Interessi economici e democrazia da “rapina”…

In politica estera non esiste la parola “disinteresse”. E’ totalmente
sconosciuta, anzi, antitetica al concetto principale, che per
l’appunto è “interesse”.
Le eccezioni sono più che rare e riguardano momenti di forte legame
ideologico. Per fare un esempio, quando l’Inghilterra di Cromwell
minacciò il Ducato di Savoia, stato vassallo della Francia, di
smetterla col massacro dei Valdesi (le famigerate Pasque Piemontesi e
repressioni successive).

Ma nemmeno la vicinanza ideologica serve sempre.
Forse non tutti sanno che quando il Pakistan (occidentale, cioè quello
attuale) iniziò a massacrare gli abitanti dell’attuale Bangladesh
(allora Pakistan Orientale), Pechino chiese ai Naxaliti indiani di
sostenere il Pakistan contro l’India, che sosteneva il Bangladesh,
esclusivamente per ragioni geopolitiche. Ora, i Naxalisti indiani
erano guerriglieri maoisti legatissimi ideologicamente alla Cina (poco
più di una decina di anni fa andai a intervistare l’ex capo di quei
guerriglieri, Kanu Sanyal, che mi raccontò il suo viaggio clandestino,
lunghissimo e pericolosissimo, per andare a incontare Mao a Pechino).
Però la maggioranza dei dirigenti naxaliti erano bengalesi (Bengala
Occidentale) e quindi legati culturalmente agli abitanti del
Bangladesh. Ci fu un’aspra discussione interna al movimento ma alla
fine i Naxaliti decisero di sostenere il Bangladesh. Morale: i legami
culturali erano più forti di quelli ideologici (lezioncina per chi
deride o considera residuali i concetti di “comunità”, “patria”,
“nazione”, “cultura”, eccetera).
(Nota: Il Bengala una volta era un tutt’uno, poi fu diviso in due
parti: il Bengala Occidentale, che divenne uno stato della Federazione
Indiana, e il cosiddetto Pakistan Orientale, dipendente da Islamabad.
E’ stato uno degli usuali casini dovuti a quei delinquenti degli
imperialisti inglesi, con in testa il solito McMahon, quello che
sapendo di mentire promise quel mondo e quell’altro ad al-Husayn per
farlo rivoltare contro i Turchi durante la I Guerra Mondiale – vedi il
carteggio Husayn-McMahon pubblicato anni fa dalla meritoria rivista
“Corrispondenze internazionali”).

Questo per quanto riguarda l’affermazione ricorrente che la Russia in
Siria non è intervenuta in modo “disinteressato”. No! Nè lei ne altri
lo faranno mai. Putin è responsabile del benessere e della sicurezza
della Russia, non del resto del mondo. Però la Russia è intervenuta,
su richiesta di Damasco, e con notevoli risultati sia militari che
diplomatici. Il suo interesse principale era quello di non vedere
sorgere uno stato jihadista (in questo, se vogliamo, possiamo vedere
una comunanza ideologica con Damasco). Se si conosce la composizione
sociale della Federazione Russia e si ricorda la sua storia recente in
Afghanistan, in Cecenia e nelle altre repubbliche caucasiche, se si
capiscono le sue preoccupazioni per la Serbia (vedi Kosovo) alla quale
è storicamente e religiosamente legata, si capisce perfettamente
perché la Russia è intervenuta (cosa che avrebbe voluto evitare).

Poi ovviamente doveva difendere le sue basi in Siria. Infine sono
subentrari gli interessi geopolitici ma, io credo, in seconda istanza
perché sono abbastanza convinto che Mosca li abbia messi a fuoco man
mano che il conflitto – non solo in Siria – procedeva e vedeva come si
sviluppava. Si tenga presente che questo è un conflitto
complicatissimo (al suo confronto quello del Vietnam era cristallino)
e che per Mosca la guerra oggi è di fatto il proseguimento della
diplomazia con altri mezzi.

Come ho scritto più volte, le cose “giuste” accadono negli interstizi
delle cose “sbagliate” fatte dai protagonisti statali del caos
sistemico. E’ in quei conflitti che si aprono le finestre per le cose
“giuste”, come in questo caso preservare l’integrità territoriale e,
cosa importantissima, il carattere sociale della Repubblica Araba
Siriana, immensamente migliore di quello dei briganti del Rojava,
sotto ogni punto di vista.

E’ sempre andata così: sia la rivoluzione russa che quella cinese
hanno vinto durante conflitti mondiali, cioè quando le potentissime
élite si sono indebolite a vicenda.

Detto incidentalmente, la vicenda turco-siriana-curda ha dimostrato
per l’ennesima volta che il 90% della sinistra radicale ha il cervello
in pappa. Potere al Popolo, ad esempio, è sceso in piazza compatto a
Milano per rilanciare la narrazione del Rojava socio-eco-femminista e
del “genocidio” che i Turchi vorrebbero perpetrare (per quante cose
orrende possa aver fatto la Turchia – e sappiamo che ne ha fatte -
tuttavia non ha mai tentato di sterminare i Curdi, senza contare che
coi clan mafiosi curdo-iracheni dei Barzani e dei Talabani va d’amore
e d’accordo). Senza nemmeno perdere tempo a parlare dei trotzkisti che
di queste scemenze si nutrono, PaP è un caso di bipolarismo politico,
perché da un lato difende il Venezuela bolivariano e dall’altro non
capisce che il Rojava fa (o faceva) parte dello stesso pacchetto
imperialistico.

Per quanto riguarda Trump – e non solo – io sono convinto che le mie
ipotesi sono sempre da verificare. Perché negli USA è tutto opaco,
peggio che nell’URSS ai tempi di Breznev. A Washington è in atto un
dualismo di potere che risale ai tempi di Obama post defenestrazione
della Clinton. Chi diavolo prende le decisioni laggiù? Vi ricordate
quando Kerry e Lavrov si accordavano sulla Siria e subito dopo il
Pentagono andava a bombardare l’Esercito Arabo Siriano per fare
saltare gli accordi? Vi ricordate che Putin e Lavrov dichiararono che
Obama e Kerry “non erano in grado di far rispettare gli accordi”, cioè
che c’era qualcun altro che prendeva le decisioni militari?
Trump, inteso come il “Trump collettivo”, da quando è stato eletto fa
il pazzoide, dice una cosa e ne fa un’altra, depista, salta da un
angolo all’altro, come un topo che cerca di non essere acchiappato da
un gatto.

Sembra certo che gli accordi tra YPG e Damasco prevedano
esplicitamente la restituzione del controllo dei pozzi. Trump dice
invece di volerli tenere e chiede all’SDF di rischierarsi lì attorno?
Per far che? Per fare un Rojavino sputtanato, assetato di dollari,
mafioso, senza seguito popolare e per giunta assediato da tutte le
parti? Il gioco non è andato bene nemmeno a Barzani/Talabani.
Che messaggi sta lanciando il Donald collettivo? E a chi? A Israele,
che se l’è pigliata in saccoccia contestualmente alle sue ultime
mosse? E’ un contentino ai clintonoidi che poi prende a schiaffoni
ringraziando la Russia e la Siria (ohi, rendetevi conto cosa significa
questo negli USA dove da quasi nove anni la Russia è uno stato
canaglia, il nemico numero uno, e la Siria è uno stato canaglia e per
di più sanguinario)?

Io adesso non lo so e diffido di chi dice di saperlo. Chiedetegli che
informazioni ha (informazioni vere, non quelle che si leggono sulla
stampa fosse pure quella più esotica).

Intanto, per rimanere alle cose che si sanno, succede questo:
a) L’Esercito Arabo Siriano ha gettato un ponte fluttuante, con
l’aiuto dei genieri russi, che collega le due sponde dell’Eufrate a
deir-Ezzor (e sulla sponda Est ci sono i pozzi, guarda caso).
b) La Turchia dopo il blocco dei contratti per gli F-35 della Lockheed
è vicinissima a comprare i caccia SU-35 russi (dopo che ha già
comprato i sistemi S-400 nonostante le minacce della Nato e le
sanzioni, tra le quali proprio il blocco dei contratti con la
Lockheed, LoL!).
c) Turchia e Russia hanno siglato mega accordi commerciali che – nota!
- non passeranno attraverso il Dollaro.

Vengo criticato e preso in giro quando insisto sui concetti di “crisi
sistemica” e di “caos sistemico” (che non ho inventato io ma gli
studiosi del “sistema-mondo”). Ma dobbiamo sempre gettare un occhio
sulla “big picture”. Anche il Trump collettivo non è mica concentrato
solo sul petrolio siriano. Ma guarda costantemente alla big picture,
come la Russia, come la Cina, come Israele, come la Germania, persino
come l’Italia, eccetera (anche se questo non vuol dire che sappiano
sempre cosa fare o che prendano sempre la decisione giusta, cosa per
niente facile nel caos che c’è). E la big picture è condizionata dagli
sviluppi della crisi sistemica che dice che il vecchio mondo euro-usa
centrico ha fatto il suo tempo storico e che o gli USA si imbarcano
apertamente nella III Guerra Mondiale, oppure possono solo aggiungere
caos al caos (con sofferenze inimmaginabili per tutti, anche per loro)
ma non possono far tornare indietro l’orologio della Storia.

L’ha capito persino Macron! Cosa, ancora una volta, che non significa
che ha capito che deve diventare pacifista, antimperialista e cercare
di mettere ordine al caos. Anzi, potrebbe aver capito che nel nuovo
mondo bisogna cercare di entrarci col cipiglio del boss del quartiere.
(P.)

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