L’etica universalista che piace ai vegani
Noi universalisti, che guardiamo con occhio amorevole e con stupore la bellezza dell’alga e della balena, dell’elefante e del moscerino, dell’orchidea e dell’ortica, abbiamo una missione da compiere: quella di contribuire a rendere migliore questo mondo, e questo è possibile solo rendendo migliore l’essere umano, più responsabile delle sue azioni, libero dalla violenza, dalla malattia, dall’ignoranza.
Noi non chiediamo una povertà più dignitosa, ma la sua totale abolizione; non chiediamo guerre meno cruenti, ma la loro cancellazione dalla storia presente e futura; non chiediamo giustizia per gli uomini, ma per tutte le creature in grado di soffrire; non chiediamo gabbie più grandi per gli animali, più pulite, ma vuote; non chiediamo la regolamentazione della caccia o della pesca, ma la loro totale abrogazione; non chiediamo la riduzione del consumo della carne ma la demolizione fino alle fondamenta dei mattatoi; non chiediamo la chiusura degli stabulari dei vivisettori, ma la loro irrevocabile e perenne chiusura.
Noi amiamo la Vita, di un amore struggente ed inestinguibile; percepiamo il dolore e il dramma di ogni vittima innocente e ognuno di noi, muore mille volte al giorno al pensiero della lama che inesorabile spegne per sempre l’anelante desiderio di esistere di un vitello, un agnello, un coniglio…; per questo non è nella nostra natura essere tiepidi, assolvere coloro che considerano gli animali oggetti ad uso e consumo dell’uomo: sarebbe come chiedere agli antischiavisti di non colpevolizzare coloro che li fustigavano e li uccidevano, o alle vittime dei campi di sterminio di non colpevolizzare i loro carnefici.
Noi siamo la voce di coloro che non possono difendersi: chiederci di non gridare il nostro disappunto è come chiedere ad una madre di non urlare mentre suo figlio viene colpito. Noi non differenziamo gioia e dolore, vita e morte, crimini e delitti; non adottiamo due pesi e due misure (questa è la nostra forza e la nostra grandezza morale): per noi un’azione criminosa resta tale chiunque sia la vittima. Non giudichiamo, sarà la Vita a farlo per noi, ma la nostra coscienza ci impone di affermare che uccidere amche un animale è sempre fratricidio.
Siamo considerati estremisti, esagerati e certo lo siamo: per noi uno o centomila è la stessa cosa perché il valore della vita non è inversamente proporzionale al numero dei suoi componenti; per noi la violenza e l’ingiustizia non è più o meno grave a seconda della vittima; per noi quando viene ucciso un cavallo, un uccello o un abete è parte di noi che viene uccisa.
Procedere con calma senza infastidire i macellatori di animali ed i guerrafondai? Non è nella nostra visione delle cose. Ma chiedere tutto e subito è follia. Occorre procedere per gradi dando alla gente il tempo di capire, di informarsi, di sensibilizzarsi, perché se l’ignoranza è madre di tutte le sventure è l’indifferenza verso chi soffre ciò che ha fatto di questo mondo un luogo di dolore. Molto dipende da noi, dalla nostra volontà, dalla passione e dall’amore con cui conduciamo questa luminosa missione. La nostra causa procederà inevitabilmente, è nell’ordine evolutivo delle cose, nonostante la deludente realtà che a volte anche i migliori, dopo un primo entusiastico approccio, dimenticano la causa e si eclissano per motivi forse non sempre giustificabili.
Utopia era considerare al tempo dei romani la eliminazione dei combattimenti al Colosseo; era pensare di scoprire nuove terre oltre le colonne d’Ercole; era considerare l’unificazione dell’Italia al tempo dei Borboni; era pensare di approdare sulla luna, parlare e vedere in diretta l’immagine di qualcuno che si trova all’altro capo del pianeta. Ma un’utopia non si attua in un giorno: è sempre il frutto sofferto e maturato di un processo evoluivo. Ogni filosofia, ogni dottrina nasce da un seme gettato che col tempo diventa albero e dà i suoi frutti. Non tutte le utopie sono destinate a diventare realtà: solo se nella loro essenza vive il seme per il bene di tutte le cose: così sarà per l’utopia vegana. Ma affinché le utopie diventino realtà c’è bisogno di gente folle, disposta a credere realizzabile un progetto mai realizzato.
Io sarò duro nel denunciare questa cultura di sfruttamento e di sistematico massacro dei più deboli, questa spaventosa indifferenza verso la sofferenza di miliardi di creature innocenti; so di essere nel giusto perché difendo la vita, la civiltà, il progresso morale, civile e spirituale; non scenderò a compromessi con la mia coscienza, non sarò edulcorato, non celerò la verità dei fatti. Parlerò con garbo, gentilezza ma con determinazione, informerò, sensibilizzerò il cuore della gente, sempre ed ovunque… e sarò ascoltato.
Franco Libero Manco