Vaticano in subbuglio. Il gesuita papa Francesco non vuole dimettersi…
Recentemente ha destato viva sensazione una dichiarazione di papa Francesco, che sarebbe stata esternata nel corso di una sua recente visita apostolica in Slovacchia, durante un incontro con la locale comunità gesuitica. Per i non addetti ai lavori è importante sottolineare come la Compagnia di Gesù, fondata da Sant’Ignazio da Loyola in piena controriforma, sia l’ordine cui appartiene l’attuale Pontefice. Una delle sue caratteristiche è l’organizzazione quasi militare, che ne ha a lungo fatto una specie di “Chiesa nella Chiesa”, fedele al Papa, ma avvolta da un alone di mistero.
Va altresì sottolineato come Jorge Mario Bergoglio sia anche il primo esponente dei Gesuiti a raggiungere il Soglio di Pietro.
A quanto si è appreso – per giunta ad opera di “Civiltà Cattolica”, che della Compagnia di Gesù è il prestigioso house organ – Francesco avrebbe rivelato ai suoi confratelli che qualcuno in Vaticano lo desidererebbe morto e che in occasione del recente ricovero al Gemelli si sarebbero anche svolti conciliaboli e riunioni per concordare una strategia in vista del futuro conclave.
Papa Francesco rivela: in buon salute, ma in Vaticano qualcuno preparava il Conclave. Come si ricorderà, il 7 luglio scorso il Papa ha avuto bisogno di un intervento all’intestino che, per quanto programmato, aveva destato qualche allarme. Tutto è andato poi per il meglio: il Pontefice si è ristabilito ed è stato in grado di mettersi in viaggio. Che stia bene lo prova inoltre la circostanza che faccia piani per il futuro.
Ciò nonostante qualcuno avrebbe complottato e non è neanche difficile capire chi possa essere stato. Si parla di un ristretto novero di prelati, forse addirittura cardinali, che farebbero capo al mondo cattolico più conservatore degli Stati Uniti. Tra i porporati implicati vi sarebbe – pare – anche un ex grande elettore di Bergoglio, evidentemente insoddisfatto della scelta fatta all’indomani dell’abdicazione di Joseph Ratzinger.
Richiesto di un commento – fatto che ha aggiunto stupore alla sensazione – il Segretario di Stato vaticano, cardinal Pietro Parolin, ha negato di esser a conoscenza di quanto è accaduto, ammettendo di non avere informazioni al riguardo.
Quanto è successo, in realtà, non è del tutto inusuale, salvo che per la denuncia fatta dal Papa. C’è anzi chi ha spiegato la storia moderna della Chiesa e della Santa Sede in particolare proprio attraverso il prisma dell’elezione pontificia.
In pratica, il conclave condizionerebbe permanentemente il Papato in almeno due modi, che talvolta agiscono in modo concomitante, riducendo i margini d’azione a disposizione del Pontefice regnante.
Un’elezione contrastata, in primo luogo, si riverbererebbe sul Papa eletto, indebolendolo rispetto al collegio cardinalizio e rendendolo insicuro.
Secondo almeno uno storico delle vicende vaticane, Francis Burkle-Young, ad esempio, sarebbe stata questa la sorte di Paolo VI, asceso al soglio di Pietro nel 1963 e tormentato fino alla morte, giunta nel 1978, dalla doppia opposizione esercitata nei suoi confronti tanto dai tradizionalisti quanto dai progressisti più radicali.
Diversamente, un Pontefice eletto plebiscitariamente ha maggior facilità nell’assumere la guida della Chiesa ed imporre la propria agenda. Neanche in questo caso, peraltro, le manovre cessano del tutto.
I Papi infatti vengono eletti solitamente nella loro vecchiaia. Conseguentemente, di norma non ci si aspetta che il loro regno duri moltissimo. Giovanni Paolo II fu un’eccezione, avendo ottenuto il Pontificato a soli 58 anni di età, anche a causa dello shock determinato dalla fulminea scomparsa del predecessore, morto dopo soli 33 giorni trascorsi alla testa della Chiesa.
A Wojtyla, che era comunque un uomo straordinariamente carismatico, riuscì di essere un Papa forte sia perché investito dell’incarico da una maggioranza che venne definita “regale” per la sua ampiezza, sia perché si pensava che avrebbe avuto davanti a sé un lungo Pontificato.
Anche nel suo caso, peraltro, l’attentato e le malattie che ne contrassegnarono il cammino incoraggiarono la preparazione della sua successione ben prima che Giovanni Paolo II si spegnesse.
Al tramonto di un Papato accade di tutto: si cementano amicizie, si delineano strategie, si prova a condizionare le nomine del Papa che sta invecchiando, specialmente quelle che sfociano nei Concistori, ovvero nella creazione dei nuovi cardinali che parteciperanno al futuro conclave.
In effetti, ciò che si verifica durante la cosiddetta “sede vacante”, cioè nel breve periodo che intercorre tra la fine di un Pontificato e l’elezione del nuovo Papa, è solo l’accelerazione terminale di un lungo processo iniziato molto tempo prima. Talvolta, addirittura nel conclave precedente, come forse è successo in occasione della vicenda che ha portato a Roma l’allora arcivescovo di Buenos Aires.
In una Chiesa che è divisa in correnti strutturate in lotta tanto sul piano della dottrina quanto su quello dell’organizzazione interna e della postura esterna si può considerare persino normale che le elezioni siano “contrastate” e lascino strascichi pesanti.
Joseph Ratzinger fu sul punto di vedersi negare il Pontificato quando i progressisti raggiunsero il numero magico necessario a determinare lo stallo. Ma Bergoglio non volle fare il passo e privò il suo schieramento della bandiera necessaria a vincere. Il braccio destro di Wojtyla divenne Benedetto XVI, ma le tensioni non si attenuarono, esattamente com’era accaduto a Paolo VI negli anni settanta.
Ratzinger venne infine addirittura indotto a dimettersi e non stupisce che sia toccato proprio al suo rivale nel precedente conclave il compito di raccoglierne l’eredità. Ma la partita non si è affatto conclusa. Lo scontro è infatti proseguito, alimentato non solo dalle ambizioni dei singoli, ma anche da fratture concrete, che coinvolgono questioni cruciali per il futuro della Chiesa.
Vi incidono anche fattori geopolitici. Ratzinger scontò una certa ostilità da parte degli ambienti progressisti americani, sia in ragione del proprio conservatorismo che a causa del suo eurocentrismo e della sua volontà di provare a raggiungere un’intesa con l’Ortodossia russa.
Non a caso, dopo la sua abdicazione saranno proprio principalmente i cardinali americani a spingere per una soluzione diversa, che potesse modificare l’atteggiamento della Santa Sede anche sul piano internazionale.
Bergoglio li ha forse delusi? O stanno cercando una rivincita gli sconfitti del 2013? Papa Francesco, in realtà, è una figura molto più complessa di come viene rappresentata. Dopotutto, ha firmato a Cuba proprio l’intesa con il Patriarca Kirill che avrebbe voluto sottoscrivere Ratzinger. Ed ha avuto rapporti difficili con Barack Obama. Tuttavia, ha pure ingaggiato un duello rusticano con Donald Trump. E su temi caldissimi come quello connesso al controllo dei flussi migratori ha assunto posizioni insopportabili per i conservatori più intransigenti.
L’insoddisfazione di alcuni settori è palese e cresce assieme alla polarizzazione della dialettica politica in seno agli Stati Uniti. A quanto pare, anche il Vaticano è stato risucchiato in qualche modo nella guerra civile che dall’America si sta estendendo progressivamente all’intero Occidente.
Giulio Virgi