Nuovo Partito Comunista Italiano: “Resistere per instaurare il socialismo…”

La crisi generale del capitalismo si aggrava e si esprime in ogni campo. In parallelo cresce nelle masse popolari l’insofferenza per il corso catastrofico delle cose che la borghesia deve imporre per far fronte alla crisi del suo sistema sociale, si diffonde nelle masse popolari la volontà di non continuare a vivere come stanno vivendo. In altre parole, cresce lo spirito rivoluzionario delle masse popolari. Questo spirito anima la resistenza che spontaneamente il proletariato e le altre classi delle masse popolari oppongono alla borghesia. Per sua natura questa volontà diffusa può tradursi in avanzamento verso l’instaurazione del socialismo, in avvicinamento all’instaurazione del socialismo, ma la traduzione non avverrà spontaneamente: il fattore decisivo è il partito comunista.

Il partito comunista all’altezza del suo compito e fattore decisivo della lotta per instaurare il socialismo non sorge spontaneamente. Nasce solo in condizioni oggettive, ma non è oggettivamente determinato. I più grandi scienziati ed esperti della rivoluzione socialista (Lenin, Stalin e Mao) hanno insegnato che le condizioni oggettive nei paesi imperialisti esistono da più di un secolo. Il partito sta ai comunisti costruirlo. Le masse popolari sono le forze principali della nostra vittoria ma possono vincere solo grazie alla direzione di un partito comunista all’altezza del suo ruolo. Spontaneamente, cioè senza un partito comunista all’altezza del suo ruolo, le masse popolari resistono alla borghesia, ma non sono in grado di andare oltre una resistenza elementare.

Nel nostro paese in un numero crescente di individui e di organismi si sta facendo strada l’aspirazione a costruire un partito comunista in grado di guidare la classe operaia e il resto delle masse popolari nella lotta per instaurare il socialismo. Aumenta anche il numero di compagni che si chiedono: “quale strategia dobbiamo seguire?”. La crisi del capitalismo e la resistenza delle masse popolari alimentano questa riflessione in tutti gli individui che già aspirano al comunismo e la suscitano in un numero crescente di giovani. L’aggregazione attorno al Partito Comunista da pochi anni fondato da Marco Rizzo e al Fronte della Gioventù Comunista, unico tra i frammenti del PRC a inalberare simboli e principi del movimento comunista, è una conferma. È un segno dei tempi e mostra un campo fecondo al lavoro per la rinascita del movimento comunista nel nostro paese.

La coscienza che i comunisti devono elaborare una strategia si diffonde sempre più largamente.

Ci riferiamo in particolare all’appello a un “salto di qualità nella ricostruzione comunista” lanciato lo scorso 19 giugno (Fare un salto di qualità nella ricostruzione comunista – http://ilpartitocomunista.it) dal Comitato Centrale del PC di Marco Rizzo e al proposito che vi dichiara di “fare un passo avanti nell’attivazione di un percorso reale per far avanzare il processo di unità delle forze marxiste-leniniste. (…) tale percorso non può prescindere da un dibattito serio e articolato su questione di carattere strategico che hanno a che fare con la prospettiva di ricostruzione comunista, con l’obiettivo di lavorare nella direzione di un avanzamento unitario a partire dalla condivisione di tali elementi. Per questo il CC approva la proposta dell’Ufficio Politico di realizzare tavoli di discussione dei comunisti su questioni di carattere strategico, di teoria e prassi politica, dando mandato all’UP di individuare modalità, referenti e tematiche per procedere in tale direzione già a partire dal mese di giugno”.

L’appello fa seguito al punto sulla situazione fatto poche settimane prima (No compagni, lasciare spazio ai fascisti è un grave errore, in La riscossa 7 maggio 2019) da Alessandro Mustillo: “(…) quello che manca oggi a sinistra: una strategia”.

Ci riferiamo in particolare all’impegno con cui l’11 maggio 2019 si è chiuso il dibattito su “I comunisti e l’Unione Europea” promosso (vedi La Città Futura n. 229 – 2 maggio 2019 www.lacittafutura.it) al Circolo Granma (quartiere San Lorenzo – Roma) da Collettivo La Città Futura, Fronte Popolare, Militant, Casa del Popolo G. Tanas e al quale hanno formalmente aderito con interventi di loro esponenti anche PCI di Mauro Alboresi (Bruno Steri), Laboratorio 21 (Domenico Moro), PC di Marco Rizzo (Alessandro Mustillo), Patria Socialista, Jvp Italia: “tutte le organizzazioni intervenute hanno sostenuto l’importanza di lanciare un nuovo momento di riflessione, scambio e incontro all’indomani delle elezioni europee e comunque a prescindere dal risultato di queste, per comprendere le opportunità di attuazione di un percorso che ponga la questione dell’esistenza, della conservazione, del rafforzamento del movimento comunista nel nostro paese, non attraverso generici appelli ad una (attualmente) velleitaria (ma teoricamente auspicabile) unità, ma puntando alla tesaurizzazione e condivisione del patrimonio ideologico/pratico attualmente disponibile, al coordinamento delle forze nel rispetto di ogni identità” (La Città Futura n. 231 – 20 maggio 2019).

Forse in questa direzione va anche l’Appello per l’unità dei comunisti entro un fronte della sinistra di classe lanciato dal PCI di Mauro Alboresi il 15 luglio 2019, se non si tratta della riproposizione del tentativo di costruire un fronte elettorale dei comunisti, per cercare di rientrare nelle assemblee elettive della Repubblica Pontificia.

Propositi di contribuire alla costruzione del partito comunista sono espressi da altre riunioni, organismi e individui.

Compito immediato del (n)PCI e dei compagni della Carovana del (n)PCI è, oltre a continuare il fecondo lavoro che stiamo svolgendo per far confluire nella rivoluzione socialista tutte le forme della resistenza che le masse popolari oppongono alla borghesia imperialista, dare una risposta efficace all’aspirazione di individui e organismi a costituire un partito comunista all’altezza del suo compito storico: instaurare il socialismo (1. dittatura del proletariato, 2. gestione pubblicata pianificata dell’attività economica, 3. partecipazione crescente delle masse popolari, a partire dal proletariato, alle attività specificamente umane e in particolare alla gestione dell’economia e della vita politica).

Dobbiamo affrontare il nostro compito immediato senza settarismo verso individui e gruppi e senza dogmatismo in campo teorico. La rivoluzione socialista nei paesi imperialisti è un’impresa necessaria perché il corso delle cose imposto al mondo dalla borghesia è catastrofico nel terreno delle relazioni sociali in ogni paese e delle relazioni internazionali, della formazione fisica, psicologica, morale e intellettuale degli individui, della conservazione del pianeta; è un’impresa possibile perché l’umanità ha accumulato le premesse necessarie, ha un ampio patrimonio di esperienze (la prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale 1917-1976) al quale attingere e dispone della scienza per compierla. Ma è un’impresa sperimentale, la nostra scienza stessa è una scienza sperimentale: ogni sua parte la confermiamo, la approfondiamo e in definitiva la verifichiamo nella pratica della rivoluzione socialista dei paesi imperialisti e della rivoluzione proletaria mondiale.

Con iniziativa sviluppiamo quindi il dibattito franco e aperto con tutti quelli che sono disposti a farlo e che lottano per instaurare il socialismo.

Nello stesso tempo affermiamo con chiarezza e franchezza i risultati ai quali siamo arrivati. Noi siamo per la libertà di critica, ma anche perché chi è convinto di aver raggiunto una comprensione superiore delle cose non chieda che la nuova verità abbia diritto di cittadinanza tra le vecchie (la “pari dignità”), ma affermi con chiarezza e onestà che la nuova verità deve prendere il posto degli errori o delle verità superate che ci hanno impedito di vincere e che ci sono di ostacolo e di freno nel nostro cammino. In proposito Renato Caputo ben scrive: “… come osserva acutamente Lenin, chi fosse effettivamente convinto di aver fatto progredire la scienza non rivendicherebbe per le nuove concezioni la libertà di coesistere accanto alle vecchie, ma esigerebbe la sostituzione di queste con quelle.” (La Città Futura n. 233 – 3 giugno 2019, pag. 18). Ben detto, compagno. Occorre passare dalle parole ai fatti: esporre la verità, tradurla in linea d’azione e attuarla!

Noi siamo disposti a imparare, siamo convinti che abbiamo molto da imparare visti i risultati finora limitati del lavoro accanito e senza riserve che abbiamo sistematicamente condotto a partire dal 1999, anno della costituzione della Commissione Preparatoria del Congresso di fondazione del Partito ( La Voce 1, marzo 1999). Ma siamo disposti a imparare da chi ha effettivamente qualcosa da insegnare per la lotta comune che conduciamo per instaurare il socialismo. Il criterio della verità per noi non è la “salvaguardia della nostra identità”, ma la vittoria della nostra lotta. Il nostro compito è trasformare il mondo e il successo in questa impresa è anche la conferma che le concezioni che ci guidano corrispondono alla realtà. Al di fuori di questo criterio, vi è solo mondo accademico e disquisizione scolastica. I nostri modelli sono Plekhanov che studiò il marxismo e lo diffuse tra i rivoluzionari russi impegnati nella lotta contro il regime zarista. Nostro modello è Lenin che studiò il marxismo e la lotta delle classi in Russia e condusse il suo partito a fondersi, su questa base, con la resistenza degli operai e delle masse popolari russe. Non è per noi un modello chi discute di teorie con professori in circoli più o meno accademici e alimenta il cicaleccio dell’aristocrazia proletaria che vive di pubblici impieghi e più o meno ben remunerate professioni.

La rivoluzione socialista non è un’accademia. È un’impresa pratica, molto pratica, una guerra tra proletariato e borghesia, in cui gli errori si pagano e vince chi impara dagli errori propri e altrui. Con la differenza sostanziale che la borghesia può sconfiggere il proletariato ma non può eliminarlo e il proletariato vinto prima o poi si ritrova nelle condizioni di riprendere la guerra e ci riesce perché si formano comunisti di livello superiore. Invece il proletariato può vincere, eliminare la borghesia e vivere senza di essa: l’Unione Sovietica lo ha dimostrato abbastanza.

Nel corso della prima ondata noi comunisti non abbiamo instaurato il socialismo in alcun paese imperialista perché non avevamo raggiunto una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della guerra tra proletariato e borghesia in corso nel nostro paese. Il movimento comunista aveva fatto grandi progressi e a poco più di 30 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre si è trovato a dirigere paesi dove viveva un terzo dell’umanità e ad avere distaccamenti agguerriti in ogni paese del mondo. Ma proprio i nostri diretti predecessori, i comunisti dei paesi imperialisti (PCI e PCF in prima fila) si sono ritrovati incapaci di instaurare il socialismo nel proprio paese, in Europa e negli USA, compito che solo loro potevano svolgere.

Alcuni dicono (Oliviero Diliberto) “perché non c’erano ancora le condizioni”, altri “perché la borghesia era troppo forte”, altri “per il tradimento di Togliatti”, altri per “gli accordi di Teheran, di Yalta e di Postdam stretti da Stalin” e perché “Stalin non ha mandato l’Armata Rossa in Grecia, in Italia e altrove”. In realtà non l’abbiamo instaurato perché i comunisti dei paesi imperialisti non avevano compreso

che la borghesia era in preda alla crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale e che per sopravvivere aveva instaurato in ogni paese imperialista regimi di controrivoluzione preventiva,

che la rivoluzione socialista non scoppia, ma ha la forma di una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata: un nuovo potere delle masse popolari organizzate promosso dal partito comunista deve svilupparsi in ogni paese fino a essere in grado di rovesciare ed eliminare il potere delle classi dominanti,

che i comunisti devono porsi non come portavoce delle rivendicazioni popolari nei confronti dei padroni e nelle istituzioni politiche borghesi, ma come nuova classe dirigente che traccia il piano di guerra del proletariato e lo mobilita ad attuarlo.

La rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato implica che noi scopriamo e superiamo i limiti del vecchio movimento comunista. L’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria è questione di insufficiente comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe da parte dei comunisti. Il (n)PCI ha sintetizzato il bilancio e gli insegnamenti tratti dalla prima ondata della rivoluzione proletaria nel Manifesto Programma e I quattro temi principali da discutere nel movimento comunista internazionale. Questi sono i nostri testi su cui vogliamo discutere anche con quelli che sono sinceramente alla ricerca della via per la rivoluzione socialista nel nostro paese. Ovviamente siamo disponibili a discutere senza pregiudizi, da scienziati e ricercatori, sulle proposte degli altri aspiranti comunisti.

Le celebrazioni del centenario della fondazione dell’Internazionale Comunista, di quello del Biennio Rosso e il 70esimo anniversario della vittoria della rivoluzione cinese guidata da Mao Tse-tung (1949) presenteranno molte occasioni per intervenire a proposito degli insegnamenti che l’esperienza della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria dà per la lotta che conduciamo.

È questo lo scopo che dobbiamo fissarci nelle celebrazioni: elaborare e propagandare gli insegnamenti che l’esperienza della prima ondata della rivoluzione socialista ci fornisce. Nelle celebrazioni dobbiamo praticare e favorire chi vuole ricavare insegnamenti dall’esperienza (quindi lega il passato al presente) contro chi si limita all’esaltazione e alla narrazione degli avvenimenti.

Nuovo Partito Comunista Italiano - nuovopci@riseup.net

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