Agricoltura e merda – “La sopravvivenza dipende dal fosforo…”
Il fosforo è indispensabile per l’agricoltura e di conseguenza per la sopravvivenza dei 7 miliardi di umani che calpestano il pianeta Terra. In varie occasioni ci siamo occupati di questo “elemento” durante vari incontri bioregionali in cui hanno portato la loro esperienza personaggi di un calibro notevole. Ricordo ad esempio l’intervento di Giovanni Damiani, biologo, ed esperto in ecologia ambientale, che è stato tra l’altro direttore generale dell’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (oggi Ispra) e componente della Commissione Nazionale per le Valutazioni dell’Impatto Ambientale presso il Ministero dell’Ambiente, il quale durante il Collettivo ecologista tenuto a Montesilvano nel 2014 ha fatto un’interessantissima relazione parlando, tra l’altro, dell’impossibilità di “scoprire” le modificazioni genetiche artificiali degli organismi e della prossima scarsità di fosforo nell’ambiente per cui sarà indispensabile a breve prevedere il recupero delle deiezioni animali e umane da utilizzare, dopo maturazione, in agricoltura…. e quindi della necessità di attrezzarsi con le “compost toilet”, che del resto sono già ampiamente state studiate, sperimentate e vengono utilizzate con profitto in varie parti del mondo.
Paolo D’Arpini
Articolo tecnico in sintonia:
“Riusciranno i nostri eroi a trovare il fosforo perduto nel deserto?”
Una domanda non banale. Il fosforo è essenziale per la produzione
vegetale e quindi degli alimenti destinati agli animali, fra cui gli
esseri umani. Il fosforo fa parte di numerose molecole organiche
responsabili dei processi di ossidazione e riduzione, fra cui quelle
che consentono all’energia solare di fissare l’anidride carbonica
atmosferica e l’acqua, mediante la fotosintesi, trasformandole in
molecole organiche, e tutte quelle che presiedono alla vita vegetale e
animale. Il fosforo è un costituente essenziale delle ossa e dei
denti, costituiti da fosfati di calcio, e il corpo umano contiene
circa l’uno percento dell’elemento fosforo. Le piante traggono il
fosforo dai fosfati inorganici solubili presenti nel terreno e le
piante e gli animali restituiscono il fosforo al terreno attraverso le
proprie spoglie e escrementi. Il ciclo del fosforo “sarebbe”, in via
di principio, chiuso: dal terreno, ai vegetali, agli animali e di
nuovo al terreno; ma non lo è per tre motivi.
Il primo sta nel fatto che, da alcuni secoli a questa parte, l’aumento
della popolazione umana e l’aumento della richiesta di alimenti hanno
portato a colture intensive che sottraggono dal terreno più fosforo di
quello che il ciclo naturale restituisce; il secondo è che le piogge e
l’irrigazione asportano dal terreno, per erosione e dissoluzione, una
parte del fosforo che contiene e lo fanno finire nei fiumi, nei laghi
e nel mare; qui il fosforo ha effetto nocivo, perché diventa
nutrimento per le alghe, un fenomeno chiamato eutrofizzazione
responsabile di cattivi odori, della morte di pesci e di danni alla
pesca.
Il terzo motivo è che “la civiltà”, con la diffusione di sempre
migliori impianti igienici domestici, ha interrotto la restituzione
direttamente al terreno degli escrementi umani e animali; tali
escrementi contengono una parte del fosforo introdotto con gli
alimenti e finiscono nelle fogne e, prima o poi nel mare, o in
discariche; il fosforo va così perduto perché si è rotto il ciclo
naturale. L’impoverimento del fosforo (e di altri elementi essenziali
per la vita) nei terreni viene compensato applicando crescenti
quantità di concimi artificiali, col che aumenta il flusso di tali
elementi nell’ambiente; la soluzione andrebbe invece cercata
rallentando e fermando l’erosione del suolo.
Per evitare l’eutrofizzazione occorre regolare per legge la massima
quantità di concimi che è permesso applicare ai terreni e incentivare
il recupero di sostanze nutritive per il terreno dal flusso di
escrementi e di scorie vegetali e animali che finiscono nei fiumi e
nel mare; la legge sulla difesa del suolo del 1989 spiegava bene che
tale difesa avrebbe avuto importanza anche per la diminuzione dei
consumi di concimi artificiali. Questa parte della legge non è mai
stata applicata e la legge è stata abrogata nel 2006; sembra che si
voglia continuare a tenere “rotto” il ciclo delle sostanze nutritive
nella natura per far vendere maggiori quantità di concimi, con la
conseguenza di far aumentare l’inquinamento dei mari. Non basta:
l’aumento del consumo dei concimi fosfatici, comporta un crescente
sfruttamento delle riserve di fosfati naturali, non rinnovabili, col
rischio che anche queste riserve, come ormai quelle del petrolio,
finiscano per esaurirsi; sarà fra 50 o cento anni, poco conta, ma la
nostra miopia oggi sarà pagata ancora una volta dalle generazioni
future.
Nel 1959 il grande scrittore, non solo di fantascienza, Isaac Asimov
(1920-1992) intitolò un articolo: “Il fosforo è la strozzatura del
futuro della vita”. Il professor Vaccari ha di recente ripreso
l’argomento nella rivista “Scientific American” (se ne può leggere la
traduzione nel fascicolo di agosto 2009 di “Le Scienze”) mostrando
dove sono e quanto sono grandi le riserve di minerali fosfatici,
concentrate in pochi paesi: Cina, Stati Uniti, Marocco e Sahara
occidentale (quest’ultima terra appartenente al popolo Sahrawi e
occupata dal Marocco), e pochi altri. Le riserve potenziali mondiali
sono stimate di 15.000 milioni di tonnellate, da cui nel 2008 sono
stati prelevati circa 170 milioni di tonnellate, una quantità in
continuo aumento ogni anno.
Ma alcuni dei minerali fosfatici mondiali dovranno essere usati con
crescente cautela perché nella loro trasformazione in concimi
fosfatici si consumano grandi quantità di acido solforico e si formano
grandi quantità (5 tonnellate per ogni tonnellata di concime) di
fanghi contenenti arsenico e altri elementi tossici e radioattivi di
difficile smaltimento. La domanda iniziale, “dove prenderemo tutto il
fosforo?” non ha una facile risposta. Una parte dei fosfati che
vengono buttati via, per esempio negli escrementi animali, potrebbe
essere usata come concimi “organici” previa depurazione, col vantaggio
che il fosforo dei concimi organici è più difficilmente asportato dal
terreno ad opere delle acque.
Altri fosfati potrebbero essere recuperati con perfezionamenti nella
depurazione dell’acqua di fogna delle città umane; in questo modo si
eviterebbero i fenomeni di eutrofizzazione che alterano gli equilibri
del mare e si recupererebbero sostanze nutritive per le piante
necessarie per il cibo umano. Ma ecco che si casca in un’altra
trappola; le fogne urbane non contengono soltanto gli escrementi, ma
molte altre sostanze: si pensi ai detersivi domestici sintetici e ad
altri materiali non biodegradabili, buttati distrattamente negli
scarichi fognari, che intasano i depuratori e rendono non utilizzabili
i fanghi di depurazione, quelli in cui si concentrano il fosforo e
l’azoto utili per il terreno. Non si tratta di tornare a (scusate il
termine) fare la cacca nel prato, ma di razionalizzare i consumi di
sostanze chimiche nelle comunità urbane e i processi di depurazione
per recuperare quanto è utile (compresa l’acqua) per la vita.
Giorgio Nebbia