Lettera al Giornaletto di Saul sulla situazione in Palestina
Caro “Giornaletto di Saul…”, grazie per la quotidiana boccata d’ossigeno. Giorni fa un amico si meravigliava della censura giornalistica imperante per le notizie che arrivano dalla Palestina (come per altri soggetti), dei comportamenti dei Capi israeliani e dei Capi tipo Erdogan. Gli ho proposto e ripropongo al “Giornaletto…” la mia visione al proposito. Grazie ancora / Giorgio Stern
“In tempi di restaurazione come quelli che viviamo non mi meraviglia ci siano tutti quelli che hanno il potere (e temono di perderlo). Essi maneggiano a piacimento i loro strumenti e tra questi l’informazione. E poi le destre che aspirano a ridiventare quello che già furono, l’Austria con Schultz, l’Italia con Salvini, la Meloni, ecc., a Trieste il poco accorto attuale sindaco (che si fa riprendere esibendo la bandiera isreliana), assieme ai politicanti tipo Letta che vanno dove il fiuto li porta (la politica del naso che alla fine produce nasate).
Sul piano internazionale c’è poco da dire; il capo del governo di Tel Aviv fa esattamente quello che vent’anni fa fece Sharon. Andando sulla spianata delle Moschee e, proclamando che la Palestina è solo Israele, poi vinse le elezioni. Fa come Olmert che quindici anni or sono per vincere le elezioni attaccò il Libano. Ma a lui andò male, perse le elezioni perchè perse la guerra. E anche Erdogan fa siparietti già ampiamente rappresentati tutte le volte che gli Stati arabi (o limitrofi in questo caso) sono intervenuti a “difesa” dei palestinesi, ma solo per prenderne le redini politiche e approfittarne anche territorialmente. Sul piano storico ad ampio raggio credo di poter dire che sono solo convulsioni, certamente pericolose, ma convulsioni. Tutti dovranno alla fine confrontarsi con la consapevole intuizione di Arafat che ho citato qualche giorno fa “C’è qualcosa che l’Occidente sembra incapace di comprendere o di assimilare. L’energia del nostro popolo non è passeggera, è profondamente radicata nella storia”
(G.S.)
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Commento di F.G.: “L’Egitto è il primo paese che si è precipitato a proporre una mediazione che ponga fine al genocidio in Palestina. Ha aperto il valico di Rafah con Gaza, ha fatto entrare massici aiuti, ha accolto nei suoi ospedali i feriti. Altri stanno a guardare. Sono gli “equidistanti”, equidistanti tra fuoco e acqua…”