All’origine della “guerra”…
Come ha potuto l’essere umano, animale sprovvisto di qualunque arma naturale ad offesa (zanne, artigli, corna, becco, zoccoli) divenire il più feroce e crudele dei primati? E’ come se il panda impazzisse e si rivelasse distruttivo nei confronti di tutto compresi la sua stessa specie.
Quali sono i veri motivi per cui l’essere umano da sempre è in lotta con i suoi simili? L’origine della guerra probabilmente risale a circa 10 mila anni fa quando addomestica gli animali e crea recinti per delimitare il terreno su cui ha imparato a coltivare; nasce la necessità di difendere con la forza la sua proprietà. Prima si arma di bastone, poi di lance, di frecce, di spada, di fucile, di bombe, poi i carri armati, gli aerei da bombardamento, fino alle armi di distruzione di massa. Ma l’attitudine a uccidere il proprio simile era stata già acquisita dall’ominide nella savana: uccidendo gli animali aveva capito che uccidere l’uomo non era poi così diverso. L’ominide fisicamente più forte si accaparrò più terra e addomesticò più animali e poté assoldare individui per condurli contro altri gruppi allo scopo di aumentarne il potere. E nel corso della storia la massa ignara è stata costretta a subire le decisioni del capo e a pagarne le conseguenze con la sottomissione.
Che fare quando le due forze in campo sono ìmpari e la parte forte non è disposta ad alcuna trattativa? Le opzione possono essere tre: arrendersi all’evidenza di una inevitabile sconfitta ed evitare inutile spargimento di sangue e distruzione; chiedere sostegno ai popoli amici in un’azione di boicottaggio sanzionatorio; oppure dotare la parte debole dei mezzi necessari a contrastare le forze dell’invasore; In questo ultimo caso si apre una guerra vera e propria con le gli effetti che ne conseguono. Ma se una forza è preponderante e senza possibilità di vittoria della parte offesa a che serve combattere? Anche se le condizioni della resa dipendono sempre dalla forza dimostrata nella resistenza.
E’ un’azione suicida combattere contro una forza predominante che non dà alcuna possibilità di vittoria. Se un adulto ingiustamente decide di appropriarsi della bici di un bambino, a che serve che il bambino opponga resistenza sapendo che non può sottrarsi alla rapina e che nella reazione rischierebbe di essere malmenato perdendo comunque la sua bici? A che serve conservare il proprio orgoglio e la propria dignità su un un’ecatombe, su un cimitero se poi si resta ugualmente sottomessi al predatore? Il primo imperativo è salvare la propria vita, non perderla, qualunque sia la causa. Ci sarà poi il momento del riscatto. Ma se io avessi un figlio in guerra preferirei saperlo vivo anche se arreso all’evidenza piuttosto che morto con onore in battaglia. E spesso c’è più coraggio accettare la perdita che lottare inutilmente.
Come può l’essere umano, dopo millenni di storia insanguinata, ricorrere ancora alla guerra per la risoluzione di controversie? Come è possibile che nonostante l’evoluzione scientifica, tecnologica e l’insegnamento dei grandi illuminati della storia non trovi altra soluzione se non nelle armi, nonostante la Nato, l’Onu, il Patto Atlantico ed i trattati di pace e di cooperazione? Profondo sconforto e lacerante tristezza pervade l’animo di chi percepisce il dramma spaventoso della guerra a causa di un solo uomo la cui coscienza non è in grado di condividere l’orrore di cui è responsabile, il dolore, la distruzione, la sofferenza, il pianto, la morte di tanti suoi simili. Ed è follia che il potere decisionale dipenda da un solo uomo; che il destino di una e più nazioni, una crisi economica mondiale, morale, civile, dipenda da un solo essere umano o da una ristretta cerchia oligarchica.
Cioè che occorre è generare urgentemente una comune volontà politica per arrivare al disarmo totale di ogni nazione e a dar vita ad una forza in grado di impedire sul nascere qualunque focolaio di guerra. Le armi per principio, devono essere bandite, distrutte e qualunque paese che produca armi deve essere proscritto, isolato dal resto della comunità civile e democratica. Ma se non subentra nell’animo umano e nella mentalità comune il rifiuto incondizionato del ricorso alle armi tutto è inutile. Se non c’è la volontà politica e sociale di educare le popolazioni ai valori fondamentali del vivere civile, morale e spirituale; se non viene sancito in modo imperituro di escludere a priori la violenza come principio offensivo, la pace è solo un periodo transitorio tra una guerra e l’altra.
Franco libero Manco