Mohandas Karamchand Gandhi, troppo sincretico per restare vivo…
Mohandas Karamchand Gandhi (2 ottobre 1869 – 30 gennaio 1948) è stato il leader preminente del movimento indiano di indipendenza nell’India britannica.
Gandhi, è stato definito “l’apostolo della nonviolenza”. Il personaggio merita sicuramente la nostra attenzione, poiché egli riuscì -in modo abbastanza pacifico- a smuovere le masse ed a condurle verso l’indipendenza. Prima della colonizzazione inglese, comunque, l’India era suddivisa in vari staterelli ed in gran parte era oppressa dal dominio musulmano. La partizione voluta dagli inglesi, a cui Gandhi si oppose sino all’ultimo, portò comunque alla creazione di due stati abbastanza grandi ed omogenei, da una parte il Pakistan musulmano e dall’altra l’India perlopiù induista ma alquanto sincretica (comprendendovi cristiani, jain, buddisti, parsi, etc. e persino musulmani “moderati”).
Mahatma Gandhi nella sua minuscola stanzetta dell’ashram da lui fondato teneva alle pareti solo due ritratti, quello di Giuseppe Mazzini e quello di San Francesco d’Assisi. Gandhi riteneva le due figure esempi ispirativi per la nonviolenza e per l’acume politico sul concetto di libertà.
L’etimologia del nome Gandhi sembra derivi di una combinazione di “gana” e “dhyan”. I Gana sono i custodi della verità assoluta, i difensori del monte Kailash, dimora di Shiva (l’Assoluto), e Dhyan significa “meditazione”. Si potrebbe arguirne che il nome Gandhi significhi “Colui che medita sulla difesa della Verità”. Difatti, per Gandhi la “Verità” fu il primo comandamento e per lei egli sacrificò l’intera sua vita.
Gandhi pagò con la morte prematura la sua Difesa della Verità, il 30 gennaio 1948 veniva ucciso da un indu ortodosso.
Paolo D’Arpini