USA. In scena “deplorables” e quelli del TIP
Al netto dei precedenti eversivi, capeggiati da Hillary Clinton e Nancy Pelosi con il loro dichiarato rifiuto a priori di una vittoria di Trump, quanto si vorrà ora mettere in atto è già contenuto nel programma “Transition Integrity Project” (TIP), “Programma per l’integrità della transizione”. Il documento, di 22 pagine, è stato elaborato alla fine del 2019 e pubblicato ad agosto. Prevede tre scenari, intitolati “La crisi elettorale”, ognuno dei quali culmina in un dilagare di violenza. Del resto, è quanto i media pro-Biden pronosticavano (annunciavano) da mesi prima del voto. L’annunciata messa in dubbio del presidente dichiarato vincitore in queste ore in Pennsylvania, è già in corso. Nella notte si sono fermati i conteggi e si è bloccato l’accesso ai seggi degli scrutatori Repubblicani. Si tratta della classica rivoluzione colorata postelettorale, stavolta in casa, però senza osservatori internazionali. Quando mai, nella “democrazia faro del mondo”! Al termine dell’operazione, Trump dovrebbe essere processato, condannato e incarcerato. Contro questa manovra, Trump non possiede nè milizie, né appoggi maggioritari nei servizi, nell’FBI, tra i militari, o nei media. Gli rimangono le masse di “deplorables”, come ha definito i di lui elettori Hillary: deplorevoli, straccioni.
Sono significativi i ruoli dei due portavoce del TIP: Rosa Brooks, già consulente del Pentagono e personale di Hillary Clinton, dirigente della Open Society di George Soros, docente all’accademia militare di West Point e dirigente del Think Tank “New America”, finanziato dai giganti di Silicon Valley, dei quali promuove la visione di un mondo transumano, tutto digitale e algoritmi ; il colonello Lawrence Wilkerson, capo di Stato Maggiore dell’ex-segretario di Stato, Colin Powell, quando questi giurava all’ONU sulle armi di distruzione di massa di Saddam. Anche la direttrice del TIP Zoe Hudson, è dirigente della fondazione di Soros, grande organizzatrice di destabilizzazioni colorate, e suo collegamento con il governo per 11 anni. Una conventicola, questa, che se passa negli USA, si avvicina alla fine dei suoi giorni millenari anche il resto dell’umanità
Il TIP è un oscuro gruppo a carattere massonico composto da un’élite di membri del governo, forze armate e stampa, di cui si è scoperto il piano per diffondere disinformazione e caos a seguito dell’esito elettorale. Si prevede di trarre vantaggio dal ritardo nella dichiarazione del vincitore, dovuto all’alluvione dei voti postali, assurdamente in arrivo fino a tre giorni dopo la data del 3 novembre. Ne devono conseguire l’inasprimento dello scontro politico e sociale, basato su disinformazione, massiccio intervento delle star di Hollywood (da noi le sottostar pro-Covif) e l’avvio di sedizioni violente per le strade.
Qui ci sono quelli che stanno a vedere, quelli che, presunti marxisti, ma lontani anni luce da Marx, evitano le contraddizioni interne al nemico e se la cavano concludendo che “tanto tutto è capitalismo”. Poi ci sono gli indifferenti, obbedienti, o le monadi di resistenza. Di queste ultime, pensanti, i “not deplorables” si devono liberare in ogni modo. Rischiano di inquinare. E, allora, come in ogni passaggio d’epoca innescato da grandi cospirazioni che sfruttano miseria, carestie, crisi varie e, quindi, paura ben coltivata, parte la caccia alle streghe. Una volta “eretici”, “satanisti”, “demoniaci” e, appunto, streghe, oggi vengono chiamate fascisti, nazisti, negazionisti, sovranisti, omofobi, odiatori, razzisti, ultradestra, analfabeti funzionali, terrapiattisti…
I “not deplorables” sono forti, disposti a tutto, ma non lasciamoci intimidire. Continuiamo, con la verità, a strappare il bavaglio dalla faccia e dal cervello della gente. Chiunque vinca negli USA.
Fulvio Grimaldi – fulvio.grimaldi@gmail.com
P.S. “Giovedì, 5 novembre 2020, dalle ore 16.30, parteciperò su Byoblu a una discussione sulle elezioni USA. Per chi non dovesse avere nulla di meglio da fare e riuscisse a liberarsi per qualche tempo dallo tsunami totalitario dell’operazione virus (che, comunque, c’entra anche qui)…”