A risentirci alla prossima pandemia…
Sicuramente il grido degli animali è arrivato fino in cielo e se questa pandemia non sarà servita a renderci più responsabili, a rivedere le nostre malsane abitudini e il nostro innaturale stile di vita, la prossima pandemia potrebbe essere l’ultima. Se tutto questo non sarà servito a farci capire che è la nostra bistecca la causa prima dell’attuale preoccupante situazione sanitaria, che dobbiamo smetterla di nutrirci di salme di animali allevati in condizioni infernali, di alimentarci con cibi spazzatura senza valore nutritivo che abbattono le nostre difese immunitarie e ci espongono a qualunque virus (favorito dagli incessanti movimenti di merci e di persone attraverso l’intero pianeta); se non è servito a farci capire che dobbiamo bandire dalle nostre tavole alimenti pregni di disperazione, di sporcizia, di malattie, di farmaci; che la causa è da ricercare nella nostra coscienza capace di convivere con l’orrore dei mattatoi allora tutto questo sarà stato inutile.
La necessità di dover sfamare un popolo di carnivori in crescita esponenziale porterà ad un ulteriore peggioramento delle già drammatica situazione degli allevamenti intensivi, (realtà anomala nello scenario naturale). In questi luoghi, ideali per nuovi focolai infettivi, bolgia di orrori indescrivibili, postriboli di infamia e di sozzura, ci sono tutte le premesse perché si sviluppino nuovi virus contro cui potrebbe essere inutile lottare.
L’irresponsabilità generale ha fatto dimenticare i casi che hanno preceduto l’attuale pandemia correlabili alla medesima colpa: l’intossicazione da mercurio in Giappone del 1959, l’epidemia da salmonella del 1988 e quella da peste suina del 1997, quella da salmonellosi, la sindrome della mucca pazza del 1999, il vaiolo nello Zaire per contagio di animali, lo scandalo del pollame, dei suini e bovini alla diossina, la peste viaria del 2000 e altro. Ma la gente preferisce non vedere la connessione profonda che esiste fra il modo in cui interagiamo con la natura e la nostra stessa esistenza. Quanto siano pericolosi gli allevamenti intensivi per la diffusione di zoonosi lo dice lo US Centres for Disease Control and Prevention (CDC):”Tre su quattro delle nuove infezioni e malattie virali provengono dagli animali”.
Perché queste epidemie si ripetono negli ultimi tempi con allarmante frequenza? Senza accorgercene stiamo creando la condizione ideale per il ripetersi dei grandi flagelli infettivi di secoli passati che magari potrebbero ripresentarsi sotto forme di virus diversi, resistenti agli antibiotici. Il prof. Klaus-Peter Schaal, presidente della Società Tedesca di Igiene e Microbiologia insieme all’Associazione dei Veterinari dell’AWMF, già qualche decennio fa chiesero un divieto generale dell’uso di antibiotici negli allevamenti poiché “I ceppi batterici resistenti si stanno diffondendo dagli animali alla popolazione umana”.
Ma la responsabilità non è solo dei politici e dei grandi gruppi economici disposti a vendere i loro prodotti a costo di un’ecatombe planetaria, quanto dalle scelte individuali, dall’ingordigia umana, dall’irresponsabilità verso le conseguenze delle nostre scelte alimentari. I nodi prima o poi vengono al pettine e la natura ci sta presentando il conto da pagare, con gli interessi maturati da millenni di follia umana. L’inferno cui la nostra malvagità ed il nostro egoismo ha condannato miliardi di nostri fratelli animali sta per subire l’urto dell’onda di ritorno. Forse il coronavirus è stato l’ultimo avvertimento, l’ultima possibilità offertaci da Madre Natura, prima che l’uomo rinsavisca, o impazzisca del tutto.
Franco Libero Manco