Ucraina. La guerra finisce quando lo decide “l’uccidente”…?
In questi giorni, grazie alla crescente insofferenza dell’opinione pubblica europea ed italiana e ai ripetuti appelli del Papa, tutti invocano – a parole – la pace ma nessuno ci lascia intravedere come e quando questa guerra finirà. (…)
Dal momento che – secondo la dottrina NATO-UE – dovranno essere gli ucraini a decidere quando e quale pace sarà possibile, è al Presidente Zelensky che dobbiamo guardare per capire quale sia la sua disponibilità a porre termine al conflitto. Ebbene Zelensky ce lo ha fatto sapere il 25 ottobre rivolgendosi ai partecipanti al vertice interparlamentare della “piattaforma di Crimea” svoltosi a Zagabria con la partecipazione di una quarantina di delegazioni, inclusa la speaker della Camera dei Rappresentanti del Congresso americano, Nancy Pelosi. Il Presidente dell’Ucraina si è espresso così: “Solo quando la bandiera ucraina sventolerà di nuovo sulla Crimea liberata il mondo potrà sentirsi sicuro e dire che la guerra è finita.”
Orbene è fin troppo chiaro che per il Governo ucraino la guerra non deve limitarsi alla difesa, vale a dire a respingere le truppe d’invasione della Federazione russa, ma deve spingersi oltre e ribaltare uno status quo consolidato dal 2014, consentendo alle forze armate ucraine di prendere possesso di un territorio che costituisce una Repubblica autonoma inserita nella Federazione russa.
La penisola di Crimea fa parte della Russia da oltre 200 anni, nel 1954 Kruscev la “donò” all’Ucraina, ma si trattava di una mera unificazione amministrativa poiché l’Ucraina continuava a far parte dell’URSS. Nel 2014, dopo il traumatico cambio del regime politico a Kiev, il Consiglio Supremo della Repubblica di Crimea votò all’unanimità la dichiarazione d’indipendenza dall’Ucraina e chiese l’annessione alla Russia. Il 16 marzo del 2014 un referendum popolare approvò l’annessione alla Russia con il 96,77% di voti favorevoli, con la partecipazione dell’83,1% degli aventi diritto al voto.
L’Ucraina non accettò l’annessione della Repubblica di Crimea alla Federazione russa. Anche l’Unione Europea rifiutò di riconoscere l’annessione ed applicò delle sanzioni commerciali alla Russia. Per la Crimea si verificò, a parti invertite, lo stesso processo che aveva portato all’indipendenza del Kossovo, che la NATO distaccò dalla Jugoslavia a seguito di un’azione di bombardamento durata 78 giorni. Quando il Kosovo, ormai separato di fatto, votò la propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008, quest’ultima dichiarò immediatamente di non riconoscerla. L’indipendenza del Kosovo è stata riconosciuta soltanto da una metà degli Stati membri dell’ONU, mentre l’altra metà non l’ha riconosciuta. Attualmente esiste una controversia internazionale sullo status del Kosovo, così come esiste una controversia internazionale sullo status della Repubblica di Crimea. [Crimea dove nel 2014 non era presente alcun UCK sostenuto dalla Nato come in Kos-Met, mai storicamente stato albanese ma anzi culla della cultura serba, e da dove centinaia di migliaia di non-albanesi e di oppositori al regime terroristico UCK sono stati perseguitati e cacciati armi alla mano prima del referendum - un tanto per la verità storica ndr]
La Costituzione italiana “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non v’è dubbio che se la Serbia decidesse di invadere il Kosovo per annullarne l’indipendenza, l’Italia dovrebbe “ripudiare” quest’azione perché non si possono risolvere le controversie internazionali con l’uso della forza. Lo stesso discorso vale per l’Ucraina, se volesse – come lascia intendere il suo governo – riprendere manu militari il controllo del territorio della Repubblica di Crimea per staccarla dalla Federazione russa, si tratterebbe di un’aggressione pura e semplice. Il fatto che gli ucraini siano stati aggrediti dalla Russia, che ha invaso una parte del loro territorio, giustifica la resistenza all’azione in corso, ma non può essere un valido pretesto per legittimare un’altra aggressione. Un’azione di forza per staccare la Crimea dalla Federazione russa, oltre ad essere inammissibile sul piano del diritto internazionale e ripudiabile, dal punto di vista della Costituzione italiana, rappresenta una provocazione che renderebbe la pace impossibile perchè la Russia, se non altro per ragioni strategiche, mai potrebbe rinunciare alla Crimea, se non a prezzo di una completa disfatta sul piano militare.
Quanto sangue si deve ancora versare per consentire all’Ucraina di “vincere” la guerra con la Russia e risolvere tutte le controversie in corso? Quanti nuovi cimiteri si devono costruire? Siamo proprio sicuri che devono essere gli ucraini a decidere come e quando porre fine alla guerra?
Stralcio di un articolo di Domenico Gallo – Sinistra in Rete
Integrazione a latere – Rolf Heinrich Mützenich, membro del Bundestag dal Partito Socialdemocratico della Germania ha scritto: “Il governo ucraino mi ha inserito nella loro lista dei nemici da neutralizzare perché ho proposto organizzare il cessate fuoco e iniziare il processo diplomatico”
Commento di Alberto Notaristefano: “Hai capito perché i nostri evitano di proporre trattative di pace? Per non finire nelle liste nere dei nazisti ucraini… Mica scemi…”