Una memoria su Giulietto Chiesa e sulla sua battaglia per l’affrancamento dall’egemonia straniera

Abbiamo appreso della morte di Giulietto Chiesa, cioè di una grande perdita per il movimento antimperialista e pacifista italiano, e non solo italiano, avvenuta proprio il 25 aprile, il giorno in cui si festeggia la Liberazione dal Nazifascismo. In quello stesso giorno si era svolta una conferenza video – “Liberiamoci dal virus della Guerra” – cui aveva partecipato il fior fiore del movimento internazionale pacifista ed antimperialista dei paesi dell’Occidente, conferenza che si sarebbe dovuta tenere materialmente a Firenze, poi sospesa a causa dell’epidemia da COVID-19, e che era stata possibile organizzare solo grazie all’enorme prestigio nazionale ed internazionale di Giulietto.

Penso che sia difficile non notare il carattere fortemente simbolico di queste coincidenze. Forse lo sforzo organizzativo esplicato da Giulietto per la conferenza, che egli stesso aveva concluso con un suo intervento, è stata una delle cause materiali di questa dolorosa scomparsa. Ricordiamo tra i presenti alla conferenza video: Michael Chossudovsky, animatore di Global Research, il professore australiano Tim Anderson autore di un ottimo libro sull’aggressione alla Siria, l’altro australiano John Shipton padre di Julian Assange, lo svizzero Koenig e l’esperto russo Vladimir Kozin, le militanti statunitensi Kate Hudson e Ann Wright, gli italiani Giorgio Bianchi, Manlio Dinucci, Guido Grossi, ex dirigente della BNL, ed il Professore Franco Cardini.

Giulietto era stato dirigente della Federazione Giovanile Comunista e responsabile provinciale del PCI a Genova, poi corrispondente dell’Unità da Mosca negli anni ‘70. Aveva lavorato anche per Limes, il Manifesto e Russia Today. Era stato eurodeputato nel 2004 nella lista approntata da Occhetto con cui aveva intrapreso anche un’iniziativa, una delle tante cui aveva instancabilmente partecipato: il “Cantiere per il Bene Comune”, insieme anche a Diego Novelli e all’economista Paolo Sylos Labini.

Quando parlo di grande perdita lo faccio senza retorica, non nascondendo anche alcuni argomenti con cui non ero stato d’accordo con Giulietto e su cui avevamo discusso francamente in colloqui pubblici e privati. Uno di questi era il giudizio da dare sulla figura di Gorbaciov e la cosiddetta “Perestrojka”. Giulietto aveva creduto nella politica di Gorbacev scrivendo anche due libri: “L’URSS che cambia” del 1987 e “La Rivoluzione di Gorbacev” del 1990. Aveva vinto anche una borsa di studio del Woodrow Wilson Center for Scholars su un progetto per la “democratizzazione in URSS”, dopo di che era divenuto corrispondente della “Stampa”, un giornale non proprio rivoluzionario. Possiamo dire che in questo caso non aveva visto giusto. Il recente libro di Hans Modrow, ex dirigente “riformista” della Germania Democratica, e già sostenitore della “Perestrojka”, sulla fine della DDR, contiene pesanti accuse a Gorbacev, che avrebbe svenduto la DDR, il Patto di Varsavia e la stessa URSS in cambio di pochi spiccioli promessi dal cancelliere Kohl e di vaghe promesse e false rassicurazioni di Reagan ed del Segretario di Stato Baker sul ruolo della NATO ed una presunta “neutralizzazione” della Germania. L’aver creduto al progetto del chiacchierone ed irresponsabile Gorbacev (il giudizio è di Modrow, che lo accusa di assoluta mancanza di strategia, se non peggio ….), segna il periodo meno felice di Giulietto.

Ma più recentemente l’atteggiamento di Giulietto è divenuto sempre più radicale. Il suo invito più ricorrente e pressante è stato rivolto a considerare il ruolo fondamentale dell’informazione, tutta gestita dai mass media controllati dai poteri forti, che trasformano guerre di aggressione in “interventi umanitari”, ed autentiche rapine in interventi “economici” necessari. Per questo aveva fondato anche la TV indipendente Pandora, che aveva dato un’informazione veritiera sul golpe in Ucraina, la guerra nel Donbass, le aggressioni imperiali in Medio Oriente ed America Latina. Ritengo che il suo capolavoro sia stata la sua attività di contro-informazione sfociata nella pubblicazione del libro del 2007 “Zero: perché la versione ufficiale sull’11 settembre è un falso” e nel filmato “Zero, inchiesta sull’11 settembre”. Ho valutato quanto contenuto in queste due opere alla luce delle mie competenze di ingegnere chimico e di ricercatore scientifico, ancor prima che di militante politico.

Le incongruenze e le omissioni sottolineate da Giulietto, ed ancor prima di lui da migliaia di fisici, ingegneri e ricercatori statunitensi. sono impressionanti: dall’omissione nella versione finale del rapporto finale ufficiale del Governo statunitense di ogni riferimento al crollo rapidissimo ed improvviso 8 ore dopo le Torri Gemelle di un gigantesco terzo grattacielo del Trade World Center che non aveva subito alcun danno, salvo l’urto di qualche piccolo frammento; dall’inspiegabile crollo rapidissimo ed improvviso, a varie decine di minuti dopo l’urto degli aerei, delle stesse Torri Gemelle, ufficialmente a causa del rammollimento simultaneo e simmetrico di 220 massicci pilastri d’acciaio perfettamente isolati con amianto che le sostenevano, quando le torri erano state garantite per resistere per 6 ore a 1000 gradi centigradi, temperatura che non poteva essere raggiunta in modesti e limitati incendi di cherosene, oltre tutto in fase di rapido spegnimento; dal sequestro da parte dell’FBI di 270 nastri delle telecamere che sorvegliavano il Pentagono, per cui nessuno ha potuto verificare la reale presenza di un gigantesco aereo che avrebbe colpito l’edificio, che nessuno riferisce di aver visto e che ha lasciato un buco di diametro inferiore alla carlinga; fino al buco visto in Pennsylvania dove sarebbe scomparso un intero quarto aereo con tutti i passeggeri, di cui nessuno ha trovato traccia. Ricordo che quando Giulietto parlava della probabile responsabilità di un gruppo di folli neocons statunitensi che volevano scatenare una presunta “guerra al terrore”, come scusa per permettere una serie di aggressioni imperialiste (poco dopo furono attaccati l’Afghanistan e l’Iraq, poi la Libia, la Siria, ecc.) i soliti ipocriti “umanitari” e “progressisti” lo chiamavano “pazzo”.

Negli ultimi anni Giulietto era stato al centro della nascita di un Comitato per l’uscita dell’Italia dalla NATO, che si è installata in Italia dopo la Liberazione con l’apertura di decine di basi statunitensi, costituendo di fatto un’occupazione militare denunciata anche in un recente intervento di Paolo D’Arpini (https://www.politicamentecorretto.com/2020/04/24/lettere-inviate-e-ricevute-paolo-darpini/).

Questo comitato purtroppo poi ha perso pezzi per strada, per divergenze di opinioni, ma anche per la fortissima personalità di Giulietto, che da molti era interpretata – a torto o a ragione- come tendenza all’accentramento. Si è formata anche una Lista No NATO che ha condotto un’azione di attivismo contro la NATO e contro le guerre con diverse impostazioni (che io ho condiviso). Nell’ultimo messaggio – che a me è pervenuto attraverso Sandra Venturini – Giulietto invitava giustamente l’area della “sinistra” all’unità ed a lavorare in modo convergente contro imperialismo, guerre, disinformazione programmata, sfruttamento capitalistico, ricatti economici. Mi sembra un giusto testamento spirituale da parte di un uomo che, pur con qualche ombra, come per tutti noi, emerge comunque come una delle figura più significative di questa fase storica.

Vincenzo Brandi

https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale

I commenti sono disabilitati.