indivisibile e la sicurezza di ogni Stato partecipante è inscindibilmente legata a quella di tutti gli altri. Ci impegniamo pertanto a cooperare per rafforzare la fiducia e la sicurezza tra di noi e per promuovere il controllo degli armamenti e il disarmo.
(Carta di Parigi per una Nuova Europa 21 novembre 1990 – https://www.osce.org/files/f/documents/0/6/39516.pdf)
La follia della guerra regna di nuovo in Europa. L’illusione che solo le armi forniscano sicurezza è ancora una volta in alta stagione tra politici, gruppi di riflessione e media in tutta Europa. È tornato accettabile in Europa che sacrifici umani vengano offerti sull’altare di presunte battaglie decisive. Come se non avessimo imparato nulla dal passato, la controffensiva ucraina dovrebbe ora diventare una battaglia così decisiva da portare a una soluzione militare a ciò che non potevamo o non volevamo ottenere politicamente. Così facendo, noi europei stiamo lasciando il futuro dell’Ucraina e dell’Europa, e forse anche quello del mondo, all’imprevedibilità, alla furia e alla brutalità del campo di battaglia. E tutto questo, anche se rimane del tutto oscuro quale “soluzione” ci si possa aspettare dall’attuale inasprimento della guerra, non porterà certo la pace in Europa.
Questa guerra è diventata sempre più una guerra tra Russia e NATO, con le armi nucleari che giocano un ruolo decisivo nei calcoli militari. Nessuno può dire dove sarebbero le linee rosse in una tale “battaglia decisiva”, oltre la quale potrebbe esserci un’escalation nucleare. Ignorando questo e continuando gli sforzi di guerra a tutto campo, stiamo esponendo non solo noi stessi ma tutta l’umanità a un pericolo incalcolabile in un conflitto che avrebbe potuto essere risolto diplomaticamente.
Nonostante tutti questi enormi pericoli, trovare una soluzione pacifica al conflitto sottostante che ha scatenato la guerra – l’espansione pianificata della NATO in Ucraina e Georgia – sembra non essere più possibile tra i politici NATO, ucraini e russi. Questa è una spaventosa irresponsabilità politica, per la quale non possiamo incolpare solo l’Ucraina, la Russia o gli Stati Uniti. Anche l’Unione europea ei suoi Stati membri hanno una notevole responsabilità per la catastrofe che si è abbattuta ora sull’Europa. Poiché si tratta di una guerra sul suolo europeo e tra paesi europei, l’UE, in quanto più grande comunità di Stati del continente europeo, non può semplicemente fingere di non aver preso parte a tutto questo. In effetti, l’UE ei suoi membri hanno pesanti colpe per non aver impedito questa guerra, per aver intensificato la guerra e per aver rifiutato una soluzione negoziata a questa guerra!
I 27 membri dell’UE detengono la maggioranza tra i membri della NATO e avrebbero potuto, o meglio ancora, dovuto usare la loro influenza per impedire questa guerra e, una volta scoppiata, per farla terminare il più rapidamente possibile. Nel conflitto sull’allargamento a est della NATO, in fermento dal 1994, l’UE, nel proprio interesse, avrebbe dovuto cercare di mediare tra l’ambizione geopolitica degli USA di espandere il proprio dominio globale e i timori della Russia di essere accerchiata militarmente dalla NATO e tagliato fuori dal suo accesso al Mar Nero. Dopo lo scoppio della guerra, l’UE avrebbe dovuto sostenere i negoziati di pace russo-ucraino nel marzo o nell’aprile 2022 e partecipare al vertice di pace di Istanbul. Avrebbe potuto porre fine alla guerra un mese dopo l’inizio. Tuttavia, neanche l’UE ha fatto.
Invece, l’UE ha sostenuto in modo aggressivo l’espansione verso est della NATO così come il proprio allargamento verso est. Deve essere stato chiaro ai politici dell’UE che con il loro sostegno l’Europa è stata messa su un percorso di confronto, un confronto che ora ha portato alla guerra con la Russia. C’erano ampi avvertimenti, non solo dalla Russia ma anche da personalità politiche occidentali, sulla possibilità che ciò potesse portare alla guerra. L’UE ha deciso di ignorarli. Ora, con lo scoppio della guerra, l’UE non è riuscita a calmare la situazione. Al contrario, dopo qualche esitazione, l’UE persegue un’escalation militare della guerra, che oggi supera anche quella degli USA. Diversi paesi dell’UE, ad esempio, hanno definito legittimi gli attacchi ucraini al territorio russo, sebbene gli Stati Uniti si siano fermamente opposti. E mentre gli Stati Uniti tendono a frenare la fornitura di sistemi d’arma così sofisticati, sono i paesi dell’UE che, insieme al Regno Unito, forniscono i carri armati più avanzati, i droni da guerra, i missili a lungo raggio e le munizioni all’uranio. È anche una coalizione europea che ora prevede di fornire aerei da combattimento F-16 all’Ucraina. Anche la Commissione UE è diventata un trafficante d’armi; i suoi acquisti multimiliardari di munizioni per l’Ucraina sono ironicamente finanziati attraverso lo European Peace Facility (EFF).
Eppure la pace, non la guerra, dovrebbe essere la principale preoccupazione dell’UE. Tuttavia, l’UE non ha sviluppato una propria proposta di pace né intrapreso alcuna iniziativa diplomatica di pace e rimane fermamente contraria a qualsiasi cessate il fuoco immediato. L’UE continua a insistere sulle massime richieste del piano di pace Zelensky: che la Russia debba prima essere sconfitta militarmente e che l’intero territorio ucraino debba essere riconquistato prima che possano aver luogo i negoziati. Con questa posizione intransigente, l’UE è unica al mondo. Nessuna delle principali organizzazioni regionali del mondo, che si tratti del G20, dei paesi BRICS, degli stati dell’Asia centrale, dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, dell’ASEAN, dell’Unione africana, dell’OIC o del CELAC, sostiene una tale richiesta. Anche gli Stati Uniti sono sempre più scettici e le voci di influenti politici statunitensi si fanno sempre più forti a favore di una pace negoziata con la Russia per porre fine alla guerra.
Questo percorso di confronto e di escalation intrapreso dall’UE non era in alcun modo preordinato e nemmeno inevitabile. Nel 1990, solo un anno dopo la fine della Guerra Fredda, tutti gli Stati europei, oltre a USA e Canada, si sono solennemente impegnati, nella “Carta di Parigi per una nuova Europa”, a costruire un’Europa comune e pacifica a partire dal Dal Pacifico alla costa atlantica, compresa la Russia, un’Europa libera da guerre e blocchi militari. Secondo la Carta, la sicurezza di ogni stato in Europa dovrebbe ora essere considerata inseparabile da quella di tutti gli altri stati, e qualsiasi conflitto che sorge dovrebbe essere risolto pacificamente in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. In altre parole, una pace duratura in Europa potrebbe essere creata solo lavorando insieme e non l’uno contro l’altro. Non era previsto alcun ruolo per la NATO; La NATO non è stata menzionata nemmeno una volta nella Carta di Parigi.
Eppure, all’inizio, l’UE ha abbandonato la Carta di Parigi per una Nuova Europa e ha optato per un’Europa dominata dalla NATO, un’alleanza militare della Guerra Fredda. Un riorientamento così drastico non era nell’interesse dell’Europa. Il fatto che l’UE abbia agito sotto la pressione degli Stati Uniti e di alcuni Stati dell’Europa orientale non dovrebbe essere una scusa, poiché la Carta sarebbe stata un enorme vantaggio per tutta l’Europa, compresi gli Stati membri dell’UE. Ha offerto una nuova prospettiva pacifica paneuropea a un continente che aveva sofferto per due guerre mondiali e una guerra fredda. Aveva liberato l’Europa dalla camicia di forza della cortina di ferro e dalla costante minaccia di una guerra nucleare che incombeva su di essa. C’era una vera pace in Europa per la prima volta dallo scoppio della prima guerra mondiale. Non c’erano più pericoli militari che avrebbero potuto giustificare un’espansione della NATO intensamente perseguita. A quel punto, la Russia era caduta nel caos interno dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, e la Cina non era ancora diventata un attore globale, né economicamente né militarmente. È stata l’avanzata della NATO verso i confini della Russia a innescare il contraccolpo militare della Russia, non il contrario.
Gli Stati membri dell’UE avrebbero dovuto saperlo meglio ed evitare una guerra in Ucraina. Già durante la prima e la seconda guerra mondiale, il controllo del territorio che oggi costituisce l’Ucraina era di grande importanza strategica per la Russia (l’Unione Sovietica) e il Reich nazista tedesco, portando ad alcune delle più feroci battaglie militari di queste guerre. I resti recentemente scoperti di soldati tedeschi della Wehrmacht trovati nel letto del fiume ormai prosciugato del Dnepr testimoniano queste “battaglie decisive” terribilmente sanguinose. La storia si sta ripetendo?
Allora, come oggi, entrambe le parti hanno approfittato delle divisioni interne tra la popolazione ucraina. Anche dopo l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991, le elezioni presidenziali e parlamentari hanno mostrato regolarmente la profonda divisione del paese in due parti approssimativamente uguali con lealtà filoucraine e filo-russe, una divisione che divide anche geograficamente il paese tra l’Ucraina occidentale e centrale da un lato e Ucraina orientale e meridionale dall’altro. Nelle ultime elezioni libere panucraine del 2010 e del 2012, alle quali partecipavano ancora persone che vivevano in Crimea e nel Donbass, c’era persino una maggioranza ristretta per un presidente filo-russo e un parlamento filo-russo.
Se l’UE si fosse davvero preoccupata di preservare e rafforzare l’Ucraina, avrebbe dovuto sostenere la coesione e la ricerca dell’armonia tra i due popoli e promuovere con forza la continuazione del progetto di un’Ucraina binazionale e federale, come proclamato nel 1991. Tuttavia , ha fatto il contrario e si è schierato con una politica di nazionalismo ucraino monoetnico. Durante i negoziati su un accordo di associazione con l’UE nel 2013, l’allora presidente della Commissione UE, Jose Barroso, ha presentato all’Ucraina l’alternativa di avvicinarsi all’UE e rompere con la Russia o rinunciare a qualsiasi stretta cooperazione con l’UE. Entrambi, sosteneva, non potevano essere riconciliati. Ma perchè no? Diventare un ponte economico e commerciale tra la Russia e l’Asia centrale da un lato e l’UE dall’altro sarebbe stato di grande vantaggio politico ed economico sia per l’Ucraina che per l’UE. È stata la posizione divisiva dell’UE a innescare il violento rovesciamento di un presidente eletto, che a sua volta ha messo in moto uno sviluppo che alla fine ha portato alla guerra di oggi.
Pur proclamando costantemente il desiderio di aiutare l’Ucraina, l’UE contribuisce de facto alla sua distruzione e all’immensa sofferenza umana. Le armi fornite dall’UE non solo prolungano la guerra, ma contribuiscono anche alla morte e alla distruzione sul territorio ucraino, proprio come fanno le armi russe. Oggi, l’Ucraina potrebbe non essere solo il paese più distrutto d’Europa, ma anche il paese politicamente ed etnicamente più profondamente diviso. Dopo un anno e mezzo di guerra, l’Ucraina, che era già il paese più povero d’Europa prima della guerra, è stata spinta sempre più nella povertà e nel debito estero, diventando il paese più militarizzato d’Europa. L’economia ucraina è in rovina e afflitta da uno dei più alti livelli di corruzione in Europa. L’Ucraina è anche il paese con la popolazione in più rapida riduzione in Europa. Inoltre, l’Ucraina potrebbe perdere fino al 20% del suo territorio e l’accesso all’Azov e al Mar Nero. Come può l’Ucraina sopravvivere come stato funzionante in tali condizioni?
L’UE non solo condivide la responsabilità della graduale distruzione dell’Ucraina, ma sta anche perseguendo una politica estera autodistruttiva che porterà l’UE a perdere l’accesso alle materie prime economicamente interessanti e alle fonti energetiche della Russia e dell’Asia centrale per molti anni, forse anche decenni, ed essendo tagliati fuori dall’accesso alla terra ai principali mercati in crescita dell’Asia. In un presunto tentativo di liberarsi dalla dipendenza economica dalla Russia, l’UE ora sembra essere caduta in dipendenze economiche molto più costose e meno favorevoli. L’UE si sta quindi de facto amputando e danneggiando se stessa.
Con la sua politica di sanzioni, l’UE sembra ignorare le mutevoli realtà globali. La quota dell’UE sulla popolazione mondiale è inferiore al 5% ed è in calo, e la sua quota della produzione economica mondiale è oggi solo del 15% ed è in calo. Al contrario, la quota dei paesi BRICS nella popolazione mondiale è del 40% e in aumento, mentre la loro quota della produzione economica globale è del 32% e in crescita. E non solo, innescato dalla guerra in Ucraina, il Sud del mondo ha assunto una posizione notevolmente più fiduciosa e ora sfida il dominio globale degli Stati Uniti e, implicitamente, quello dell’UE. Il fatto che Cina, India, Indonesia e altri stati asiatici si stiano avvicinando sulla questione ucraina non è perché improvvisamente si amano, ma perché vogliono impedire alla NATO di espandersi verso l’Asia centrale, fermare il dominio globale degli Stati Uniti e muoversi verso un ordine mondiale multipolare.
Ignorando questi cambiamenti globali, la Commissione UE sta attualmente mettendo insieme il suo 11° pacchetto di sanzioni e mira a punire i paesi terzi e le loro società per avere relazioni commerciali con la Russia. Come se ciò non bastasse, l’UE ritiene di poter intimidire la Cina disaccoppiando o deridendo le loro economie. Che arroganza! L’UE ha perso da tempo il potere politico ed economico per imporre tali minacce economiche. Le sanzioni, quindi, colpiranno principalmente la sua stessa economia.
Il prossimo presidente degli Stati Uniti non deve necessariamente chiamarsi Trump, ma possiamo presumere che gli Stati Uniti volteranno le spalle alla costosa avventura ucraina dopo le elezioni presidenziali del prossimo anno, come hanno fatto in tante altre guerre. Allora tutta la forza della sua politica estera fuorviante colpirà l’Unione Europea. L’UE farà parte di un’Europa che, ancora una volta, è divisa da una cortina di ferro che si estende dal Mar Baltico al Mar Nero, che potrebbe essere più impermeabile attraverso le proprie sanzioni di qualsiasi cosa ricordiamo dall’era della Guerra Fredda. L’UE dovrà convivere in questo continente con un’Ucraina devastata, che rappresenta un’enorme sfida politica e finanziaria a lungo termine, e forse anche con una Russia destabilizzata, che rappresenta una minaccia permanente con le sue 6.000 testate nucleari. Mentre le economie degli stati dell’UE potrebbero essere duramente colpite da questi cambiamenti, sarà l’UE a dover pagare gli enormi costi successivi di questa guerra. Ciò porterà molto probabilmente a problemi sociali all’interno degli Stati membri dell’UE, che potrebbero degenerare in violenze politiche e sociali. E tutto ciò può accadere solo perché l’Occidente ha insistito sull’espansione della NATO, si è opposto alla neutralità e ha ignorato le preoccupazioni di sicurezza russe. Non è un prezzo troppo alto da pagare per tutta l’Europa? Un prezzo per un conflitto che si sarebbe potuto risolvere anche con un negoziato?
Per evitare di farsi del male e salvare l’Ucraina, l’Unione europea deve, per il proprio interesse personale, prendere le distanze dalla sua ipocrita narrativa di guerra, abbandonare la militarizzazione della sua politica estera e smettere di credere che l’allargamento della NATO porterà sicurezza. L’Unione europea deve tornare a un linguaggio di pace e sviluppare un piano di pace per l’Europa che sia costruito sulla “Carta di Parigi per una nuova Europa” e includa Russia e Ucraina. In tal modo, l’UE impedirebbe ulteriori spargimenti di sangue in Europa, preverrebbe il pericolo che scoppino attriti interni tra i suoi membri e impedirebbe il proprio declino economico. Ciò contribuirebbe a migliorare la posizione dell’UE nel mondo come il progetto di pace che è stato concepito dopo la seconda guerra mondiale. Per questo ci vorrà coraggio: la pace richiede molto coraggio!
Michael von der Schulenburg
Testo inglese:
With the ending of the division of Europe, we will strive for a new quality in our security relations while fully respecting each other’s freedom of choice in that respect. Security is indivisible, and the security of every participating state is inseparably linked to that of all the others. We therefore pledge to cooperate in strengthening confidence and security among us and in promoting arms control and disarmament.
(Charter of Paris for a New Europe November 21, 1990)
The madness of war reigns again in Europe. The delusion that only weapons provide security is once again in high season among politicians, think tanks, and the media across Europe. It has become acceptable once again in Europe that human sacrifices are being offered at the altar of alleged decisive battles. As if we had learned nothing from the past, the Ukrainian counter-offensive is now supposed to become such a decisive battle that it should bring a military solution to what we could not or did not want to achieve politically. In doing so, we Europeans are leaving the future of Ukraine and Europe, and perhaps even that of the world, to the unpredictability, fury, and brutality of the battlefield. And all of this, although it remains completely unclear what “solution” could be expected through the present intensification of the war, will certainly not bring peace to Europe.
This war has increasingly become a war between Russia and NATO, with nuclear weapons playing a decisive role in military calculations. No one can say where the red lines would be in such a “decisive battle,” beyond which there could be a nuclear escalation. By ignoring this and continuing all-out war efforts, we are exposing not only ourselves but all of humanity to incalculable danger in a conflict that could have been resolved diplomatically.
Despite all those enormous dangers, finding a peaceful solution to the underlying conflict that triggered the war—NATO’s planned expansion into Ukraine and Georgia—appears no longer to be possible among NATO, Ukrainian, and Russian politicians. This is appalling political irresponsibility, for which we cannot blame only Ukraine, Russia, or the United States. The European Union and its member states also bear considerable responsibility for the catastrophe that has now befallen Europe. As this is a war on European soil and between European countries, the EU, as the largest community of states on the European continent, cannot just pretend it had no part in all of this. Indeed, the EU and its members carry heavy blame for failing to prevent this war, for escalating the war, and for refusing a negotiated solution to this war!
The 27 EU members hold the majority among NATO members and could, or better yet, should have used their influence to prevent this war and, once it had broken out, to end it as quickly as possible. In the conflict over NATO’s eastward enlargement, which had been brewing since 1994, the EU, in its own interests, should have tried to mediate between the geopolitical ambition of the USA in expanding its global dominance and Russia’s fears of being militarily encircled by NATO and cut off from its access to the Black Sea. After the war broke out, the EU should have supported the Russian-Ukrainian peace negotiations in March or April 2022 and attended the Istanbul peace summit. It could have ended the war one month after it started. However, the EU didn’t do either.
Instead, the EU aggressively supported NATO’s eastward expansion as well as its own eastward enlargement. It must have been clear to EU politicians that with their support, Europe has been put on a path of confrontation, a confrontation that has now led to war with Russia. There were ample warnings, not only from Russia but also from Western political personalities, about the possibility that this could lead to war. The EU decided to ignore them. Now, with the outbreak of the war, the EU has failed to calm the situation. On the contrary, after some hesitation, the EU pursues a military escalation of the war, which today surpasses even that of the USA. Several EU countries, for example, have described the Ukrainian attacks on Russian territory as legitimate, although the USA has strictly opposed them. And while the US tends to hold back on the supply of such sophisticated weapons systems, it is the EU countries that, together with the UK, are supplying the most advanced tanks, war drones, long-range missiles, and uranium munitions. It is also a European coalition that now plans to provide F-16 fighter jets to Ukraine. Even the EU Commission has become an arms dealer; its multi-billion-dollar ammunition purchases for Ukraine are ironically financed through the European Peace Facility (EFF).
Yet peace, not war, should be the EU’s main concern. However, the EU has neither developed its own peace proposal nor undertaken any diplomatic peace initiative, and it remains firmly opposed to any immediate ceasefire. The EU continues to insist on the maximum demands in the Zelensky peace plan: that Russia must first be defeated militarily and that the entire Ukrainian territory must be recaptured before negotiations can take place. With this uncompromising stance, the EU stands alone in the world. None of the world’s major regional organizations, whether the G20, the BRICS countries, the states of Central Asia, the Shanghai Cooperation Organization, ASEAN, the African Union, the OIC, or CELAC, support such a demand. Even the US is increasingly skeptical, and the voices of influential US politicians are growing stronger in favor of a negotiated peace with Russia to end the war.
This path of confrontation and escalation taken by the EU was in no way preordained or even inevitable. In 1990, only one year after the end of the Cold War, all European states, as well as the USA and Canada, solemnly pledged, in the “Charter of Paris for a New Europe”, to build a common peaceful Europe spanning from the Pacific to the Atlantic coast, including Russia, a Europe that would be free of wars and military blocs. According to the Charter, the security of each state in Europe should now be regarded as inseparable from that of all other states, and any conflict that arises should be settled peacefully in accordance with the UN Charter. In other words, a lasting peace in Europe could only be created by working together and not against each other. There was no role envisaged for NATO; NATO was not mentioned once in the Charter of Paris.
And yet, early on, the EU abandoned the Charter of Paris for a New Europe and opted for a Europe dominated by NATO, a Cold War military alliance. Such a drastic reorientation was not in Europe’s interest. The fact that the EU acted under pressure from the USA and some Eastern European states should not be an excuse, as the Charter would have been a huge advantage for all of Europe, including the EU member states. It offered a new peaceful pan-European perspective to a continent that had suffered through two world wars and a Cold War. It had freed Europe from the straitjacket of the Iron Curtain and the constant threat of nuclear war hanging over it. There was real peace in Europe for the first time since the outbreak of the First World War. No longer were there any military dangers that could have justified an intensively pursued expansion of NATO. At that point, Russia had fallen into internal chaos after the dissolution of the Soviet Union, and China had not yet become a global player, neither economically nor militarily. It was NATO’s advance to Russia’s borders that triggered Russia’s military backlash, not the other way around.
The EU member states should have known better and avoided a war in Ukraine. Already in the First and Second World Wars, control of the territory that today constitutes Ukraine was of great strategic importance for Russia (the Soviet Union), and the German Kaiser-Nazi Reich, leading to some of the fiercest military battles in these wars. The recently discovered remains of German Wehrmacht soldiers found in the now dried-up riverbed of the Dnieper bear witness to these terribly bloody “decisive battles.” Is history repeating itself?
Then, as now, each side took advantage of the internal divisions among the Ukrainian population. Even after Ukraine’s independence in 1991, presidential and parliamentary elections regularly showcased the country’s deep division into two roughly equal parts with pro-Ukrainian and pro-Russian loyalties, a division that also geographically divides the country between western and central Ukraine on the one hand and eastern and southern Ukraine on the other. In the last free all-Ukrainian elections in 2010 and 2012, in which people living in Crimea and the Donbass still participated, there was even a narrow majority for a pro-Russian president and pro-Russian parliament.
If the EU had really been concerned with preserving and strengthening Ukraine, it should have supported the cohesion and striving for harmony between the two populations and vigorously promoted the continuation of the project of a bi-national and federal Ukraine, as proclaimed in 1991. However, it did the opposite and sided with a policy of mono-ethnic Ukrainian nationalism. During the negotiations on an association agreement with the EU in 2013, the then EU Commission President, Jose Barroso, presented Ukraine with the alternative of either moving closer to the EU and breaking with Russia or renouncing any close cooperation with the EU. Both, he argued, could not be reconciled. But why not? Becoming an economic and trade bridge between Russia and Central Asia on the one hand and the EU on the other would have been of great political and economic advantage for Ukraine as well as the EU. It was the EU’s divisive stance that triggered the violent overthrow of an elected president, which in turn set in motion a development that ultimately led to today’s war.
While constantly proclaiming a desire to help Ukraine, the EU is de facto contributing to its destruction and immense human suffering. The weapons supplied by the EU not only prolong the war but also contribute to death and destruction on Ukrainian territory, just like Russian weapons do. Today, Ukraine may not only be the most destroyed country in Europe but also the politically and ethnically most deeply divided country. After a year and a half of war, Ukraine, which was already the poorest country in Europe before the war, has been driven deeper into poverty and foreign debt while becoming the most militarized country in Europe. The Ukrainian economy is in ruins and plagued by one of the highest levels of corruption in Europe. Ukraine is also the country with the fastest-shrinking population in Europe. Moreover, Ukraine could lose up to 20% of its territory as well as its access to the Azov and Black Seas. How can Ukraine survive as a functioning state under such conditions?
The EU not only shares responsibility for the gradual destruction of Ukraine but is also pursuing a self-destructive foreign policy that will lead to the EU losing access to the economically attractive raw materials and energy sources of Russia and Central Asia for many years, perhaps even decades, and being cut off from land access to the major growth markets of Asia. In an alleged effort to free itself from economic dependency on Russia, the EU now seems to have fallen into much more expensive and less favorable economic dependencies. The EU is thus de facto amputating and hurting itself.
With its sanctions policy, the EU seems to ignore changing global realities. The EU’s share of the global population is below 5% and declining, and its share of global economic output is just 15% today and declining. In contrast, the share of the BRICS countries in the world population is 40% and rising, while their share of global economic output is 32% and growing. And not only that, triggered by the Ukraine war, the Global South has taken on a considerably more confident stance and now challenges the global dominance of the USA and, by implication, that of the EU. The fact that China, India, Indonesia, and other Asian states are moving closer together on the Ukraine issue is not because they suddenly love each other but because they want to prevent NATO from expanding towards Central Asia, stop US global dominance, and move towards a multipolar world order.
Ignoring these global changes, the EU Commission is currently putting together its 11th sanctions package and aims to punish third countries and their companies for having trade relations with Russia. As if that weren’t enough, the EU believes it can intimidate China by decoupling or derisking their economies. What arrogance! The EU has long since lost the political and economic power to enforce such economic threats. The sanctions will, therefore, primarily hit its own economy.
The next president of the USA does not necessarily have to be called Trump, but we can assume that the USA will turn its back on the expensive Ukraine adventure after next year’s presidential election, as it did in so many other wars. Then the full force of its misguided foreign policy will hit the European Union. The EU will be part of a Europe that, once again, is divided by an Iron Curtain stretching from the Baltic Sea to the Black Sea, which could be more impermeable through its own sanctions than anything we remember from the Cold War era. The EU will have to coexist on this continent with a devastated Ukraine, which represents a huge long-term political and financial challenge, and perhaps also with a destabilized Russia, which poses a permanent threat with its 6,000 nuclear warheads. While the economies of the EU states may be badly hit by these changes, it will be the EU that will have to pay for the enormous follow-up costs of this war. This will most likely lead to social problems within EU member states, which may escalate into political and social violence. And all this may happen only because the West insisted on NATO expansion, opposed neutrality, and ignored Russian security concerns. Isn’t that too high a price to pay for all of Europe? A price for a conflict that could also have been resolved through negotiations?
To prevent hurting itself and save Ukraine, the European Union must, out of its own self-interest, distance itself from its self-righteous war narrative, abandon the militarization of its foreign policy, and stop believing that NATO enlargement will bring security. The European Union must return to a language of peace and develop a peace plan for Europe that is built on the “Charter of Paris for a New Europe” and includes Russia and Ukraine. In doing so, the EU would prevent further bloodshed in Europe, forestall the danger of internal frictions breaking out within its members, and prevent its own economic decline. This would help improve the EU’s standing in the world as the peace project it was once conceived as after the Second World War. For this, it will need courage—peace requires a lot of courage!
Michael von der Schulenburg