Proposta Indecente. E se abosissimo la pubblicità…?
Visto lo squallore, la noia e la volgarità dei programmi TV, a volte viene da pensare che la cosa più interessante siano le inserzioni pubblicitarie! O peggio ancora, viene il sospetto che la vera trasmissione siano gli “s p o t”, interrotti qui e là da spezzoni di pseudo notizie, vecchi filmati, finte risse tra politicanti, penose battute, ridicoli pianti e indecenti oscenità.
In effetti l’unico “l o g o s” esistente nell’attuale società sembra essere quello della pubblicità. Attraverso di essa si plasma l’Immaginario , si trasmettano “valori”, si propongono modelli di comportamento, si impone l’ideologia della Merce e dello scambio. E’ quella che ci dice come pensare e come agire, ma in modo democratico. Essa non ordina suggerisce. Ci propone varie alternative, ortodosse o “trasgressive”, e ci lascia liberi di scegliere in che modo obbedirle.
Non sarà un caso che ormai la politica e il commercio funzionino allo stesso modo, attraversi il “m a r k e t i n g”: che si tratti di vendere una crema per le emorroidi o di far eleggere un consigliere comunale, il sistema è sempre lo stesso. Persino per convincere la gente alle iniziative benefiche di ogni tipo si spendono fior di quattrini in “s p o t” pubblicitari a pagamento!
Una cosa è certa : senza pubblicità gli ingranaggi di questa società non potrebbero funzionare.
I Comuni, perdendo gli introiti della tassa sulle affissioni o sulle insegne fallirebbero; i giornali e le riviste non uscirebbero più; le TV non avrebbero più senso di esistere; il calcio tornerebbe ad essere solo uno “s p o r t”; la cultura e lo spettacolo sarebbero riservati a chi ha qualcosa da dire; i politici dovrebbero spiegarci le loro idee…
Insomma , si bloccherebbe tutto.
E’ per questo che abolire la pubblicità sarebbe una proposta indecente. Di sicuro , non la si può vietare per Legge: quale politico sarebbe così autolesionista da inimicarsi in un sol colpo tutto il sistema economico (anzi PREDONOMICO! N.d.R.), dai lavoratori della “creatività” ai consumatori compulsivi?
D’altro canto sarebbe velleitario seguire l’esempio dei “c a s s e u r d e p u b ” francesi, partiti proponendo l’azione diretta contro la tirannia pubblicitaria e finiti accontentandosi di spaccare qualche vetrina.
Se proprio si volesse combattere questa battaglia per la libertà di pensiero, per l’autonomia e per la bellezza, contro la volgarità, lo sfruttamento e la mercificazione, ci sarebbe un modo radicale e non-violento: bisognerebbe che ciascuno di noi, in prima persona, si dichiarasse indisponibile a rendersi veicolo di pubblicità, rifiutandosi di concedere il proprio spazio (s p o t) fisico e mentale ai segni e ai simboli della “civiltà” (o meglio della z i v i l i z a k t i o n N. d. R. ) consumistica…
Ma questa sarebbe proprio una rivoluzione!
Luigi Betrone (con note di Gianni Donaudi)