Mentre Biden prepara l’assalto contro la Russia annuncia anche la prossima guerra contro la Cina
Già minacciando la guerra con la Russia, la Casa Bianca svelava una nuova grande strategia imperialista per l’Indo-Pacifico acuendo le prospettive di guerra con la Cina. La nuova strategia inizia ripetendo i soliti cliché sulle presunte intenzioni umanitarie degli USA nel sud-est asiatico e nel fornire la sicurezza che “ha permesso alle democrazie regionali di prosperare”, mentre condanna ritualisticamente l’aggressione cinese “che abbraccia l’intero globo”.
Secondo il rapporto, “…dalla coercizione economica dell’Australia al conflitto lungo le linee di controllo effettivo coll’India alla crescente pressione su Taiwan e al bullismo dei vicini nel Mar Cinese Orientale e Meridionale, i nostri alleati e partner nella regione sostengono gran parte del costo del Comportamento dannoso della Repubblica popolare cinese (RPC). Nel processo, la RPC mina i diritti umani e il diritto internazionale, inclusa la libertà di navigazione, nonché altri principi che hanno portato stabilità e prosperità nell’Indo-Pacifico. Strategia indo-pacifica degli Stati Uniti [Fonte: Voltaire.net]
La missione degli Stati Uniti nel prossimo decennio, come delineato nel rapporto, è ostacolare gli sforzi della RPC per “trasformare le regole e norme che hanno beneficiato Indo-Pacifico e mondo”. Il modo per raggiungere tale obiettivo è a) sostenere un’India forte, considerata motore di sviluppo regionale, come “partner di una visione regionale positivista”; b) rafforzare l’alleanza anti-Cina Quad tra Stati Uniti, India, Giappone e Australia, a cui gli Stati Uniti hanno promesso sottomarini a propulsione nucleare; c) aumentare il sostegno all’autodifesa di Taiwan e d) spingere per la denuclearizzazione della Corea democratica estendendo al contempo il coordinamento con la Corea del Sud e il Giappone per rispondere alle presunte provocazioni della Corea democratica.
Gli Stati Uniti intendono anche a) promuovere la democrazia in Myanmar; b) espandere le ambasciate statunitensi nelle isole del Pacifico; c) applicare un approccio basato su regole nel settore marittimo e promuovere la stampa libera; d) approfondire le relazioni con alleati come Corea del Sud, Filippine, Thailandia, Indonesia, Malesia, Mongolia, Nuova Zelanda, Singapore e Vietnam, e e) incoraggiare Giappone e Corea del Sud a rafforzare i legami reciproci.Iniziativa di deterrenza del Pacifico
Al centro della strategia dell’amministrazione Biden c’è il voto che gli Stati Uniti “aumenteranno la portata delle loro esercitazioni e operazioni militari” nell’Indo-Pacifico, costruiranno maggiore capacità marittima, “dispiegheranno capacità di combattimento avanzate”, rafforzeranno la guerra informatica, intelligence e capacità sottomarine regionali e collaborare col Congresso per finanziare la Pacific Deterrence Initiative (PDI).
Firmato dal presidente Biden a dicembre, il National Defense Authorization Act (NDAA) stanziava ben 7,1 miliardi di dollari per il PDI, il cui obiettivo è garantire che le forze militari statunitensi “abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno per competere, combattere e vincere nell’Indo- Pacifico”, secondo i senatori Jack Reed (D-RI) e James Inhofe (R-OK) [1], membri del Comitato per i servizi armati del Senato che per primi promossero il PDI al Congresso. Tutto ciò include una nuova struttura missilistica Aegis su Guam che possa assistere le operazioni navali. Il PDI chiede anche lo stazionamento di missili, già banditi dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (INF), su una serie di isole densamente popolate come Giappone, Taiwan e Filippine. Inoltre, il PDI mira a: a) sviluppare e lanciare radar spaziali collegati al sistema missilistico Aegis a Guam e un altro sistema sull’isola Palau, b) sviluppare capacità di “sorveglianza di intelligence discreta” e c) migliorare addestramento ed esercitazioni congiunte cogli alleati nel Pacifico. Thedrive.com riferiva che la Central Intelligence Agency (CIA) impiega negli ultimi anni aerei di proprietà di appaltatori per missioni di sorveglianza sul Pacifico, a cui il PDI consentirà un’ulteriore espansione.Reductio ad Absurdium
L’assurdità della Strategia Indo-Pacifica della Casa Bianca è evidente nel fatto che gli Stati Uniti già spendono più di tre volte la Cina per le forze armate. La Cina è considerata un aggressore su scala globale quando ha una sola base militare internazionale, acquisita nel 2017 a Gibuti in risposta a una grande struttura militare statunitense, e non invade un altro paese dal 1979, quando invase l Vietnam .
Gli Stati Uniti hanno 750 basi militari all’estero, di cui 23 solo in Giappone, e hanno invaso almeno una dozzina di Paesi dal 1979, uccidendo innumerevoli civili. Nel sud-est asiatico, gli Stati Uniti compirono guerre aggressive in Corea e Vietnam uccidendo milioni di civili durante la Guerra Fredda e combattendo guerre sporche segrete in Laos, Filippine, Cambogia e Indonesia che uccisero molti di più. La condanna del “bullismo” della Cina nel Mar Cinese Meridionale ignora che sono legittimi gli sforzi della Cina per reclamare le isole Spratley, Paracel e Diaoyu (Senkaku in giapponese), cogli Stati Uniti che rivendicavano il diritto di difenderle secondo il trattato di mutuo accordo USA-Giappone. Le isole furono effettivamente prese alla Cina come bottino dal Giappone nella guerra sino-giapponese del 1895. [2] Il Giappone poi rifiutò due offerte cinesi, nel 1990 e nel 2006, per sviluppare congiuntamente le risorse delle isole che potenzialmente includono petrolio e gas. [3]
La Cina nel rapporto è accusata di coercizione economica diretta contro l’Australia per aver imposto dazi, cosa che gli Stati Uniti fanno con la Cina. Le lamentele della Cina contro l’Australia erano reali: interferenza negli affari interni della Cina in Xinjiang, Hong Kong e Taiwan e la sua crociata contro la Cina nel forum internazionale. La Cina è anche accusata di schermaglie di confine coll’India, sebbene la Cina non riconosca il confine tra i due Paesi tracciato da un funzionario coloniale britannico, Henry McMahon, dopo aver firmato un trattato con il Tibet nel 1915 che la Cina respinse. L’India viene presentata nel rapporto come grande partner per gli Stati Uniti e nazione progressista rispetto la Cina, quando il New York Times riportò l’incitamento alle violenze indù del primo ministro Narendra Modi verso i musulmani e l’erosione dei diritti umani col suo governo. Il silenzio sulle violazioni dei diritti umani da parte dell’India, che arriva al maltrattamento dei musulmani nel Kashmir occupato, e il gioco su abusi della Cina verso i musulmani nello Xinjiang indica un chiaro doppio standard che mina qualsiasi imperativo morale nella politica estera statunitense sull’Indo-Pacifico.La tragedia della politica statunitense in Cina.
La maggiore tragedia della politica statunitense è che la Cina non fu mai antagonista degli Stati Uniti. Il Presidente Xi Jinping nel 2015 propose una strategia vantaggiosa in cui Stati Uniti e Cina soddisfacessero gli interessi reciproci perseguondo uno sviluppo comune insieme ai propri interessi come Stati-nazione. Charles Freeman Jr, veterano del corpo diplomatico che fu interprete nella storica visita di Richard Nixon in Cina nel 1972, mi disse anni fa che la politica statunitense di rafforzamento militare, o politica Asia Pivot, promulgata da Barack Obama, era indirizzata male perché “forniva una risposta militare a un problema economico”. L’Esercito di liberazione popolare (PLA) si è concentrato maggiormente su sicurezza interna, difesa della patria cinese contro i vicini dalla storia di invasori e sul contrasto alle forze navali e aeree statunitensi che mappano e sondano costantemente le sue difese costiere. “Una risposta migliore all’ascesa economica della Cina”, affermò Freeman, “sarebbe cercare di sfruttare la prosperità della Cina per la nostra” e “costruire catene di approvvigionamento migliori”, cosa che, “le aziende UDA già tentavano di fare”.
L’amministrazione Obama avrebbe anche potuto “lavorare per risolvere le rivendicazioni concorrenti sulle isole nei mari della Cina meridionale e negoziare su base comune con la Cina”. Invece, intraprese “misure provocatorie”, tra cui “falsi attacchi alle installazioni cinesi”, che “non furono gradite dai cinesi” portando a contromisure che includevano l’invio di navi al largo delle Hawaii e di Guam”. [4]
Poco è cambiato con Biden, tranne che la portata delle provocazioni statunitensi è aumentata, insieme ai pericoli dello scoppio della terza guerra mondiale. Il clima politico interno è ancora più sinofobico, coi media che usavano le Olimpiadi di Pechino come ennesima opportunità per inveire contro la Cina e il suo presunto male.
Jeremy Kuzmarov
1. Non sorprende che Inhofe e Reed siano generosamente finanziati dalle industrie aerospaziale e della difesa, insieme a quella petrolifera nel caso di Inhofe. Reed è un forte sostenitore dei droni, avendo ricevuto un generoso sostegno finanziario dal principale produttore di droni, General Atomics .
2. Jeremy Kuzmarov, Obama’s Unending Wars: Fronting the Foreign Policy of the Permanent Warfare State (Atlanta: Clarity Press, 2019), 200; Han Yi-Shaw, “The Inconvenient Truth Behind the Diaoyu/Senkaku Islands“, The New York Times, 19 settembre 2012. Nella sua biografia Koga Tatsushiro, il primo cittadino giapponese ad affittare le isole dal governo Meiji, attribuì il possesso giapponese delle isole alla “valente vittoria militare delle nostre forze imperiali”.
3. Ivy Lee e Fang Ming, “Deconstructing Japan’s Claims of Sovereignty Over the Diaoyu Islands“, The Asia Pacific Journal, 30 dicembre 2012
4. Kuzmarov, Le guerre infinite di Obama, 201, 202.
Traduzione di Alessandro Lattanzio: http://aurorasito.altervista.org/?p=22695