Cina. Come passare dalla guerra fredda all’economia ecologica (saltando l’opzione guerra calda)…

Durante la Guerra Fredda e la lotta che mise Unione Sovietica e Cina da una parte e l’imperialismo, guidato da Washington, dall’altro, i rivoluzionari erano soliti caratterizzare il conflitto come guerra di classe tra due sistemi sociali inconciliabili. Da una parte c’era il campo socialista, basato su proprietà socializzata, pianificazione economica dei bisogni umani e monopolio del governo sul commercio estero. Dall’altro c’era il capitalismo, un sistema di produzione a scopo di lucro. Che i due sistemi fossero inconciliabili era il fondo del conflitto soprannominato Guerra Fredda. Alla luce dell’attuale acuto conflitto economico, diplomatico, politico e militare tra imperialismo USA e Repubblica popolare cinese (RPC), è tempo di rilanciare i concetti applicati durante l’apice della guerra fredda. Certo, è necessario apportare modifiche a queste formulazioni rispetto al socialismo in Cina, con il suo mix di capitalismo controllato e socialismo guidato. Tuttavia, il conflitto tra capitalismo imperialista, guidato da Washington, Wall Street e Pentagono, e il sistema economico socialista cinese, con l’industria di proprietà statale e la guida economica pianificata, diventa molto più acuto e l’imperialismo diventa apertamente ostile. L’impegno di lunga data dell’imperialismo USA a rovesciare il socialismo in Cina, nonostante il capitalismo cinese, fu nascosto sotto frasi zuccherose borghesi sui cosiddetti “interessi comuni” e “collaborazione economica”. Ma questo tipo di discorsi sta per finire.

La prima campagna di Washington per rovesciare la Cina – 1949-1975
Questa lotta è in corso dal 1949, quando l’Armata Rossa cinese cacciò il fantoccio dei nordamericani Chiang Kai-shek e il suo esercito nazionalista dalla terraferma, mentre si ritirava a Taiwan sotto la protezione del Pentagono. Il conflitto continuò durante la guerra di Corea, quando il generale Douglas MacArthur e l’alto comando degli Stati Uniti portarono le truppe statunitensi al confine cinese e minacciarono la guerra atomica. Solo la sconfitta dell’esercito statunitense da parte dell’eroico popolo coreano, sotto la guida di Kim Il Sung, coll’aiuto dell’Armata Rossa cinese, fermò l’invasione statunitense della Cina. La lotta proseguì con la guerra degli Stati Uniti contro il Vietnam, il cui obiettivo strategico era rovesciare il governo socialista del Vietnam del nord e arrivare al confine con la Cina per completare l’accerchiamento militare della RPC. Solo gli sforzi storici del popolo vietnamita sotto la guida di Ho Chi Minh fermarono il Pentagono.
I piani del Pentagono per la conquista militare fallirono

Con l’ascesa di Deng Xiaoping e l’apertura della Cina agli investimenti esteri, a partire dal dicembre 1978, Wall Street iniziò a rivalutare la sua strategia. La classe dirigente nordamericana iniziò a trarre vantaggio dall’apertura della Cina agli investimenti esteri, nonché dal permesso all’azione del capitalismo privato, che poteva arricchire le società statunitensi col massiccio mercato cinese e allo stesso tempo penetrare l’economia cinese con un visione a lungo raggio sul rovesciamento del socialismo. Le multinazionali statunitensi avviarono operazioni in Cina, assumendo milioni di lavoratori cinesi con basso salario, riversatisi nelle città costiere dalle aree rurali. Queste operazioni facevano parte di uno sforzo più ampio dei capitalisti statunitensi per istituire catene di approvvigionamento globali dal basso salario che integrassero l’economia cinese nel mercato capitalista mondiale. La recente brusca svolta degli Stati Uniti volta a spezzare questa integrazione dell’economia cinese, compresa la caccia alle streghe contro gli scienziati cinesi e il comportamento aggressivo della Marina degli Stati Uniti nel Mar Cinese Meridionale (chiamato il Mare Orientale dal Vietnam), è l’ammissione che la fase economica del tentativo nordamericano di attuare la controrivoluzione in Cina è fallita. La Cina è ora un contrappeso crescente a Washington in economia internazionale, alta tecnologia, diplomazia e potenza militare regionale nel Pacifico, che il Pentagono ha sempre considerato un “lago americano” governato dalla Settima flotta.

L’attacco a Huawei
Un esempio drammatico degli antagonismi in via di sviluppo è il modo con cui gli Stati Uniti fecero arrestare in Canada Meng Wanzhou, vicepresidente e direttrice finanziaria di Huawei Technologies, per presunte violazioni delle sanzioni statunitensi contro l’Iran, esempio scandaloso d’imperialismo extraterritoriale. L’amministrazione Trump impose anche sanzioni contro Huawei, il più grande fornitore al mondo di sistemi operativi ad alta tecnologia. Huawei ha 180000 dipendenti ed è il secondo produttore di telefoni cellulari al mondo dopo la sudcoreana Samsung. Le sanzioni fanno parte della campagna statunitense volta a soffocare lo sviluppo cinese dell’ultima versione della tecnologia di trasmissione dati nota come quinta generazione o 5G. L’amministrazione Trump impediva alle società statunitensi di vendere materiali di consumo a Huawei, che utilizzava il sistema operativo Android di Google per le sue apparecchiature e Microsoft per i suoi prodotti laptop, entrambe società statunitensi. Huawei contesta il divieto degli Stati Uniti in tribunale. Nel frattempo, come piano di riserva nel caso in cui Washington vieti qualsiasi accesso ad Android e Microsoft, Huawei aveva discretamente passato anni a costruire un proprio sistema operativo. Huawei ha sviluppato il suo sistema operativo alternativo dopo che nel 2012 Washington scoprì che Huawei e ZTE, altro produttore cinese di telefoni cellulari, violavano la “sicurezza nazionale” degli Stati Uniti. ZTE fu costretta a chiudere per quattro mesi. (South Asia Morning Post, 24 marzo). Ma il conflitto non riguarda solo Huawei e ZTE.

Nuova “paura rossa” a Washington
Il New York Times del 20 luglio pubblicava un articolo in prima pagina intitolato “The New Red Scare in Washington”. Alcuni estratti danno il tenore: “In una sala da ballo di fronte al Campidoglio, un improbabile gruppo di falchi militari, crociati populisti, combattenti per la libertà dei musulmani cinesi e seguaci del Falun Gong si riuniva per avvertire chiunque ascoltasse che la Cina rappresenta una minaccia esistenziale per gli Stati Uniti che non finirà fin quando il Partito comunista non sarà rovesciato. Se gli avvertimenti suonano direttamente da Guerra Fredda, lo sono. Il Committee on the Present Danger, un gruppo ormai defunto che fece campagna contro i pericoli dell’Unione Sovietica negli anni ’70 e ’80, è stato recentemente ripreso coll’aiuto di Stephen K. Bannon, ex-capo stratega del presidente, per mettere in guardia contro il pericoli della Cina. Una volta respinti come xenofobi ed elementi marginali, i membri del gruppo trovano le loro opinioni sempre più abbracciate nella Washington del presidente Trump, dove scetticismo e diffidenza nei confronti della Cina hanno preso piede. La paura della Cina si è diffusa in tutto il governo, dalla Casa Bianca al Congresso alle agenzie federali…” L’amministrazione Trump apriva la guerra dei dazi contro la RPC, imponendo un dazio del 25 percento sulle esportazioni cinesi per un valore di 250 miliardi di dollari e minacciandone altri da 300 miliardi. Ma c’è molto di più nella campagna di Washington oltre i dazi. Funzionari di FBI e Consiglio di sicurezza nazionale conducevano una caccia alle streghe, continua l’articolo del Times, “in particolare nelle università e negli istituti di ricerca. Funzionari di FBI e Consiglio di sicurezza nazionale venivano inviati alle università della Ivy League per avvertire gli amministratori di essere vigili contro gli studenti cinesi… ” Secondo il Times, si teme che questa caccia alle streghe “alimenti una nuova paura rossa, alimentando discriminazione nei confronti di studenti, scienziati e aziende con legami con la Cina e rischiando il collasso di una relazione commerciale traballante ma profondamente intrecciata tra le due maggiori economie del mondo”. (New York Times, 20 luglio)

L’FBI criminalizza la ricerca sul cancro
Secondo un importante articolo del Bloomberg News del 13 giugno, “Modi di lavoro a lungo incoraggiati dal NIH [National Institutes of Health] e da molti istituti di ricerca, in particolare MD Anderson [un importante centro di cura del cancro e istituto di ricerca a Houston], ora sono quasi criminalizzati, con agenti dell’FBI che leggono e-mail private, fermano scienziati cinesi negli aeroporti e visitano le case delle persone per chiedere della loro lealtà. “Xifeng Wu, indagata dall’FBI, entrò nel MD Anderson mentre era nella scuola di specializzazione e acquisì fama per aver creato diverse cosiddette coorti di studio con dati raccolti da centinaia di migliaia di pazienti in Asia e Stati Uniti. Le coorti, che combinano le storie dei pazienti con biomarcatori personali come caratteristiche del DNA e descrizioni delle cure, risultati e persino abitudini di vita, sono una miniera d’oro per i ricercatori. “Fu bollata come agente doppio oncologico”. L’accusa di fondo contro gli scienziati cinesi negli Stati Uniti è che la loro ricerca può portare a medicine o cure brevettabili, che a loro volta possono essere vendute con enormi profitti. L’articolo di Bloomberg continuava: “Negli ultimi decenni, la ricerca sul cancro è sempre più globalizzata, con scienziati da tutto il mondo che raccolgono dati e idee per studiare insieme una malattia che uccide quasi 10 milioni di persone all’anno. Le collaborazioni internazionali sono parte intrinseca del programma Moonshot del National Cancer Institute degli Stati Uniti, il blitz da 1 miliardo di dollari del governo per raddoppiare il ritmo delle scoperte terapeutiche entro il 2022. Una delle parole chiave del programma è: “Il cancro non conosce confini”. “Tranne, si scopre, i confini della Cina. A gennaio, Wu, pluripremiata epidemiologa e cittadina naturalizzata nordamericana, si dimise in silenzio come direttrice del Center for Public Health and Translational Genomics presso il MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas dopo un’indagine di tre mesi sui suoi legami professionali in Cina . Le dimissioni di Wu e le partenze negli ultimi mesi di altri tre importanti scienziati cino-americani dal MD Anderson di Houston, derivano da una spinta dell’amministrazione Trump a contrastare l’influenza cinese negli istituti di ricerca statunitensi… L’effetto collaterale, tuttavia, è ostacolare la scienza di base, la ricerca alla base delle nuove cure mediche. Tutto è mercificato nella guerra fredda economica con la Cina, compresa la lotta per trovare una cura per il cancro”. Grande sorpresa. Una epidemiologa cinese di fama mondiale, che cerca una cura per il cancro, collaborava con scienziati in Cina!

Alla ricerca di “riformatori” e controrivoluzione
Per decenni il Partito Comunista Cinese ha avuto cambi di leadership ogni cinque anni. Questi cambiamenti furono stabili e gestiti in modo pacifico. Con ogni passaggio, i cosiddetti “esperti della Cina” nel dipartimento di Stato, nei think tank di Washington e nelle università statunitensi previdero l’arrivo al potere di una nuova ala “riformista” che approfondisse le riforme capitaliste e gettasse le basi per una eventuale piena controrivoluzione capitalista su vasta scala. A dire il vero, c’era una costante erosione delle istituzioni socialiste cinesi. La “ciotola di riso di ferro” garantita a vita ai lavoratori cinesi fu eliminata nelle imprese private. Numerose fabbriche e imprese statali furono vendute a scapito dei lavoratori e nelle aree rurali la terra fu decollettivizzata. Uno dei più grandi contrattempi del socialismo in Cina, che ha davvero rallegrò il cuore dei profeti della controrivoluzione, fu la decisione della direzione del PCC di Jiang Xemin di consentire ai capitalisti di entrare nel Partito Comunista Cinese nel 2001. Come scrisse allora il New York Times, “Questa decisione solleva la possibilità che i comunisti cooptino i capitalisti, o che i capitalisti cooptino il partito”. (New York Times, 13 agosto 2001) È l’ultima parte che la classe capitalista attende con ansia e vi s’impegna fervidamente da quasi quattro decenni. Ma, a conti fatti, questa acquisizione capitalistica non si materializzò. Il socialismo cinese, nonostante l’invasione capitalista nell’economia, si è dimostrato molto più durevole di quanto Washington abbia mai immaginato. E, sotto la guida di Xi Jinping, la controrivoluzione sembra sempre più lontana. Non è che Xi Jinping sia diventato un internazionalista rivoluzionario e un campione del controllo proletario. Ma è evidente che lo status della Cina nel mondo è completamente collegato alla pianificazione sociale ed economica.

La pianificazione e le imprese statali cinesi superarono la crisi del capitalismo mondiale 2007-2009
Senza una pianificazione statale nell’economia, la Cina avrebbe potuto essere trascinata dalla crisi economica del 2007-2009 nel mondo capitalista. Nel giugno 2013 questo autore scrisse l’articolo “Il marxismo e il carattere sociale della Cina”. Ecco alcuni estratti: “Più di 20 milioni di lavoratori cinesi hanno perso il lavoro in brevissimo tempo. Quindi cosa ha fatto il governo cinese?” L’articolo cita Nicholas Lardy, esperto borghese del prestigioso Peterson Institute for International Economics e per nulla amico della Cina. (L’articolo completo di Lardy può essere trovato in “Sostenere la crescita economica della Cina dopo la crisi finanziaria globale”, Posizioni Kindle 664-666, Peterson Institute for International Economics). Lardy descrisse come “i consumi in Cina sono effettivamente cresciuti durante la crisi del 2008-2009, i salari sono aumentati e il governo ha creato abbastanza posti di lavoro per compensare i licenziamenti causati dalla crisi globale”, sottolineava l’autore. Lardy proseguiva: “In un anno in cui l’espansione del PIL [in Cina] è stata la più lenta in quasi un decennio, come potrebbe la crescita dei consumi nel 2009 essere stata così forte in termini relativi? Come è potuto accadere in un momento in cui l’occupazione nelle industrie orientate all’esportazione stava crollando, con un’indagine condotta dal Ministero dell’Agricoltura che riportava la perdita di 20 milioni di posti di lavoro nei centri di produzione delle esportazioni lungo la costa sud-orientale, in particolare nella provincia del Guangdong? La crescita relativamente forte dei consumi nel 2009 è spiegata da diversi fattori. In primo luogo, il boom degli investimenti, in particolare nelle attività di costruzione, sembra aver generato un’occupazione aggiuntiva sufficiente a compensare una parte molto ampia delle perdite dei posti di lavoro nel settore delle esportazioni. Per l’intero anno l’economia cinese ha creato 11,02 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane, quasi in linea con gli 11,13 milioni di posti di lavoro urbani creati nel 2008. In secondo luogo, mentre la crescita dell’occupazione ha leggermente rallentato, i salari hanno continuato ad aumentare. In termini nominali, i salari nel settore formale sono aumentati del 12 percento, alcuni punti percentuali in meno rispetto alla media dei cinque anni precedenti (National Bureau of Statistics of China 2010f, 131). In termini reali, l’incremento è stato di quasi il 13 percento. In terzo luogo, il governo ha proseguito i suoi programmi di aumento dei pagamenti a coloro che percepivano pensioni e aumentava i pagamenti trasferiti ai residenti a basso reddito della Cina. I pagamenti pensionistici mensili per i pensionati delle imprese sono aumentati di 120 RMB, ovvero il 10 percento, nel gennaio 2009, sostanzialmente più dell’aumento del 5,9 percento dei prezzi al consumo nel 2008. Ciò ha aumentato i pagamenti totali ai pensionati di circa 75 miliardi di RMB. Il Ministero degli Affari Civili ha aumentato di un terzo i pagamenti di trasferimento a circa 70 milioni di cittadini cinesi col reddito più basso, per un aumento di 20 miliardi di RMB nel 2009 (Ministero degli Affari Civili 2010)”. Lardy inoltre spiegava che il Ministero delle Ferrovie aveva introdotto otto piani specifici, da completare nel 2020, da attuare nella crisi. Secondo Lardy, la Banca mondiale lo definiva “forse il più grande programma unico pianificato di investimento per ferrovia passeggeri che ci sia mai stato in un Paese”. Inoltre, tra gli altri progressi furono intrapresi progetti di rete ad alta tensione.

Le strutture socialiste hanno impedito il collasso
Quindi il reddito aumentava, i consumi aumentavano e la disoccupazione fu superata dalla Cina, tutto mentre il mondo capitalista era ancora impantanato in disoccupazione di massa, austerità, recessione, stagnazione, crescita lenta e aumento della povertà, e lo è ancora in larga misura. L’inversione degli effetti della crisi in Cina è il risultato diretto della pianificazione nazionale, delle imprese statali, delle banche statali e delle decisioni politiche del Partito comunista cinese. Ci fu una crisi in Cina, causata dalla crisi capitalistica mondiale. La domanda era quale principio avrebbe prevalso di fronte alla disoccupazione di massa: il principio razionale e umano della pianificazione o lo spietato mercato capitalista. In Cina il principio di pianificazione, l’elemento consapevole, ha avuto la precedenza sull’anarchia della produzione determinata dalle leggi del mercato e del valore del lavoro dei Paesi capitalisti.
Il socialismo e la posizione della Cina nel mondo
La Cina ha tolto centinaia di milioni di persone dalla povertà. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, la sola Cina è responsabile del declino globale della povertà. Le università cinesi hanno laureato milioni di ingegneri, scienziati e tecnici; il suo sistema istruttivo ha permesso a milioni di contadini di entrare nel mondo moderno.
Prodotto in Cina dal 2025

Nel 2015 Xi Jingping e la leadership del PCC presentarono l’equivalente di un piano decennale per portare la Cina a un livello superiore in tecnologia e produttività nella lotta per modernizzare il Paese. Xi annunciava una politica industriale a lungo raggio sostenuta da centinaia di miliardi di dollari in investimenti sia statali che privati per rilanciare la Cina. È chiamato Made in China 2025 o MIC25. È un progetto ambizioso che richiede coordinamento e partecipazione locale, regionale e nazionale. Il Mercator Institute for Economics (MERICS) è uno dei think tank tedeschi più autorevoli sulla Cina. Scrisse un importante rapporto sul MIC25 il 7 febbraio. Secondo MERICS, “Il programma MIC25 resterà e, proprio come gli obiettivi del PIL del passato, rappresenta gli ordini di marcia ufficiali del PCC per un ambizioso aggiornamento industriale. Le economie capitaliste del mondo dovranno affrontare questa offensiva strategica. “I tavoli hanno già iniziato a girare: oggi la Cina accelera in molte tecnologie emergenti e osserva il mondo che cerca di tenere il passo”. Il rapporto MERICS continuava: “La Cina ha fatto progressi in settori quali l’IT di prossima generazione (aziende come Huawei e ZTE sono destinate a conquistare il dominio globale nella diffusione delle reti 5G), ferrovie ad alta velocità e elettricità a trasmissione ad altissima tensione. Più di 530 parchi industriali manifatturieri intelligenti sono sorti in Cina. Molti si concentrano su big data (21 percento), nuovi materiali (17 percento) e cloud computing (13 percento). Di recente, la produzione ecologica e la creazione di una “Internet industriale” venivano particolarmente enfatizzate nei documenti politici, alla base della visione del Presidente Xi Jinping per creare una “civiltà ecologica” che prosperi nello sviluppo sostenibile. “La Cina ha anche conquistato una posizione forte in settori quali intelligenza artificiale (AI), nuova energia e veicoli intelligenti… “Le imprese statali cinesi (SOE) continuano a svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo di industrie strategiche e apparecchiature ad alta tecnologia associate al MIC25. Nelle cosiddette industrie chiave come telecomunicazioni, costruzioni navali, aviazione e ferrovie ad alta velocità, le SOE hanno ancora una quota di entrate dell’83 percento circa. Ciò che il governo cinese ha identificato come industrie pilastro (ad esempio elettronica, produzione di apparecchiature o automobilistico) ammonta al 45 percento”.

La rottura del rapporto USA-Cina è inevitabile
La guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina va avanti e indietro. Potrebbe o no risolto per ora o finire in un compromesso. È improbabile che le provocazioni del Pentagono nel Mar Cinese Meridionale e nel Pacifico si plachino. La caccia alle streghe contro gli scienziati cinesi guadagna slancio. Gli Stati Uniti hanno appena stanziato 2,2 miliardi di dollari per armi a Taiwan. Il consigliere per la sicurezza nazionale e il falco belluino John Bolton recentemente viaggiava a Taiwan. Il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, fece sosta negli Stati Uniti sulla via per i Caraibi e ne prevedeva un’altra al ritorno. Tali misure indicano la fine del riavvicinamento tra Pechino e Washington. Questa rottura tra le due potenze non è solo opera di Donald Trump. Deriva dalla crescente paura delle sezioni predominanti della classe dominante nordamericana che la scommessa intrapresa nel tentativo di rovesciare il socialismo cinese dall’interno è fallita, così come anche la precedente aggressione militare del 1949-1975.

L’alta tecnologia è la chiave per il futuro
Sin dalla fine del 18° secolo, la classe capitalista nordamericana ha sempre desiderato il mercato cinese. I giganteschi monopoli capitalisti approfittarono di accordi congiunti, salari bassi, esportazioni a basso costo e super-profitti quando la Cina “si aprì” alla fine degli anni ’70. Ma più forte diventa il nucleo socialista della RPC, maggiore è il suo peso nel mondo e, soprattutto, più forte diventa la Cina tecnologicamente, più Wall Street teme per il suo dominio economico e più il Pentagono teme per il suo dominio militare. L’esempio del soffocamento della collaborazione internazionale nella ricerca sul cancro è una dimostrazione di come la cooperazione globale sia essenziale non solo per curare le malattie, ma anche per lo sviluppo della società. È necessaria una cooperazione internazionale per invertire il disastro climatico causato dalla proprietà privata. Nulla di tutto ciò può essere realizzato nell’ambito della proprietà privata e del sistema di profitto. Solo la distruzione del capitalismo può portare alla liberazione dell’umanità. Il marxismo afferma che la società avanza attraverso lo sviluppo delle forze produttive dal comunismo primario alla schiavitù, al feudalesimo e al capitalismo. Marx scrisse: “La macina a mano ti dà la società col signore feudale; la società del mulino a vapore il capitalista industriale”. (“La povertà della filosofia”, 1847) E ora la rivoluzione dell’alta tecnologia pone le basi del socialismo internazionale. La borghesia sa che la società che può far avanzare la tecnologia al massimo grado trionferà plasmando il futuro. Questo è il motivo per cui l’imperialismo, guidato dagli Stati Uniti, ha imposto il più stretto blocco sul flusso tecnologico verso l’Unione Sovietica, così come a blocco orientale e Cina. Ciò fu opera del COCOM, organizzazione informale de i Paesi imperialisti, creata nel 1949 a Parigi. Gli obiettivi principali erano l’URSS e i Paesi socialisti più industrializzati, come la Repubblica democratica tedesca, la Repubblica ceca, ecc. Furono redatti elenchi dettagliati di circa 1500 articoli tecnologici ai quali era vietato l’esportazione in questi Paesi. Marx spiegò che le relazioni socialiste sviluppate dipendono dall’alto grado della produttività del lavoro e dalla conseguente abbondanza disponibile per la popolazione, nella sua “Critica del programma Gotha” del 1875. Tuttavia, come notato da Lenin, la catena dell’imperialismo si spezzò nell’anello debole in Russia, cioè, la rivoluzione ebbe successo nel Paese capitalista più povero e arretrato. Il risultato fu che un sistema sociale avanzato fu istituito su una base materiale insufficiente. Ciò diede origine a molte, molte contraddizioni. I Paesi che i rivoluzionari chiamavano correttamente socialisti in realtà aspiravano davvero al socialismo. Le loro rivoluzioni gettarono le basi del socialismo. Ma blocco imperialista, guerra e sovversione non gli permisero mai di sviluppare liberamente i loro sistemi sociali. Il grande balzo in avanti della tecnologia in Cina oggi può aumentare la produttività del lavoro e rafforzare le basi socialiste. È questo grande balzo in avanti che alimenta la “nuova guerra fredda” con la Cina e la vera minaccia della guerra calda.

Fred Goldstein, Workers

Traduzione di Alessandro Lattanzio

(Fonte: https://www.workers.org/2019/08/14/the-new-cold-war-against-china/)

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