Rivoluzioni colorate e finto spontaneismo nelle proteste “popolari”? Tutto merito della finanziarizzazione-globalizzazione
Sia i Libanesi sia gli Iracheni avevano mille ragioni per scendere in piazza. Il punto dirimente è la “direzione” di questi movimenti.
E’ un problema generale.
Qui in Italia ci siamo trastullati per decenni con il “movimento a rete” (e persino col “movimento in Rete”), col “movimento diffuso”, il “movimento rizomatico” e qualunque cosa che fosse il più possibile distante dal vituperato “Partito”, definito come maschilista, antidemocratico, dittatoriale e ogni altra cosa disdicevole (io non mi reputo innocente perché ci ho creduto per qualche tempo; non molto in verità ed è coinciso con un particolare periodo della mia vita lavorativa di cui dirò tra poco).
Ideologicamente – lo si sapesse o no, lo si volesse o no – erano tutte declinazioni del famoso agitarsi di quelle “moltitudini desideranti” che avevano preso vita nel mondo dei sogni di Michael Hardt e Toni Negri, erano l’elogio di quello spontaneismo che fino a qualche decennio prima era considerato un grave difetto.
Era nient’altro che l’accettazione e rielaborazione ideologica en marxiste o “libertarie” delle trasformazioni della composizione di classe indotte dalla coppia finanziarizzazione-globalizzazione.
Invece di analizzare e contrastare la famosa (e sotto un determinato profilo, reale) “liquefazione” della società, dovuta sostanzialmente alla lotta di classe dall’alto, ad essa venivano adeguati e subordinati pensieri e progetti come se questa “liquefazione” fosse un fenomeno naturale, un’evoluzione *generale* del capitalismo, teorizzabile come “capitalismo cognitivo/immateriale”, una sua fase estrema.
E qui si inserisce quel periodo lavorativo di cui vi dicevo. Ero un consulente di grandi aziende, prima per l’Intelligenza Artificiale e poi – e qui sta il punto – per il Knowledge Management. E io quelle stupidate del capitalismo cognitivo/immateriale le usavo per vendere i miei progetti. All’inizio ci credevo veramente (falsa coscienza?), poi ho capito che erano stronzate, e l’ho capito sul campo. L’ho capito cercando di giustificare economicamente i progetti di Knowledge Management. Mi ero studiato tutta la letteratura sul tema e alla fine mi son reso conto che sempre sul medesimo punto si andava a parare: la giustificazione si basava su un mitico “delta” che altro non era che speculazione borsistica. Il “delta” – cognitivo ovviamente, immateriale ovviamente, fico ovviamente – non era altro che la differenza tra il valore materiale dell’azienda e il suo valore in borsa! E infatti la famosa “economia dot-com” si rivelò la “bolla dot-com”. Appena scoppiò vennero giù anche le Torri Gemelle.
Ma nel “movimento” nemmeno se ne sono accorti. Tutti, o quasi, a sognare la “noosfera” e altri cieli empirei. Tutti, o quasi, a credere ai cherubini.
Che nell’Oriente asiatico nel frattempo si formasse la più grande concentrazione operaia di tutti i tempi non poteva essere contemplato da chi sognava economie dot-com ed economie immateriali invece che confrontarsi con le speculazioni di borsa e la finanziarizzazione-globalizzazione.
Nessuno, tranne pochi e in Italia addirittura pochissimi si ricordarono che Marx si era a lungo soffermato sul concetto/fenomeno del “capitale fittizio”. Fittizio come era fittizio – in parallelo – il “movement”….
Libano e Iraq mostrano chiaramente che i movimenti spontanei o non sono spontanei fin dall’inizio o non rimangono spontanei molto a lungo se c’è interesse a cavalcarli. La cartina di tornasole è che se non sono cavalcabili allora si reprimono (vedi Cile e Gilet Gialli).
Così, al massimo di spontaneismo corrisponde il massimo di eterodirezione, perché mentre ci si trastulla sui movimenti “rizomatici”, c’è chi ha un’organizzazione ben “fittonata” che usa in modo spregiudicato e criminale.
Mi complimento con gli imperialisti, perché nella loro follia dimostrano di avere una notevole lucidità.
Ad altri invece manca totalmente…” (P.)
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Integrazione di Vincenzo Brandi:
“C’è del finto spontaneismo delle manifestazioni in Libano ed Iraq (dove pure la popolazione avrebbe mille ragioni per protestare, ma senza farsi manipolare) e sulla capacità di manipolazione della “nuova” economia “immateriale” della finanziarizzazione e dell’informazione.
Per quanto riguarda in particolare il Libano, mi ci sono recato più volte facendo parte del “Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila”. Abbiamo incontrato alti esponenti di Hezbollah, il Presidente cristiano Aun, il sindaco di Sidone del partito nasseriano, esponenti della diaspora palestinese, il più importante editore di giornali indipendenti, dirigenti comunisti, professori universitari, il capo dei Drusi Joumblatt junior, e persino esponenti della famiglia Hariri. Avendo mantenuto contatti, ho notizie dirette secondo cui l’ambasciata saudita sta impiegando vagoni di soldi per alimentare la protesta, mentre sono superattivi i soliti bloggers ed operatori “umanitari” legati agli USA.” (Vincenzo Brandi)
Commento di Paola Manduca:
“Il punto importante non è che c’è certamente un gran creare e soffiare sul fuoco.
Se ne discuteva proprio qualche settimana fa, il punto è che in Libano non c’è una visione e dunque una direzione della economia che sia abbastanza sviluppata da parte di nessun partito e che troppo è comunque basato su fonti straniere e su finanza.
In realtà quindi di economia, a parte dire che hanno problemi, quasi non se ne parla nemmeno al livello pubblico.
E questo fa si che ci siano sofferenze estese reali e di insicurezza nella popolazione, come anche debolezze quasi insormontabili di progetto politico “qualchesia” relativamente autonomo e centrato su giustizia sociale ed economica per il paese.
La frittata poi è facile farla, l’hanno tenuta pronta certo da un po (la prima prova è stata sequestrando Hariri in Arabia saudita nel 2017). Ora stanno soffiando un po sulle braci e versando un po di soldi ed utilities…(non sono vagoni credo, basta assai meno!) ed il fuoco si accende.
Una parte dei libanesi e dei giovani cercano una identità di cittadini e non confessionale, non sono tutti venduti, anche se forse non sanno quanto costa! la sinistra si illude come già nelle primavere. Questa però su aljazeera non è primavera libanese ma rivoluzione. Cercano di evitare associazioni mentali ai fallimenti recenti? Personalmente non sono molto ottimista sul futuro prossimo, come sempre in questi casi e per la gente, spero di sbagliarmi. (Paola Manduca, Prof. Genetics)