Iraq, Siria, Iran, Medio Oriente… e conseguenze della follia USA-sionista – Ovvero: “superior stabat lupus…”
Quella di Tulsi Gabbard, candidata alle presidenziali Usa, è una delle pochissime voci sincere tra i rappresentanti democratici Usa.
Certo, anche Nancy Pelosi e altri guerrafondai democratici si sono affrettati a censurare i raid criminali di Donald Trump in Iraq, ma per motivi differenti che di sincero nulla hanno: vogliono disinnescare le potenzialità anti-impeachment delle mosse di Trump in politica estera e per sovrammercato dare addosso ancor di più al loro avversario, dimenticandosi che anche la politica di Barack Obama si è svolta all’insegna dell’aggressione. La rappresentazione, quindi, si svolge in termini paradossali.
C’è una lunga storia di leader occidentali in difficoltà che hanno cercato di risolvere i loro problemi con atti di guerra.
Vi ricordate di Margaret Thatcher e della sua guerra delle Maldive?
Vi ricordate della minaccia di impeachment di Bill Clinton per il caso Lewinsky e l’attacco missilistico alla fabbrica farmaceutica nel Sudan poco prima del voto? Clinton disse che lì si stavano preparando armi chimiche. Normale menzogna per un presidente Usa. In realtà in quella fabbrica si preparavano solo medicinali. L’ambasciatore tedesco nel Sudan, Werner Daum, stimò in “diverse decine di migliaia” i civili sudanesi morti a causa della mancanza di medicinali seguita a quell’attacco.
E da noi, qui in Italia, vi ricordate della guerra all’amica Libia di un Berlusconi sotto pesantissima pressione, per poter “cadere in piedi” come gli aveva promesso Obama col concorso di Napolitano e del PD? Il primo edificio bombardato a Tripoli fu l’Istituto per l’Assistenza ai bambini Down.
Ora gli attacchi di Trump hanno esattamente queste caratteristiche di politica interna. Ma – e qui c’è un punto molto importante – questo sono le loro caratteristiche dal punto di vista di Trump, cioè le caratteristiche su cui Donald Trump fa conto per uscire indenne dagli attacchi “domestic”.
Ma perché The Donald ha fatto questo con la speranza di salvarsi il sedere? Proprio perché è preda di quel partito bi-partisan dei guerrafondai neo-liberal-cons che idealmente fa capo a Hillary Clinton e che lo sta mettendo sotto scacco con l’impeachment, dopo averlo fatto circondare da suoi fiduciari come John Bolton e Mike Pompeo. Il primo è stato licenziato da Trump in un tentativo di riacquistare margini di autonomia per una politica estera leggermente meno aggressiva, cosa che assieme all’annunciato/preteso ritiro dalla Siria ha fatto infuriare i neo-leberal-cons che sono passati alla controffensiva dando il via libera all’inizio della procedura di impeachment. Il secondo è ancora in carica come cane da guardia.
Trump è visibilmente prigioniero di questo partito che lo ha spinto a stravolgere sia le promesse in politica estera che lo hanno fatto vincere le presidenziali sia quelle su cui contava per poter vincere di nuovo.
Ovviamente non è tutto qui e sarebbe un gravissimno errore pensarlo. Trump è innanzitutto prigioniero di se stesso e delle contraddizioni inestricabilmente connesse alla sua presidenza che è una presidenza di crisi (ne scrissi qui subito dopo la sua elezione e credo di aver visto molto giusto: https://www.sinistrainrete.info/geopolitica/9054-piotr-america-anno-zero.html).
E la crisi, crisi sistemica, si sta approfondendo sempre più sconvolgendo tutti i quadri, politici, geopolitici, militari, economici, commerciali, finanziari e culturali a cui la mia generazione, quella del post II Guerra Mondiale, si era abituata. Per questo proprio la mia generazione è quella che più fa fatica a capire nel profondo cosa sta succedendo, una vera e propria fatica concettuale e categoriale, con grandissimo rischio di seguire ogni pifferaio magico che riproponga i vecchi buoni e chiari termini in forma di fiaba, come ad esempio il vecchio e glorioso antifascismo in forma di Fata Turchina che ammonisce le buone coscienze.
Ciò che sta succedendo, invece, rivendica coscienze libere da ogni pregiudizio, libere di scavare spregiudicatamente nelle profondità delle contraddizioni con la determinazione di scongiurare le conseguenze delle azioni dettate dallo “spavento sistemico” americano, dall’ottundimento “sistemico” delle facoltà intellettive degli Usa, delle sue élite e del suo presidente, dalla loro disconnessione cognitiva “sistemica”, dalla loro hubris psicopatica “sistemica”, che rendono gli Stati Uniti il principale pericolo planetario contemporaneo.
Adesso Donald Trump ha minacciato una sorta di “culturicidio” dell’Iran a suon di missili, se Teheran avrà l’ardire di rispondere ai suoi attacchi.
Siamo al culmine della criminalità mondiale. Sottolineo un’altra volta il termine “culturale”, perché ciò rende evidentissima la trasformazione epocale che è sotto i nostri occhi. Gli Usa si baloccano da decenni con l’idea di essere il nuovo Impero Romano. Ma la cesura è evidente, perché qui è l’Impero che si trasforma in barbaro.
Piotr
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Commento di F.G.: “Caro Piotr, condivido quanto affermi circa le critiche all’assassinio di Soleimani di Nancy Pelosi e degli ipocritissimi e demenziali guerrafondai del Partito Democratico, critiche puramente formali e da attribuire alla strategia di demolire Trump qualsiasi cosa faccia. Demolire Trump perché fa il botto non è del tutto coerente, se non sotto ricatto, con il bellicismo di Obama e dello Stato Profondo indirizzato in ultimo alla distruzione della Russia. Trump, votato da un pubblico Usa che i sondaggi dicono stanco di tutte queste guerre trilionarie, perché formulava progetti di distensione e isolazionismo, non cercherebbe mai da solo di risolvere le fasulle difficoltà di un impossibile impeachment con una nuova guerra. Il confronto con Thatcher e Clinton o il nanetto Berlusconi non è appropriato. Del resto lo ammetti tu stesso quando parli di un Trump prigioniero del partito hilleriano, cioè del Deep State, che gli salta addosso e lo minaccia di fare la fine dei Kennedy, ogni qual volta adotta qualcosa in dissenso con le guerra infinita e in armonia con la sua campagna elettorale di allora che, se ripetuta in quei termini, lo porterà inesorabilmente a vincere anche stavolta.
Trump a questa cosa è stato trascinato. Lo farebbe pensare anche la sua precipitosa assicurazione di non volere né la guerra con l’Iran, né un regime change, affermazione incongrua per uno che ha appena portato il mondo all’orlo della conflagrazione. Contava su una vittoria per il secondo mandato grazie alle sue mosse distensive, con Putin, con la Corea del Nord, con Xi e la sua non decisione di attaccare l’Iran a cui lo pressava Netaniahu. Troppo facile scaricare su Trump, magari definendolo “l’uomo più potente del mondo”. Lì, chi prova a manovrare la politica estera sono sempre i Neocon, i Democratici, lo Stato Profondo dell’intelligence e del complesso militarindustriale. Lui è costretto a inseguire e poi ad assegnarsi cose che altri hanno deciso e fatto a sua insaputa. Ne parlo nel mio pezzo. E’ da una vita che è così. Quanto al tuo mantra della “criosi sitemica”, sai come la penso…”
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Commento di J.M.: “”Chuck” Schumer e’ il capobanda democratico del senato usa. Il suo elettorato del New York – riporto senza poter facilmente verificare – si dice essere al massimo 10% giudaico. Eppure ecco quel che ha detto al congresso dell’ AIPAC (American Israeli Political Action Committee),
“– Schumer deriva dalla parola ebraica “schowmer”, che significa guardiano, guardia. I miei antenati erano custodi del ghetto-ward di “Jordcoast” in Galizia, e quando sono arrivati a Ellis Island, hanno detto il loro nome in Yiddish,” Schoimer” ed è stato scritto come “Schumer””
A voi dico questo. Quel nome mi e ‘ stato dato per un motivo. Per tutta la vita, finché avrò il privilegio di servire al Senato da New York , sarò instancabilmente, senza sosta e con tutte le mie forze “shoumer” of Israel, guardiano di Israele. Signore e signori, io sono il vostro “throwel kai (yiddish)” in Israele e in America. La nazione ebraica vive, ora e per sempre.” (applausi orgiastici)
Schumer comes from the Hebrew word “schowmer”, which means guardian, watchman. My ancestors were guardian of the ghetto-ward of “Jordcoast” in Galicia, and when they came to Ellis Island, they said their name in Yiddish, “Schoimer” and it got written down as “Schumer”
To you I say this. That name was given to me for a reason. For as long as I live. For as long as I have the privilege of serving in the senate from New York , I will unflinchingly, unstintingly, and with all of my strength be “shoumer Israel, a guardian of Israel. Ladies and Gentlemen, I am your “throwel kai (yiddish)” in Israel and America. The Jewish nation lives, now and forever.” (orgiastic applause).
La citazione e’ interessante perche’ tipica di quanto succede ma non si puo’ dire: vale a dire per chi vive, esiste e agisce Uncle Schmuel, non quale “guardiano” dell’America ma di sappiam ben chi. Citazione peraltro riportata anche perche’ questo personaggio ha avuto la faccia di far finta di criticare l’assassinio del generale persiano “per la troppa tempestiva attuazione” o palle di questo genere. Anche se quasi non passa giorno che il medesimo o un co-religionario al congresso o senato non invochi la guerra contro l’Iran.
Ho l’impressione che la filosofia e quindi la politica e gli obiettivi, cosi’ palesemente rappresentati dall’assassinio del Gen. Soleimani, non siano abbastanza conosciuti o se conosciuti, non percepiti dalla cosiddetta ‘coscienza collettiva,’ anche in Italia. Basterebbe leggersi un po’ del Talmud per rendersene conto. Persino uno dei quotidiani giudaici d’America consiglia ai lettori – come proposito per il 2020 – di farsi una lettura quotidiana del Talmud.
“Begin the New Year With a Daily Dose of Talmud” [ https://bit.ly/2rWaIj3 ]
Ma forse non e’ piu’ neanche necessario – basta ricordare quanto scrisse il Cardinale Koch sull’Osservatore Romano – indicando “nella Croce di Nostro Signore Gesù Cristo il permanente e universale Yom Kippur” (sic). Che e’ un po’ come dire che gli italiani son diventati giudei senza nemmeno accorgersene. La circoncisione e’ ancora optional ma non si sa fino a quando. Situazione tragica, ma non seria.”
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Commento di Giulietto Chiesa: “170 deputati del parlamento di Baghdad hanno votato ieri per il ritiro immediato di tutte le truppe americane dall’Irak.
Erano necessari almeno 150 voti. La gran parte delle fazioni irachene, che, fino a ieri, erano divise, hanno dunque deciso assieme la cacciata degli americani. La richiesta – sotto ogni profilo storica – è diventata nazionale.
Circa 5000 soldati USA sono attualmente sul territorio iracheno. La decisione è stata presa in base all’art. 58 della Costituzione, come protesta per l’azione “illegale” degli Stati Uniti e come riaffermazione della sovranità e dell’orgoglio nazionale.
Resta da vedere dove andranno a dislocarsi i 20.000 soldati USA che il Pentagono annuncia di voler inviare in Medio Oriente.
Articolo collegato: Trump, in una serie di tweet di sabato, ha reagito alle minacce della leadership iraniana di “vendetta” per l’assassinio di Soleimani. Il presidente americano si è scagliato contro Teheran, avvertendo di un possibile attacco contro “52 bersagli iraniani”: https://it.sputniknews.com/mondo/202001058487837-trump-avverte-pronti-ad-attaccare-52-bersagli-iraniani-se-teheran-colpira-cittadini-e-beni-usa/
Articolo collegato: Il 4 gennaio 2020 il parlamento dell’Iraq ha votato per la fine dell’accordo con la coalizione per la lotta allo Stato Islamico e per la ritirata delle truppe straniere dal paese. La notizia è arrivata dopo che il parlamento ha convocato una sessione straordinaria domenica; l’organo legislativo ha votato per porre fine all’accordo con la coalizione guidata dagli Stati Uniti che combatte Daesh…- Continua: https://it.sputniknews.com/mondo/202001058489842-parlamento-iracheno-chiede-al-governo-di-annullare-richiesta-di-assitenza-a-coalizione-usa/
Risposta di Donald Trump: “Non lasceremo l’Iraq. Dopo che il parlamento iracheno ha votato per espellere tutte le truppe straniere dalla nazione dopo l’omicidio del comandante iraniano Qasem Soleimani, Donald Trump ha dichiarato che gli USA forse si ritireranno solo dopo che Baghdad avrà pagato le spese di miliardi dollari per la base militare americana di Balad.” (vedi: https://it.sputniknews.com/mondo/202001068490537-trump-usa-non-lasceranno-iraq-finche-baghdad-non-paghera-per-base-aerea-statuntense/
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Mio commentino: Mio commentino: “Non avevo dubbi che gli USA non volessero lasciare l’Iraq, ormai stanno lì come “truppe di;occupazione permanente”. Dopo tutti i danni e le distruzioni che hanno fatto nel paese “vogliono essere anche pagati”. Ma chi glielo aveva chiesto di costruire le basi aeree? Credo che la legge del taglione, tanto cara ai loro alleati e mandanti di sion, prima o poi li ripagherà a dovere…” (P.D’A.)