TEORIA, PRASSI, E CONCETTO DI “EGEMONIA”, NEL PENSIERO RIVOLUZIONARIO DI ANTONIO GRAMSCI
L’importanza dell’opera di Antonio Gramsci risiede sia nella sua azione rivoluzionaria concreta indissolubilmente legata alla nascita del Partito Comunista d’Italia nel 1921, ma anche e soprattutto nella sua opera teorica che seppe interpretare e sviluppare in modo originale il pensiero dei grandi pensatori rivoluzionari del passato. Sotto questo aspetto il pensiero di Gramsci può essere accostato a quello di grandi rivoluzionari come Lenin, Mao Tse Dong, Ho Chi Min, Fidel Castro, Kim Il Sung, che hanno rielaborato il pensiero dei “classici”, come Marx ed Engels, adattandoli alle condizioni concrete in cui sono avvenute le rivoluzioni e le lotte di liberazione di Russia, Cina, Vietnam, Cuba, Corea, ed arricchendo il pensiero dei rivoluzionari “classici” con nuove ed importanti considerazioni.
Il pensiero di Gramsci fu anche estremamente vasto e versatile. Nei suoi scritti si interessò anche di critica letteraria, con acute considerazioni critiche sull’opera di Pirandello e Manzoni; si interessò di critica storica ed analisi delle ideologie “storiche”, in particolare riguardo al pensiero di Machiavelli, primo pensatore ad auspicare la formazione di uno stato italiano moderno; si interessò di filosofia, criticando senza mezzi termini l’idealismo del liberale conservatore Benedetto Croce, il “meridionalismo” conservatore di Giustino Fortunato e lo storicismo idealista di Giambattista Vico, lodando invece l’opera di intellettuali progressisti come Francesco De Sanctis; si interessò persino di analisi del linguaggio, auspicando la nascita di un vero linguaggio nazionale popolare che facesse uscire i proletari dalla trappola delle lingue dialettali.
Il 24 novembre del 1917, quando era ancora membro del Partito Socialista, e quando cominciarono a giungere le prime notizie sulla rivoluzione bolscevica in Russia, comparve sull’organo del Partito, l’Avanti, un famoso articolo: “La rivoluzione contro il Capitale”.
In esso Gramsci prendeva decisamente posizione a favore della rivoluzione e dell’azione di Lenin, e nel contempo criticava aspramente l’interpretazione pseudo-scientifica e revisionista del Capitale di Marx e del concetto di “Materialismo storico” ad opera dei socialisti pseudo-riformisti che ritenevano che ciascuno stato sarebbe dovuto passare attraverso una fase di piena realizzazione del Capitalismo prima di poter giungere al Socialismo.
I riformisti revisionisti sostenevano che il passaggio tra Capitalismo e Socialismo sarebbe avvenuto “spontaneamente” in seguito allo sviluppo delle forze produttive e che era impossibile costruire il Socialismo in uno stato arretrato da un punto di vista capitalistico. La smentita a queste tesi è venuta, non solo dalla riuscita della rivoluzione bolscevica e dalla nascita dell’URSS, in cui sono state coinvolte anche le masse dei contadini poveri, ma anche dalla riuscita delle rivoluzioni di paesi come la Cina, la Corea o il Vietnam, dove dirigenti comunisti illuminati sono riusciti a coinvolgere grandi masse di contadini poveri ed anche di piccola borghesia “patriottica” anticolonialista ed antimperialista. Questi sviluppi erano stati anticipati nello stesso pensiero di Gramsci, in cui si auspicava la nascita di un blocco storico rivoluzionario che unisse gli operai rivoluzionari del Nord sviluppato con i contadini poveri del Sud, ed anche con settori di piccola borghesia, sottraendola alle suggestioni demagogiche del Fascismo.
Nel 1919 la rivista torinese “Ordine nuovo” divenne, per opera di Gramsci un organo di diffusione del pensiero rivoluzionario e sostenne il movimento di occupazione delle fabbriche, fallito anche per il tradimento della direzione riformista ed opportunista del Partito Socialista. Nello stesso anno fallirono, anche per il tradimento dei dirigenti socialisti riformisti che si schierarono con la reazione, i moti rivoluzionari in Germania ed in Ungheria con l’assassinio di Rosa Luxenbourg e Karl Liebenecht, ed il crollo delle repubbliche sovietiche della Baviera e dell’Ungheria.
Le direzioni socialiste revisioniste si erano già vergognosamente distinte per aver votato a favore dei Crediti di Guerra favorendo lo scoppio della devastante Prima Guerra Mondiale, e poi appoggiando lo sforzo bellico. Una delle cause principali della “Rivoluzione di Ottobre” era stato il sentimento diffuso che sfociava nella richiesta di fine della guerra e ritiro di tutti i soldati proletari di tutti i paesi in conflitto.
Dopo la nascita della III Internazionale nel 1919, e dopo il suo primo congresso nel 1920, in Italia con il congresso di Livorno fu fondato il 21 gennaio del 1921 il Partito Comunista d’Itala, che vide tra i principali fondatori e teorici Antonio Gramsci. Nel 1924 Gramsci ne divenne Segretario, distinguendosi sia dall’estremismo sterile del primo Segretario Bordiga, contrario a qualsiasi alleanza per la formazione di un blocco storico rivoluzionario, sia dalle correnti di destra guidate da Tasca, isolate ed escluse poi nel Congresso di Lione del 1926. Iniziato lo scontro all’interno della direzione bolscevica in URSS, Gramsci, pur invitando la maggioranza guidata da Stalin alla moderazione per evitare dolorose rotture definitive, prese comunque posizione contro le politiche avventuriste e parolaie della cosiddetta “sinistra” guidata da Trotzskij, Zinoviev e Kamenev, incapace di comprendere le reali necessità del difficile momento politico. Nello stesso anno 1926 Gramsci fu arrestato per ordine del Governo Fascista e confinato nel carcere di Turi.
Durante il periodo di detenzione il grande intellettuale produsse nei “Quaderni dal Carcere” la maggior parte della sua vasta e preziosa produzione intellettuale. Pur non potendosi riassumere in questa breve nota la complessità del pensiero gramsciano, si può sottolineare che forse il più importante lascito del suo pensiero è stata l’elaborazione del concetto di “Egemonia”.
Gramsci sottolineava il ruolo degli intellettuali organici alle classi dirigenti che avevano svolto e continuavano a svolgere un ruolo di sviluppo ideologico teso a creare una serie di valori politici, culturali e morali che servissero a creare un “senso comune condiviso” che agisse da collante e sostegno idelogico ai poteri dominanti. Di fronte a questa situazione Gramsci auspicava invece la creazione di intellettuali organici alla teoria ed alla prassi rivoluzionaria che indicassero i percorsi per giungere ad una nuova società giusta. Una funzione fondamentale in quest’opera sarebbe stata svolta dal Partito Comunista, uno dei cui compiti fondamentali sarebbe stato quello di creare, anche attraverso l’educazione intellettuale ed ideologica del proletariato rivoluzionario e degli intellettuali progressisti, un intellettuale collettivo capace di orientare l’azione delle masse per la creazione di un mondo nuovo.
Attraverso questo processo l’azione rivoluzionaria sarebbe sfociata, non solo in una “Dittatura del proletariato” (mai criticata da Gramsci), ma anche ad una piena condivisione da parte di larghe masse degli ideali di costruzione del Comunismo. Tutti gli aspetti del pensiero gramsciano, di cui abbiamo cercato di dare un breve sintesi, sono spesso ignorati anche dai mediocri affossatori del partito da lui fondato, che ne fanno spesso genericamente le lodi, in genere ricordando la sua attività antifascista, ma senza illustrarne con precisione tutti gli aspetti più qualificanti. Anche i tentativi a livello internazionale del cosiddetto “pensiero unico” di indicare le esperienze della Rivoluzione di Ottobre e della nascita di una serie di paesi socialisti come un mero incidente circoscritto della storia, sono velleitari. Il movimento comunista ha già trasformato profondamente il mondo (ad esempio con la nascita del grande movimento anticolonialista e la creazione di solide realtà socialiste ed antimperialiste come la Cina, la Corea Popolare, Cuba, o oggi anche il Venezuela, ecc.) e non si potrà più tornare indietro.
Vincenzo Brandi