MODIFICATE DALLA CORTE COSTITUZIONALE DISPOSIZIONI DELLE REGIONI LIGURIA E TOSCANA IN MATERIA VENATORIA

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 138 depositata il 6 luglio 2021 (https://www.giurcost.org/decisioni/2021/0138s-21.html), ha dichiarato incostituzionali due articoli della legge regionale ligure n. 9 del maggio 2020 “Disposizioni di adeguamento della normativa regionale”.

Le norme della Regione Liguria che ora cessano di avere efficacia riguardavano:

· il silenzio-assenso dei proprietari dei fondi alla installazione di appostamenti di caccia da parte di estranei, anche a loro insaputa; i giudici della Consulta hanno sentenziato che la necessità di un diniego scritto al cacciatore per poter esercitare la propria contrarietà all’installazione di appostamenti di caccia e palchi sopraelevati, anche con permanenza di materiali usati per la loro costruzione, viola l’art. 832 del Codice Civile sul diritto alla proprietà;

· l’esercizio della caccia per due giornate a scelta (anziché fisse come prevede la normativa statale) nel mese di gennaio nelle Zone di Protezione Speciale (ZPS) per la tutela dell’avifauna; la Liguria ha 7 ZPS per una superficie complessiva di 20.000 ettari, di cui quella del comprensorio del Beigua è la più grande.

La Corte Costituzionale ha anche precisato che le deroghe ai permessi edilizi per la realizzazione degli appostamenti di caccia non includono l’autorizzazione paesistica, che resta necessaria.

Accolto dunque il ricorso del Governo, emanato lo scorso anno anche a seguito di un esposto di alcune associazioni ambientaliste (LAC Liguria, 7 luglio 2021).

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 20 luglio 2021, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 della legge della Regione Toscana 15 luglio 2020, n. 61 (Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994), promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione, rispettivamente, all’art. 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e all’art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), dal Presidente del Consiglio dei ministri (…). La Corte ha ritenuto che “il numero dei capi complessivi giornalieri cacciabili con riferimento alle specie nocive oggetto della deroga non debbono essere computati nel numero massimo dei capi previsti giornalmente dalla caccia programmata, giacché altrimenti i cacciatori sarebbero disincentivati all’abbattimento dei capi nocivi in favore di altre specie più appetibili.” Peccato che la Corte ignori che gli abbattimenti dei cinghiali provocano un aumento dei danni (LAC Liguria, 20 luglio 2021).

Il Governo ha impugnato alla Corte Costituzionale la legge di semplificazione Lombardia 2021 (n. 7 del 19 maggio 2021) con norme che favoriscono il bracconaggio e il commercio illegale di specie protette (tra cui: impedimento dei controlli sui richiami vivi, deregulation sulla segnatura del capo abbattuto, abolizione della banca dati dei richiami vivi, autorizzazione selvaggia di nuovi appostamenti, ecc.).
La Lombardia è la prima regione italiana per reati di bracconaggio ed è ormai tristemente famosa per le solite, decennali politiche di rapina ai danni della fauna selvatica, e in particolare degli uccelli migratori.
L’impugnazione deriva da esposti predisposti dalla LAC insieme ad altre associazioni nazionali, sul tema si erano svolti audizioni in Commissione regionale e presidi e manifestazioni davanti al Pirellone (LAC, 23 luglio 2021).

Carlo Consiglio, consiglio.carlo@tiscali.it, info@carloconsiglio.it, sito www.carloconsiglio.it

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