Mangiare poca carne è un “peccato veniale”?
Quando si parla di vegetarismo nella maggior parte dei casi le persone onnivore, come in un intimo poco celato senso di colpa, tendono a giustificarsi dicendo “mangio poca carne” rivendicando poi il diritto ad essere libere di aderire o no alla scelta vegetariana o vegan. E anche se si è consapevoli che è quanto mai ingiusto per gli animali e dannoso per la salute si vuole procedere senza pressioni esterne, (potrebbe essere un trauma) che è come dire al pompiere, davanti alla casa che brucia, di muoversi con calma e quando ne ha voglia, spesso inorridendo al solo pensiero di alimentarsi in modo vegan per la paura di dover rinunciare alla coscia di pollo.
“Mi dispiace per gli animali ma io alla bistecca non rinuncio”. Che è come dire “voglio fare quello che mi piace ma non fatemi vedere gli effetti che produce la mia scelta. Sono consapevole che questo causa sofferenza e morte ad un essere innocente ma considero il mio piacere è più importante della loro vita”. Ma non è forse l’ingiusto piacere a danno di altri il movente di ogni delitto?
Si grida allo scandalo
perché vengono mostrati i delitti
non perché vengono commessi.
Nella violenza giornaliera della guerra
c’è una differenza di peso dei cadaveri
a seconda delle funzioni che esercitavano in vita.
Il potere si nutre del debito dei poveri
e la miseria generata dall’egoismo
è una bestemmia più grande
del dolore che produce.
La pace dei potenti
è frutto del terrore sugli ultimi
immolati sull’altare del profitto,
ma la solitudine di chi combatte
la sua impari battaglia con la morte
è un insulto più grande del disprezzo.
I ricchi non hanno motivo
di imprecare contro il cielo
troppo impegnati a costruire recinti
intorno alla loro coscienza imbalsamata,
ma l’indifferenza verso quanti urlano
la loro ultima sconfitta nella fame
è un oltraggio alla vita
più grande della negazione di Dio.
Franco Libero Manco