Vittoria della libertà di espressione: l’appello al boicottaggio riconosciuto dalla CEDU come un diritto civile

L’Association France Palestine Solidarité (AFPS) accoglie con entusiasmo la sentenza pronunciata questo giovedì 11 giugno dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU): nel caso di 11 attivisti condannati dal sistema giudiziario francese per le loro azioni di boicottaggio, la CEDU si è pronunciata contro la Francia.

Viene così riconosciuto che l’appello al boicottaggio è un diritto civile, a condizione che l’appello sia motivato da critiche a uno Stato e alla sua politica. E lo Stato di Israele, che quotidianamente viola il diritto internazionale e i diritti umani, non fa eccezione.

La sentenza della CEDU ha inferto un duro colpo a quelle organizzazioni che agiscono in Francia come megafoni della politica israeliana attaccando la libertà di espressione e il diritto all’azione civica, e a tutti coloro che ai più alti livelli del Governo francese hanno affermato che l’appello al boicottaggio era proibito in Francia.

In quanto attivista della campagna internazionale del Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), una campagna non violenta iniziata nel 2005 da 170 organizzazioni della società civile palestinese, l’AFPS conduce da molti anni iniziative in questo campo con i suoi partner. Queste iniziative sono basate su principi costantemente motivati da critiche alla politica di Israele. L’AFPS intende continuare e intensificare le sue azioni rimanendo fedele ai suoi principi.

Ora che la CEDU si è pronunciata contro di essa, la Francia ha degli obblighi. Al di là dei risarcimenti che deve agli attivisti ingiustamente condannati, la Francia deve annunciare che le scandalose circolari Alliot-Marie e Mercier sono definitivamente e inequivocabilmente obsolete e deve solennemente affermare che rispetterà il diritto civile di chiedere il boicottaggio dello Stato di Israele e della politica israeliana, come avviene per qualsiasi altro Stato.

Il presidente dell’AFPS Bertrand Heilbronn ha commentato:

Questa è una giusta vittoria per la libertà d’espressione e l’azione civile. Noi chiediamo ai nostri concittadini di riunirsi in grande numero per lottare per i diritti del popolo palestinese e per i valori universali di libertà, uguaglianza e dignità che questa lotta rappresenta. La campagna BDS è parte di questa lotta, e noi continueremo a perseguirla fino a quando Israele rifiuterà di attenersi al diritto internazionale e ai diritti umani.

Nel momento in cui lo Stato di Israele si prepara ad attraversare l’ennesima linea di violazione del diritto internazionale con il suo piano di annessione di una parte importante della Cisgiordania, l’azione civile reca con sé anche la richiesta che gli Stati prendano finalmente l’impegno della via delle sanzioni, una precondizione per un futuro basato sul diritto internazionale e il rispetto.

Il Comitato esecutivo dell’AFPS Executive Board, 11 giugno 2020

Informazioni di base

In questo caso francese vennero mosse accuse contro 11 attivisti che, nel 2009 e nel 2010 in un supermercato alsaziano, avevano lanciato appelli per boicottare prodotti israeliani come protesta contro la politica israeliana e in particolare contro i crimini commessi da Israele contro la popolazione palestinese di Gaza. Gli attivisti vennero inizialmente assolti dal tribunale di Mulhouse nel 2011, ma furono in seguito condannati dalla Corte d’appello di Colmar nel 2013. La Corte di Cassazione confermò la sentenza nell’ottobre 2015. Gli attivisti, nel marzo 2016, si sono appellati alla CEDU.

Queste azioni, come centinaia altre, vennero compiute nell’ambito della campagna internazionale del BDS, una campagna non violenta iniziata nel 2005 da organizzazioni della società civile palestinese per spingere lo Stato di Israele a rispettare il diritto internazionale.

La decisione della CEDU stabilisce all’unanimità che la sentenza della Corte d’Appello di Colmar e l’accoglimento di tale appello da parte della Corte di Cassazione costituiscono una violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che stabilisce il principio della libertà di espressione e limita le sue restrizioni a casi specifici.

Questa decisione ha negato la fallace assimilazione di una campagna condotta da cittadini politicamente motivati con un qualsiasi tipo di discriminazione economica, un’assimilazione che avrebbero scandalosamente limitato lo scopo dell’attivismo civico.

Loretta Mussi – reteromanapalestina@googlegroups.com

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