Geopolitica. I prossimi cambiamenti in Occidente…

I giorni dell’indiscusso dominio USA/NATO sono finiti.
Per qualche ragione, all’indomani dei falliti colloqui tra i rappresentanti russi, nordamericani e NATO a Ginevra, tutti parlano come se credessero che l’invasione russa dell’Ucraina sia imminente. Dai funzionari del dipartimento di Stato USA, Pentagono e NATO alle agenzie di intelligence e ai media, tutti parlano come se non avessero il minimo dubbio che la Russia intenda invadere. Tuttavia, in un incontro col presidente Biden, il presidente ucraino Volodimir Zelenskij l’esortava a non provocare il panico, dicendo che non vedeva minaccia ora che non nel simile ammassamento di truppe la scorsa primavera. Il Presidente Vladimir Putin è infatti un leader cauto e calcolatore che ha incrementato forza e posizione globale della Russia negli ultimi vent’anni. La sua strategia pare incentrata su consolidamento della ritrovata alleanza della Russia con la Cina, rafforzamento militare russo, consolidamento dell”unione eurasiatica e passaggio sempre più crescente in Medio Oriente ed espansione delle alleanze coi governi filo-russi, in particolare Siria e Iran. Queste manovre minacciano l’egemonia di Stati Uniti ed occidente e possono rivelarsi dannose per il cartello bancario globale in prima linea nella spinta a voler provocare una guerra e indebolire e distruggere la Russia oggi.

La promessa del 1990: non un pollice verso est!
Riassumiamo brevemente la storia delle relazioni tra Russia e Occidente. Nel febbraio 1990 l’Unione Sovietica era intatta e la Germania divisa: la Germania occidentale era membro della NATO e la Germania orientale Paese del blocco sovietico. Il governo degli Stati Uniti chiese al segretario generale Mikhail Gorbaciov la cooperazione dell’Unione Sovietica sul suo piano per la riunificazione tedesca. In considerazione del ritiro sovietico dalla Germania orientale, il segretario di Stato nordamericano James Baker promise che la NATO non si sarebbe espansa “di un pollice ad est”. Tale impegno fu ribadito da altri funzionari statunitensi. I sovietici si ritirarono e la Germania si riunì, ma gli Stati Uniti non mantennero la promessa e, nei successivi 27 anni, l’alleanza NATO si espanse di molti centimetri ad est, aggiungendo 14 nuovi membri, tutti ai confini della Russia. Uno sguardo alle mappe “prima” e “dopo” basta per capire perché la Russia ne è preoccupata:

Oggi l’alleanza è in procinto di assorbire Ucraina e Georgia in vista dell’eventuale piena adesione. Ciò rappresenta la “linea rossa” per la Russia, ma la NATO insiste che l’adesione all’alleanza è aperta a qualsiasi “Stato europeo in grado di promuovere i principi [del Trattato del Nord Atlantico] e di contribuire alla sicurezza dell’area del Nord Atlantico”. Nonostante il blocco comunista non esista più, l’alleanza NATO considera la Russia un nemico e mantiene costantemente atteggiamento ostile nei suoi confronti. Nel corso degli anni, la NATO ha quasi quadruplicato le forze militari ai confini della Russia. Come osservò il professor Stephen Cohen nel 2016, “L’ultima volta che ci fu tale forza militare occidentale ostile ai confini della Russia fu quando i nazisti l’invasero nel 1941. Non i fu mai niente di simile. Nei 40 anni di Guerra Fredda c’era tale zona cuscinetto che andava dai confini sovietici a Berlino. Non c’erano truppe NATO o nordamericane. Questa è una svolta radicale dell’amministrazione [Obama]”. In effetti, la NATO continuò ad accumulare armi, costruire infrastrutture logistiche permanenti e dispiegare sempre più truppe ai confini russi. Gli Stati Uniti hanno costruito basi di “difesa” missilistica in Romania e Polonia, schierato aerei con bombe nucleari vicino la Russia e stanziato oltre 8 miliardi di dollari dei contribuenti statunitensi per potenziare l’arsenale di bombe nucleari B-61 conservate negli Stati Uniti e altri cinque Paesi membri della NATO.
Nel vertice NATO di Bruxelles nel giugno 2021, il segretario generale Jens Stoltenberg si vantò dei piani dell’alleanza per continuare a espandersi: “… ora abbiamo adottato i più grandi rinforzi della nostra difesa collettiva dalla fine della Guerra Fredda e continueremo a rafforzare la nostra difesa collettiva con elevata prontezza, più truppe e maggiori investimenti nella nostra difesa”. Aggiunse: “Forse la cosa più importante che abbiamo fatto è che, per la prima volta nella storia della NATO, abbiamo truppe pronte al combattimento nella parte orientale dell’Alleanza. Nuovi gruppi di battaglia sono schierati nei Paesi baltici e Polonia, abbiamo triplicato le dimensioni della forza di prontezza della NATO”.

Assorbimento dell’Ucraina nella NATO
Nel 2017 il parlamento ucraino approvò una legge che rende l’adesione alla NATO obiettivo politico strategico. Nel 2019, tale obiettivo fu sancito dalla costituzione ucraina. E mentre la piena adesione alla NATO apparentemente non è sul tavolo, l’alleanza chiaramente avanza per integrare l’Ucraina come partner, portando la NATO direttamente alle porte della Russia. La cooperazione tra Ucraina e NATO iniziò nel 1994. Nel luglio 2013 (esatto, cinque mesi prima del colpo di Stato di Majdan), la NATO iniziò ad attuare il “Defense Education Enhancement Program” (DEEP) in Ucraina, niente di meno che la revisione completa dell’addestramento militare e delle istituzioni educative dell’Ucraina. Dal 2013 al 2018, dispiegò più di 350 squadre di addestramento incentrate non solo sull’istruzione degli ufficiali, ma anche su “una nuova generazione di diplomatici e funzionari ucraini”, nonché di addetti stampa. Questo è importante da ricordare perché, quando i “funzionari di alto livello” dell’Ucraina parlano al pubblico occidentale con prosa lucida e inglese fluente, di solito non sono rappresentanti democraticamente eletti del popolo ucraino, ma piuttosto assassini addestrati della NATO che parlano bene.
Armamento ed addestramento dell’esercito ucraino furono accelerati dal colpo di stato di Maidan. Nel 2015 l’Ucraina divenne formalmente membro della NATO Support and Procurement Agency (NSPA), consentendole di acquistare direttamente armi e tecnologia militare. Molti dei nuovi centri di addestramento sono destinati a diventare basi militari in futuro. Inoltre, almeno due delle unità militari ucraine furono certificate idonee per il dispiegamento nell’ambito della Forza di risposta della NATO. Un comunicato stampa di uno di tali reggimenti affermava che “I membri del servizio… hanno fatto molta strada per unirsi alla famiglia della NATO e hanno soddisfatto tutti i requisiti dell’alleanza per svolgere missioni di combattimento insieme ai partner stranieri”. “Famiglia della NATO?”, il comunicato stampa proveniva direttamente dall’accademia del DEEP. Ma non tutti i programmi possono essere mostrati nell’album di famiglia. Di recente, Yahoo! News divulgò la notizia di un programma segreto per addestrare unità paramilitari ucraine negli Stati Uniti. Il programma è gestito dal “dipartimento di terra” della CIA dal 2015 come sforzo anti-russo.
Stati Uniti e Gran Bretagna erano attivi nello sviluppo navale dell’Ucraina. Nel giugno 2021, Gran Bretagna e Ucraina firmarono un accordo per la costruzione di navi da guerra per la marina ucraina e di due nuove basi navali, una nel Mar Nero e una nel Mar d’Azov. L’ accordo fu firmato a bordo di un cacciatorpediniere della marina britannica alla presenza dell’ambasciatrice britannica in Ucraina, Melinda Simmons, e dell’ammiraglio Tony Radakin.

I russi ne hanno abbastanza
Così, per 30 anni, le potenze occidentali hanno accumulato incessantemente risorse militari nell’Europa orientale e sostenuto una rivoluzione colorata dopo l’altra ai confini della Russia, trasformando tutti gli Stati vicini in avversari filo-occidentali. Per tutto questo tempo, le risposte della Russia furono solo reattive, non proattive. Ma ora la Russia ha dato alle potenze occidentali un chiaro segnale che non tollererà più ulteriori violazioni dei suoi problemi di sicurezza. Il 17 dicembre 2021, il Cremlino pubblicò due bozze di trattati che formulano un accordo di sicurezza radicalmente nuovo, presentati al governo di Stati Uniti e alleanza NATO. I trattati affrontano gli aspetti delle attività USA/NATO in Europa che mettono a repentaglio la sicurezza della Russia e stabiliscono una serie di richieste straordinariamente dure, tra cui fine dell’espansione della NATO e ritiro della NATO dall’Europa orientale. Il testo dei trattati apparentemente sbalordiva i destinatari, eppure nessuno pare pensare che i russi bluffino. Come affermò il portavoce non ufficiale del Cremlino, Dmitrij Kiseljov, “la Russia ha fatto un’offerta agli Stati Uniti che non possono rifiutare. Il momento della verità è arrivato”.
Il governo russo chiariva che si aspetta una pronta risoluzione della questione e i colloqui tra le parti furono organizzati a Ginevra dal 10 al 13 gennaio 2022. Dopo i colloqui della prima giornata col vicesegretario di Stato nordamericano Wendy Sherman, il Viceministro degli Esteri russo Sergej Rjabkov affermò senza mezzi termini che “Per noi è assolutamente obbligatorio assicurarsi che l’Ucraina non diventi mai, mai e poi mai membro della NATO”. Inoltre spiegò che “Abbiamo presentato ai nordamericani nel modo più dettagliato possibile logica e sostanza delle nostre proposte, spiegato perché ottenere garanzie legali dalla NATO a non espandersi è un imperativo assoluto, spiegato perché dobbiamo assolutamente ricevere garanzie legali sul non schieramento di sistemi d’attacco ai confini della Russia, e perché poniamo la questione dell’abbandono da parte della NATO, in linea di massima, dello sviluppo materiale sul territorio di Stati che hanno aderito all’alleanza dopo il 1997″.
Queste richieste possono sembrare estreme, ma da più di due secoli la Russia ha subito molteplici invasioni e rivoluzioni colorate dirette dai centri di potere occidentali. Nel 1941 la Germania invase la Russia, provocando una massiccia devastazione e oltre 20 milioni di russi persero la vita. Oggi la Russia si trova ad affrontare un’alleanza ostile di 30 nazioni, tre delle quali (Stati Uniti, Regno Unito e Francia) potenze nucleari, due (Stati Uniti e Regno Unito) aperte all’uso del primo attacco nucleare e una che effettivamente lanciò bombe nucleari sulla popolazione civile nemica in guerra. Non dovrebbe essere difficile capire perché la Russia ha seri problemi di sicurezza. Di conseguenza, Sergej Rjabkov chiariva che, se Stati Uniti e NATO procederanno con nuovo dispiegamento di armi vicino ai confini della Russia, risponderà con “misure tecniche militari” che “danneggeranno inevitabilmente la sicurezza di Stati Uniti e loro alleati europei”. Questo era davvero un discorso incredibilmente duro dal rappresentante russo. L’analista di lunga data Gilbert Doctorow pensava che “se accettati nella forma attuale, questi trattati rappresenterebbero la capitolazione totale degli Stati Uniti su tutto ciò che quattro amministrazioni cercavano di ottenere per contenere la Russia “.
Non sorprende che i colloqui di Ginevra non abbiano prodotto nulla. Il giorno seguente, il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov tenne una lunga conferenza stampa in cui affermò che la parte russa si aspetta “una risposta concreta” alla proposta di sicurezza, ma che la “pazienza di Mosca è al termine”. Durante la conferenza Lavrov si riferì al proverbio secondo cui i russi impiegano molto tempo a imbrigliare i cavalli, ma una volta che i cavalli lo sono, cavalcano rapidamente. Disse: “… ci stiamo imbrigliando da tempo, e ora è tempo per noi di andare”. Credo di sapere dove andranno i russi dopo, ma prima di azzardare una ipotesi, sarà utile impostare questo episodio nella corretta prospettiva storica che va ripetuta.

Il contesto è tutto
La prima cosa importante da capire è che, finora, la geopolitica nordamericana è guidata dagli interessi rozzi del defunto impero britannico. All’inizio del 20° secolo, quando l’Impero Britannico iniziò a crollare, i suoi agenti, il cartello bancario internazionale della City di Londra, si mossero per infiltrarsi e cooptare le istituzioni governative degli Stati Uniti e dirottarne la ricchezza e il potere militare per perseguire ambizioni imperiali. Per più di un secolo, il loro imperativo generale fu mantenere l’egemonia sulla massa continentale eurasiatica. Sir Halford Mackinder formulò esplicitamente tale obiettivo nel 1904 nella sua Heartland Theory. In Democratic Ideals and Reality scrisse: “Chi governa l’Europa dell’Est comanda l’Heartland; chi governa l’Heartland comanda l’Isola del Mondo; chi governa l’Isola del Mondo controlla il Mondo. Per Isola del Mondo, Mackinder intendeva l’Eurasia.
Quando i costruttori dell’impero si infiltrarono negli Stati Uniti, portarono con sé i loro obiettivi politici, incluso l’imperativo di governare l’Europa orientale per controllare l’Eurasia. Nel suo libro del 1997 The Grand Chessboard, l’intellettuale di corte dell’Impero Zbigniew Brzezinski articolò tale obiettivo come una priorità degli USA e ne spiegò la logica: “Per gli USA, il principale premio geopolitico è l’Eurasia… L’Eurasia è il continente più grande del globo ed è geopoliticamente assiale. Una potenza che domina l’Eurasia controllerà due delle tre regioni più avanzate ed economicamente produttive del mondo… Circa il 75% della popolazione mondiale vive in Eurasia e anche la maggior parte della ricchezza fisica del mondo vi è presente, sia nelle sue imprese che nel sottosuolo. L’Eurasia rappresenta il 60% del PIL mondiale e 3/4 delle risorse energetiche mondiali conosciute”. (“La grande scacchiera”, 1997)
La stessa ossessione imperiale fu riaffermata ancora una volta nell’agosto 2018, in un briefing del sottosegretario di Stato nordamericano per gli affari europei ed eurasiatici A. Wess Mitchell alla commissione per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti. Nell’occasione, Mitchell esplicitò che “l’obiettivo centrale della politica estera dell’amministrazione [Trump] è difendere il dominio statunitense sulla massa continentale eurasiatica come principale interesse per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e preparare la nazione a questa sfida”. Mitchell affermò che l’amministrazione “lavora col nostro stretto alleato, il Regno Unito, per formare una coalizione internazionale per coordinare gli sforzi in tale campo”. Ma sfortunatamente per i costruttori di imperi, negli ultimi 20 anni la Russia è emersa da potenza rivale nell’Europa orientale e grande ostacolo alle loro ambizioni globali. È quasi certo che l’impero farà di tutto per eliminare questo ostacolo. Tale è il contesto che spiega l’espansione della NATO, gli schieramenti militari e il sostegno a molteplici rivoluzioni colorate ai confini della Russia: è la lotta dell’impero morente per mantenere la supremazia e distruggere qualsiasi rivale che possa ostacolare il suo “dominio a pieno spettro”.
Non vi possono essere dubbi sul fatto che la leadership russa comprenda l’espansione della NATO proprio in questo contesto. La nostra prossima domanda è: da dove viene questa ossessione per il dominio dell’Eurasia? Qual è il motivo della necessità di conquista ed egemonia?

Si tratta di garanzie
Come suggerì lo storico Ramsay MacMullen, per arrivare a una corretta comprensione della storia, dobbiamo comprendere le motivazioni di gruppi ed individui che crearono quella storia. Dopo più di due decenni di guerre permanenti, possiamo abbandonare l’illusione che i nostri eserciti combattano per diffondere democrazia e libertà o che i nostri capi perdano il sonno sui diritti umani di persone in terre lontane. La lotta è chiaramente per le risorse (compresa forza lavoro locale) perché le risorse rappresentano una garanzia di denaro. Il sistema finanziario occidentale è assolutamente affamato di garanzie di alta qualità e l’Eurasia ne è piena. Il problema del sistema monetario occidentale è che tende ad accumulare debiti su debiti, facendo leva sul sistema fino a crollare, sbandando permanentemente da una crisi all’altra. Può essere stabile solo mentre si espande. Cresce coll’espansione del credito e l’espansione del credito richiede garanzie di qualità. Di quante garanzie abbiamo bisogno? Alcuni anni fa intravedemmo l’entità del problema: l’appendice alla presentazione trimestrale dei rimborsi del Treasury Borrowing Advisory Committee (TBAC) mostrò che nel 2013 la domanda totale di “High-Quality Collateral” (HQC) doveva stabilizzare il sistema era stimato a 11,3 trilioni di dollari.
Tale cifra è sicuramente cresciuta notevolmente negli anni successivi. Per inciso, il TBAC è una delle agenzie più potenti del governo. Anche se la maggior parte delle persone non sa dell’esistenza di tale comitato, è il cardine in cui il potere bancario collude col potere politico. È gestito da banchieri e non da rappresentanti del popolo. Alcuni credono che sia il comitato che governa davvero la nazione. Quando il TBAC dice al governo che ha bisogno di più garanzie, il governo ascolta. Se tutto questo pare ambiguo, forse un esempio concreto aiuta a capire come la conquista militare si traduca in garanzie di alta qualità. Nel 2016, il Rapporto Chilcot, indagine sul ruolo britannico nella guerra in Iraq, rivelò che sei mesi dopo l’invasione del 2003, un consorzio di banche occidentali guidato da JPMorgan concesse un prestito di 2,5 miliardi di dollari per “aiutare” la ripresa economica dell’Iraq. Il prestito era estremamente favorevole e privo di rischi per i banchieri poiché ipotecava le esportazioni di petrolio iracheno. Forse fu solo una coincidenza che JPMorgan fosse uno dei maggiori sostenitori della campagna elettorale Bush/Cheney.
Una volta al potere, l’amministrazione Bush attuò l’invasione dell’Iraq. JP Morgan ampiamente ricompensò l’inestimabile contributo di Sir Tony Blair nel rendere possibile la guerra. Alla fine del suo mandato a primo ministro britannico, la banca l’assunse come consulente con un contratto da 5 milioni di dollari all’anno.
Il prestito JPMorgan all’Iraq fu solo un caso in cui un grosso prestito evocato dal nulla e garantito dalla ricchezza naturale della nazione soggiogata andava rimborsato cogli interessi. Puoi moltiplicare tali accordi cento volte o più se puoi schierare eserciti in regioni ricche di risorse e le tue società hanno accesso allo sfruttamento di tali risorse. Tali garanzie di alta qualità possono quindi essere sfruttate in modo che l’espansione del credito possa continuare prima che si presenti la necessità di avere nuove garanzie. Si confronti la fortuna di JP Morgan in Iraq due decenni fa con alcuni attuali sviluppi nella regione. Ad esempio, l’Iran costruisce un enorme progetto di hub del gas naturale che lo porterà dalla regione del Caspio all’Europa. Si stima che solo uno dei giacimenti di gas di recente sviluppo, Chalous, contenga riserve sufficienti per soddisfare oltre il 50% della domanda di gas europea per almeno 20 anni. Ma con ascesa di Russia e Cina a nuove potenze dominanti in Eurasia, tali progetti sono ora vietati a banche e società occidentali. Oggi gli attori chiave nello sviluppo dell’infrastruttura energetica sono Gazprom e Transneft in Russia, CNPC e CNOOC in Cina e KEPCO in Iran. Dal punto di vista dei banchieri, si tratta di molte garanzie di alta qualità ora nelle mani “sbagliate”.

Cosa succede dopo?
Chiaramente, il conflitto tra est e ovest non è sull’ideologia o su del territorio. Si tratta di egemonia sulle regioni ricche di risorse del mondo e questo rende le posizioni delle due parti intrattabili. I russi lo capiscono chiaramente, il che spiega perché presentavano alle potenze occidentali una serie di richieste così dure che sicuramente sapevano sarebbero state respinte. Pare che la Russia intenda davvero rispondere con misure tecniche militari che mettano a rischio la sicurezza delle potenze occidentali. Finora, però, anche tra gli analisti russi, nessuno sembra sapere cosa accadrà. La maggior parte di esperti e funzionari occidentali sembra convinta che la Russia invaderà l’Ucraina, ma non credo che accadrà. I media tenevano conto delle osservazioni del Viceministro degli Esteri russo secondo cui non escludono lo schieramento di risorse militari a Cuba o Venezuela. Probabilmente è un falso. Alcuni analisti, tra cui Scott Ritter, suggerivano che la Russia potrebbe schierare missili a medio raggio contro le capitali europee con testate nucleari. Il Cremlino probabilmente aumenterà la pressione su Stati Uniti e NATO in diversi modi, ma la mia impressione è che il primo focus sarà sul Golfo Persico, strategicamente di enorme importanza per l’occidente ma dove le posizioni USA/NATO sono sempre più fragili. La Russia potrà mettere a repentaglio la sicurezza delle potenze occidentali nella regione attuando “misure tecniche militari” a sostegno dei regimi amici in Medio Oriente, in primo luogo l’Iran.
E’ chiaro che l’Iran diventa una componente importante dell’agenda cinese One Belt One Road e che si configura come pietra angolare dell’architettura di sicurezza in Medio Oriente e nel Golfo Persico. Questi sviluppi hanno il pieno sostegno della Russia. Il 27 marzo 2021, l’Iran firmò un piano di cooperazione globale di 25 anni con la Cina che include cooperazione culturale, diplomatica, economica e militare. Il 17 settembre, l’Iran diventava componente della Shanghai Cooperation Organization (SCO). L’Iran anche firmò vari accordi di sicurezza con la Russia e negozia un accordo di cooperazione ventennale sul modello dell’accordo Iran-Cina. L’11 dicembre 2021, il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh dichiarò che: “Come la tabella di marcia della cooperazione di 25 anni che abbiamo sviluppato con la Cina, possiamo fare lo stesso coi principali Paesi vicini”. Chiaramente, gli iraniani, impegnatisi a cacciare gli Stati Uniti dalla regione, erano sempre più fiduciosi nell’affermare l’influenza regionale. Naturalmente, la maggiore sfida a politica e sicurezza regionale dell’Iran è la presenza di truppe e basi militari nordamericane che circondano l’Iran, come da mappa sottostante:

Ma negli ultimi anni statura ed influenza dell’Iran sono cresciute mentre quelle di Stati Uniti e NATO sono diminuite. Per inciso, la mappa illustra un altro motivo per cui la presa sull’Afghanistan era importante per l’Impero. La partnership dell’Iran con Russia e Cina finirà per ribaltare l’equilibrio di potere militare, quindi forse non è un caso che la visita del Presidente Ebrahim Raisi a Mosca fosse prevista il 19 gennaio 2022, pochi giorni dopo i falliti colloqui tra Russia e Stati Uniti a Ginevra. Nell’annunciare l’incontro, il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov affermò che si trattava di un incontro “molto importante”, aggiungendo: “Senza dubbio, tra le questioni internazionali, quelle come il Piano d’azione globale congiunto e la sicurezza del Golfo Persico, saranno discusse nella riunione dei Presidenti di Iran e Russia”. In apertura dell’incontro col Presidente Putin, Raisi affermò che il rapporto tra le due nazioni “dovrebbe essere permanente e strategico”. Nel discorso alla Duma russa, affermò: “La strategia di dominio ora è fallita, gli Stati Uniti sono nella posizione più debole e il potere delle nazioni indipendenti vive una crescita storica”. La visita del Presidente Raisi a Mosca fu seguita due giorni dopo da esercitazioni delle Marine russa, iraniana e cinese nel Mar di Oman, non lontano dallo stretto strategicamente cruciale di Hormuz. La dimostrazione di forza delle tre potenze fu l’indizio inequivocabile che c’è un nuovo sceriffo in città e che i giorni dell’indiscusso dominio USA/NATO nella regione sono finiti.
Pertanto, le misure “tecniche militari” annunciate dalla Russia, se Stati Uniti e NATO non acconsentivano alla bozza di trattati, saranno probabilmente adottate a sostegno delle forze che già cacciano le potenze occidentali dalla regione. L’Iran è ovviamente il principale candidato a tale sostegno e, durante la visita a Mosca, il Presidente Raisi non mancò di sottolineare credibilità ed impegno dell’Iran su questo obiettivo affermando: “Resistiamo ai nordamericani da 40 anni”. Insieme alle forze per procura in Iraq, l’Iran renderà sempre più difficile e costoso agli Stati Uniti assicurarsi il controllo della regione. La Russia non avrà affatto bisogno di affrontare gli Stati Uniti: le forze statunitensi saranno semplicemente logorate e alla fine cacciate similmente all’Afghanistan. Per le nazioni occidentali, che già affrontano una crisi energetica che si aggrava, ciò potrà effettivamente metterne a repentaglio la sicurezza. Ma potrebbe anche avere gravi effetti negativi sui loro economie e mercati di capitali. Paradossalmente, però, per la stessa ragione le potenze occidentali non faranno pubblicità sul loro controllo che sfugge; probabilmente abbozzeranno in silenzio e manterranno una faccia truce il più a lungo possibile per mantenere i mercati convinti che le loro entrate dal Medio Oriente rimarranno al sicuro per sempre.
Pubblicai per la prima volta ciò che ho esposto nella mia newsletter TrendCompass il 14 gennaio, dal titolo “Solo un presentimento: sarà il Golfo Persico?” Posso confessare, questa è davvero solo un’intuizione, basata sulla mia personale lettura della situazione. Tuttavia, poiché gli eventi si sono svolti nelle ultime due settimane, sono sempre più convinto che la mia intuizione sia corretta. Allo stesso tempo, tuttavia, non potevo indovinare come avrebbero potuto svolgersi esattamente gli eventi. Per prima cosa, l’incertezza è probabilmente parte dell’equazione: l’attuale mossa della Russia è un allontanamento radicale dallo status quo e dovrebbe essere a suo vantaggio mantenere gli avversari distratti sui posti sbagliati. In effetti, è possibile che nelle prossime settimane non accada nulla. Tuttavia, non vanno sottovalutati i cambiamenti in atto. Man mano che si accumulano, precipiteranno bel collasso dell’ordine globale radicatosi da più di due secoli.

Come si manifesteranno i prossimi cambiamenti in occidente
La Russia probabilmente non invaderà l’Ucraina e le bombe russe non pioveranno sulle città europee. Ma il dolore sarà reale e i cambiamenti si faranno sentire fortemente nei nostri mercati di capitali e materie prime. Nel tempo, assisteremo a un aumento sostanziale dei tassi di interesse, che alla fine spingeranno i prezzi delle azioni nel vero mercato ribassista. A differenza delle correzioni limitate e di breve durata che abbiamo visto negli ultimi quattro decenni, un vero mercato ribassista sarà drastico e durevole. È quello che successe negli Stati Uniti dopo la bolla degli anni ’20 e in Giappone dopo la bolla degli anni ’80. In entrambi i casi abbiamo visto un calo dei prezzi delle azioni di oltre l’80%. Il mercato azionario statunitense impiegò oltre 25 anni per riprendersi mentre il Nikkei deve ancora tornare, dopo ben 32 anni, al picco del 1989. È inoltre probabile che assisteremo a una continua accelerazione dell’inflazione nella maggior parte se non in tutti i Paesi del G7, nonché al graduale peggioramento della crisi energetica che potrebbe protrarsi per anni. Ciò potrà spingere i prezzi dell’energia ben oltre i livelli odierni. Anche senza tener conto del conflitto con la Russia e sulla base dell’esaurimento accelerato delle riserve di petrolio convenzionali, il ministero della Difesa britannico previde nel 2012 che il prezzo del greggio sarebbe salito a 500 dollari al barile nel 2040. (Attualmente è di 85 al barile).
Tendenze simili si concretizzeranno probabilmente in altre materie prime, inclusi metalli e prodotti agricoli, alimentando un superciclo sostenuto delle materie prime che molti analisti previdero negli ultimi anni.

Alex Krainer

Fonte originale: https://covertactionmagazine.com/2022/02/01/after-failed-talks-russia-will-likely-target-persian-gulf/

Traduzione di Alessandro Lattanzio – http://aurorasito.altervista.org/?p=22409

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