L’origine del male… poi è arrivata Greta

Poi è arrivata Greta. E tutto si è rivelato con una chiarezza
sconosciuta fino ad allora. Che il fenomeno fosse legato a doppio filo
con la politica si poteva intuire fin dalle origini, dall’affascinante
intreccio di personaggi e di storie accomunate da un retroterra
ideologico ben preciso, e dalle sorprendenti coincidenze. Il resto è
storia nota, la storia di una protesta “contro il Sistema” fatta a
colpi di selfie con gli esponenti più potenti e influenti dello stesso
Sistema. Di comparsate agli happening più cari alle elites
mondialiste. Di mega-bigiate collettive organizzate in strettissima
prossimità di eventi elettorali importanti, a partire dalle elezioni
europee per finire con le legislative in Austria di pochi giorni fa.

In pochi, tuttavia, hanno colto fin dall’inizio il valore
squisitamente politico del fenomeno. Fino all’esito delle elezioni
europee, quando unitamente al coro mediatico di sollievo collettivo
per lo scampato pericolo, si è cominciato a parlare più
esplicitamente, e con toni persino trionfalistici, del contributo di
Greta & friends al salvataggio in extremis dell’Europa dal morbo
sovranista. Da lì in poi, è stato un crescendo wagneriano: le foto con
la T-shirt Antifa, la gita in barca col principe, il siparietto con
Trump all’ONU, i legami con la galassia di Soros, Al Gore e Michael
Bloomberg, e via dicendo.

Per chi scrive, tutto questo ha avuto il sapore di una liberazione.
Finalmente il “secondo livello” era venuto allo scoperto, per urgenza,
per necessità, per disperazione, vai a capire. Ma l’ha fatto, e
finalmente tutta l’altisonante retorica sul global warming come
materia di disquisizione destinata a sopraffine menti scientifiche
votate alla salvezza del genere umano si è rivelata per quello che
era: una costruzione mediatica con un fine politico ben preciso, e
sottesa allo stesso, la trama fittissima di interessi dell’elite
globalista che ad una certa area politica ha legittimamente affidato
la realizzazione dei suoi progetti, e la difesa dei propri interessi.

A preparare il terreno a questa metamorfosi, è stata la scelta
assolutamente incredibile da parte del mainstream scientifico, di
dichiarare la ricerca “conclusa”: nel momento in cui la teoria
dell’AGW è stata dichiarata a media unificati “scienza consolidata” (e
come tale non più suscettibile di critica), essa ha perso nel medesimo
istante la dignità stessa di scienza. Non esiste una “scienza
consolidata” perché il divieto di fare ricerca (e divulgazione) in
senso opposto all’opinione prevalente è la negazione della scienza
stessa: è fondamentalismo, è ideologia, è politica. Quando la “scienza
consolidata” ha consegnato le chiavi della ricerca climatica alla
politica, il Global Warming è diventato solo uno dei tanti temi di
battaglia politica. Chè un Global Warming oggi vale quanto una
toilette gender-friendly o un utero in affitto, con buona pace di chi
pensava di salvare il mondo in virtù delle sue raffinate conoscenze
scientifiche.

Spianata la narrativa del consenso scientifico a colpi di napalm
mediatico, si è avuto l’avvento di Greta. Un avvento che ha avuto del
miracoloso, ma non (solo) nell’accezione dei fan adoranti. Perché è
grazie a Greta e all’implacabile battage mediatico di questi mesi che
è accaduto il vero miracolo: gli argomenti degli scettici climatici
hanno trovato finalmente spazio sui media come nelle conversazioni da
bar.

È grazie a Greta, infatti, che le voci di tanti scienziati non
allineati, e forti di nomi assolutamente prestigiosi, sono finalmente
arrivate al grande pubblico. È grazie a Greta che la bugia più odiosa,
quella del mitico consensus al 97% (già messa in discussione da tempo
su queste pagine), si è sgretolata nella forma di appelli pubblici,
interviste, persino grafici spiattellati su alcuni giornali di larga
diffusione. Giornali di area politica opposta a quella che sostiene
Greta. Ma proprio questo è il punto: quando un argomento diventa
materia di polemica politica, allora diventa divisivo di per sé, con
buona pace della pretesa ridicola di essere “consolidato”. Che non
esiste niente di “consolidato” nemmeno in politica, a meno di trovarsi
sotto una dittatura.

E allora sarà pur vero che l’avvento di Greta ha battezzato la grande
operazione politica europea di ritinteggiatura di vecchi contenitori
rossi in pessimo stato, in attraenti contenitori verdi scintillanti a
beneficio delle elites che di quei contenitori intendono continuare a
servirsi. Ma il prezzo da pagare, per chi ha usufruito finora del
diritto esclusivo di declamare i propri dogmi scientifici in beata
solitudine, è stato altissimo: da oggi il global warming è tornato ad
essere, per la prima volta da almeno 30 anni, oggetto di dibattito
scientifico e non appannaggio di una elite di scienziati più
illuminati (e coccolati) degli altri.

Da oggi ci sono partiti politici che vedono nel Global Warming un’arma
politica da disinnescare, specularmente a quei partiti che nel Global
Warming hanno visto, da tempo, una occasione imperdibile per
accreditarsi come salvatori del Pianeta, a fronte di una agenda
politica ormai a corto di argomenti. E questa è la premessa alla
possibilità di investire finalmente fondi in una ricerca scientifica a
360 gradi che faccia giustizia di allarmismi inutili, infondati ed
economicamente suicidi. E che restituisca agli scienziati il piacere
di fare ricerca… per il semplice piacere di farlo, e non per la
pretesa superomistica di salvare il Mondo.

Tutto ciò lo dobbiamo a questa piccola ragazzina e all’entourage che
si porta dietro. E alla loro battaglia politica, non certo
scientifica. Una battaglia assolutamente legittima, e per alcuni
versi, persino benedetta.

By Massimo Lupicino

Fonte: http://www.climatemonitor.it/?p=51616

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