Geopolitica ad usum USA ed il non-senso Nato

Torna sulla bocca di molti – in questi giorni di guerra all’est – l’insulso ritornello della necessitá che l’Europa si doti di un esercito comune, per avere piú voce in capitolo e per inserirsi con autorevolezza nel gioco delle grandi potenze continentali.

Veramente, piú che di un insulso ritornello si tratta di una colossale stupidaggine. Lo dico – beninteso – senza alcun intento offensivo, come semplice constatazione di natura tecnica. E vengo a spiegarmi. Primo: un esercito comune dei paesi della UE non puó essere concepito se non come sviluppo successivo di una politica estera comune. Secondo: una politica estera comune non puó essere neanche sognata in assenza di interessi comuni dei singoli paesi; interessi economici soprattutto, ma anche politici e/o geostrategici.

Proviamo ad immaginare – per esempio – che la Germania abbia interesse a far insediare la Turchia in Libia; e che l’Italia o la Francia, o la Spagna o la Grecia abbiano l’interesse opposto. Ebbene, come dovrebbe agire – all’atto pratico – una ipotetica politica estera comune dell’Unione Europea? Favorendo l’insediamento dei turchi a Tripoli, come converrebbe ipoteticamente a Berlino? o avversandola risolutamente, come converrebbe a Roma o a Parigi?

E se risultasse impossibile – come nel caso ipotizzato – mettere a punto una linea diplomatica comune, come si potrebbe immaginare la presenza di una forza militare comune che dovrebbe sostenere (eventualmente anche con le armi) una tale inesistente linea diplomatica?
Ecco perché una cosa sono gli slogan vuoti e pasticcioni, e cosa completamente diversa é l’azione politica seria, concreta, basata sulla realtá e non sulle elucubrazioni di chi vive di sogni o di incubi. Ed ecco perché, al di lá della politica estera, l’Unione Europea é destinata ad implodere: perché, alla lunga, saremo costretti a prendere atto della impossibilitá di adottare anche una politica economica e sociale comune. Ma di questo si parlerá in altra occasione. Dunque – e torno all’argomento – preso atto che le scelte di politica estera sono propedeutiche all’adozione di una politica militare comune, proviamo ad allargare il discorso a una campo piú vasto, quello di un’Alleanza Atlantica “occidentale” che rappresenti insieme Stati Uniti e Inghilterra da una parte, ed Europa (con o senza la sovrastruttura UE) dall’altra.

Quando venne fondata la NATO i paesi dell’Europa Occidentale avevano tutti un interesse di natura politico-militare che li univa tra loro e con gli Stati Uniti d’America. Lo ricordavo otto anni fa su queste stesse pagine: «Quando, nel lontano 1949, i paesi del Nord America e dell’Europa Occidentale sottoscrissero il Patto Atlantico, questo rispondeva ad una logica ben precisa: creare un’alleanza militare difensiva per dissuadere l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche dalla tentazione di invadere uno o più Paesi europei. Nacque così la NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico), struttura militare oggettivamente egemonizzata dagli Stati Uniti: i soci minori – tra cui l’Italia – lo sapevano perfettamente, ma accettavano questa diminutio a fronte dell’indubbio vantaggio di poter contare su una formidabile struttura di difesa comune. All’epoca – non v’è dubbio – l’Unione Sovietica rappresentava una minaccia concreta: era guidata dal forte braccio di Stalin, poteva contare su un’alleanza militare che riuniva le nazioni dell’Europa Orientale (poi consacrata nel Patto di Varsavia) e si giovava della solidarietà di forti partiti comunisti, soprattutto in Italia e in Francia.»

Diciamocelo chiaramente: la NATO nasceva perché l’Europa aveva paura. Paura della guerra, paura dell’invasione, paura della rivoluzione, paura che i comunisti prendessero il potere ed instaurassero dei regimi similsovietici.
Poi, quarant’anni piú tardi, tutto é cambiato: finito il comunismo sovietico, finita l’URSS, sciolto il Patto di Varsavia, liberati i popoli soggiogati e caduto il muro di Berlino, i partiti comunisti dell’Occidente diventati socialdemocratici e schierati addirittura a difesa delle esigenze dei “mercati” e dell’alta finanza.

Era finita perció la paura, ed era quindi svanito l’unico collante che aveva tenuto insieme i soci atlantici. Sarebbe stato logico sciogliere la NATO allora o, quanto meno, rivederne completamente la funzione. La Russia, infatti, non era piú una minaccia per l’Europa, neanche per l’Europa Orientale. Europa Orientale che peraltro – non va dimenticato – le era stata regalata dagli americani nel 1945, a Jalta. Allora Churchill riuscí a stento a salvare la Grecia. Ma questa – come suol dirsi – é un’altra storia.

Qualcuno storcerá il naso di fronte all’affermazione che la Russia non fosse piú una minaccia per l’Europa. Ma é proprio cosí. La Russia non ha piú minacciato nessuno. L’unica sua forma di pressione militare – fino alla vigilia dell’invasione dell’Ukraina – é stata quella di difendere dalla pulizia etnica i russi residenti nei paesi confinanti: nel 2008 quelli dell’Abcazia e dell’Ossezia del Sud, bombardati dalla Georgia; e dal 2014 ad oggi quelli del Donbass, oggetto di una sanguinosa aggressione da parte dell’Ukraina.

Per inciso, diró che in Donbass é stata combattuta una guerra vera e propria, mossa dal governo ukraino con lo scopo di cancellare le due piccole repubbliche che reclamavano l’autonomia. Una guerra di cui in Italia nessuno ha parlato, né giornali, né televisioni, né talk-show, né reportages strappalacrime, né richiami ai valori dell’Europa di Mattarella, né lamentazioni di Bergoglio, né niente di niente. Eppure, si é trattato di una guerra-guerra, con carriarmati, bombardamenti, rastrellamenti, oltre ad episodi di ferocia individuali o collettivi (come la strage di Odessa). Una guerra-guerra il cui bilancio ufficiale (sottostimato) é di 13.000 morti, 34.000 feriti, un milione e mezzo di profughi, oltre a danni incalcolabili in due vaste regioni [si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Donbass
ed anche https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_ Odessa].

Scusate quest’altra lunga parentesi. Torniamo a noi. Torniamo agli interessi comuni che dovrebbero essere alla base di una politica estera unitaria Europa-USA e di uno strumento militare comune, come la NATO. Ebbene, non soltanto non esistono questi interessi comuni, ma esistono – al contrario – interessi (economici, politici, strategici) che sono contrastanti, fortemente contrastanti se non, addirittura, diametralmente opposti. Quali? La lista sarebbe lunghissima. Ne cito solo alcuni.

Primo, un interesse di ordine strategico generale. Finita l’epoca del bipolarismo USA-URSS, gli americani vogliono affermare una loro esclusiva supremazia monopolare; gli europei hanno invece l’interesse a nuovi equilibri multipolari, in modo che anche l’Europa (con o senza l’UE) divenga un “polo” che possa dialogare alla pari con gli altri “grandi”.

Secondo. Gli USA hanno l’interesse a mantenere sull’Europa un controllo totale (politico, economico, militare), mentre l’Europa ha l’interesse a diventare un soggetto autonomo e indipendente sulla scenario globale.

Terzo, particolarmente d’attualitá in questi giorni. Gli USA hanno interesse a impedire che si formi un’area di collaborazione e di integrazione (anche soltanto economica) fra Europa e Russia, perché quest’area diventerebbe la primissima potenza economica al mondo, peraltro autosufficiente in ogni campo, vanificando cosí la perversa strategia americana della “globalizzazione”. L’Europa ha chiaramente l’interesse opposto: quello di giungere ad una sinergia sempre piú ampia con la Russia, con l’obiettivo di creare una vasta area di prosperitá (e quindi anche di pace).

Quarto. Gli USA hanno interesse a mantenere una struttura militare come la NATO, in modo da obbligare l’Europa a farsi strumento della loro politica estera. La NATO riduce gli europei a truppa ausiliaria degli Stati Uniti, da utilizzare come prima linea nel caso di guerra, segnatamente nel caso di una guerra con la Russia. Parallelamente, imponendo una lista preconfezionata di “buoni” e “cattivi”, gli USA impediscono che gli europei organizzino le loro difese in altre direzioni non gradite a Washington (ed ogni riferimento al mondo del radicalismo islamico non é puramente casuale).

Quinto. In particolare, gli USA vogliono interrompere il flusso del gas e quello del grano dalla Russia verso l’Europa, perché hanno interesse a venderci (a prezzi piú alti) il loro LNG, ovvero Gas Naturale Liquefatto [vedi «C’era una volta il petrolio» su “Social” del 18 gennaio 2019]. Cosí come hanno interesse a farci comprare il loro grano (e quello del Canada). L’Europa – va da sé – ha l’interesse opposto, fosse anche soltanto per risparmiare.

Sesto. Gli Stati Uniti hanno interesse a tirare il piú possibile la corda con la Russia. Tanto, se la corda si spezza, la guerra sconvolgerá l’Europa, mica il continente americano. Quindi sanzioni, cancel culture verso tutto ció che é russo (da Dostoevskij alla balalaika), scempiaggini come l’ostracismo agli atleti, eccetera. L’Europa – scusate se dico questa ovvietá – ha tutt’altro interesse.
Settimo, se vogliamo entrare un po’ nel dettaglio. Gli USA hanno interesse a far applicare sanzioni a tappeto contro la Russia. Sono sanzioni che colpiscono forse piú l’economia europea che quella russa. L’Italia, in particolare, segna autogol da “Striscia la Notizia”: sono in ginocchio le nostre banche, il nostro export agroalimentare e manifatturiero, il nostro turismo. Sempre che la Russia non perda la pazienza e non ci chiuda i rubinetti del gas ora, in pieno inverno. Non “fra ventiquattro o trentasei mesi”, quando i brillanti cervelloni del governo Draghi prevedono che l’Italia potrá riuscire a sostituire il gas russo con quello di altra provenienza.

Potrei continuare a lungo, ma qui mi fermo. Mi accorgo di essere andato talora fuori tema, con ampie escursioni su temi economici. Ma, in fondo, non é stato un male, perché in politica non ci sono compartimenti stagni: l’economia condiziona la diplomazia; e la diplomazia, a sua volta, detta le linee della politica militare. Ergo, la NATO é una palla al piede non soltanto per i nostri interessi geopolitici e geostrategici, ma anche per i nostri interessi economici. Chissá quando ce ne renderemo conto.

Michele Rallo

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