La gazzarra delle autorità … attorno alle foibe è indice della loro disperazione
Non c’è in Italia persona che abbia una qualche conoscenza della storia dell’epoca che non sappia che tra l’inverno e l’estate del 1945 in Europa Orientale le armate e formazioni irregolari nazifasciste (tra queste ultime lugubremente celebri gli Ustascia di Ante Pavelic in Croazia alimentati dalla Chiesa Cattolica e dalle Autorità Italiane) furono travolte dall’avanzata verso Berlino dell’Armata Rossa che il 27 gennaio liberò il campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, diventato in gran parte del mondo emblema dello sterminio degli ebrei europei decretato dai nazisti con i fascisti al seguito, e dall’insurrezione delle formazioni partigiane particolarmente forti e combattive in Jugoslavia (capeggiate da Tito), in Albania (capeggiate da Enver Hoxha) e in Grecia (capeggiate da Markos).
Prima del crollo del Fascismo in Italia nel 1943, l’occupazione dell’Jugoslavia, dell’Albania e della Grecia era stata particolarmente crudele contro la massa della popolazione, come testimoniarono gli stessi soldati italiani molti dei quali tuttavia, a crollo del fascismo avvenuto, si erano salvati dalla deportazione in Germania arruolandosi con i partigiani locali. I tre giorni di saccheggio di Montenegro con cui i fascisti iniziarono la guerra erano stati la dimostrazione esemplare che i fascisti facevano la guerra alla massa della popolazione dei paesi dell’Europa Orientale occupati, come l’avevano prima fatta agli africani in Libia e in Etiopia.
L’uccisione nel febbraio 1945 a Basovizza, nelle montagne sopra Trieste, di circa 800 tra militari e civili italiani gettati nei crepacci (foibe) a morire, va inquadrata in questo contesto: fu il risultato di venti anni di soprusi e maltrattamenti degli squadristi fascisti protetti da Carabinieri e autorità italiane contro la popolazione slovena e croata della Venezia Giulia e della Dalmazia. Tutto questo è storia largamente nota in Italia: per alcuni decenni subito dopo la vittoria della Resistenza, venne insegnata anche nelle scuole.
È quindi il caso di chiedersi come mai in questi giorni, in ricorrenza del “Giorno del ricordo” istituito nel 2004 dal governo Silvio Berlusconi – Gianfranco Fini con legge approvata da entrambi i poli delle Larghe Intese, tanta gazzarra sulle foibe, con praticamente tutti i vertici della Repubblica Pontificia, dal Presidente della Repubblica in giù ma con l’eccezione del Vaticano, mobilitati a maledire i “partigiani comunisti di Tito” che avrebbero “barbaramente trucidato decine di migliaia” di normale popolazione italiana delle zone di confine dei due paesi.
La gazzarra delle autorità mira a contrastare il malcontento, l’insofferenza e l’indignazione delle masse popolari italiane di fronte al catastrofico corso delle cose. Esso è tanto e le prospettive del regime così nere che tra le classi dominanti cresce la spinta a cercare diversivi per impedire che le masse popolari confluiscano nuovamente nel movimento comunista cosciente e organizzato e trovino nell’instaurazione del socialismo l’ideale per cui organizzarsi, lottare, porre fine al catastrofico corso delle cose e costruire il proprio futuro. La Risoluzione del Parlamento Europeo del 19 settembre 2019 che ha equiparato nazismo e comunismo, Hitler e Stalin, indica chiaramente la disperazione a cui sono ridotti i gruppi imperialisti europei e il vasto stuolo di privilegiati che li circonda e asseconda.
La rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato è ancora agli inizi. Non sono le nostre forze organizzate che fanno paura alla borghesia imperialista. Sono le nere prospettive del loro sistema in campo economico, ecologico e sociale. Ma la disperazione dei nostri nemici è un incitamento per noi a gettarci nella lotta con fiducia.
L’ostacolo maggiore alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato sta nel fatto che la gran parte di quelli che si professano comunisti recalcitrano a fare il bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976). Sono i limiti nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe propri dei comunisti più dediti alla causa che hanno portato all’esaurimento della prima ondata. Tanto grandi e rapidi erano stati i successi del movimento comunista, dall’Unione Sovietica alla Cina, che avevamo trascurato aspetti decisivi, quelli che solo negli ultimi anni abbiamo illustrato in I quattro temi principali da discutere nel movimento comunista internazionale e in maggiore dettaglio, per il nostro paese, nel Manifesto Programma del (n)PCI.
È difficile riprendersi dall’effetto demoralizzante e disgregante dell’esaurimento della prima ondata e del disfacimento dell’Unione Sovietica. Ma indicativo della forza del movimento comunista è che i primi paesi socialisti sono stati abbattuti non dall’aggressione dall’esterno delle potenze imperialiste, che pure si scatenò senza riserve, da ogni lato e in ogni campo, ma dalla difficoltà incontrata nei paesi socialisti stessi a dare soluzione ai problemi del proprio sviluppo. Anche la rinascita dipende da noi. La velocità con cui avanza la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato è determinata dalla scienza e dall’impegno di noi comunisti. Il terreno per la rivoluzione socialista è fertile, il malcontento e l’insofferenza delle masse popolari a fronte al corso delle cose è grande, la borghesia e il clero non hanno prospettive, il loro sistema è condannato: nel nostro paese e nel mondo.
Nuovo Partito Comunista Italiano – nuovopci@riseup.net