“L’uomo senz’ombra” – E le considerazioni di Francesco Lamendola

“Che cosa saremmo noi, senza i nostri ricordi? E che cosa sarebbero i ricordi, se non fossero tutt’uno col nostro presente, e se non contribuissero a fare di noi esattamente ciò che siamo, e pertanto a darci un’identità?

Sbaglia chi pensa che i ricordi abbiano a che fare col passato e quindi con un tempo che non c’è più; i ricordi sono parte di noi, definiscono il nostro essere, rafforzano la consapevolezza che abbiamo di noi stessi, offrendoci un solido ancoraggio nella mutevolezza del mondo e della nostra stessa vita.

Perdere il proprio passato equivale a perdere la propria identità; pertanto, se nel mondo contemporaneo ci sono delle forze potentissime, di natura finanziaria, le quali si propongono l’obiettivo di sradicare i popoli dalle loro sedi, di renderli dei perenni migranti, e di costringere anche i singoli individui, all’interno del proprio territorio, a diventare dei pendolari che passano la maggior parte della giornata sui mezzi di trasporto e nei luoghi di lavoro situati lontano da casa, allora si può concludere, con ragionevole verosimiglianza, che il vero e ultimo obiettivo di tali forze, oltre a quelli più immediati e concreti, come l’abbattimento del costo del lavoro e quindi uno sfruttamento sempre più capillare e inesorabile del lavoro umano è quello di sottrarre agli uomini, sia singolarmente sia collettivamente, la loro identità.

A che scopo? Allo scopo di trasformare tutti quanti in poveri vagabondi senza ancoraggio e senza stabilità affettiva, sordi al richiamo della terra natia e insensibili alla voce dei ricordi, impegnati unicamente in una durissima lotta per la vita, dove la posta in gioco è non solo la conquista o la difesa di un ultimo posto di lavoro, sempre più precario, sempre più malsano e sempre peggio retribuito, ma la conservazione o la perdita della propria anima.

Chi non ha più un legame forte con il mondo dei ricordi e con la terra dell’infanzia, è come una nave senza alberi e senza vele, trasportata a casaccio dai venti e dalle correnti, e inevitabilmente destinata a naufragare, prima o dopo, contro qualche ostacolo che l’equipaggio non sarà in alcun modo capace di evitare.

Se poi a ciò si aggiunge il disagio interiore, lo squallore e la solitudine dello sradicamento, l’aggressività latente in chi è stato indotto a spogliarsi della cosa più cara e necessaria, la propria identità, insieme alla quale se ne vanno, come inesorabile conseguenza, anche la fierezza, l’amor proprio, il senso di essere utili a se stessi e agli altri, si avrà un quadro abbastanza veritiero della condizione spirituale dell’uomo moderno, trasformato dai feroci meccanismi finanziari dell’usura mondiale in un povero essere senza casa, senza ideali, senza richiami affettivi, senza punti di riferimento, e costretto a vivere come una bestia che bada a soddisfare le necessità materiali più urgenti, e non ha tempo, né voglia, di occuparsi d’altro.

E non è ancora tutto: manca l’ultimo anello della strategia di distruzione del passato e dell’identità, ossia la promozione culturale, politica, sociale della condizione di migrante dal proprio sesso, con l’esaltazione e la piena legittimazione giuridica non solo della omosessualità, ma del diritto alla transessualità.

In altre parole, questo individuo moderno, frastornato, disorientato, spossessato della parte migliore di sé, non solo deve dubitare della propria condizione di maschio o di femmina; deve essere indotto a desiderare di poter cambiare sesso, o anche solo identità (ad esempio, costringendo gli altri, per legge, a chiamarlo “lei” o “lui” a seconda del suo capriccio), con la riserva mentale che potrebbe effettuare anche più di un “cambio”, visto che sia la tecnica chirurgica, sia il codice civile gliene danno l’opportunità.

E tale idea aberrante deve essergli sussurrata e instillata sin dalla più tenera età, cioè dagli anni dell’asilo, quando effettivamente la coscienza della propria identità sessuale è ancora in fase di formazione e le sue facoltà critiche sono inesistenti.

Nel romanzo di Adelbert von Chamisso (1781-1838), Storia straordinaria di Peter Schlemihl, si narra di un uomo che accettò di vendere la propria ombra, in cambio di una borsa d’oro dal contenuto inesauribile, ad un personaggio misterioso che, alla fine, si rivelerà essere il diavolo.

Privo della sua ombra, anche se ricco, Peter va incontro a una serie di difficoltà sempre più gravi: gli altri uomini inorridiscono alla sua presenza, il matrimonio con la donna amata diviene impossibile, e solo allora si rende conto di aver ceduto per avidità non una cosa secondaria, ma la cosa essenziale per condurre una vita degna d’una creatura umana.

Ecco: noi tutti, cittadini della modernità, siamo simili a quel Peter Schlemihl; siamo tutti in procinto di vendere o comunque di perdere la nostra ombra, ossia il legame col passato e la nostra essenza più vera e profonda.

Se ciò dovesse avvenire, decadremmo dalla condizione umana ad una sub-umana…”

Francesco Lamendola

http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/filosofia/8159-l-uomo-senz-ombra

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